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Alexandra Chavarría Arnau 127 SPLENDIDA SEPULCRA UT POSTERI AUDIANT. ARISTOCRAZIE, MAUSOLEI E CHIESE FUNERARIE NELLE CAMPAGNE TARDOANTICHE1 ALEXANDRA CHAVARRÍA ARNAU 1. Villa enim quae ecclesiam habet paradiso Dei similis est2 Con questa frase idilliaca Giovanni Crisostomo, circa l’anno 400 d.C.3, esortava le aristocrazie di Costantinopoli a costruire delle chiese nelle loro ville invece di balnea e fora, enumerando i benefici che la presenza di questi edifici avrebbe avuto per i contadini, per i possedimenti e per i proprietari stessi. Le chiese costruite dai possessores avrebbero consentito ai contadini di pregare ogni giorno prima di andare al lavoro, evitando di percorrere lunghe distanze (magnas peregrinationes) per praticare il culto. Avrebbero inoltre attirato catecumeni di altre proprietà vicine, che ne erano sprovviste (ergo et tu auctor eris, quod catechumeni sint in vicinis villis), così come le loro oblazioni. Dal sermone si evince anche che queste chiese potevano essere fornite di un clero proprio la cui presenza garantiva la pace e la sicurezza della proprietà (ad pacem agricolarum hoc utile est). Il vescovo riconosce il costo elevato di questo investimento e propone ai proprietari di edificare chiese semplici che in seguito avrebbero potuto essere ampliate dai loro eredi: uno costruisce un piccolo edificio in forma di casa, chi viene dopo costruisce un portico, il successivo aggiunge ancora un’altra costruzione. L’edificio risultante sarebbe stato comunque attribuito ai fondatori4. Giovanni Crisostomo ricorda anche i vantaggi per la commemorazione dell’evergeta: nello stesso modo quod alii splendida sepulcra extruant, ut posteri audiant, la costruzione di una chiesa sarebbe servita per consolidare nel tempo il prestigio del fondatore grazie a orationes, hymnis et sinaxes tenuti in suo onore. Insomma, con la costruzione delle chiese gli aristocratici avrebbero trasformato le loro proprietà in un paradiso perché villa enim quae ecclesiam habet paradiso Dei similis est. Tradizionalmente la storiografia ha assegnato ai proprietari rurali convertiti al cristianesimo un importante ruolo nell’evangelizzazione delle campagne. Secondo molti studiosi, nei secoli IV e V i vescovi avrebbero delegato ai potentes il compito di cristianizzare le campagne tardoantiche attraverso la costruzione di edifici di culto all’interno o nelle vicinanze delle loro ville5. L’omelia di Giovanni Crisostomo risulta illuminante a questo riguardo. Per l’Occidente la legislazione e le esortazioni dei padri della Chiesa, in sermoni, lettere e concili, tese a impedire la pratica di culti pagani nelle loro proprietà sono state interpretate in questa stessa direzione: i proprietari erano responsabili della fede dei loro lavoratori dipendenti e dunque dovevano 1 Vorrei ringraziare G.P. Brogiolo per le discussioni avute su alcuni 5 DÖLGER 1969; LIZZI TESTA 1989, pp. 193-202; BROGIOLO, GELI- dei siti considerati e, più in generale, sull’argomento di questo lavoro. 2 Homiliae in Acta Apostolorum, XVIII (PG LX, cols. 147-150). 3 Su Giovanni Crisostomo si veda MAYER, ALLEN 2000. Commentano il passo, tra gli altri: DÖLGER 1969, pp. 304-305; THOMAS 1987, pp. 18-19; GÓNZALEZ BLANCO 1980, pp. 65-66; SANNAZARO 1990, p. 30. 4 Fac interim parvam domum pro templo; qui post te veniet, faciet porticum; sequens aliud adjiciet: et sic tibi totum imputabitur. CHI, CANTINO WATAGHIN 1999, p. 535; CANTINO WATAGHIN 2000, p. 216; BROGIOLO 2002a, p. 286, tra tanti altri. M. Sannazaro da un lato sottolinea la scarsità di riferimenti testuali relativi alla costruzione di chiese da parte dei potentes, forse perché era “meglio indirizzare l’evergetismo dei devoti cristiani, più che a fondazioni rurali, alla costruzione di basiliche urbane e suburbane” (S ANNAZARO 1990, p. 28); aggiunge tuttavia, nelle conclusioni del suo volume, che “le fonti concordano con le testimonianze archeologiche, nell’attribuire un ruolo particolare alle ville rustiche: è ai possessores che i vescovi demandano l’imposizione della nuova religione…” (SANNAZARO 1990, p. 98). 128 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO provvedere a costruire edifici di culto. L’evidenza materiale, che mostra come molte chiese furono edificate in relazione alle ville, convaliderebbe questa ipotesi. Tuttavia un’analisi critica sia dei testi sia della documentazione archeologica permette, se non di negare, di rivedere il tema della cristianizzazione delle campagne e sopratutto di ridimensionare il ruolo dei possessores in questo processo, almeno per i primi secoli del periodo tardoantico. 2. Aristocrazie e paganesimo nelle campagne tardoantiche Nelle prime decadi del V secolo, almeno nelle campagne, il cristianesimo non costituiva ancora la religione dominante e la sua diffusione era tutt’altro che omogenea. I testi mostrano come ampi settori delle comunità agricole continuassero a praticare sacrifici, riti divinatori e a venerare le divinità pagane, sopratutto quelle legate a rituali propiziatori della fertilità della terra, come Diana, Marte o le Ninfe6. Secondo Massimo di Torino agli inizi del V secolo il territorio (nel Piemonte) era ancora infestato dal paganesimo e “dovunque si girasse, uno non poteva non vedere altari, auguri pagani e teste di pecore appese alle porte delle case”7. Nel libro XVI del Codice Teodosiano numerosi decreti proibiscono le pratiche di carattere eretico e i sacrifici8. In particolare la legge XVI, 10, 12 del 392 impone ai domini che permettevano la pratica di sacrifici una multa eguale a quella imposta al sacrificante9. Sicuramente facendo leva su questa legge 6 Sulla sopravvivenza delle pratiche sacrificali in campagna nel periodo tardoantico cfr. KLINGSHIRN 1994, pp 210-223. Alcune riflessioni sulle principali festività pagane celebrate in campagna e sul suo processo di cristianizzazione in GOLINELLI 1989, pp. 243248. 7 Sermo 91, 25-30: Vbique offenditur christianus oculus, ubique mens devotissima uerberatur, quocumque te uerteris aut aras diaboli perspicis aut auguria profana gentilium aut pecudum capita adfixa liminibus, nisi quod ille sine capite est qui haec in re sua perspicit fieri nec emendat. 8 Edizione e analisi di queste leggi in DELMAIRE 2005. 9 Sin vero in templis fanisve publicis aut in aedibus agrisve alienis tale quispiam sacrificandi genus exercere temptaverit, si ignorante domino usurpata constiterit, viginti quinque libras auri multae nomine cogetur inferre, coniventem vero huic sceleri par ac sacrificantem poena retinebit. 10 Sermo 107, 1-2. 11 In praediis autem vestris fumantia undique sola fana non nostis quae, si vera Massimo di Torino10 critica duramente la complicità dei possessores che permettevano la celebrazione di pratiche idolatriche nei loro possedimenti, perchè secondo lui i domini avevano il compito di sorvegliare la popolazione che abitava nelle loro terre e la loro coniventia li faceva diventare altrettanto colpevoli quanto quelli che celebravano riti e sacrifici. Sulla stessa linea, vescovi come Zeno di Verona11 o Gaudenzio di Brescia12 si lamentavano nei loro sermoni dei proprietari che fingevano di ignorare i templi esistenti nei loro praedia. Nell’avanzato VI secolo il paganesimo costituiva ancora un problema come rivelano alcune lettere molto note di Gregorio Magno che alludono alla lotta contro le pratiche magiche o superstiziose dei rustici13 o come denuncia Martino, vescovo di Braccara nel De correctione rusticorum, un manuale per le visite pastorali dei vescovi della Gallaecia che denuncia come una parte della popolazione rurale continuasse a praticare riti agresti14. Dall’evidenza scritta si evince come le autorità, tanto ecclesiastiche come civili, si limitassero a responsabilizzare i potentes affinché nelle loro proprietà non venissero effettuati riti pagani (in particolare sacrifici) né venissero commessi atti di idolatria15, ma (oltre al testo di Giovanni Crisostomo) le autorità ecclesiastiche non incoraggiano mai i proprietari a costruire chiese rurali. La documentazione archeologica mostra inoltre come la presenza del paganesimo in campagna non sia, almeno per il IV e V secolo, da attribuire soltanto alla persistenza di pratiche pagane tra la classe contadina. La presenza di templi tardoantichi monumentali legati a ville16 ci informa della sopravvivenza dei culti pagani tra le classi aristodicenda sunt, dissimulando subtiliter custoditis. Probatio longe non est. Ius templorum ne quis vobis eripiat, cotidie litigatis (Tractatus 1, 25, 6). 12 Tractatus 13, 28. 13 Registrum IV, 23. 14 Nam ad petras et ad arbores et ad fontes et per trivia cereolos incendere…Divinationes et auguria et dies idolorum observare; Vulcanalia et Kalendas observare, mensas ornare, et lauros ponere, et pedem observare…et fundere in foco super truncum frugem et vinum, et panem in fontem mittere…Incantare herbas ad maleficia et invocare nomina daemonum incantando (De correctione rusticorum, 16). Analisi del documento in MCKENNA 1938 che studia anche altra documentazione scritta relativa alla sopravvivenza del paganesimo nella Hispania visigota. 15 In questo senso si vedano già le opportune riflessioni di SANNAZARO 1990, pp. 20-28. 16 Come ha sottolineato Béatrice Caseau, molti templi rurali erano edifici di carattere privato appartenenti a famiglie aristocratiche e Alexandra Chavarría Arnau cratiche e mostra anche come questi edifici fossero utilizzati come strumenti per esprimere identità e potere17. In realtà le notizie relative a un’effettiva attività di cristianizzazione delle campagne sono da collegare direttamente all’iniziativa vescovile. Gli episodi dei martiri della Val di Non, spediti da Vigilio di Trento per organizzare le comunità rurali delle campagne trentine 18, l’offensiva di Martino di Tours che nam ubi fana destruxerat, statim ibi aut ecclesias aut monasteria construebat19 o i sermoni di Cesario di Arles, nei quali incoraggiava i fedeli a distruggere altari rurali ed alberi sacri20, ne sono un chiaro esempio. 3. La costruzione di chiese da parte dei laici: i testi (V-VI secolo) I testi riferiscono i nomi di alcuni aristocratici che si impegnarono nella costruzione di edifici di culto nelle loro proprietà. Il più noto è sicuramente Sulpicio Severo, notabile della Gallia e amico di Paolino di Nola, che avrebbe costruito un complesso ecclesiastico nella sua proprietà nelle vicinanze di Tolosa consistente in tre edifici: una chiesa privata (domestica ecclesia) edificata verso il 397, un battistero e una basilica maior databili rispettivamente verso il 401-40221. Verso la metà del V secolo si data il sacrarium che, secondo Sidonio Apollinare, possedeva Consenzio nell’ager Octavianus22 e la Cantillensem ecclesiam costruita da un altro corrispondente di Sidonio (Germanico) nella sua proprietà23. Per l’Italia sono particolarmente noti potevano essere costruiti (o demoliti) senza una specifica autorizzazione dello Stato il che spiega una più lunga sopravvivenza rispetto ai templi urbani (CASEAU 2004). Per la Penisola Iberica sono noti i templi tardoantichi delle ville di Milreu, São Cucufate, Torre de Palma, Quinta do Marim, Los Castillejos e Carranque, nella Gallia a Montmaurin, Séviac o Valentine-Arnesp. Ampia discussione sui templi delle ville nella Penisola iberica in BASSANI 2005 e BOWES 2006. Una nuova interpretazione di questi edifici in GRAEN 2004, che ritiene che non siano templi bensì mausolei a forma di tempio. Sulle ville tardoantiche in Aquitania e i loro complessi cultuali cfr. BALMELLE 2001. 17 Riflessioni a questo riguardo in BOWES 2006. 18 Ampia analisi dell’episodio in LIZZI TESTA 1989, pp. 59-96 e SANNAZARO 1990, pp. 35-38. Sul contesto insediativo e materiale cfr. CAVADA 2003, pp. 175, 185. 19 Vita Martini 13, 9. Tra gli episodi più significativi si trova la distruzione di un santuario pagano nel vicus Ambatiensi (Dial. 3, 8); l’incendio di un fanum in vico quodam, di un opulentissimum templum a Leprosum 129 personaggi come Demetriade, appartenente alla famiglia degli Anici, promotrice verso la metà del V secolo di una basilica dedicata a S. Stefano in predio suo al III miglio della via Latina24, o Flavius Valila, vir clarissimus et inlustris et comes et magister utriusque militiae, che nel 471 fece costruire una chiesa nei suoi possedimenti dei dintorni di Tivoli e la dotò con terre, rendite, vestiti e libri per assicurare il mantenimento del suo clero e l’illuminazione dell’edificio25. La fondazione di spazi di culto cristiano, in campagna, da parte di privati si moltiplica a partire dal VI secolo26 quando il ricordo della costruzione di oratoria, oracula, aulae e complessi più impegnativi (basiliche doppie ad esempio)27 diventa frequente nella documentazione testuale ed epigrafica. Per quanto riguarda la posizione delle autorità ecclesiastiche, si può osservare che, mentre all’inizio, nel V secolo, i proprietari potevano contare sul consenso dei vescovi per la costruzione di edifici di culto nei loro possedimenti (così almeno si desume dal passo di Crisostomo sopra ricordato, da Paolino di Nola o da Sidonio Apollinare), la moltiplicazione di questi edifici, in alcuni casi piccole cappelle funerarie ma in altre occasioni importanti nuclei cultuali monumentali, indusse le autorità a imporre il loro controllo su di essi. In Oriente28 la prima legislazione per regolare il funzionamento delle chiese costruite da privati e i diritti dei loro fondatori viene emessa nel Concilio di Calcedonia (451) nel quale si stabilisce che le dotazioni fatte dai fondatori erano irrevocabili e che le chiese dovevano rimanere sempre sotto l’autorità del vescovo locale. Una successiva disposizione di (Vita Martini 14) e la distruzione di un santuario nel pagus Aeduorum (Vita Martini 15). Cfr., oltre ai commenti di FONTAINE 1967-1968, vol. II, pp. 713-807, le riflessioni di MÂLE 1950, pp. 34-46 e MATTHEWS 1975, pp. 157-159. 20 Sermo 53, cfr. KLINGSHIRN 1994, p. 212. 21 PAOLINO DI NOLA, Epistolae XXX, XXXI, XXXII. 22 SIDONIO APOLLINARE, Epistolae VIII, 4, 1. 23 SIDONIO APOLLINARE, Epistolae IV, 13, 1. 24 Ampia analisi di questo episodio in Fiocchi Nicolai in questo volume. 25 Ibidem. 26 Numerosi esempi sono stati raccolti in PIETRI 2005. 27 Sulle chiese doppie rurali per iniziativa di aristocrazie locali si possono citare i riferimenti della Passio Mantii (FERNÁNDEZ CATÓN 1983) o l’epigrafe ICERV, n. 303, studiata da DUVAL 1991, tutti relativi alla Penisola Iberica. 28 THOMAS 1987, pp. 37-39. 130 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO Leone I del 459 (CJ 1, 3, 26 ) prevede che gli oratori potessero essere fondati soltanto dopo l’approvazione del vescovo locale29. Nell’ultimo quarto del V secolo viene emessa la prima legislazione civile, relativa alla costruzione di chiese da parte di privati, che regolamenta le donazioni che dovevano essere legate alle chiese da loro fondate30. In Occidente 31 le prime norme relative alle chiese costruite in possessionibus propriis provengono dall’epistolario di papa Gelasio (492-496) il quale stabilisce che nessuna chiesa di nuova fondazione può essere consacrata senza l’autorizzazione del papa (sine summi pontificis auctoritate ecclesiam conditam non posse dedicari). Gli edifici dovevano inoltre essere regolarmente consacrati dal vescovo32 dopo di che l’edificio passava sotto il controllo della Chiesa e il fondatore non aveva altro diritto che quello di accedervi33. Una diversa considerazione sembrano avere invece gli oratori strettamente privati. O almeno così sembra evincersi dalla lettera 33 (anno 496) nella quale Gelasio si riferisce ai sepolcri (intesi come cappella funeraria?) che una spectabilis femina aveva costruito nella sua proprietà nel territorio di Sora (Lazio). In questi edifici, precisa il papa, si potevano celebrare solo riti funebri 34. Sembra desumersi dunque che la preoccupazione delle autorità ecclesiastiche fosse indirizzata verso quegli edifici dove venivano celebrate messe pubbliche e non verso gli ambienti più strettamente privati come gli oratori o le chiese funerarie. In epoca successiva la legislazione ecclesiastica relativa alle fondazioni private tende a farsi più restrittiva35. Il papa Pelagio ordina drasticamente che mai vi possa essere costruito un battistero e intima al vescovo di non insediarvi un prete stabile perché negli oratoria si potevano celebrare solo messe private. Indicazione che sarà poi ripresa da Isidoro di Siviglia nelle sue Etimologie: Oratorium orationi tantum est consecratum, in quo nemo aliquid agere debit nisi ad quod est factum: unde et nomen accepit 36. Nel caso che il fondatore volesse celebrare una messa doveva chiedere l’invio di un prete direttamente al vescovo37. La ripetitività di queste prescrizioni indica sicuramente l’esistenza del fenomeno, ma non c’è dubbio che le autorità ecclesiastiche ne erano contrarie soprattutto quando la chiesa era concepita come luogo di riunione pubblico. Nella Gallia è il Concilio di Agde del 506 il primo che tenta di stabilire alcune regole sugli oratoria, proibendo le celebrazioni eucaristiche nelle chiese private durante le feste maggiori (Pasqua, Natività, Epifania, Ascensione, Pentecoste e San Giovanni Battista)38. In tali giorni era obbligatorio assistervi nelle chiese urbane o nelle parrocchie. Qualche anno dopo (511) il canone 25 del Concilio di Orléans insiste sul divieto di celebrare le messe nelle ville durante le feste principali. Questi edifici venivano dedicati dai loro fondatori e poi consacrati dal vescovo, frequentemente tramite il rito della deposizione delle reliquie, che costituiva la cerimonia ufficiale di apertura al culto. In generale la legislazione gallica appare, come ha sottolineato L. Pietri, meno restrittiva di quella italiana rispetto alle chiese fondate da privati ma con una “funzione” pubblica39. In Hispania i concili intervengono, a partire dalla metà del VI secolo, sulle chiese fondate dai laici e sui conflitti di competenza tra questi e le 29 CJ 1, 3, 26. Sextilianus vocatur basilicam se (in honorem) sanctorum Michelis Archangeli et Marci confessoris pro sua devotione fundasse. Et ideo, frater carissime, si ad tuam pertinet paroëciam, benedictionem supramemoratae basilicae sollemni veneratione depende) (THIEL 1867, p. 449) (VIOLANTE 1982, pp. 984-985). 34 Sed quia Magetia spectabilis femina petitorii nobis oblatione suggessit in possessionibus propiis suorum corpuscula condidisse, frater carissime, humanitatis intuitu – quod priora statura non maculet –funeribus et sepulchris tantum in comprehensis petitorio locis ministeria noveris pro sollemnitate praestanda, ut defunctorum nomine solummodo divina celebrentur officia, publica frequentatione remota et processione cessante (Epistola 33, THIEL 1867, p. 448; VIOLANTE 1982, pp. 988-989). 35 VIOLANTE 1982, p. 1013. 36 Etymologiae XV, 4, 4. 37 Registrum IX, 58, 165. 38 PIETRI 2005, p. 237. Per i canoni gallici di quest’epoca si veda: Concilia Galliae I. 39 Ibidem. 30 CJ 1, 2, 15 dell’imperatore Zenone. 31 Sull’evoluzione della legislazione ecclesiastica relativa alle chiese private in Italia tra tardoantico e altomedioevo rimane imprescindibile il lavoro di VIOLANTE 1982 così come gli articoli che Ch. e L. Pietri hanno dedicato a questo tema (da ultimo PIETRI 2002). Per la Gallia si veda adesso PIETRI 2005 con ampio apparato bibliografico. Per la Penisola Iberica cfr. i lavori di SOTOMAYOR (da ultimo 2004) e RIPOLL, VELÁZQUEZ 1999. Per un’analisi recente su questo tipo di edifici si veda il volume di WOOD 2006. 32 Epistola 33: Certum est quidem et nostris praeceptionibus costitutum ne quis in ecclesia aut in oratorio, quod sedis nostrae non legitur permissione dedicatum, processionem publicam putaret impendi, ne conditores furtivis subreptionibus contra regularum statuta posilirent (THIEL 1867, p. 448). 33 Nella Epistola 35 autorizza a consacrare l’oratorio che un laico aveva costruito per propria devozione su un terreno di cui era proprietario (Trigetius huius petitorii nobis insinuatione suggessit, in re sua quae Alexandra Chavarría Arnau autorità ecclesiastiche per la gestione degli introiti, tra cui le oblazioni dei fedeli, il che fa supporre che si riferiscano ad edifici aperti alle comunità locali40. In sintesi sono rari i testi di carattere legislativo che facciano riferimento alla costruzione di chiese da parte di aristocratici prima della fine del V secolo. Le fondazioni si moltiplicano a partire dal VI, il che rende necessaria una regolamentazione da parte delle autorità ecclesiastiche. Con alcune varianti nelle tre aree prese in considerazione, la legislazione sembra indirizzata soprattutto alle chiese costruite da laici per essere aperte al pubblico e non tanto agli oratori strettamente privati usati come luogo di orazione o come spazio funerario privilegiato. 4. Aristocrazie e chiese: la documentazione archeologica 4.1. Cronologia, contesto, funzione, committenza Dal punto di vista dell’evidenza archeologica, l’analisi della cristianizzazione delle campagne e delle chiese costruite da privati si presenta come un tema complesso a causa della difficoltà di precisare la data di costruzione dei primi edifici di culto. Molte chiese furono indagate prima della diffusione del metodo di scavo stratigrafico, in generale i materiali datanti sono scarsi e tante datazioni sono fatte sulla base di criteri stilistici (relativi a pavimentazioni musive o materiale scultoreo) o tipologici (rispetto alla pianta delle chiese o delle vasche battesimali). Molte cronologie proposte oscillano dunque tra i secoli V e VIII41. In base alla documentazione archeologica le chiese rurali tardoantiche furono costruite fondamentalmente in relazione a tre tipi di insediamento: 40 Nel terzo canone del I Concilio di Lerida (546) i fondatori ven- gono accusati di concepire le loro chiese sub specie monasterii (Si autem ex laicis quisquam a se factam basilicam consecrari desiderat, nequaquem sub monasterii specie, ubi congregatio non colligitur uel regula ab episcopo non constituitur, eam a diocesana lege audeat segregare, Colección Canónica Hispana IV, p. 301), strategia per evitare la sottomissione economica al vescovo perché i monasteri avevano indipendenza ed erano liberi dal pagamento della tertia. Alcune decadi dopo, il canone 6 del II Concilio di Braga (572) denuncia i fondatori che costruiscono oratoria non pro devotione fidei sed pro quaestu cupiditatis per dividersi con il clero le oblazioni dei fedeli (Ut qui oratorium pro questu suo in terra suo fecerit non consecretur. Placuit ut si quis basilicam non pro devotione fidei sed pro quaestu cupiditatis aedificat, ut quidquid ibidem oblatione populi colligitur medium cum clericis dividat, eo quod baselicam in terra sua ipse condiderit, quod in aliquibus locis usque modo dicitur fieri, hoc ergo de cetero observari debet, ut nullus episcoporum tam abominabili voto consentiat, ut baselicam quae non pro sanctorum patrocinio sed magis sub tributaria con- 131 1. agglomerazioni di popolazione (vici o castra); 2. edifici in rapporto alla rete viaria (mansiones, mutationes, stationes); 3. insediamenti sparsi tipo villa. La documentazione archeologica non sempre permette di identificare queste tre categorie di insediamenti, soprattutto quando gli scavi si limitano all’edificio di culto e alle sue immediate vicinanze. A volte si documentano muri romani dai quali difficilmente si può ricavare se appartengano a un insediamento sparso o a un agglomerato. Nel caso dei siti in relazione alla rete viaria, le loro caratteristiche architettoniche sono simili a quelle di un edificio residenziale, per cui in scavi parziali e senza notizie testuali o degli itinerari è difficile pronunciarsi sulla loro identificazione42. Da un punto di vista funzionale le chiese rispondono principalmente a tre tipologie: 1. chiese con funzione di cura d’anime (con battistero); 2. complessi martiriali; 3. chiese funerarie. Tali funzioni inoltre possono cambiare nel tempo. Alcune chiese nacquero come chiese funerarie e solo in una seconda fase furono dotate di un fonte battesimale (in Hispania, ad esempio Casa Herrera, El Gatillo o Valdecedabar)43. Possibile, ma più raro, è anche il caso contrario: chiese concepite come battesimali nelle quali la vasca battesimale viene cancellata da sepolture, come succede a Centallo, in Piemonte44. Senza documentazione testuale o epigrafica risulta impossibile stabilire con sicurezza a chi far risalire l’iniziativa della fondazione di un edificio di culto, cioè se sia stato costruito da un potente privato o per iniziativa delle autorità ecclesiastiche. Altrettanto difficile è determinare se, una volta costruita, la chiesa sia passata a formare parte del patrimonio ecclesiastico e fu amministrata e gestita dalle autorità religiose o se invece avesse un ditione est condita, audeat consacrare, Concilios, p. 83). Ho analizzato l’evoluzione della legislazione relativa alle chiese private in Hispania in CHAVARRÍA ARNAU c.s. (a). 41 Si vedano, ad esempio, le schede delle chiese battesimali raccolte in FIOCCHI NICOLAI, GELICHI 2001. 42 Il sito di Garlate ad esempio viene generalmente identificato come una villa, anche se la sua ubicazione presso la strada potrebbe permettere di ipotizzare una mansio (cfr. infra). 43 Tutte e tre in MATEOS, CABALLERO 2003. 44 In una villa tardoantica incendiata tra fine IV e inizi V secolo viene costruita, nella prima metà del V secolo, una chiesa con battistero. All’inizio del VI secolo e apparentemente come conseguenza del suo uso funerario viene soppresso il battistero (BROGIOLO, CANTINO WATAGHIN, GELICHI 1999, p. 496; FIOCCHI NICOLAI, GELICHI 2001, p. 323; PANTÒ, PEJRANI BARICCO 2001). 132 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO Fig. 1. Villa e complesso ecclesiastico di San Giusto (Lucera). Quando viene costruita la prima chiesa e battistero la villa (residenziale) era già stata trasformata in centro produttivo (da VOLPE 1998, p. 20, fig. 29). 4.2. Chiese e ville carattere di chiesa propria (Eigenkirche) nel senso che il proprietario aveva anche un controllo amministrativo e pastorale dell’edificio45. In Italia e in Gallia le prime chiese rurali, spesso con una funzione battesimale, sembrano fondate prevalentemente nelle agglomerazioni secondarie (castra e vici) e in punti nodali della rete viaria. Plausibilmente, come indicano i testi, l’origine di queste fondazioni è da collegare all’iniziativa ecclesiastica e alle necessità pastorali delle comunità rurali. La presenza di popolazione, la buona situazione rispetto agli assi viari e in alcuni casi il loro ruolo amministrativo e religioso precedente garantiva il successo di queste fondazioni46. In Italia risalgono all’epoca di Innocenzo I (401-407) le prime testimonianze di una suddivisione del territorio diocesano in circoscrizioni parrocchiali, organizzazione che all’epoca di Gelasio (483-492) era già abbastanza articolata47. Per quanto riguarda le chiese in relazione a complessi aristocratici rurali, rare sono quelle associate a ville funzionanti. Nella maggior parte dei casi, quando venne costruita la chiesa, le ville erano state abbandonate o riusate per nuove attività di tipo artigianale o presentavano tracce di rioccupazione abitativa povera 48 . Nei pochi esempi in cui le chiese hanno una datazione precoce, sia le loro caratteristiche architettoniche sia la loro funzione, a volte anche la presenza di epigrafi, inducono piuttosto a collegare questi edifici ad una iniziativa pubblica. Come nel sito di San Giusto (Puglia)49 (fig. 1) dove una basilica viene costruita intorno alla metà del V secolo a qualche decina di metri da un insediamento rurale di carattere (in questo momento) fon- 45 Sulle Eigenkirchen cfr. WOOD 2006. 47 FIOCCHI NICOLAI, GELICHI 2001, p. 304. 46 COLARDELLE 1991, p. 127; BROGIOLO 2002a, p. 285. Diversi 48 Una sintesi del fenomeno in B ROGIOLO, CHAVARRÍA ARNAU 2005. 49 VOLPE 1998. esempi di chiese rurali costruite in agglomerazioni per diretta iniziativa vescovile in SANNAZARO 1990, pp. 31-32. Alexandra Chavarría Arnau 133 Fig. 2. Garlate (Lecco): 1. Mausoleo tardoantico e 2. Chiesa (da BROGIOLO 2001, p. 24, figg. 9-10). Fig. 3. Loupian (Hérault) pianta della chiesa (da PMCF 2, p. 48). damentalmente rustico. Le caratteristiche architettoniche di questo complesso ecclesiastico (una basilica di 30,5 x 18,50 m divisa in tre navate con vestibolo e battistero monumentale a pianta circolare di 16 metri di diametro con deambulatorio anulare) e il suo successivo sviluppo (nel VI secolo viene edificata una seconda basilica con funzione funeraria) hanno indotto G. Volpe a identificare l’insediamento come un complesso di carattere pubblico divenuto poi la sede di un vescovato rurale50. A Garlate (Lecco)51 (fig. 2) l’edificio romano era plausibilmente in rovina (anche se utilizzato ancora per attività insediative povere) quando, verso la metà del V secolo, vengono costruiti sia la chiesa di Sant’Agnese (datazione ipotizzata a partire dal ritrovamento di una capsella di reliquie e di frammenti di un altare a quattro stipites)52 sia il vicino mausoleo che in seguito (VII secolo?) diventerà la chiesa di Santo Stefano. In questo caso non solo l’evidenza delle epigrafi appartenenti ad alcune sepolture del mausoleo: il vir illustris Pierius († 490) identificabile come il comes domesticorum di Odoacre53 e l’iscrizione di un presbiter, ma anche l’ubicazione degli edifici presso una strada romana54, portano a pensare che si trattasse di un complesso pubblico costruito in relazione a un edificio romano in fase di degrado: una villa donata alla Chiesa, come hanno ipotizzato gli scavatori, o forse, una struttura legata alla viabilità. Pure le chiese di V secolo costruite in ville della campagna laziale55, sarebbero sì state costruite per iniziativa delle aristocrazie (ad esempio di Demetriade per la chiesa di Santo Stefano in via Latina), ma dietro indicazione e sotto stretta sorveglianza delle autorità ecclesiastiche che ne avrebbero assunto subito il controllo. I dati analizzati da Fiocchi Nicolai sembrano confermare, almeno per questa zona, l’ipotesi di un intervento vescovile pianificato anche nelle fondazioni di origine privata, orientate in rapporto alle necessità pastorali dei contadini. A Loupian (Hérault)56 (fig. 3) contemporaneamente a una fase di investimenti di una villa residenziale (mosaici di metà V secolo), viene costruita a 800 m di distanza una chiesa di 35 m di lunghezza 50 Volpe propone di identificare il sito con il Praetorium Lauerianum documentato dalla Tabula Peutingeriana, forse sede del procurator rei privatae per Apuliam et Calabriam siue saltus Carminianensis citato dalla Notitia Dignitatum (12.18), sul quale si stabilisce infine un vescovo, forse il Probus episcopus Carmeianensis presente in diversi concili romani degli inizi del VI secolo (cfr. VOLPE 1998, pp. 325-338). 51 BROGIOLO 2002b. 52 Le capselle di reliquie, datate tra la fine del IV e il V secolo, furono ritrovate durante gli scavi della chiesa di Santo Stefano, ma visto che Santo Stefano non diventa chiesa fino minimo alla metà del VII, quando viene provvista di un’abside all’interno delle quali vennero poi deposte le reliquie, è stato ipotizzato che provengano da Sant’Agnese (SANNAZARO 2002, pp. 240-247). 53 Analisi di questa epigrafe in SANNAZARO 1993 e 2002. 54 Garlate si trovava in un’ubicata in un luogo strategico della pedemontana Verona, Brescia, Bergamo, Como (BROGIOLO 2002a, p. 285). 55 V. Fiocchi Nicolai in questo volume. 56 PMCF 1, pp. 47-50; RISTOW 1998, n. 191, p. 142. 134 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO Fig. 4. Sizzano (Novara) pianta della chiesa tardoantica inserita in un’angolo della villa (da PANTÒ , P EJRANI BARICCO 2001, p. 41). Fig. 5. Palazzo Pignano (Cremona) pianta delle strutture (chiesa?) rinvenute sotto la chiesa romanica di San Martino a poca distanza da una villa tardoantica (da BROGIOLO 2001, p. 289). con abside di 9 m di diametro, semicircolare all’interno e quadrangolare all’esterno. A nord della chiesa si addossavano stanze riscaldate tra cui una, identificata come battistero, che conteneva una piscina esagonale con ciborio. Senza documentazione scritta rimane difficile stabilire se si tratti della chiesa della villa edificata dal proprietario o di un edificio costruito per iniziativa delle autorità ecclesiastiche ma non c’è dubbio che le dimensioni dell’edificio e la presenza di un battistero suggeriscono che si trattasse di un edificio aperto alla comunità. Tra i pochi esempi nei quali la costruzione di una chiesa rurale sembra potersi legare all’iniziativa del proprietario, si può indicare quello di Sizzano in provincia di Novara (fig. 4), dove nel V secolo e nell’angolo sud-occidentale di una villa ancora in uso viene inserita un’ampia chiesa di 15,40 x 11 m ad aula unica con abside a semicerchio oltrepassato. La fine della villa, entro il VI secolo, porta all’abbandono anche del luogo di culto intorno al quale si sarebbe sviluppato un cimitero “probabilmente riservato alla famiglia dei proprietari”57. Un altro caso eccezionale da questo punto di vista è l’edificio che nel V secolo viene costruito nelle vicinanze della villa monumentale di Palazzo Pignano (Cremona) (fig. 5). Gli scavi sotto la chiesa romanica di San Martino58 hanno messo in luce un edificio di pianta circolare di 17 m di diametro con una piccola abside ad est e una specie di deambulatorio. Il pavimento era in marmo e mosaico. Due stanze pseudoquadrangolari affiancavano l’ingresso di questo edificio. Nell’ambiente a destra è stata rinvenuta una piccola vasca circolare rivestita di cocciopesto. Tradizionalmente queste strutture sono state interpretate come chiesa con battistero, anche se alcuni studiosi ne hanno sottolineato delle anomalie (pianta circolare, abside poco sviluppata, dimensioni ridotte della vasca battesimale ubicata in un annesso vicino all’ingresso)59 che inducono cautela nell’interpretazione del complesso, che potrebbe forse anche essere stato in origine il monumentale mausoleo del ricco proprietario della villa, convertito solo in seguito in luogo di culto. Un altro caso interessante è quello dell’ipogeo di Santa Maria in Stelle nella Valpantena (Verona)60 (fig. 6). Questa costruzione quadrangolare sotterranea legata a una conduzione idraulica fu costruita nella prima metà del III secolo dal console Publius 57 Sintesi in PEJRANI 2003, p. 63. 59 FIOCCHI NICOLAI, GELICHI 2001, p. 335. 58 Si veda sull’edificio di culto MIRABELLA ROBERTI 1965, 1968 e 60 Si veda su questo straordinario monumento ANTOLINI 1995. BISHOP, PASSI PITCHER 1988-1989. Tra le pubblicazioni più recenti dove si fa riferimento a questo sito cfr. PASSI PITCHER 2003, pp. 216219, LIZZI TESTA 2003, pp. 383-386. Una sintesi in FIORIO TEDONE 1989, pp. 146-151. Un recente studio del complesso a partire dall’analisi microstratigrafica degli intonaci la troviamo in TRENTIN, HADJIKYRIAKOS 2006 con nuova sequenza cronologica del complesso. Alexandra Chavarría Arnau 135 Fig. 6. Santa Maria in Stelle (Verona) pianta pubblicata da TRENTIN, HADJIKYRIAKOS 2006 e varie immagini di uno degli ambienti interni (da FIORIO TEDONE 1989, figg. 42-43, pp. 148-149). 136 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO Pomponius Cornelianus e la sua famiglia come indica una iscrizione commemorativa conservata in situ (CIL V, 3318). Nella seconda metà del IV secolo la presenza di un graffito, con la rappresentazione di un Chrismon eseguito a fresco, indicherebbe la cristianizzazione dello spazio61, che nella prima metà del V secolo venne monumentalizzato con l’apertura di due ambienti decorati con pavimenti musivi e un ampio ciclo di affreschi con motivi vetero e neotestamentari. La funzione originale della struttura e la sua funzionalità successiva rimangono incerti, ma è plausibile che fosse stata concepita come mausoleo da Publius Pomponius Cornelianus. Il carattere liturgico della costruzione si suppone che non sarebbe anteriore al V secolo (quando secondo la Trentin l’edificio passa da privato a pubblico), e solo all’inizio dell’VIII secolo si documentano elementi che fanno pensare alla presenza di strutture per il culto oltre ai graffiti che ricordano la presenza di personaggi che coprivano cariche ecclesiastiche. Per quanto riguarda la Penisola Iberica ci si riferisce spesso all’edificio di culto rinvenuto in un vano (triclinio?) della villa tardoantica di Fortunatus (Huesca), struttura che viene interpretata come oratorio della villa poi trasformato in chiesa62. Risulta tuttavia difficile stabilire quando il triclinio viene modificato (la datazione agli inizi del V secolo è proposta in base a un mosaico con chrismon situato in un’altro vano dell’edificio residenziale) e quale sarebbe stata la funzione di questo spazio che sembra già dall’origine ospitare delle sepolture. La presenza di una chiesa vera e propria non sembra anteriore al VI secolo (datazione post quem metà del V secolo in base ai materiali rinvenuti negli strati di costruzione dell’abside e arredo liturgico del VI secolo). Le altre chiese costruite nelle ville della Penisola iberica non sembrano, allo stato attuale della ricerca, anteriori al VI secolo e dunque le ipotesi che questi edifici di culto abbiano origine da un primitivo oratorio sono prive di fondamento63. 61 Il riferimento in TRENTIN, HADJIKYRIAKOS 2006. 62 Da ultimo PALOL 1999. 63 Un’analisi critica delle evidenze archeologiche relative alle chiese tardoantiche della Penisola Iberica in relazione a ville in CHAVARRÍA ARNAU 2007, pp. 143-152 e C.S. (b). 64Cfr. PURCELL 1987, pp. 30-32, BODEL 1997 e BOWES 2006, pp. 8593. Numerose testimonianze letterarie ed epigrafiche mostrano la puntigliosa attenzione con la quale le aristocrazie romane progettavano (a volte con grande anticipo) i loro mausolei. Tra gli esempi più noti basti citare quello del monumento funerario a forma di tempio (fanum) costruito da Cicerone per la figlia Tullia morta nel febbraio del 45 a.C. (Ad Atticum XII, 18). Ampia analisi delle lettere dove Cicerone 4.3. Mausolei e chiese Un’analisi esaustiva della documentazione archeologica permette di verificare come spesso l’origine di molte chiese altomedievali costruite su ville si possa collegare alla presenza di sepolture: a volte un cimitero che riusa parte della villa o a volte un mausoleo tardoantico. In generale le aree funerarie rinvenute in siti dove c’è una chiesa sono interpretate in relazione al ruolo di attrazione svolto dagli edifici di culto. Tuttavia la sequenza può essere inversa: ville riusate come spazio funerario o con presenza di mausolei che danno luogo, in una fase successiva, alla fondazione di chiese. Già dall’epoca repubblicana le aristocrazie venivano sepolte all’interno delle loro proprietà rurali e i testi e le iscrizioni funerarie mostrano come nel II secolo a.C. le tombe monumentali fossero un elemento familiare del paesaggio rurale dove, a differenza del suburbio immediato delle città, le aristocrazie erano più libere nel costruire le loro tombe monumentali64. Archeologicamente è a partire del IV secolo e alla pari di altre forme di autorappresentazione che caratterizzano il mondo aristocratico tardoantico, che i mausolei si moltiplicano nelle campagne e diventano (come le ville e la loro decorazione) monumenti per commemorare la rilevanza sociale, economica e culturale dei proprietari. La tipologia di questi edifici per l’epoca tardoantica è molto varia65. Sono frequenti le costruzioni a pianta rettangolare, spesso con absidi in uno dei lati, o quadrangolari con absidi contrapposte. In molti casi l’analisi delle sepolture rinvenute al loro interno, e a volte la documentazione epigrafica66, permettono di interpretarli come sepolcri familiari. Nel mausoleo di Las Vegas de Pueblanueva (Toledo)67 è stato rinvenuto un sarcofago con la rappresentazione di Cristo tra i dodici Apostoli il che ci indica chiaramente la cristianità dell’edificio, ma si tratta fa riferimento a questo monumento in VERZÁR-BASS 1998 con riflessioni su altri monumenti funerari del suburbio e della campagna di epoca repubblicana ed altoimperiale. Si può ricordare anche la monumentale tomba del liberto Trimalcione, frutto della fantasia di Petronio ma che trova precisi riscontri nella documentazione archeologica (Satiricon 71, 6-9). 65 Si veda come principale opera di riferimento VON HESBERG 1992. 66 Cfr. ad esempio CIL XI, I 3203 dove si commemora l’erezione di una memoria per stesso e la sua famiglia da parte di Flavius Eusebius, segretario principale dell’ufficio consolare della Campania nel IV secolo. 67 HAUSCHILD 1969. Si veda BOWES 2006, p. 89 per una nuova interpretazione del monumento. Alexandra Chavarría Arnau 137 Fig. 7. Valentine (Haute-Garonne) pianta del sito (la villa a sinistra e l’area funeraria a destra, con la lettera “M” ad indicare il mausoleo) (da Gallia 17, 1959, p. 431 e PMCF 2, p. 208, rielaborate da A. Chavarría). di un caso straordinario, perché raramente esistono elementi che permettano di identificare la scelta religiosa dei destinatari di queste costruzioni. La successiva conversione in chiese di alcuni mausolei è stata a volte considerata un indizio del loro carattere cristiano o persino di un teorico uso liturgico fin dall’origine, supposizioni che, in mancanza di evidenze archeologiche chiare, mancano peraltro di fondamento. Particolarmente interessante è il sito di Valentine (Haute-Garonne)68 (fig. 7). Oggetto di scavi tra gli anni 1940 e 1980, vi è stato messo in luce un enorme complesso residenziale monumentalizzato nel IV secolo. Cinquanta metri a sud della pars urbana esisteva un tempio rettangolare dedicato a Giove, costruito nel secondo quarto del IV secolo. Sempre nel IV secolo il tempio sarebbe stato smontato e ricostruito a forma di mausoleo quadrangolare. Nella chiesa parrocchiale di Valentine, è stata rinvenuta un’epigrafe funeraria di un tale Nymphius, un notabile municipale che viene elogiato per aver offerto dei giochi ai suoi concittadini, il che ci fa presupporre si trattasse di un pagano69. Tutti i ricercatori convengono nel collegare questa epigrafe al mausoleo e a identificare Nymphius con il proprietario della villa. La zona continua ad attirare delle sepolture, ma solo nel VI secolo viene costruita una chiesa. A Monsegur (Gironde)70 (fig. 8) gli scavi, condotti nel 1966 da S. Camps, hanno messo in luce un grande edificio di epoca altoimperiale da collegare plausibilmente ad una villa. Abbandonato in epoca tardoantica (III o IV secolo), viene riusato come spazio funerario. Successivamente (sempre nel IV secolo), reimpiegando le murature romane, viene costruito un edificio quadrato (8 x 7,20 m) affiancato dopo da un altro ambiente a sudest di 8 x 5 m. All’interno sono state rinvenute numerose sepolture con orientamento ovest-est e nord-sud. Camps interpreta l’edificio come chiesa ma il carattere funerario, la cronologia e l’assenza di installazioni liturgiche, rende più probabile l’identificazione come mausoleo, suggerita da N. Duval71. In una fase successiva viene annesso un ambiente che potrebbe aver assunto la funzione di portico. I depositi delle tombe, alcune in sarcofago, permettono di datare questa ristrutturazione al VI-VIII secolo. Secondo Duval a questa fase, che sembra segnare la conversione del mausoleo in chiesa, potrebbe anche risalire la costruzione dell’abside nel lato est dell’edificio. A Tavers 72 (fig. 9), a 30 km da Orleans, nel luogo occupato da una ampio cimitero sorto nel IV secolo, verso la fine del IV o l’inizio del V secolo, viene costruito un edificio seminterrato (1,60 m) di pianta rettangolare (7 x 4,8 m) con 68 PMCF 2, pp. 207-209; BALMELLE 2001, pp. 424-426. 70 PMCF 2, pp. 47-50. 69 L’epigrafe, conservata al Musée des Augustines di Tolosa, era deco- 71 PMCF 2, p. 50. rata con 5 croci che si considerano incisioni medievali fatte quando fu riusata come tavola d’altare (Cfr. PAILLER 1986, 157-158). Interessanti riflessioni sull’iscrizione in LEPELLEY 1997, pp. 339-341. 72 PMCF 2, pp. 122-124. 138 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO Fig. 8. Monsegur (Gironde) pianta delle strutture rinvenute (da PMCF 2, p. 48). Fig. 9. Tavers (Orleans) pianta delle diverse fasi dell’edificio (da PMCF 2, p. 123). orientamento est-ovest e ingresso nel lato est. L’edificio, da interpretare come mausoleo, ospita inizialmente quattro sepolture: tre disposte contro il lato nord e una verso il centro dell’edificio. L’analisi delle sepolture permette di attribuirle a due adulti e a due bambini, sicuramente la famiglia per la quale fu edificato il mausoleo. Successi- vamente, nell’angolo nordest dell’edificio vengono costruite una tomba privilegiata73 e altre tre inumazioni. All’inizio del VI secolo il mausoleo viene rasato e sostituito da un edificio di culto con la stessa pianta del mausoleo, ma con l’aggiunta di un’abside semicircolare leggermente oltrepassata nel lato est. Quattro sepolture relative alla conver- 73 Il carattere privilegiato della sepoltura che viene costruita nella spondenza della testa, di una fenestella ricavata nel muro nord dell’edificio che la rendeva visibile dall’esterno. fase successiva risulta non solo dalla sua tipologia (tomba in muratura rivestita da un intonaco rosso) ma anche dall’esistenza, in corri- Alexandra Chavarría Arnau 139 Fig. 10. Vandeuvres (Ginevra): A. oratorio; B. battistero (VIVII secolo); C. grande edificio (IV secolo); D. mausoleo (V secolo) (TERRIER 2003, pp. 22-23, fig. 4). sione del mausoleo in chiesa vengono ubicate nuovamente contro il muro nord dell’edificio. Anche se non si sa con assoluta sicurezza a che tipo di abitato faccia riferimento, le prospezioni aeree realizzate in questa zona hanno identificato la presenza di numerose ville tardoantiche, che costituiscono il contesto più adatto per questo mausoleo. In Svizzera e in particolare nel territorio di Ginevra, J. Terrier ha sottolineato come la maggioranza delle chiese tardoantiche costruite in ville romane, sorga pure in relazione a edifici di pianta rettangolare e grandi dimensioni con funzione funeraria74. Tra i siti più significativi è da segnalare la chiesa di Vandoeuvres a 4 km da Ginevra75 (fig. 10), Saint Silvestre a Campesières76 (fig. 11), SaintJulien-en-Genevois77 (fig. 12), o Saint-Hippolyte du Grand-Saconnex78 (fig. 13). 74 TERRIER 2003, p. 30. 75 In relazione a un edificio romano, è stata documentata una costruzione funeraria che diventa rapidamente chiesa con installazioni liturgiche in legno (TERRIER 2003, pp. 22-23, fig. 4). 76 Un grande edifico rettangolare con funzione funeraria (secoli VVI) che in seguito diventa una chiesa con l’aggiunta di un’abside (TERRIER 2006, pp. 349-362). Fig. 11. Saint Silvestre a Campesières (TERRIER 2006, p. 350, fig. 29). 77 Una chiesa venne costruita contro la muratura meridionale di un vasto ambiente rettangolare precedente che aveva al suo centro una sepoltura orientata nord-sud (TERRIER 2003, pp. 23-24, fig. 5). Un’analisi più ampia di questo sito in COLARDELLE 1983, pp. 57-87. 78 Chiesa costruita nel VI-VII secolo contro il muro settentrionale di un mausoleo rettangolare di V secolo che ospitava quattro sepolture (TERRIER 2003, p. 25, fig. 9). 140 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO Fig. 12. Saint-Julien-en-Genevois (COLARDELLE 1983, p. 63, fig. 29). Fig. 13. Saint-Hippolyte du Grand-Saconnex (TERRIER 2003, p. 25, fig. 9). Alexandra Chavarría Arnau 141 Fig. 14. Mausoleo della villa di La Cocosa (Badajoz) (SERRA RÁFOLS, 1952, fig. 11). Fig. 15. Santa Cristina d’Aro, pianta delle strutture (in nero il mausoleo) (da AICART, NOLLA, SAGRERA 1999, p. 19, fig. 4). Nella Penisola iberica entrerebbero in questa casistica numerosi mausolei tardoantichi associati a ville come quelli di La Cocosa (Badajoz), La Alberca (Murcia), Las Vegas de Pedraza (Segovia) o Milreu (Estoi, Portogallo), tutti edifici che diventarono in una seconda fase luoghi di culto cristiano 79. Purtroppo la maggioranza degli scavi sono di vecchia data e risulta difficile datare il momento della conversione dei mausolei in chiese. Tra i casi più interessanti va annoverato il mausoleo della villa di La Cocosa, ubicato a 250 m dall’edificio residenziale80 (fig. 14). Ha pianta esternamente rettangolare (12,85 x 7,95 m) e all’interno triabsidata con un vestibolo ad ovest e un sarcofago ad est e viene datato tra la metà del IV e la metà del V secolo. In una fase successiva, il monumento viene inglobato in una serie di strutture più ampie tra le quali è stato individuato un battistero. Non si conosce l’articolazione planimetrica della chiesa (gli scavi sono ancora parziali), databile, a partire dalla tipologia della vasca battesimale e di una tavola di altare, al VI o VII secolo81. All’VIII o IX secolo risale invece, secondo studi recenti, la chiesa di Santa Cristina d’Aro (Girona)82 (fig. 15) edificio che fu costruito nuovamente a partire dal mausoleo tardoantico che ospitava due sepolture e non, come ipotizzato tradizionalmente, da un oratorio o chiesa legata a una villa. La stessa sequenza (mausoleo tardoantico inglobato poi nella struttura di una chiesa altomedievale) si propone per i siti di Sant Julià di Ramis, Santa Magdalena d’Empuries o Bellcaire tutti e tre in provincia di Girona83. Per l’Italia settentrionale G.P. Brogiolo84 ha già sottolineato la frequenza con la quale i mausolei tardoantichi, spesso in relazione a ville, danno luogo, in un’epoca successiva, alla costruzione di una chiesa, come negli esempi di Airolo85 (fig. 16) o di San Pietro in Gravesano86 (fig. 17) (entrambi in Canton Ticino). Si tratta di edifici ospitanti una o 79 Su questi edifici cfr. il catalogo di CHAVARRÍA ARNAU 2007 con la bibliografia precedente. Una diversa interpretazione in BOWES 2006 dove si ipotizza una funzione liturgica contemporanea a quella funeraria già dalle origini di questi edifici. 80 S ERRA R ÀFOLS 1952. Una sintesi recente su questo sito in MATEOS 2003. 81 RISTOW 1998, n. 578, p. 228; SASTRE 2005, p. 106. 82 AICART, NOLLA, SAGRERA 1999. Ringrazio J. M. Nolla per avermi spedito questo articolo. 83 AICART, NOLLA, SAGRERA 1999, pp. 33-34. 84 BROGIOLO 2002b. 85 Un mausoleo rettangolare (V-VI secolo) diventa chiesa nel VII- VIII secolo con l’aggiunta di un’abside semicircolare e di un atrio porticato, antistante la facciata (FOLETTI 1997, pp. 121-22). 86 Nell’area di un tempio romano, nel V-VI secolo viene costruito un mausoleo rettangolare che ospita una sepoltura privilegiata, edificio che poi nel VII-VIII secolo viene provvisto di abside, il che plausibilmente indica la sua conversione in chiesa (FOLETTI 1997, pp. 127-128). 142 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO Fig. 16. Airolo, chiesa dei Santi Nazario e Celso (Canton Ticino) (FOLETTI 1997, p. 159). Fig. 17. San Pietro in Gravesano (Canton Ticino) (FOLETTI 1997, p. 164). varie sepolture con piante semplici di forma rettangolare. La cronologia dei mausolei viene situata genericamente in epoca tardoromana (IV-VI secolo), mentre la loro conversione in chiese si colloca nei secoli VII-VIII. Illuminante è la sequenza del sito toscano di San Genesio in corso di scavo da parte di F. Cantini87. Nell’area di un edificio romano altoimperiale (villa o mansio) le cui strutture architettoniche erano già parzialmente riusate alla fine del V secolo come spazio funerario, venne costruito, nel corso della prima metà del VI secolo, un mausoleo a pianta rettangolare. Successivamente (seconda metà del VI secolo) l’area viene occupata da un nuovo insediamento del quale sono stati documentati numerosi focolari e buche di palo. Per Cantini il rinvenimento di alcuni oggetti di abbigliamento personale farebbe pensare a personaggi di un certo status sociale. Durante questa fase il mausoleo viene ristrutturato (si abbatte parte dell’edificio e si allunga costruendo anche un abside verso est) e riconvertito in piccola chiesa con sepoltura privilegiata. Numerosi sono inoltre gli edifici con funzione funeraria che vengono interpretati fin dalla loro origine tardoromana come cappelle funerarie –tra gli altri, San Vincenzo in Aosta88, Ticineto (Alessandria)89, Pozzoveggiani (Padova)90, S. Desiderio ad Assago (Milano)–, in genere a causa della loro planimetria o semplicemente in funzione della loro evoluzione successiva. La presenza di absidi semicircolari non è tuttavia un indizio incontrovertibile, come già si è visto, dalla loro funzione liturgica o di un carattere cristiano e dunque non è da scartare che anche in questi esempi ci troviamo di fronte a mausolei e non a cappelle. L’esistenza di una chiesa in questi esempi non può essere certificata fino al VII-VIII secolo. 87 CANTINI c.s. che ringrazio per avermi fatto leggere questo lavoro di un’abside (a ovest) nel V secolo viene riusata come spazio funerario nel VI. Niente permette di assicurare che questo spazio avesse già un carattere cristiano, funzione che assume plausibilmente solo dopo, in età altomedievale, con l’aggiunta di una nuova abside orientata (NEGRO PONZI MANCINI 1982 e 1983). 90 Nel luogo dove tradizionalmente viene ubicata la villa di Santa Giustina viene eretto nel IV o V secolo un edificio con funzione funeraria (mausoleo?) sul quale in epoca altomedievale verrà costruita la chiesa di San Michele (SANNAZARO 1989). ancora in corso di stampa e per avermi permesso di farne cenno nel presente articolo. 88 In relazione all’impianto termale di un edificio romano (forse una villa) viene costruito, nella seconda metà del V secolo, un edificio absidale con orientamento nord-sud che ospita una sepoltura privilegiata (PERINETTI 1989, pp. 2245-2253). 89 Una delle stanze della villa monumentalizzata tramite l’aggiunta Alexandra Chavarría Arnau 5. Conclusioni In generale –ed eccettuando il sermone di Giovanni Crisostomo (che comunque accusa i proprietari di costruire terme e mercati invece di chiese)– nella documentazione civile ed ecclesiastica relativa ai secoli IV e V scarsi sono i riferimenti alla costruzione di chiese da parte dei possessores e nulle sono le menzioni nei testi di carattere legislativo. I proprietari vengono solo accusati di permettere la sopravvivenza del paganesimo tra i loro rustici e soprattutto sono incoraggiati a eliminare sacrifici e altre pratiche pagane all’interno delle loro proprietà. Pur sottolineando le numerose difficoltà che esistono per stabilire la data di fondazione di gran parte delle chiese in relazione a ville, un’analisi critica dei contesti archeologici rivela come generalmente queste chiese siano state edificate in una fase successiva al periodo di occupazione principale delle ville. La presenza iniziale di oratoria all’interno delle ville è nella maggioranza dei casi del tutto ipotetica91. Ci furono certo casi di personaggi importanti (come Sulpicio Severo) che nelle loro proprietà costruirono edifici di culto, ma in generale si ha la impressione che l’evangelizzazione delle campagne, come quella delle città, fosse orchestrata direttamente dalle autorità ecclesiastiche che indirizzarono i loro sforzi verso i luoghi dove la costruzione di edifici di culto poteva essere più efficace per la diffusione del cristianesimo: i nuclei di popolamento (vici e castella) e gli snodi lungo le vie di comunicazione. È in questo tipo di contesti che l’archeologia rivela la presenza precoce di impianti ecclesiastici dotati di strutture battesimali. Spesso si può dimostrare come quello che in realtà costituì il seme degli edifici di culto in campagna non furono le ville per sè bensì la presenza di aree funerarie. Le chiese costruite da privati (in generale a partire dal VI secolo) non sembrano nascere con l’intenzione precipua di evangelizzare le campagne (come ripete la storiografia relativa a questi temi) ma come monumenti per inglobare e commemorare strutture funerarie privilegiate tardoantiche. 91 A mia conoscenza per l’Occidente soltanto nella villa di Lullin- gstone in Inghilterra è stato possibile identificare la presenza di un oratorio cristiano della seconda metà del IV secolo (BRENK 2003, pp. 73-74). Tuttavia, dopo l’abbandono dell’edificio e dell’oratorio, viene costruita una chiesa, non dove si trovava l’oratorio, ma 143 È infine da chiedersi quali motivazioni portarono gli individui di VII-VIII secolo a riusare un mausoleo precedente come tomba propria e convertirlo in edificio di culto. Alcuni ricercatori anglosassoni hanno rimarcato il ruolo che ebbero in questo processo motivazioni di carattere simbolico legate al prestigio delle rovine del passato92. Tuttavia, almeno in alcuni casi, potrebbero tradire anche la sopravvivenza di alcune famiglie aristocratiche tardoromane che mantennero in alcune regioni una loro identità fino almeno al VII secolo. Si tratti del desiderio di continuare ad utilizzare i luoghi funerari di antenati reali o della volontà di appropriarsi da parte delle nuove élites di alcuni simboli tradizionali romani per legittimare il proprio status, appare evidente che la costruzione di chiese funerarie, rappresenta un elemento di forte continuità rispetto agli usi funerari aristocratici romani e tardoantichi. Più difficile è stabilire, senza conoscere in dettaglio la composizione per genere ed età degli inumati, quando queste chiese funerarie avessero un uso ristretto alla famiglia e quando invece fossero aperte alle comunità. In entrambi i casi, grazie alle cerimonie di commemorazione (le orationes hymnis et sinaxes a cui si riferiva Giovanni Chrisostomo), il culto funerario si trasforma e passa da una gestione privata dei defunti alla celebrazione di un culto più ampio gestito dagli ecclesiastici, attraverso un processo che si sviluppa in un arco cronologico certo più lungo e con evoluzioni locali assai più complesse di quanto sinora ipotizzato. Le chiese funerarie diventano non solo uno spazio di sepoltura privilegiato, ma anche uno strumento di espressione del potere aristocratico e un mezzo di affermazione della memoria che, pur utilizzando schemi concettuali diversi forniti dalla ritualità cristiana, non è forse molto lontano, dal punto di vista simbolico dell’autorappresentazione sociale, dall’ideologia dell’età precedente che vedeva nel duraturo monumento sepolcrale, e non nell’effimera ostentazione del corredo durante la cerimonia funebre, lo strumento precipuo di tramandare il ricordo del defunto e la sua posizione sociale: splendida sepulcra ut posteri audiant. ancora una volta nell’area dove era esistito un mausoleo (B ELL 1998, pp. 10-11). 92 Si veda BELL 1998 con diverse ipotesi relative al riuso di strutture romane come chiese in epoca medievale. 144 ARCHEOLOGIA E SOCIETÀ TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO BIBLIOGRAFIA Fonti Cicerone, Ad Attiucm = D. R. SHACKLETON-BAILEY 1966, Cicero’s Letters to Atticus, Harvard. 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