Aborto, in Italia tre persone su quattro sono favorevoli

Francesca Visentin

(foto d’archivio) (foto d’archivio)

Era il 22 maggio 1978 quando la Gazzetta Ufficiale pubblicò la legge numero 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza: l’aborto diventava legale in Italia. Oggi, 46 anni dopo, tre persone su 4 in Italia sono favorevoli all’aborto, come emerge dal sondaggio Swg per Associazione Luca Coscioni. E il 90% dice che la legge in vigore è da migliorare, in particolare il 55% considera importante garantire l’interruzione di gravidanza farmacologica a domicilio, come avviene nel resto del mondo, evitando quindi il ricovero in ospedale. Sono 15 anni che in Italia è stata introdotta la possibilità della procedura farmacologica a domicilio, ma come sottolinea Associazione Luca Coscioni, l’aborto farmacologico viene ancora fatto in ricovero o in day hospital, nonostante le linee di indirizzo del ministero della Salute.

«I risultati del sondaggio Swg rivelano che la maggior parte delle italiane e degli italiani si conferma a favore della possibilità di abortire, ma anche che c’è una crescente consapevolezza sulla necessità di migliorare la legge 194, che compie 46 anni - fa notare Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni - . Migliorare la legge 194 significa rimuovere tutti gli ostacoli che ancora oggi troppe donne si trovano ad affrontare. L’aborto farmacologico, per esempio, rappresenta un’incertezza, in molte regioni è fatto solo in day hospital o in ricovero. Chiediamo al ministro della Salute Orazio Schillaci e a tutte le Regioni un intervento urgente per garantire la piena accessibilità della procedura farmacologica dell’interruzione volontaria di gravidanza e l’appropriatezza delle procedure sanitarie per l’aborto».

Mirella Parachini, ginecologa, attivista dell’Associazione Coscioni, segretaria di Fiapac (organizzazione internazionale impegnata su aborto e contraccezione), sottolinea: «L’Italia è rimasta indietro, sembra che l’aborto sia una prestazione medica a statuto speciale. Da una parte c’è il ritardo sull’aborto farmacologico, più gradito alle donne, sicuro e che costa meno. E su questo chiediamo a Schillaci che attraverso le Regione provveda a fare applicare velocemente la legge. Sulla questione dei pro- life in consultori e ospedali credo che le società scientifiche di ginecologia dovrebbero insorgere e indignarsi: sono 46 anni che mettiamo in atto la legge e quando c’è una donna in difficoltà sociale, economica o psicologica ci avvaliamo delle strutture che possono aiutarla a risolvere il problema. È curioso pensare di scavalcare quello che è un iter naturale che inquadra le problematiche della paziente, è la routine, lo facciamo da oltre 40 anni. Si presume forse che venga fatto così male da avere bisogno di personale esterno? Io lo considero offensivo. Inoltre le associazioni pro-life sono già ampiamente presenti e indisturbate all’interno di molte strutture sanitarie». Sulla questione dei medici- obiettori, la dottoressa Parachini evidenzia che «l’articolo 9 della legge sull’aborto prevede che l’ospedale che ha medici obiettori deve garantire comunque l’intervento. Se non si fa è perché non viene applicata la legge. Quindi il problema non è abolire gli obiettori, ma fare applicare la legge».

Mariangela Zanni consigliera nazionale Di.Re - Donne in rete contro la violenza (l’associazione che unisce 87 organizzazioni in Italia con 106 Centri antiviolenza e più di 60 Case rifugio), evidenzia: «Lo scenario è peggiorato invece che migliorato. Andrebbe facilitato l’accesso all’aborto farmacologico, che non è invasivo e ha minore impatto psicologico. Il sondaggio Swg dimostra che la totalità delle persone è favorevole all’aborto, ma il governo sembra andare nella direzione opposta, non sta ascoltando le italiane e gli italiani. E’ grave l’apertura di consultori e ospedali alle associazione antiabortiste, vanno a minare la libertà di scelta e l’autonomia delle donne. La decisione di abortire non è mai facile da prendere, quindi pressioni psicologiche o promesse di aiuto creano solo difficoltà e ulteriori sensi di colpa. La legge deve essere migliorata anche rispetto all’obiezione di coscienza: in tante zone d’Italia con il 100% di medici-obiettori diventa impossibile abortire e quindi accedere a un diritto».

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