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Sfruttando le provocazioni del libro La sintassi trinitaria di J.P Lieggi, l'articolo ripercorre alcune questioni della storia dell'ontoteologia e si interroga sugli scenari lasciati aperti dalla critica alla metafisica classica. È possibile oggi ripensare il rapporto linguaggio/essere/divino in maniera non sostanzialistica e logocentrica? Il paradigma della syntaxis (intesa come «sinergia ordinata») si muove in questa direzione? Esiste una relazione tra l'ordine (teologico)-sintattico e la logica (antropologica) della mutualità? E che rapporto tra il logos filosofico e quello teologico, quando ci si muove su queste questioni di confine? Parole chiave: ontoteologia, sintassi, mutualità, J.P. Lieggi, Trinitaria *** 1. A partire da uno scenario nietzscheano? Il titolo di questa discussione mette in scena un paradosso. I conoscitori dell'Autore dell'Anticristo, avranno riconosciuto l'eco di un noto passo nietzscheano del Crepuscolo degli idoli («temo che non ci libereremo di Dio fintanto che crederemo alla grammatica» 1). Il cambio del finale è invece un'eco del libro con cui vogliamo entrare in dialogo (La sintassi trinitaria. Al cuore della grammatica della fede di J.P. Lieggi, appena edito dalla casa ed. Aracne 2). Certo, la sintassi è parte della grammatica e, dunque, dal punto di vista nietzscheano, forse non cambia granché. L'errore appare sempre quello del 'logos' inteso come ragione-linguaggio; e dunque come principio metafisico (Essere e/o Dio). «L'ingenua forza di persuasione», la «seduzione» di questa «vecchia donnaccola truffatrice» (la ratio) si nasconde in ogni piega delle nostre parole e delle nostre frasi, scrive Nietzsche 3. Siamo abituati a pensare in termini di ragioni, cause, effetti, soggetti, azioni, perché così parliamo. E poi, però, ipostatizziamo questi termini e immaginiamo una reale presenza di Sostanze, Idee, Essere, Divinità. Da qui la critica nietzscheana. Una critica congiunta al linguaggio della metafisica e a quella che poi Heidegger chiamerà ontoteologia (Dio come Ente supremo; Essere supremo come Dio). E, però, come sa bene Nietzsche stesso, è impossibile superare la metafisica tacendo. E l'autocontraddizione performativa del critico della grammatica è la stessa forza esplosiva del pensiero nietzscheano. Che, non a caso, affida i propri pensieri ai frammenti, agli aforismi, all'autobiografia, alla scrittura del sangue e del pathos, alla poesia. Cercando così di forzare grammatica e metafisica dall'interno. Continuiamo a parlare, pur sapendo che grammatica e sintassi logica sono un'illusione. Continuiamo anche inevitabilmente a pensare l'essere e dio, sebbene, dopo i maestri del sospetto, non sia più possibile farlo con la stessa grammatica e sintassi della metafisica tradizionale. E, allora, ecco una possibilità: ripartire dalla sintassi. Ripensandola dall'interno: non come la 'classica' parte della grammatica che studia l'ordinamento delle parole nelle proposizioni e delle proposizioni nel periodo, ma come ci dice l'origine etimologica e la sua 1 F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli, in Opere, VI, t. 3, Adelphi, Milano, 1970, La 'ragione' nella filosofia, af. 5, p. 73 (nella versione italiana di Masini-Calasso: «temo che non ci sbarazzeremo di Dio perché crediamo ancora alla grammatica») 2 Aracne, Roma, 2016 (Dimmi il tuo nome, Collana di Teologia trinitaria). 3 F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli, cit., p. 73.
Intertwining the etymological, philosophical and artistic-literary research in an interdisciplinary way, the essay questions the relationship between word, image and concept, within the Greek experience of time, working in particular on... more
Intertwining the etymological, philosophical and artistic-literary research in an interdisciplinary way, the essay questions the relationship between word, image and concept, within the Greek experience of time, working in particular on four words that marked, in their origin and in their translations / traditions, the history of time in philosophy. Intrecciando in maniera interdisciplinare la ricerca etimologica, filosofica e artistico-letteraria, il saggio si interroga sul rapporto tra parola, immagine e concetto, all'interno dell'esperienza che i Greci avevano del tempo, lavorando in particolare su quattro parole che hanno segnato, nella loro origine e nelle loro traduzioni/tradizioni, la storia del tempo nella filosofia. *** 0) Una premessa. La complessità dei volti del tempo greco L'obiettivo di queste pagine non è quello di fornire una 'nuova' idea del tempo greco né dal punto di vista della ricerca lessicale, né dal punto di vista filosofico o artistico. Il tentativo è quello di mettere in cortocircuito interdisciplinare quanto ci consegnano le (specifiche) ricerche filologiche, storico-letterarie, filosofiche e iconologiche: e provare a vedere cosa ne emerge 1. Se-nel difficile equilibrio di analisi e sintesi-verrà fuori qualcosa che possa dare da pensare, ne saremo contenti. La domanda di fondo resta: esiste un rapporto tra parola, immagine e concetto nell'esperienza che i Greci avevano del tempo? Ci muoviamo per grandi sintesi 2 , inevitabilmente parziali, in un intreccio di filologia, mitologia, concetto e iconologia. E la questione sembra dover rimanere per principio senza risposta. Scrive, infatti, Annapaola Zaccaria Ruggiu: non esiste un rapporto di stretta interdipendenza tra la formazione e l'elaborazione concettuale della nozione di tempo nella Grecia antica e la sua traduzione in rappresentazione visiva. La presenza nella 1 Il saggio, pur avendo una unità in se stesso, in qualche maniera si pone in continuità con quello presente in questo stesso numero di "Logoi" relativo alla 'visione' umanistica del tempo: L'iconologia di Padre tempo: storia di un errore. Petrarca, Ervin Panofsky e Simona Cohen. In continuità metodologica (ovvero in un tentativo di lavoro interdisciplinare tra concetto e immagine) e in continuità di ricerca. Lì ci siamo fermati mostrando, con Simona Cohen, quanto la visione umanistica del tempo fosse debitrice al mondo medievale, main qualche passaggio-avevamo già anticipato quanto fosse debitrice anche al mondo antico. In queste pagine, quindi, troviamo (anche) le premesse iconologiche di quanto sviluppato nel saggio sui Trionfi petrarcheschi. 2 Abbiamo, di volta in volta, fatto riferimento ai testi originali. Per la cornice di questa ricostruzione, invece, ci siamo avvalsi in particolare di: A. Zaccaria Ruggiu, Aion, Chronos Kairos. L'immagine del tempo nel mondo greco e romano, in Filosofia del tempo, a cura di L. Ruggiu, Mondadori, Milano, 1998, pp. 293-344; I. Ramelli, Tempo ed eternità in età antica e patristica, Cittadella ed., Padova, 2015; P. Taroni, Filosofie del tempo. Il concetto di tempo nella storia del pensiero occidentale, Mimesis, Milano, 2012; P. Philippson, Il concetto greco di tempo nelle parole aion, chronos, kairos, eniautos, in "Rivista di storia della filosofia", IV, 2, 1949, pp. 81-97; G. Giannantoni, Il concetto di tempo nel mondo antico fino a Platone, in AA. VV., a cura di G. Casertano, Il concetto di tempo, Loffredo, Napoli, 1997. Per la parte mitologica ci siamo avvalsi anche del prezioso sito: https://www.theoi.com/ Altri testi più specifici li segnaleremo di volta in volta.
Starting from the consideration of existence as the hidden cipher in the whole history of philosophy, the article investigates the problems related to the possibility of defining this category philosophically in a complete way. A... more
Starting from the consideration of existence as the hidden cipher in the whole history of philosophy, the article investigates the problems related to the possibility of defining this category philosophically in a complete way. A reflection is developed on the ambiguous relationship between existence and philosophy, raising the question as to whether or not a philosophy of existence exists and what its characteristics may be, and if this is really a product of the past century. In conclusion, an attempt is made to assess the heredity of this twentieth century philosophical self-understanding, emphasizing the stupefaction that emerges in the experience and thought of the existing being.
partendo dall'analisi di alcuni dei quadri presenti alla mostra Giorgio de Chirico-Ritorno a castello (Conversano-Bari, 10/07-01/11/2016), l'articolo prova a dare una lettura filosofica del simbolo dechirichiano del... more
partendo dall'analisi di alcuni dei quadri presenti alla mostra Giorgio de Chirico-Ritorno a castello (Conversano-Bari, 10/07-01/11/2016), l'articolo prova a dare una lettura filosofica del simbolo dechirichiano del castello, lavorando 'tra' opere pittoriche e testuali dell'artista e ponendole in dialogo con lo sfondo nietzscheano dichiaratamente scelto da de Chirico stesso. L'interpretazione si svolge in tre passaggi: il castello come luogo irraggiungibile della Verità del Sé; come utopia di una relazione condivisa con l'alterità; e infine come simbolo dell'arte stessa, nella sua capacità di inquietarci e insieme 'rivelarci' le possibilità nascoste del quotidiano. Parole chiave: de Chirico, castello, Nietzsche, arte, filosofia *** In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti. Passai per un ponte levatoio sconnesso, smontai di sella in una corte buia, stallieri silenziosi presero in consegna il mio cavallo. Ero senza fiato; le gambe mi reggevano appena: da quando ero entrato nel bosco tali erano state le prove che mi erano occorse, gli incontri, le apparizioni, i duelli, che non riuscivo a ridare un ordine né ai movimenti né ai pensieri [I. Calvino, Il castello dei destini incrociati] Quella del castello è una delle metafore più dense di significati, stratificata da molteplici interpretazioni, spesso tra loro contraddittorie: castello delle fate o dei mostri? Degli incanti o degli orrori? Simbolo di arroccamento e solitudine o di interiorità infinita delle stanze dell'anima? Labirinto senza uscita o luogo dell'amore-principe, principessa, favola (tutti vissero felici e contenti)? Letteratura, pittura, lirica, psicanalisi e anche filosofia hanno di certo contribuito a rendere questa immagine ancora più profonda e vasta, tanto da scoraggiare chiunque, da subito, a darne un'interpretazione univoca. E forse da qui il suo fascino, che sfida il tempo. Il pregio della mostra Giorgio de Chirico-Ritorno a castello (esposta presso il Castello di Conversano-Bari, dal 10 luglio al primo novembre 2016) sta, tra l'altro, in questo. Un piccolo regalo per il Sud e la Puglia, dove arrivano sempre più raramente mostre pittoriche. Un percorso tendenzialmente monografico, che mette al centro appunto il castello (luogo fisico dell'esposizione e tema della mostra), immagine che indubbiamente è decisiva in de Chirico, ma che forse rispetto ad altre non è sempre stata focalizzata e messa in rilievo. Sicché chi conosce già il pittore ha la possibilità di seguire un tracciato in parte insolito; mentre chi non è 'addetto ai lavori' viene subito incantato da una proposta non strettamente tecnica: che parla all'immaginario, e invita ad entrare, e a interpretare, interpretandosi. Di che castello stiamo parlando? Di che cosa è il segno? 1 Perché così illogicamente presente in queste 50 opere 2 , anche là dove non ce lo aspetteremmo (dietro e dentro manichini, meta di cavalli senza cavaliere, quadro nel quadro, dietro improbabili 1 Com'è noto, de Chirico non ama parlare di 'simboli', e preferisce parlare di 'segni', per evitare l'idea di un'identificazione lineare tra simbolo/immagine e significato. 2 27 dipinti, 8 tra disegni ed acquerelli, 10 litografie e 5 sculture.
Scrivere sul gioco, oggi, nell'epoca delle migrazioni, è un atto di barbarie? Abstract: This essay is an attempt to take seriously Theodor Adorno"s provocation, not so much about its meaning with regards to the Holocaust,... more
Scrivere sul gioco, oggi, nell'epoca delle migrazioni, è un atto di barbarie? Abstract: This essay is an attempt to take seriously Theodor Adorno"s provocation, not so much about its meaning with regards to the Holocaust, as with regards to the present time. Infact, the meaning of our writing about philosophy, arts and playing depends on the answer to this provocation. Yes, we believe that today, more than ever, the task of philosophy (but also of poetry, literature, music, cinema) once again becomes this: to cause dissatisfaction, anxiety, discomfort; to question the data, not to settle, but to keep looking, probing, dreaming of alternatives; to put thought into play. Playing with the thought. A fragile and un-helpful oasis. Logic of possibility and breeding ground of alternatives not crushed on the real. Sign of a need not suppressed by novelty, that speaks to the heart of every living being, in every culture, in every age, of every individual. Novelty that urges and asks not to be crushed, removed, relegated to the unthinkable: today, more than ever, in this era of migration and barbarism. Prendere sul serio la provocazione di Adorno, lasciarsi mettere in discussione non tanto dal suo senso rispetto all"Olocausto, quanto rispetto al tempo presente, perché dalla risposta a questa provocazione dipende anche il senso del nostro pensare sulla filosofia, sulle arti, e sul loro gioco. Per lo meno dipende il senso che noi vogliamo dargli. E, così, rilanciare la scommessa. Continuare a credere che, oggi più che mai, il compito del pensiero resta questo: provocare insoddisfazione, inquietudine, disagio; porre in questione il dato, non accontentarsi, continuare a cercare, sondare, sognare alternative. Mettersi in gioco. Il gioco del pensiero. Oasi fragile e forse in-utile. Ma logica di possibilità e vivaio di alternative non schiacciate sul reale. Segno di un bisogno non domato di "novità", che parla al cuore di ogni essere vivente, di ogni cultura, di ogni tempo, di ogni singolo. "Novità" che urge e chiede di non essere schiacciata, rimossa, relegata nell"impensato. Oggi più che mai, nell"epoca della barbarie delle migrazioni. Sette ore della notte, sette anni di veglia: giocando con asce tu giaci nell"ombra di cadaveri eretti-oh tronchi che tu non abbatti!-ed hai a testa lo sfarzo del voluto silenzio, ai piedi il ciarpame delle parole: e giaci così e giochi con asce finché tu al pari di queste sfavilli [P. Celan, Giocando con asce] 1) Dall'evento-Auschwitz all'evento-migrazioni La domanda del titolo non è retorica. È il tentativo di riprendere, di prendere sul serio la nota provocazione di Theodor Adorno: «scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie» 1. Lasciarsi mettere in discussione non tanto dal suo senso rispetto all"Olocausto, quanto rispetto al tempo presente. Che cosa vogliamo dire? 1 T. Adorno, Prismi. Saggi sulla critica della cultura, tr. it. Einaudi, Torino, 1972. Il primo saggio è Critica della cultura e società, ed è del 1949. La citazione è a p. 22: «la critica della cultura si trova dinanzi all"ultimo stadio della dialettica di cultura e barbarie: scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie».
This essay is articulated into four paragraphs. In the first one, we examine the researches of the Scholars on Nietzsche's Unzeitgemäβ and we ask why there is so little scholarly interest on the issue of the... more
This essay is articulated into four paragraphs. In the first one, we examine the researches of the Scholars on Nietzsche's Unzeitgemäβ and we ask why there is so little scholarly interest on the issue of the 'Untimely'. In the second and third paragraphs we ask what can be the etymological and historical origin of the Nietzschean concept of Untimely. Finally we follow a track that connects the term 'Unzeitgemäβ' with the Latin 'intempestivus' and we ask what scenarios open this hypothesis, both at translation level and at interpretation level. Articoleremo il nostro saggio in quattro parti. Nella prima, facendo un breve punto sullo status della letteratura secondaria sull'argomento, ci chiederemo quali possano essere le ragioni di una sostanzialmente 'scarsa' attenzione della critica nietzscheana al tema dell'inattuale. Nel secondo e terzo paragrafo ci chiederemo quali possano essere le origini (rispettivamente) etimologiche e storiche della scelta di questo concetto da parte di Nietzsche. Infine seguiremo una traccia che collega il termine Unzeitgemäβ al latino 'intempestivus' e ci chiederemo quali scenari apra questa ipotesi (accostata alle altre) sia a livello di resa traduttiva sia a livello di scenari interpretativi. Articoleremo il nostro saggio in quattro parti. Nella prima, facendo un breve punto sullo status della letteratura secondaria sull'argomento, ci chiederemo quali possano essere le ragioni di una sostanzialmente 'scarsa' attenzione della critica nietzscheana al tema dell'inattuale. Nel secondo e terzo paragrafo ci interrogheremo sulle origini (rispettivamente) etimologiche e storiche della scelta (invenzione?) di questo concetto da parte di Nietzsche. Infine seguiremo una traccia che collega il termine Unzeitgemäβ al latino 'intempestivus' e ci chiederemo quali scenari apra questa ipotesi (accostata alle altre) sia a livello di resa traduttiva sia a livello di scenari interpretativi. 1) L'inattuale: questione 'pop' o di scarso interesse? 1.1.) Breve 'status quaestionis' della critica Nell'Editoriale (a cui rimandiamo) abbiamo già fatto notare come il termine 'inattuale' sia stato introdotto nell'uso filosofico proprio dai saggi nietzscheani (composti tra il 1873 e il 1876) che vanno sotto il titolo di Unzeitgemässe Betrachtungen: quattro editi; uno rimasto in abbozzo e almeno altri otto ipotizzati e poi non più scritti. Sia termine che il concetto di inattualità per certi versi hanno avuto una grande fortuna, tanto che oggi sono usati in maniera abbastanza diffusa, anche in contesti non specificatamente nietzscheani. A fronte di questa 'popolarità' appare strana la scarsità di lavori che-a livello internazionale, possiamo dire-presentino in maniera completa la questione dell'Inattuale in Nietzsche (nei suoi antecedenti e nelle sue conseguenze). Individually and collectively, the four Untimely meditations are unquestionably among Nietzsche's most widely neglected works 1. The Untimely Meditations are some of Nietzsche's most neglected works. (…) They have attracted relatively little scholarly interest, too 2 .
In Ricœur’s last works, we can find what he calls a poetics of agape or even more simply a poetics of love. 1 Ricœur is aware of the risks underlying the decision to use this term (love), but also conscious of the fact that poetry does... more
In Ricœur’s last works, we can find what he calls a poetics of agape or even more simply a poetics of love. 1 Ricœur is aware of the risks underlying the decision to use this term (love), but also conscious of the fact that poetry does not have other, more appropriate, terms to express the tension of his desire. “Talking about love may be too easy, or rather too difficult. How can we avoid simply praising it or falling into sentimental platitudes?” 2 How not to fall into exaltation or emotional banality? How to talk about the poetry of love, without, in so doing, writing a poetry, becoming a Poet? Ricœur chooses the “dialectic” path of a comparison between love and justice: “here by dialectic I mean, on the one hand, the acknowledgment of the initial disproportionality between our two terms and, on the other hand, the search for practical mediations between them – mediations, let us quickly say, that are always fragile and provisory”. 3 Of this dialectic 4 we only want to consider t...
L’articolo, partendo dalla Preface scritta da Paul Ricœur al testo L’amore difficile (Jervolino, 1995), ricostruisce il dialogo che i due pensatori intrecciano su questo tema, sottolineando le convergenze (metodologiche ed ermeneutiche)... more
L’articolo, partendo dalla Preface scritta da Paul Ricœur al testo L’amore difficile (Jervolino, 1995), ricostruisce il dialogo che i due pensatori intrecciano su questo tema, sottolineando le convergenze (metodologiche ed ermeneutiche) ma anche le inevitabili divergenze. Un’ermeneutica filosofica in cui la filosofia comprende se stessa e il suo altro (il pensiero biblico): «questa ermeneutica, secondo me, resta ancora da fare» – annota Ricœur. Forse che questa ermeneutica dell’amore difficile l’abbia fatta proprio Domenico Jervolino, in un solco che, in fondo, e – rispetto a quello del ‘maestro’– stesso ed altro?
... Annalisa Caputo 60 ... E così – volendo fare solo qualche esempio – nel semestre 1919-'20 Heidegger descrive il gioire di chi gode della luce del sole che gioca sui libri o tra le cime dei monti1; nel 1920-21 invece sotto-linea... more
... Annalisa Caputo 60 ... E così – volendo fare solo qualche esempio – nel semestre 1919-'20 Heidegger descrive il gioire di chi gode della luce del sole che gioca sui libri o tra le cime dei monti1; nel 1920-21 invece sotto-linea la cara e la thlipsis o il gaudium e il timor, in quanto ...
This article is divided into two parts. In the first one, we will ask what place Ricœur reserves for art works (particularly figurative) within his philosophical path. We will try to show how this issue is only apparently minor and... more
This article is divided into two parts. In the first one, we will ask what place Ricœur reserves for art works (particularly figurative) within his philosophical path. We will try to show how this issue is only apparently minor and unimportant. In fact, the language of figurative art, totally other than the conceptual/argumentative language of the logos, is that which more than any other experience can allow philosophy to reflect on otherness, and to discover ‘itself as another.’ In the second part, starting with this acquisition, we will ask ourselves what constitutes the singularity of artistic language and the particular communication specific to works of art. This will allow us to circle back to the initial question and ask ourselves, therefore, what figurative language can teach philosophical communication and what the arts can offer philosophy.
From the 1st to the 5th of October, the 'IX International Conference of Philosophy and Education' took place at the State University of Rio de Janeiro (UERJ). Teachers from different Schools and Universities, students and researchers met... more
From the 1st to the 5th of October, the 'IX International Conference of Philosophy and Education' took place at the State University of Rio de Janeiro (UERJ). Teachers from different Schools and Universities, students and researchers met to discuss together. And we discussed with Professor Walter Kohan (one of the organizers) about current events, public schools, wandering and human rights. Dall'1 al 5 ottobre 2018 si è svolto all'Università statale di Rio de Janeiro (UERJ) il 'IX Convegno internazionale di filosofia ed educazione' che ha visto confrontarsi docenti di diverse scuole e dell'università, studenti e ricercatori. Con il professor Walter Kohan (uno degli organizzatori) abbiamo discusso di attualità, scuola pubblica, erranza e diritti umani. Lunedì 29 ottobre 2018: il Brasile ha un nuovo Presidente. Dopo 13 anni di governo di sinistra con il Partido dos Trabalhadores di Lula, in carcere con l'accusa di corruzione, da oggi il paese sarà guidato da Jair Bolsonaro, esponente della destra estrema. Dall'1 al 5 ottobre si è svolto il 'IX Convegno internazionale di filosofia ed educazione' all'Università statale di Rio de Janeiro, a cui abbiamo avuto il privilegio di partecipare 2. Come è chiaro dalle parole del professore Walter Kohan, il convegno, l'educazione e la filosofia non sono concetti avulsi dal contesto territoriale in cui sono pensati, né dall'attualità che viviamo. Ecco perché è importante interrogarsi seriamente su questo scenario planetario che vede quasi ovunque le destre al potere. Ed è necessario ripartire dal ruolo dei docenti, dal modo di fare scuola, dalle scuole e dalle università pubbliche come spazi aperti di incontro, di riflessione e di pratica filosofica. Nel 2003 il professor Kohan ha fondato il 'Centro sull'infanzia e la filosofia' (NEFI) all'interno del programma di studi post-diploma della UERJ. Il Centro organizza progetti di formazione insegnanti, interagisce con ricercatori di cinque continenti, promuove seminari, laboratori e attività di filosofia con i bambini e con gli adulti delle scuole pubbliche dell'America Latina. Come scrive Jason Thomas Woznjak nella introduzione all'edizione inglese del Maestro inventore Simón Rodríguez «il NEFI è un'istituzione che inventa scuole in tutte le Americhe, in comunità di ogni tipo, specialmente in quelle comunità a cui raramente la maggior parte delle università si rivolgono» 3. Di questo confronto tra scuole siamo stati testimoni durante le giornate di un convegno non convenzionale in cui le persone con i loro diritti sono al centro di un lavoro infaticabile, oggi più che mai. 1 A cura delle intervistatrici. 2 http://www.filoeduc.org/9cife/?fbclid=IwAR2cN_d0qsZTKfoJgA1Ms6682KFFgH30ubBXpn-YRkvMCjEydqjr7hQgWs4 (a questa pagina rimandiamo anche per le notizie sul gruppo organizzatore e il centro NEFI). 3 J. T. Woznjak, Introduzione alla traduzione inglese in W.O. Kohan, Il maestro inventore Simón Rodríguez, Aracne editrice, Ariccia 2015, pp. 11-17.
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Visioni del tempo dalla Primaria alla Secondaria inferiore, dal Liceo, all'Istituto Tecnico e Alberghiero. Philosophia ludens 2019. Abstract: This essay presents the results of the workshops, experiments and 'Course for teachers' carried... more
Visioni del tempo dalla Primaria alla Secondaria inferiore, dal Liceo, all'Istituto Tecnico e Alberghiero. Philosophia ludens 2019. Abstract: This essay presents the results of the workshops, experiments and 'Course for teachers' carried out in 2019 with the Philosophia ludens method. The theme chosen was that of time and the work was done in many cases through visualization 'games'. This allows us to see how the vision of time changes from Primary to High Schools. The article is also a sort of premise to the contributions that follow in this Teaching-Section, contributions that show the experiments carried out by the teachers, 'Playing with Time' In questo saggio si presentano i risultati delle attività, delle sperimentazioni e della formazione docenti svolta nell'anno 2019 con il metodo Philosophia ludens. Il tema scelto è stato quello del tempo e i lavori sono stati fatti in molti casi attraverso 'giochi' legati alla visualizzazione. Questo ci consente anche di vedere come cambia la visione del tempo dalle Primarie alle Superiori. L'articolo si pone pure come una sorta di premessa rispetto ai contributi che seguono nelle sezioni successive, che mostrano appunto le sperimentazioni svolte dalle insegnanti sul tema 'Tempo in gioco' 1) Una breve premessa (su Philosophia ludens). Non presenterò qui la proposta Philosophia ludens, potendo rimandare ormai a diversi testi e sussidi didattici 1. A beneficio di chi non dovesse conoscerla, mi limiterò a ricordare che si tratta di un laboratorio di ricerca di didattica della filosofia, di carattere teorico/empirico, promosso da docenti universitari, ricercatori e insegnanti di Scuola, nato strutturalmente più di dieci anni fa, dopo una lunga gestazione. Concretamente si tratta di laboratori ludico-agonici, che proponiamo alle classi e ai loro docenti. I ragazzi vengono divisi in quattro squadre, quattro gruppi, che 'gareggiano' innanzitutto con le domande della filosofia, con gli Autori e i testi. E quindi gareggiano anche tra loro, attraverso qualcosa di 'concreto' che vanno a produrre (quello che oggi gli studiosi di didattica chiamano il compito-prodotto 2). Che l'esperienza diventi una gara con punteggi e vincitori, o che si fermi alla produzione in sé, in ogni caso resta quell'aspetto che in didattica chiamiamo 'sfidante', sia rispetto alla realtà, sia rispetto ad una sottile positiva competizione tra i gruppi, che cercano di dare il meglio di sé. L'esperienza (che con Gadamer possiamo chiamare extra-metodica) va a sospendere il normale ritmo delle lezioni e anche questo la rende intrinsecamente ludica: e proprio per-ciò, come sanno i teorici del gioco, una cosa seria, molto seria. 1 Philosophia ludens. 240 attività per giocare in classe con la storia della filosofia, La Meridiana, Molfetta (BA), 2011 (pp. 692-con CD allegato); F. De Natale-A. Caputo-A. Mercante-R. Baldassarra, Un pensiero in gioco, Stilo, Bari, 2011; Philosophia ludens: Spielerische Laboratorien für höhere Schulen, "Zeitschrift für Didaktik der Philosophie und Ethik", 2015, 4, pp. 88-96; Philosophia ludens per bambini. Lo scenario teorico e la proposta operativa, in Children for Philosophy-"Logoi" (www.logoi.ph), Mimesis, n. II, 6, 2016, pp. 143-169; Philosophia ludens, in AA. VV., Diotima o de la dificultad de enseñar filosofia, Esoclar y Mayo, Madrid, 2016, pp. 323-333. 2 Su questo, ci permettiamo di rimandare ai nostri Ripensare le competenze filosofiche a scuola. Problemi e prospettive, Carocci, Roma, 2019; Manuale di Didattica della filosofia. Per l'insegnamento e l'apprendimento delle Metodologie e tecnologie didattiche della filosofia e per i docenti di Scuola secondaria superiore, Armando editore, Roma, 2019.
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