Macron invia caccia in Ucraina, Putin minaccia l’atomica ma vuole vincere sul campo


Le parole del presidente francese, Emmanuel Macron, scuotono l’Europa. Il capo dell’Eliseo ha da tempo intrapreso la rotta del leader che vuole cambiare l’agenda del Vecchio Continente rispetto all’Ucraina.

Nelle scorse settimane le sue dichiarazioni sul non escludere l’invio di militari Nato a Kiev e le indiscrezioni su una “coalizione di volenterosiper addestrare le truppe ucraine direttamente nel paese invaso, avevano già provocato la dura reazione del Cremlino.

Ai messaggi subliminali con le bare lungo la Senna e agli avvertimenti del governo sui soldati francesi in Ucraina, si è aggiunta anche la cattura di un cittadino francese, Laurent Vinatier, accusato di aver raccolto informazioni militari riservate sulle forze russe e agli arresti fino al 5 agosto.

Mercoledì sera, in concomitanza con gli 80 anni dello sbarco in Normandia, Macron ha calato l’asso, promettendo all’Ucraina non solo gli aerei Mirage ma anche la formazione di migliaia di soldati.

La Francia sta aiutando gli ucraini a resistere ma non vogliamo un’escalation. Molto concretamente domani, durante il mio incontro con Zelensky, lanceremo una nuova collaborazione e forniremo i Mirage 2000-5 e ci offriremo di addestrare i piloti”, ha promesso il presidente francese.

E ai microfoni di France 2, Macron ha anche aggiunto che Parigi darà formazione, armi ed equipaggiamento” a 4500 uomini, perché il suo paese “vuole la pace e noi lottiamo per essa, ma la pace non è la capitolazione dell’Ucraina”. 

Parole che non lasciano spazio ai dubbi, e che confermano l’impegno ormai sempre più evidente della guida dell’Eliseo rispetto alla guerra in Ucraina.

Un modo per rimettere in moto i mai sopiti piani francesi per una leadership diplomatica e militare sull’Europa, o quantomeno sull’Unione europea?

Possibile. Anche perché nelle stesse ore il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, aveva dichiarato di essere un forte sostenitore dell’Unione europea, ma che “l’Ue non è lì per difendere, ma per il commercio, l’ambiente, l’economia e tante altre cose”. “Per la Difesa c’è l’Alleanza della Nato”, aveva rimarcato l’ex capo del governo norvegese.

Ed è chiaro che le frasi di Stoltenberg contrastano con le ambizioni di Parigi e un tempo anche del tandem tra Parigi e Berlino per l’autonomia strategica Ue.

Ma le parole di Macron rientrano anche in quella nuova fase dell’Alleanza atlantica riguardo le armi e i sistemi occidentali da usare contro la Russia. Strumenti che adesso possono essere lanciati anche contro obiettivi militari all’interno della Federazione Russa e che rappresentano, se non una svolta strategica particolarmente decisiva, una novità psicologica di non poco conto.

Al Cremlino, Vladimir Putin ha incassato il colpo, ben sapendo che le armi occidentali e in particolare i missili Usa possono avere un impatto significativo nella percezione del pericolo per le forze russe e per l’opinione pubblica.

Ma Putin è convinto da tempo che questo sia il momento di accelerare i suoi piani nei confronti dell’Ucraina. E in attesa degli aiuti Usa a Kiev, il presidente russo ha deciso di spingere su tutta la linea del fronte, concentrando i suoi sforzi in particolare nella regione di Kharkiv.

Solo nella notte di ieri le autorità ucraine hanno comunicato di aver abbattuto 48 droni Shahed e cinque missili da crociera. E la pioggia di fuoco che continuamente cade sul territorio ucraino sembra ormai incessante.

Ieri, inoltre, lo Zar è tornato ad agitare lo spettro dell’atomica. Dopo avere assicurato che la vittoria è vicina, che si raggiungerà il risultato anche con un accordo e non è necessaria una nuova mobilitazione, Putin durante una sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo ha detto che con la bomba nucleare si potrebbero raggiungere gli obiettivi in maniera più rapida.

Una frase abbastanza “tipica” della narrativa russa, e in particolare dell’attuale modus operandi del Cremlino, che da tempo usa l’arma psicologica dell’atomica.

“È possibile raggiungere gli obiettivi che abbiamo di fronte più velocemente? Lo è, ma con perdite che sarebbero direttamente proporzionate. Ed essendo consapevole della mia responsabilità, sto ancora lavorando sulla premessa del nostro Stato Maggiore e del nostro ministero della Difesa: la velocità è importante, ma avere a cuore la vita e la salute dei nostri ragazzi che combattono al fronte è molto più importante”, ha detto Putin.

Il presidente russo ha ricordato anche l’importanza della dottrina nucleare, sottolineando che al suo interno sono inserite tutte le regole che devono comprendere anche i Paesi rivali per intuire quale possa essere la risposta di Mosca in caso di escalation.

E il messaggio del leader russo sembra ormai chiaro: con l’arrivo delle elezioni europee, del summit in Svizzera e il G7, Mosca vuole far capire all’Occidente che non è disposta a fare passi indietro.

Veneto, 47 casi di Dengue e 10 encefaliti: come proteggersi da morsi di zecche e zanzare


Dei 47 casi di Dengue registrati nel Veneto, da inizio anno, nessuno è autoctono: sono tutti casi importati, ossia riguardano tutti persone rientrate da Paesi stranieri in cui la malattia è considerata endemica.

Lo riporta il primo Bollettino di sorveglianza delle malattie trasmesse da vettori della Direzione Prevenzione della Regione. Per ora assenti anche casi di febbre da West Nile, di febbre Chikungunya, di infezioni da Usutu Virus e Toscana Virus.

Finora è stato segnalato un solo caso di Zika virus, anch’esso importat, 10 casi di encefalite virale da morso di zecca, di cui 5 autoctoni e 5 da fuori regione, e 2 casi di malattia di Lyme.

Tuttavia, una puntura di una zanzara o un morso di una zecca possono essere più che una semplice scocciatura e rappresentare un vero e proprio problema di salute.

La maggior parte delle punture/morsi sono innocui ma alcune zanzare e zecche possono trasmettere malattie anche gravi, chiamate arbovirosi.

I sintomi più comuni di queste malattie sono febbre e malessere generale. In alcuni casi, soprattutto nelle persone anziane e nei soggetti fragili, queste malattie possono causare problemi di salute anche gravi. 

Ma il morso di zecche portatrici del virus della TBE rappresenta un rischio anche per le persone giovani e sane, con possibili complicanze gravi e/o invalidanti in un soggetto su cinque.  Tra queste malattie quelle più diffuse nel Veneto sono: la Febbre del Nilo Occidentale (West Nile) e l’Encefalite da morso di zecca (TBE). Per questo, vediamo qualche accorgimento e linee guida per evitare il peggio. 

Gli effetti dei cambiamenti climatici

Negli ultimi anni i cambiamenti climatici e la globalizzazione hanno peggiorato la diffusione di queste malattie.  I cambiamenti climatici inoltre potrebbero contribuire a portare nel nostro territorio anche altre malattie generalmente poco diffuse nel Veneto, come ad esempio: dengue, chikungunya, zika.

Come proteggersi dalle punture di zanzare e morsi di zecche

Alcuni semplici azioni e comportamenti possono permetterti di difenderti da punture e/o morsi di zanzare e zecche.

  • Usare repellenti sulla pelle

Applicando prodotti disponibili in commercio, controllare che i prodotti utilizzati siano a base di icaridina (KBR 3023), DEET (N,N-dietil-m-toluammide) butilacetilaminopropionato (IR3535) o Paramatandiolo (PMD o Citrodiol). Ri-applicare il prodotto più volte durante la giornata soprattutto se fa caldo e si suda. Per i bambini piccoli e le donne in gravidanza seguire la specifiche raccomandazioni.

  • Vestirsi adeguatamente

soprattutto le persone anziane e fragili, dovrebbero indossare vestiti lunghi e coprenti. Quando fa caldo preferire tessuti leggeri adatti all’estate (es. tessuti in lino, cotone, ecc.). Se si fa un’escursione in montagna si raccomanda sempre di utilizzare calzature adeguate e coprenti (evitare sandali e infradito), usa calzini calzini alti e colori chiari per l’abbigliamento.

  • Usare repellenti sui vestiti

impregnare i vestiti prima di indossarli con prodotti specifici, se ci sono molte zanzare. Per questo scopo usare prodotti a base di permetrina, disponibili in commercio. Queste sostanze aiutano a tenere lontane zecche e zanzare. Scelta e corretto utilizzo dei repellenti cutanei per zanzare a cura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Al rientro dall’escursione controllare accuratamente ogni parte del corpo, le zecche amano insediarsi sulla testa, sul collo, sui fianchi e dietro alle ginocchia. Meglio accorgersi subito della presenza di zecche sul corpo, eviterà di trovarla dopo giorni dal morso iniziale, riducendo la possibilità di infezione con un’idonea rimozione.

Le attenzioni particolari

  • Usare prodotti larvicidi

I larvicidi sono delle pastiglie che uccidono le larve. Possono essere acquistati nei consorzi agrari, in farmacia o in negozi specializzati (anche e-commerce).

Devono essere applicati periodicamente, almeno ogni 3-4 settimane, nei tombini e nelle caditoie (griglie dove defluisce l’acqua) dove c’è acqua stagnante. Sono i prodotti più importanti da utilizzare anche a casa.  Utilizzati nel modo corretto non sono dannosi e hanno un’efficacia duratura.

Possono essere utilizzati prodotti a base di: Pyriproxifen, S-Methoprene, Bacillus thuringiensis var. israelensis o olio siliconico (PDMS, Polidimetilsilossano). È importante alternare almeno due prodotti diversi per evitare che si sviluppino larve resistenti. 

Dopo piogge abbondanti è indicato ripetere il trattamento larvicida al fine di garantirne l’efficacia.

Non usare i prodotti adulticidi

Gli adulticidi sono prodotti che vengono nebulizzati nell’aria o sulla vegetazione per uccidere le zanzare adulte. Hanno un effetto debole e di breve durata. Non sono di norma indicati per la lotta ordinaria contro le zanzare.

Le zone urbane: il ruolo di Comuni e delle ULSS

I Comuni e le ULSS ogni anno eseguono interventi mirati nei tombini e nei fossati, per ridurre le zanzare nelle aree pubbliche. Questi interventi servono a uccidere le larve di zanzara e non sono dannosi per l’ambiente, le persone e gli animali. Promuovono inoltre la comunicazione delle misure di prevenzione sicure ed efficaci che devono essere adottate da ogni cittadino e promuovono l’adozione di buone pratiche (es. evitare le raccolte d’acqua, utilizzo di prodotti larvicidi, misure di protezione personale). 

I Comuni emettono ordinanze per prevenire la proliferazione delle zanzare in aree sensibili (come cimiteri, gommisti, cantieri a cielo aperto) e, quando necessario, possono emettere anche ordinanze con ulteriori misure in situazioni di allerta.

Raccomandazioni per escursioni e viaggi

Se stai programmando un’ escursione in montagna o un viaggio all’estero presta attenzione alle raccomandazioni sotto riportate.

  • Escursioni in montagna

Seguire sempre le misure di prevenzione sopra descritte per prevenire le punture delle zecche. Tornati a casa è importante controllare con attenzione il proprio corpo per verificare la presenza di zecche e rimuoverle correttamente. E’ importante controllare anche eventuali animali domestici (es. cane). Per una delle malattie trasmesse dal morso di zecca è disponibile un vaccino. 

  • Viaggi all’estero

Durante i viaggi è importante proteggersi. Soprattutto nei paesi tropicali, c’è il rischio di malattie trasmesse dalle zanzare (come dengue, chikungunya o zika) o da altri insetti.

Possibilmente 2-3 mesi prima di partire è importante prenotare una consulenza presso gli ambulatori di medicina dei viaggi. Durante la consulenza il personale esperto potrà dare informazioni utili per ridurre i rischi e raccomandare eventuali vaccinazioni.

Per 4 settimane dopo essere rientrati è importante controllare se compaiono alcuni sintomi particolari (es. febbre, malessere generale, dolore oculare, manifestazioni cutanee) e continuare ad utilizzare i repellenti cutanei.

In presenza di sintomi rivolgersi al medico facendo presente il paese in cui si è stati.

Per ulteriori informazioni consultare la sezione del Dipartimento di Prevenzione del sito web della propria Azienda ULSS.

RIFLESSIONE 77



Non possiamo ! Non dobbiamo ! Non vogliamo !

( Papa Pio VII )

Nel 1809 il papa Pio VII aveva pronunciato questa formula per rispondere alla richiesta di Napoleone di cedere all’Impero francese i territori dello Stato Pontificio: “Non debemus, non possumus, non volumus” (“Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo.”): l’episodio è anche rappresentato nei film In nome del Papa Re e Il marchese del Grillo

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Buon fine settimana

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DOMANDA – RIFLESSIONE 9


COME SARA’ IL MONDO SE DOVESSE SUCCEDERE L’INREPARABILE ?

FERMATEVI TUTTI, FINCHE’ SIETE IN TEMPO.

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WHAT WILL THE WORLD BE LIKE IF THE UNREPARABLE HAPPENS?

EVERYONE STOP, WHILE YOU HAVE TIME.

D-DAY 6 GIU. 1944 – 2024 PER NON DIMENTICARE


80ESIMO ANIVERSARIO

Lo sbarco in Normandia nome in codice operazione Neptune, parte marittima della più ampia operazione Overlord fu una delle più grandi invasioni anfibie della storia, messa in atto dalle forze alleate durante la seconda guerra mondiale per aprire un secondo fronte in Europa, dirigersi verso la Germania nazista e allo stesso tempo alleggerire il fronte orientale, sul quale da tre anni l’Armata Rossa stava sostenendo un aspro conflitto contro i tedeschi.

L’invasione iniziò nelle prime ore di martedì 6 giugno 1944 data conosciuta come D-Day, quando toccarono terra nella penisola del Cotentin e nella zona di Caen le truppe alleate aviotrasportate, che aprirono la strada alle forze terrestri.

All’alba del 6 giugno, precedute da un imponente bombardamento aeronavale, le fanterie sbarcarono su cinque spiagge.

Esse si trovavano all’interno di una fascia lunga circa ottanta chilometri sulle coste della Normandia: nel settore statunitense dell’invasione, tre divisioni di fanteria presero terra alle ore 06:30 sulle spiagge denominate Utah e Omaha, mentre nel settore anglo-canadese, un’ora più tardi, altre tre divisioni sbarcarono in altrettante spiagge denominate Sword, Juno e Gold.

Barrage balloons and shipping at Omaha Beach during the Allied amphibious assault, before the installation of Mulberry Harbour. (Photo by Three Lions/Getty Images)

Le truppe che toccarono queste spiagge subirono la reazione nemica, che in diversi settori soprattutto a Omaha e Juno fu molto pesante e causò gravi perdite.

Dopo essersi attestati sulle spiagge e aver violato le difese del cosiddetto Vallo Atlantico durante lo stesso D-Day, gli uomini sarebbero dovuti avanzare per dirigersi il più velocemente possibile verso obiettivi situati più in profondità le cittadine di Carentan, Saint-Lô e Bayeux per rafforzare la testa di ponte e minacciare le vie di rinforzo nemiche.

US Helmet on Omaha beach .This was taken on location in Normandy France. Picture has been aged to give the feel of a vintage photograph.

Successivamente avrebbe preso il via la campagna terrestre di Overlord, che diede vita alla battaglia di Normandia, in cui le armate alleate ebbero lo scopo di rafforzare ed espandere la testa di ponte nella Francia occupata, conquistare i principali porti nord-occidentali della Francia e spingersi verso l’interno fino a liberare Parigi.

Da qui le forze alleate avrebbero quindi continuato la loro avanzata per spingere i tedeschi oltre la Senna, minacciando direttamente il territorio tedesco in concomitanza con l’avanzata sovietica a est, e concorrere all’invasione e sconfitta della Germania nazista.

Bce: tutto pronto per il primo taglio, ma poi? Le previsioni degli analisti


Nonostante un’inflazione in lieve rialzo a maggio, non dovrebbero esserci sorprese nella riunione Bce del 6 giugno: a Francoforte è tutto apparecchiato per il primo taglio dei tassi da settembre 2019. Ma poi?

La discesa sarà ripida o i tassi rimarranno ancora alti a lungo? Sono molte le incognite su ciò che ci aspetta dopo.

Per cercare di fare un po’ di chiarezza andiamo a scoprire cosa si aspettano gli analisti dalla prossima riunione della Banca centrale europea.

Si prevede che la BCE taglierà i tassi di 25 pb nella riunione di questa settimana. Il taglio era ampiamente previsto fin dalla riunione del CG di aprile, anche se la BCE ha continuato a ribadire che le decisioni dipendono dai dati.

Un taglio a giugno è ampiamente scontato, mentre il quadro per il secondo semestre è meno chiaro, con meno del 100% di probabilità che la BCE tagli di altri 50 pb (che è il nostro scenario di base).

Escludiamo che la BCE fornisca una forte indicazione di massima nel corso della riunione di questa settimana, ma le nuove proiezioni aggiornate definiranno se la recente volatilità dei dati ha portato o meno a un cambiamento significativo delle prospettive della politica della BCE.

Prevediamo che la BCE, dopo aver esaminato la volatilità dei dati recenti e le proiezioni aggiornate, confermerà che l’inflazione tornerà al 2% a metà del 2025.

Per quanto riguarda la crescita, fatichiamo a vedere come il PIL potrà essere rivisto al di sopra dei livelli potenziali a breve termine, poiché è improbabile che la sorpresa al rialzo del 1° trimestre si ripeta, dato che la recente impennata dei prezzi dell’energia potrebbe rappresentare un piccolo freno per il reddito disponibile reale a breve termine e un ostacolo a una solida ripresa degli investimenti.

Sospettiamo che il quadro per il PIL del 2024 rimarrà relativamente lento e che solo per il 2025 sia prevista una ripresa verso il valore di riferimento.

Le proiezioni della BCE di giugno saranno tenute sotto stretta osservazione. Se il profilo dell’inflazione a breve termine non dovesse cambiare in modo sostanziale (nonostante l’aumento dei salari negoziati), ciò implicherebbe che la BCE è fiduciosa che il processo disinflazionistico sia in corso e che ulteriori tagli possano essere effettuati nel secondo semestre.

Con un’inflazione in calo a circa il 2% entro il 2025, sarà difficile giustificare tassi di politica monetaria così restrittivi.

Semmai, la BCE dovrà essere attenta nella sua comunicazione per evitare che si speculi troppo presto su tassi di policy in territorio espansivo. Allo stato attuale, il rischio è molto basso, dato che i mercati prevedono tassi terminali superiori al 2,5% tra tre anni.

Ci aspettiamo che la Lagarde confermi che la BCE non è influenzata in alcun modo dalla Fed e rimane dipendente dai dati. Anche la possibilità di un taglio a luglio non sarà completamente esclusa (come suggerito recentemente da Villeroy), ma non ci saranno annunci su questo aspetto.

La Nato ha 2-3 anni per prepararsi a un attacco russo


La Nato ha due o tre anni per prepararsi ad un attacco russo contro la Nato: è l’avvertimento del capo della difesa norvegese il generale Eirik Kristoffersen, come riporta il Telegraph.

Discutendo della capacità della Russia di ricostruire le sue forze mentre è in guerra in Ucraina, il generale Eirik Kristoffersen ha detto: “Ci vorrà del tempo, il che ci dà una finestra per i prossimi 2-3 anni per ricostruire le nostre forze, le nostre scorte mentre sosteniamo Kiev”.

Un lasso di tempo inferiore a stime precedenti: a gennaio il ministro della Difesa tedesco aveva avvertito che la Russia avrebbe potuto attaccare la Nato in 5-8 anni. 

Ucraina, missili Usa in Russia: primo attacco dopo ok della Nato


Mosca aveva avvisato tutti di non commettere “errori fatali”, eppure, stando a fonti ben informate, pare che l’Ucraina abbia mosso il primo attacco in territorio russo utilizzando missili Usa.

Si tratta della prima volta per Kiev dopo l’autorizzazione concessa ufficialmente da Washington. La zona colpita sarebbe la regione russa di Belgorod.

Ucraina, missili Usa contro la Russia

Svolta nel conflitto tra Ucraina Russia. Le forze ucraine avrebbero utilizzato armi americane, nella fattispecie missili Himars, per colpire un sistema di difesa aerea con missili S-300 e S-400 nella regione russa di Belgorod.

Lo si apprende da diverse fonti che citano media locali e il canale telegram ‘Spy Dossier’ che ha pubblicato foto e video dell’attacco che sarebbe avvenuto tra l’1 e il 2 giugno.

Si tratterebbe del primo caso documentato di utilizzo da parte di Kiev di armi americane per colpire, appunto, la Russia e siti militari sovietici.

I dettagli dell’attacco

Secondo quanto si apprende anche dal canale Telegram russo di esperti militari Dva Majora, che conta oltre 700.000 iscritti, citato pure dall’Ansamissili Himars americani si sarebbero abbattuti su una postazione che dispiegava missili S-300 e S-400.

Gli effetti dell’attacco non avrebbero fatto registrare vittime tra i soldati di Mosca.

Tale canale social ha pubblicato, come prova, anche alcune fotografie in cui si vedono dei mezzi militari in fiamme e una colonna di fumo alzarsi nel cielo.

Un altro canale russo, Astra, ha fornito ulteriori dettagli e notizie sull’attacco. Pare che il fuoco ucraino abbia danneggiato una base per le truppe e un’area di stoccaggio di armi pesanti nel distretto di Korochanskiy, sempre nella regione di Belgorod.

Va precisato che, per ora, tali notizie non abbiano trovato conferma dalle autorità di Mosca e neppure da quelle di Kiev.

Caldaie a gas: fine incentivi dal 2025 e stop definitivo nel 2040. Quali alternative


La direzione è segnata: l’Europa si sta avviando verso un futuro senza l’uso delle tradizionali caldaie a gas, con l’obiettivo di vietare la produzione e la vendita di caldaie alimentate a combustibili fossili entro il 2040.

Questa prospettiva è stata oggetto di diverse discussioni parlamentari a livello europeo nel corso degli ultimi anni, nonostante il gas fosse inizialmente considerato una fonte energetica conveniente.

L’urgente necessità di ridurre le emissioni di gas serra e promuovere l’efficienza energetica ha reso, però, necessaria una transizione verso soluzioni più ecologiche. Vediamo dunque cosa cambierà e quali sono le alternative attualmente disponibili.

Direttiva Case Green ed eliminazione caldaie a gas

Lo scorso 12 aprile il Parlamento europeo dato il via libera definitivo all’Energy Performance of Buildings Directive (Epbd), conosciuta anche come Direttiva sulle Case Green.

Questa Direttiva mira a ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici degli edifici entro il 2030, per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050.

Fra i punti principali, lo stop progressivo alle caldaie a combustibili fossili, gas metano incluso.

Previsto all’inizio per il 2035, il divieto di produzione e vendita delle caldaie alimentate a combustibile fossile è stato poi posticipato al 2040, il che vuol dire che a partire dal primo gennaio 2040 non sarà più possibile installare nuove caldaie a gas metano e Gpl negli edifici di nuova costruzione, residenziali e non.

Gli effetti della Direttiva Casa Green comprendono anche l’interruzione degli incentivi fiscali per le caldaie a gas con la fine del 2024. Il piano prevede inoltre, tra il 2025 e il 2026, il declassamento delle etichette riguardanti le prestazioni energetiche delle caldaie a gas, allo scopo di scoraggiarne l’acquisto e favorire la sostituzione degli impianti.

Quali alternative

In vista di un futuro che vede consegnare all’obsolescenza le caldaie a gas, è utile conoscere le alternative a questi dispositivi. Vediamole nel dettaglio:

Pompa di calore – Questo sistema trasferisce l’aria calda in un edificio utilizzando energia elettrica, evitando l’uso di gas o altri combustibili. Le tipologi presenti sul mercato sono:

Aria-aria: l’energia termica proveniente dall’aria esterna viene riversata in casa tramite split (o fancoil). È la tipologia più diffusa fra le famiglie. Gli apparecchi sono semplici da installare e hanno un consumo relativamente limitato. Il difetto è che sono poco adatti alle regioni con temperature molto basse. Prezzi tra 2.000 e 8.000 euro;

Aria-acqua: l’energia termica viene usata per far funzionare un impianto con termosifoni o pannelli a pavimento, o per scaldare l’acqua per usi sanitari. Anche questa tipologia, sfruttando la temperatura dell’aria esterna, è poco indicata per le regioni in cui fa molto freddo. Prezzi da 3.000 a 10.000 euro circa;

Acqua-acqua: qui viene sfruttata l’acqua di falda. Si tratta di sistemi molto efficienti ma anche costosi (tra i 6.000 e i 7.500 euro, approssimativamente), per i quali è prevista la costruzione di un pozzo con sistema di aspirazione;

Terra-acqua: a essere sfruttato in questo caso è il calore presente nel terreno, per cui è necessaria l’installazione di una sonda geotermica. Un impianto geotermico domestico per un edificio di circa 100 metri quadri, può arrivare a costare anche 25.000 euro, con prezzi crescenti anche in relazione a superficie da riscaldare e potenza installata.

Oltre alle pompe di calore, sistemi alternativi alle caldaie a gas sono anche i seguenti:

Caldaia elettrica: riscalda l’acqua attraverso resistenze elettriche. È una soluzione a costo inferiore rispetto alle pompe di calore e ai sistemi a combustibili fossili, specialmente per ambienti più piccoli. Combinata con un impianto solare, può contribuire ad un’ulteriore riduzione dei costi energetici. Per quanto riguarda i prezzi, si va dai 300 – 500 euro per caldaie da 50/80 litri per abitazioni di medie dimensioni, ai 1.500 – 2.500 euro per le caldaie elettriche con pompa di calore;

Caldaia ionica: basata sul principio della “dissociazione ionica”, questa tecnologia riscalda l’acqua tramite elettrolisi, senza l’uso di canne fumarie o unità esterne. L’uso di tale tecnologia può contribuire alla riduzione delle emissioni e promuovere un’efficienza energetica più elevata, ma presenta costi elevati e un consumo di elettricità più alto rispetto alle pompe di calore. Non ha bisogno di collegamenti esterni e può raggiungere temperature elevate, sebbene consumi più del doppio rispetto a una pompa di calore. Rispetto a una caldaia elettrica, invece, può far risparmiare fino al 39% e si integra bene con pannelli solari e fotovoltaici. Il costo oscilla tra i 2.200 e i 3.300 euro;

Caldaia a biomassa: funziona in modo simile a una caldaia a gas, ma utilizza materiali organici, come sostanze vegetali o animali (pellet, legna o gusci di frutta secca, etc.), come combustibile per produrre calore. La biomassa solida, liquida o gassosa può essere utilizzata come combustibile per riscaldare ambienti o produrre acqua calda sanitaria. Solitamente il costo medio dell’acquisto della caldaia a biomassa compresa l’installazione, si aggira intorno ai 4.000 euro;

Riscaldamento a pavimento: utilizza tubi sottili e flessibili installati sotto il pavimento per trasferire calore all’ambiente, offrendo una distribuzione uniforme del calore e una maggiore efficienza energetica. I prezzi di fornitura e posa in opera di un riscaldamento a pavimento tradizionale oscillano in media tra i 70 e i 90 al metro quadro. Il prezzo dipende dalle varie componenti dell’impianto, oltre che dalla manodopera, dalla qualità dei materiali e dal luogo di posa. Per quanto riguarda la scelta del generatore di calore si può optare per una caldaia a condensazione, per una pompa di calore aria acqua (come detto) o per un impianto solare termico, con costi variabili in base alla scelta effettuata e alle caratteristiche dell’impianto. In generale per un appartamento da 100 mq il costo chiavi in mano di un impianto di riscaldamento a pavimento tradizionale si aggira sui 9.000 euro;

Pannelli radianti: utilizzano la tecnologia degli infrarossi per riscaldare l’aria circostante, senza l’uso di combustibili fossili. Possono essere installati a soffitto o a parete e offrono un consumo energetico inferiore rispetto ad altri sistemi di riscaldamento. Per un’abitazione di circa 120 mq, il costo può variare dai 60 ai 120 euro al metro quadro, quindi circa 7.000/14.000 euro.

Blackout in tutta l’Ucraina, bombe russe sui sistemi energetici


L’Ucraina al buio. Dopo gli intensi bombardamenti russi della notte blackout di emergenza sono in corso in tutto il Paese, in particolare nella regione di Kiev. 

Colpiti i sistemi energetici, si valutano i danni. A confermare la notizia le aziende per la fornitura di energia elettrica, citate da Rbc-Ukraine.

Intanto, da Singapore, Volodymyr Zelensky accusa la Cina di aiutare la Russia a far fallire il vertice di pace in Svizzera del 15-16 giugno prossimi.

Il presidente ucraino ringrazia Biden per l’ok all’utilizzo di armi americane in territorio russo e attacca Trump: “Vuole tregue? Diventerebbe presidente perdente”.

Questa mattina l’Aeronautica militare di Kiev ha riferito di aver abbattuto 24 droni su 25 lanciati da Mosca. 

Ecco la strategia segreta russa per fermare la Nato


Come la Russia sta considerando un test atomico dimostrativo per dissuadere la Nato e gli Stati Uniti. Il metodo per scatenare la paura.

Le tensioni globali stanno raggiungendo un punto critico con la recente proposta di un’esplosione nucleare dimostrativa da parte della Russia. Dmitrij Suslov, membro del Consiglio per la politica estera e la difesa, ha suggerito questa misura estrema per dimostrare la serietà delle intenzioni russe e dissuadere l’Occidente da ulteriori provocazioni. 

Questo annuncio arriva in un momento in cui le relazioni tra Russia e Nato sono ai minimi storici, ricordando pericolosamente la crisi dei missili di Cuba del 1962.

L’escalation delle tensioni

L’annuncio di Joe Biden sulla possibilità dell’uso di armi americane per colpire il territorio russo ha intensificato le tensioni. In risposta, la Russia ha avviato esercitazioni con armi nucleari tattiche al confine con l’Ucraina, accusando l’Occidente di provocazioni deliberate.

Suslov ha sottolineato che un’esplosione nucleare dimostrativa servirebbe a ricordare ai leader occidentali la realtà terribile di una guerra nucleare.

hiroshima e nagasaki

Secondo Suslov, l’effetto politico e psicologico di un fungo atomico trasmesso in diretta su tutti i canali televisivi del mondo potrebbe essere sufficiente a dissuadere ulteriori aggressioni.

Il sito russo Reporter ha sottolineato che i partner occidentali sembrano non essere più preoccupati della triade nucleare russa come deterrente.

Questo atteggiamento ha spinto figure vicine al Cremlino a considerare misure più drastiche. Suslov ha precisato che l’esplosione non dovrebbe avvenire in Ucraina, ma in un territorio neutrale o russo, come l’arcipelago di Novaja Zemlja nel Mare Glaciale Artico, dove l’Unione Sovietica effettuava i suoi test nucleari fino al 1990.

La politica di contenimento e deterrenza

La proposta di Suslov si inserisce in una strategia più ampia di contenimento e deterrenza. Il ritorno a test nucleari dimostrativi segnerebbe una rottura significativa con le politiche di disarmo nucleare degli ultimi decenni.

Lo scorso novembre, il presidente russo Vladimir Putin ha revocato la ratifica del Trattato sul divieto di test nucleari, una mossa che preludeva già a una possibile escalation.

Questa situazione riflette un cambiamento radicale nella geopolitica mondiale, con la Russia che cerca di riaffermare la propria posizione attraverso la dimostrazione di forza. La possibilità di un’esplosione nucleare dimostrativa mette in evidenza la gravità della situazione e l’urgenza di soluzioni diplomatiche per evitare una catastrofe globale.

Mentre le tensioni tra Russia e Nato continuano a crescere, la proposta di un’esplosione nucleare dimostrativa rappresenta una strategia estrema per riaffermare il potere di deterrenza della Russia.

Il mondo osserva con ansia, sperando che la diplomazia possa prevalere su azioni che potrebbero avere conseguenze disastrose per l’umanità.

DOMANDA – RIFLESSIONE 8


COME SARA’ IL MONDO SE DOVESSE SUCCEDERE L’INREPARABILE ?

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Bombe Nato sulla Russia, si allarga il fronte dei Paesi favorevoli. Cresce il rischio di guerra globale


Dopo la Lituania anche l’Olanda è favorevole, come già era la Svezia, a consentire a Kiev di usare le armi occidentali per colpire obiettivi nel territorio russo.

E soprattutto lo è la Francia, dato che ieri il presidente Emmanuel Macron ha detto che “dobbiamo permettere agli ucraini di neutralizzare le postazioni militari da cui vengono lanciati i missili, le postazioni militari da cui viene attaccata l’Ucraina”.

“È una necessità” ha ribadito il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che ieri ha sottolineato che “questa è una guerra di aggressione, e l’Ucraina, secondo il diritto internazionale, ha diritto all’autodifesa, che include anche il diritto di colpire obiettivi militari legittimi all’interno della Russia“.

Netta la posizione dell’Alto rappresentante Ue per esteri e difesaJosep Borrell.

“È chiaro ha detto in conferenza stampa al termine del Consiglio Difesa che per l’Ucraina colpire obiettivi militari in territorio russo per difendersi dagli attacchi è legittimo dal punto di vista del diritto internazionale, ma è altrettanto chiaro che la decisione di rimuovere le restrizioni all’uso delle armi fornite a Kiev spetta ad ogni singolo Stato membro.

Nessuno può costringerli a farlo e nessuno forzerà questa decisione a livello europeo”.

Le posizioni sono però in evoluzione. “Alcuni Paesi Ue fino a poche settimane fa erano contrari a permettere all’Ucraina di usare le armi occidentali per colpire obiettivi militari in Russia ha detto Borrell ma adesso hanno accettato di modificare questa limitazione”.

E altri potrebbero seguire, in particolare Polonia, Lettonia ed Estonia. Borrell ha anche detto che tra gli Stati membri dell’Ue “per ora non c’è consenso” sull’invio di addestratori militari Ue in Ucraina per formare sul posto i soldati ucraini.

La posizione di Borrell e Stoltenberg ha suscitano dure reazioni dai candidati pacifisti e dei leghisti, con il segretario Salvini che definisce Borrell “un bombarolo”.

Da parte del Cremlino, inevitabili, giungono le consuete minacce. “Ci saranno serie conseguenze per la Nato se permetterà all’Ucraina di colpire con missili occidentali il territorio russo” ha detto Vladimir Putin, secondo il quale “l’invio di truppe occidentali sul terreno in Ucraina porterebbe a un conflitto globale”.

Putin ha anche insultato Stoltenberg dicendo di aver dialogato con lui “quando non soffriva ancora di demenza”. Non male come diplomazia.

Armi Nato all’Ucraina per attaccare la Russia, cosa potrebbe succedere? Dalla svolta per Kiev all’escalation mondiale: gli scenari


Il segretario generale della Nato non usa giri di parole. In un’intervista, Jans Stoltenberg invita apertamente i membri dell’Alleanza atlantica a far cadere il divieto di usare le armi fornite all’Ucraina per colpire obiettivi militari in Russia.

Un messaggio rivolto a tutti i Paesi coinvolti nell’invio di armamenti, ma che risuona soprattutto tra le fila dell’amministrazione di Joe Biden. Che qualche settimana fa, con il segretario di Stato Antony Blinken, aveva già avanzato la possibilità di estendere il raggio di azione delle armi fornite a Kiev.

Lo scenario

Washington è sempre stata fermamente convinta che l’Ucraina non debba usare le sue armi per prendere di mira la Russia. Ma emergono secondo cui il Dipartimento di Stato stia spingendo per un cambiamento alla luce della nuova offensiva nella regione di Kharkiv.

Durante una visita a Kiev il 15 maggio, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha lasciato intendere che potrebbe essere il momento giusto per consentire all’Ucraina di utilizzare i sistemi d’arma statunitensi per colpire obiettivi oltre confine, affermando: «Non abbiamo incoraggiato né consentito attacchi al di fuori dell’Ucraina, ma alla fine spetta solo a Kiev prendere decisioni su come condurre questa guerra».

Cosa è cambiato

La linea ufficiale non è cambiata, tuttavia il superamento della limitazione sull’uso da parte di Kiev dei sistemi d’arma statunitensi segnerebbe un punto cruciale nel conflitto.

Nonostante le difficoltà dell’anno scorso, Kiev ha sempre rispettato questa regola, consapevole che la violazione potrebbe compromettere il sostegno straniero.

L’Ucraina ha già condotto attacchi in profondità all’interno della Russia utilizzando le proprie armi, compresi i droni, che hanno ostacolato in modo significativo la produzione di carburante russo e hanno anche preso di mira Mosca. Kiev però dispone di risorse limitate.

La difesa

L’utilizzo di armi di fabbricazione occidentale, come spiega un approfondimento di Novaya Gazeta Europe, consentirebbe all’esercito ucraino di aumentare il ritmo degli attacchi, limitando potenzialmente la capacità della Russia di lanciare offensive.

«In definitiva, non è garantito che consentire all’Ucraina di utilizzare armi occidentali contro obiettivi in Russia sposti notevolmente l’equilibrio strategico complessivo. Interromperà le linee di rifornimento, le strutture di comando e gli hub logistici russi, riducendo così l’efficacia delle operazioni militari russe in Ucraina.

Ma ciò non modificherà sostanzialmente gli equilibri di potere», sostiene Christopher Morris, docente dell’Università di Portsmouth.

Tensione Russia-Nato

Armi come i sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità (Himars) sono efficaci, tuttavia secondo Morris è improbabile che alterino drasticamente «lo scenario di quella che è diventata una brutale guerra di logoramento».

Le mobilitazioni successive hanno aumentato il numero di uomini in combattimento del 15% dall’inizio della guerra, numeri che l’Ucraina non è in grado di eguagliare.

«Ma l’uso di armi occidentali per colpire il territorio russo avrebbe implicazioni geopolitiche altamente impattanti.

Potrebbe portare a un aumento delle tensioni tra la Russia e i Paesi della Nato che forniscono le armi.

Il rischio di un’escalation è una seria preoccupazione, soprattutto considerando il ripetuto ricorso da parte di Vladimir Putin a minacce nucleari volte ad alimentare le paure occidentali», sottolinea Morris. Per il quale «il rischio di errori di calcolo e di conseguenze indesiderate non può essere trascurato.

Colpire il territorio russo potrebbe provocare una risposta forte e forse imprevedibile da parte della Russia».

Le minacce nucleari

Per il docente le minacce nucleari del Cremlino, sebbene spesso siano considerate spacconate, «non possono essere del tutto ignorate, soprattutto se lette in risposta agli attacchi diretti alla loro patria intesi come una minaccia esistenziale».

In tal caso, la dottrina militare russa consente l’uso di armi nucleari. «Colpire i nostri obiettivi da parte degli americani significa iniziare una guerra mondiale. E un ministro degli Esteri, anche di un Paese come la Polonia, dovrebbe capirlo», ha scritto su X Dmitrij Medvedev, numero due del Consiglio di sicurezza di Mosca, replicando al ministro polacco all’indomani delle parole del segretario generale della Nato Stoltenberg che ha invitato gli alleati a togliere il divieto per Kiev di usare le forniture militari atlantiche in territorio russo.

Intanto la Repubblica Ceca sta «lavorando» per concludere gli acquisti di munizioni destinate all’Ucraina nell’ambito dell’iniziativa lanciata da Praga e «penso» che le prime «saranno fisicamente sul territorio ucraino in giugno, affinché si possano difendere dall’invasione russa», annuncia da Bruxelles il ministro degli Esteri ceco Jan Lipavsky.

Dall’Ucraina alla Cina, cosa è accaduto al G7 Finanze di Stresa


Maggior sostegno all’Ucraina e progressi sull’utilizzo degli extraprofitti sui beni russi congelati, stallo sulla risposta da dare al problema della sovracapacità cinese.

È il bilancio del G7 delle Finanze dopo la due giorni di Stresa che ha riunito in riva al Lago Maggiore i ministri e i governatori di banche centrali dei paesi piu’ industrializzati.

Risultati in chiaroscuro quindi, anche se l’efficacia del vertice è risultata condizionata dalla vicinanza con quello a più alto livello dei capi di governo in Puglia a metà giugno, a cui viene demandato di trarre le conclusioni su alcuni temi.

Stiamo facendo progressi nelle nostre discussioni su possibili strade per anticipare i profitti straordinari derivanti dall’immobilizzazione dei beni sovrani russi a vantaggio dell’Ucraina, in conformità con il diritto internazionale e i nostri rispettivi sistemi giuridici” afferma il comunicato conclusivo del G7 delle Finanze.

Secondo il documento “c’è la prospettiva di presentare opzioni per fornire sostegno finanziario aggiuntivo all’Ucraina ai nostri leader in vista del vertice pugliese di giugno. Ribadiamo che, in linea con i nostri rispettivi sistemi giuridici, le attività sovrane della Russia nelle nostre giurisdizioni rimarranno immobilizzate finché la Russia non pagherà”‘ i danni causati all’Ucraina”.

L’accordo non può essere ancora finalizzato, ha detto nella conferenza stampa conclusiva il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti “perché ci sono problemi di tipo tecnico e legale significativi”.

Per la gestione del fondo di prestito all’Ucraina alimentato con i proventi degli asset russi “potrebbe nascere un veicolo ad hoc, sempre con l’obiettivo di garantire fondi all’Ucraina nei prossimi anni. La Banca Mondiale è una delle opzioni”.

Riguardo alla Cina, dopo gli appelli a mantenere un fronte unito, venuti venerdì dal commissario Ue Gentiloni, e dal ministro francese Bruno Le Maire, Giorgetti ha dovuto constatare come “i paesi del G7 hanno punti di vista diversi su come affrontare il tema della sovracapacità.

È evidente che le posizioni assunte dagli Usa hanno effetti collaterali sui nostri mercati ha spiegato la conclusione comune è che occorre avere una cooperazione, uno scambio di vedute su come affrontare questa vicenda e le possibili ritorsioni della Cina”.

Sulla global tax, invece, tema di competenza più del G20 che del G7, vista la portata mondiale “siamo purtroppo a un punto quasi morto, dobbiamo alimentare la speranza”.

“La deadline di giugno dice Giorgetti rischia di essere in qualche modo valicata, c’è una riserva dell’India e della Cina”.

Buone notizie vengono invece dal fronte economico, come affermato dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nella conferenza stampa finale.

“Ci sono prospettive di ripresa dell’economia non eccezionale, ma diffusa a livello mondiale. Abbiamo espresso soddisfazione per come ha mostrato resistenza alle restrizioni monetarie”.

Riguardo alla ripresa “fa eccezione l’economia degli Stati Uniti che registra una crescita molto sostenuta. La differenza sta nella produttività, che è il motore della crescita a lungo periodo”.

Panetta ha confermato che “l’inflazione sta diminuendo, si torna a una situazione di stabilità dei prezzi.

È una tendenza di fondo comune ha detto i rincari energetici sono stati assorbiti l’inflazione sta rientrando in modo uniforme, in Europa siamo più avanti, ma c’è un andamento di fondo comune”.

Ottimismo quindi sul ribasso dei tassi. “Ci sono le condizioni per l’adeguamento della politica monetaria, è emerso un consenso generale sul taglio dei tassi, ma decidiamo riunione per riunione”, ha affermato ancora Panetta, “adesso finalmente questo consenso si è ampliato e anche coloro che avevano più riserve sulla necessità di adeguare l’evoluzione monetaria stanno convergendo sulla decisione”. 

DOMANDA – RIFLESSIONE 7


COME SARA’ IL MONDO SE DOVESSE SUCCEDERE L’INREPARABILE ?

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A Bruxelles preparano l’entrata in guerra dell’Europa


Russia e Bielorussia mostrano i muscoli con le esercitazioni nucleari nel territorio di Minsk. Ieri 24 Maggio il presidente bielorusso Lukashenko ha nominato un nuovo capo di Stato maggiore: il generale Pavel Muraveyka, noto per aver minacciato pubblicamente i Paesi confinanti membri della Nato, Polonia e Lituania.

Mosca intanto ha rimosso 25 boe luminose posizionate dall’Estonia sul fiume Narva per delimitare il confine con la Russia. Una escalation di provocazioni.

E nelle stesse ore il primo ministro Viktor Orban dichiara che a Bruxelles sono in corso i preparativi per l’entrata in guerra dell’Europa. “Ciò che sta accadendo oggi a Bruxelles e Washington, o attualmente più a Bruxelles, sta creando l’atmosfera per un eventuale conflitto militare, che potremmo anche descrivere come una preparazione all’entrata in guerra dell’Europa“, ha affermato citato dall’agenzia ungherese Mti.

Il premier ha aggiunto che a Bruxelles sono in corso i preparativi da parte dei gruppi di lavoro su come la Nato possa partecipare alla guerra Russia-Ucraina.

Oggi l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Joseph Borrell, ha detto: “Trump sulle spese militari ci ha svegliato e aveva ragione, l’ha detto in maniera dura ma aveva ragione.

Noi spendiamo 1,5-1,6% del Pil europeo mentre la Russia spende 6,5% e Usa 3,5% quindi siamo molti lontani dallo sforzo necessario per avere forza nella difesa.

Ma ripeto: ad oggi non c’è una alternativa alla Nato e per molto tempo abbiamo parlato di un dilemma falso”.

E ha sottolineato: “Abbiamo bisogno della Nato e di una strategia autonomia, entrambe le cose: del contributo della Nato e al suo interno bisogna costruire un pilastro forte per la difesa europea, non si tratta di scegliere una cosa o l’altra ma entrambe”.

Sempre in queste ore i ministri degli Interni di Lettonia, Lituania, Estonia, Finlandia, Norvegia e Polonia si sono incontrati oggi a Riga per discutere delle modalità per sviluppare ulteriormente e in modo efficace la protezione civile nei rispetti Paesi.

“Tutta la regione si trova ad affrontare minacce simili coordinate da Russia e Bielorussia: strumentalizzazione della migrazione, attacchi informatici, disinformazione, sabotaggio di infrastrutture critiche e altre minacce ibride”, ha detto la ministra degli Interni lituana, Agne Bilotaite.

“Questo rende necessario coordinare la protezione civile a livello regionale per poter affrontare al meglio eventuali emergenze”.

I ministri hanno condiviso l’obiettivo di esplorare le possibilità di finanziare misure congiunte di rafforzamento delle capacità di resilienza e di risposta a possibili pericoli attingendo alle fonti di finanziamento dell’Unione europea e di organizzare esercitazioni congiunte di evacuazione di massa a livello regionale.

I ministri hanno inoltre discusso della possibile costituzione di un sistema aereo permanente di protezione dell’intera frontiera orientale della Nato attraverso l’utilizzo di un “muro di droni”.

Direttiva case green – i costi secondo Deloitte si aggirerebbero tra gli 800 e i 1.000 mld di euro


Quali sono i costi della direttiva sulle case green? Questa è la domanda che ci si pone da quando prima il Parlamento europeo e poi l’Ecofin hanno dato il via libera alla Energy performance of buildings directive (Epbd).

Sul tema sono arrivate ora le cifre emerse da uno studio reso noto da Deloitte. Si parla di un conto compreso tra gli 800 e i mille miliardi di euro, riducendo di almeno il 20% i consumi di energia entro il 2035. Si tratterebbe di circa quattro Pnrr.

La direttiva europea sulle case green, dopo l’approvazione di Parlamento europeo ed Ecofin, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue lo scorso 8 maggio, entrerà in vigore quindi il prossimo 28 maggio.

Il provvedimento prevede l’adozione da parte dei governi europei di misure volte a migliorare l’efficienza energetica degli edifici con l’obiettivo di abbattere i consumi energetici e le emissioni di CO2 nei prossimi anni.

Nello specifico:

  • per gli edifici residenziali non di nuova costruzione, i Paesi Membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035;
  • per gli edifici non residenziali, gli Stati Membri dovranno ristrutturare il 16% degli immobili con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi nazionali di prestazione energetica da rispettare per tutto il settore dell’edilizia; 
  • i nuovi edifici residenziali dovranno essere a zero emissioni dal 2030;
  • mentre i nuovi edifici non residenziali dovranno essere a zero emissioni dal 2028.

Case green, i dati di Deloitte

Secondo lo studio condotto da Deloitte su dati Istat, nel 2024 il parco immobiliare del nostro Paese è costituito da più di 13 milioni di edifici, di cui circa l’89% ad uso residenziale e la percentuale di immobili in classe energetica F e G è pari al 63%.

Si tratta di una percentuale maggiore rispetto a quella di altri Paesi, come ad esempio quella di Germania (45%), Spagna (25%) e Francia (21%).

Questo porterebbe dunque l’Italia ad avere un conto più elevato per attuare la direttiva europea sulle case green.

Per l’esattezza, secondo Deloitte, di parla di un conto che va dagli 800 a 1.000 miliardi di euro.

Sempre secondo quanto emerso dallo studio, gli immobili produttivi e commerciali rappresentano solo il 2% ciascuno del patrimonio complessivo, mentre gli edifici con altra destinazione d’uso corrispondono a circa il 7% del totale. 

Questo è il contesto nel quale oltre l’83% degli edifici residenziali risulta costruito prima del 1990, oltre il 57% risale a prima degli Anni ’70 e solo il 3% del nostro patrimonio residenziale è realizzato dopo il 2011.

Gli obiettivi posti dalla direttiva europea sulle case green prevedono che i piani di ristrutturazione elaborati e messi poi in atto dai Paesi membri riguardino per almeno il 55% la quota di edifici con le performance peggiori. Ne consegue che gli obiettivi non potranno essere raggiunti solo con la realizzazione di nuovi immobili, dovranno essere efficientati quelli più vecchi e meno performanti.

I dati emersi dallo studio di Deloitte sono stati commentati dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che ha scritto: “Secondo un’analisi di Deloitte, per attuare in Italia la direttiva europea sull’efficientamento energetico degli immobili servirebbero tra gli 800 e i 1.000 miliardi di euro. Ci sarebbe da ridere, se non si trattasse di una cosa maledettamente seria. Parliamo di cifre completamente fuori da ogni logica, che dovrebbero far riflettere tutti coloro che hanno appoggiato questo provvedimento.

È ora di invertire completamente la rotta. La nuova legislatura europea dovrà essere quella che sostituisce al fanatismo il buon senso, al dirigismo la libertà economica.

Chiudendo finalmente la porta in faccia alle lobby che premono ogni giorno per arricchirsi sulla pelle dei proprietari di casa.

E il primo atto dovrà essere quello di fare tabula rasa della direttiva case green che, pur modificata, rimane irricevibile”.

Per la casa green servono quattro Pnrr


Dopo il cortocircuito sul Superbonus, la direttiva sulle case green minaccia di rivelarsi un nuovo pesante balzello per gli italiani.

La normativa, per cui l’Italia ha votato contro, entrerà in vigore il 28 maggio e stabilisce nuove misure che imporranno ai governi europei un miglioramento strutturale dell’efficienza energetica degli edifici per abbattere i consumi energetici e le emissioni di CO2 nei prossimi anni.

Questo, secondo un’analisi di Deloitte, obbligherà gli italiani a spendere tra gli 800 e i mille miliardi. L’equivalente in euro di 3-4 Pnrr. E le strade da prendere non prevedono sconti.

Per il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin si potrebbe ricorrere ancora una volta alla leva fiscale, ma in modo controllato per scongiurare le distorsioni del Superbonus.

Il ministro sostiene che per i contribuenti che hanno redditi elevati «si potrebbe introdurre una detrazione con aliquota da definire. Per chi ha redditi bassi occorre un altro sistema. Anche con un contributo diretto dello Stato. Per gli edifici pubblici si possono coinvolgere le Esco, società che finanziano gli interventi e per un po’ si tengono il risparmio energetico, e usare il Conto termico del Gestore dei servizi energetici (Gse)».

Per riqualificare il patrimonio immobiliare nazionale e attuare la direttiva, così come scritta da Bruxelles, saranno necessari interventi massicci: in Italia oltre 8 edifici residenziali su 10 sono obsoleti, con l’83% degli edifici residenziali italiani che è stato costruito prima del 1990 e più della metà (57%) che è risalente a prima degli anni Settanta.

Secondo la rielaborazione di Deloitte (su dati Istat), nel 2024 il parco immobiliare italiano è costituito da più di 13 milioni di edifici, di cui circa l’89% ad uso residenziale.

E secondo lo studio la percentuale di immobili di classe energetica F e G è oltre il 60%. Un unicum: in Germania arrivano al 45%, in Spagna al 25% e in Francia appena al 21%.

Una situazione, quella italiana, che inevitabilmente peserà sull’equilibrio dei parametri finanziari Ue.

«Il parco immobiliare residenziale italiano rappresenta circa il 55% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane (6 trilioni su 11).

Per questo, è necessaria una strategia. L’adeguamento del patrimonio immobiliare alle previsioni della direttiva EPBD richiederà, infatti, soluzioni tecniche non solo per i singoli edifici, ma anche a livello infrastrutturale», ha commentato Angela D’Amico, real estate sector leader di Deloitte Italia.

Quanto alla sua attuazione, la Commissione prevede che ogni stato membro possa declinare la normativa in maniera autonoma, purché almeno il 55% del calo di energia derivi dalla ristrutturazione degli edifici con classi energetiche meno efficienti. Per questo, le scelte di governo saranno fondamentali.

Secondo Claudio Scardovi, Partner Deloitte responsabile per M&A e private equity però, è possibile «rendere la direttiva un’opportunità per il Paese. Per farlo serve una soluzione sistemica capace di indirizzare le criticità patrimoniali ed economiche che la direttiva potrebbe far ricadere sui cittadini e sul sistema bancario in assenza di una strategia coordinata».

Decreto Salva casa: in arrivo sanatoria per le piccole irregolarità?


Oggi 22 maggio è in programma un atteso Consiglio dei Ministri nel quale verranno dibattuti diversi temi tra cui il cosiddetto piano “Salva casa”.

Salva casa, il progetto di legge per sanare le difformità edilizie

Etichettato da molti come una sorta di mini condono, il piano Salva Casa sta per arrivare sul tavolo del prossimo CDM previsto per il 22 maggio. Le varie forze politiche che sostengono il Governo Melandri sono chiamate a trovare la quadra su un provvedimento che dovrebbe consentire di sanare le irregolarità catastali.

Si parla di difformità formali tra la planimetria dell’immobile depositata presso gli uffici catastali e quanto realmente è presente in casa.

Le situazioni sotto la lente di ingrandimento sono molteplici come la classica finestra più alta oppure più bassa rispetto a quanto evidenziato sul disegno. Tra i fautori della misura c’è il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini che, peraltro, ha respinto le accuse di chi parla di condono edilizio.

Cosa potrebbe prevedere il piano

Il piano Salva Casa potrebbe riguardare tante questioni tra cui appianare le varianti in corso d’opera non trattate dai decreti di legge emanati prima del 1977. Infatti, le normative attuali prevedono che prima del 1 gennaio 1977 non era contemplata l’opportunità di effettuare varianti in corso d’opera per cui tutte le modifiche realizzate di fatto non sono mai stati corrette.

Il decreto dovrebbe essere concepito per affrontare tali questioni e in generali tutte le difformità formali da suddividere in 3 livelli a seconda dell’irregolarità.Expand article logo

Il piano Salva Casa potrebbe riguardare tante questioni tra cui appianare le varianti in corso d’opera non trattate dai decreti di legge emanati prima del 1977.

Infatti, le normative attuali prevedono che prima del 1 gennaio 1977 non era contemplata l’opportunità di effettuare varianti in corso d’opera per cui tutte le modifiche realizzate di fatto non sono mai stati corrette.

Il decreto dovrebbe essere concepito per affrontare tali questioni e in generali tutte le difformità formali da suddividere in 3 livelli a seconda dell’irregolarità.Expand article logo  

Tre livelli previsti dal decreto di legge

Il primo livello del piano Salva casa riguarda quelle che vengono definite irregolarità gestite direttamente in cantiere. Nello specifico, si parla di errori nel disegno del progetto poi corrette in fase realizzativa senza però modificare il progetto. Questo ha comportato una disparità tra quando dichiarato per mezzo di progetto e la realtà dei fatti. Si pensi, ad esempio, a una parete divisoria più lunga oppure mai creata.

Il secondo livello riguarda le opere realizzate prima del 1977 e non sono di tipo formale Questa è una lacuna normativa che in Italia non è mai stata affrontata perché prima di questa data non era richiesta la presentazione delle planimetrie quando veniva implementato un progetto ma soltanto una sorta di standard che però non riportava le specificità. Tra l’altro, in moltissime situazioni sono state effettuate sia sul cantiere sia negli anni successivi delle modifiche evidentemente non dichiarate per cui diventate difformità. Vengono affrontate anche le circostanze in cui le modifiche successive hanno comportato una stratificazione di vari elementi che si sono sovrapposti tra loro.

Il terzo livello fa riferimento a situazioni di irregolarità che il proprietario dell’immobile avrebbe potuto sanare in precedenza e che ora non lo sono più. Si tratta di una questione burocratica perché in tali circostanze scatta quello che viene definito come doppia conformità. Il motivo è legato al fatto che al momento della realizzazione erano in vigore determinate regole che oggi non lo sono più. Ci sono insomma dei vincoli burocratici che rendono, allo stato delle cose, impossibile la sanatoria e che quindi dovrebbero essere eliminati.

Infine, probabilmente verrà rivista la questione delle tolleranze costruttive che sono al momento pari al 2%. Non è da escludere che ci possa essere un incremento e una differenziazione rispetto al tipo di intervento e di immobile.

DOMANDA – RIFLESSIONE 6


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Auto elettriche tassate – proposta di accise sull’alimentazione


Altro che incentivi per favorirne l’acquisto, il Governo Meloni sta addirittura pensando a una nuova tassazione per le auto elettriche.

Scommettiamo che ci sarà presto chi griderà alla follia, allo scempio, alla rovina più totale per un mercato che punta tantissimo ad accaparrarsi la sua fetta di economia in futuro, visto che per ora i numeri sono tutt’altro che lusinghieri. Si torna a parlare di accise, vediamo perché.

La questione delle accise

Non è passato molto tempo da quando Stellantis ha punzecchiato il Governo Meloni lamentando ritardi nell’arrivo degli incentivi che dovevano favorire l’acquisto delle macchine e rilanciare anche nel nostro Paese il settore dell’automotive.

In particolare, le agevolazioni sulle auto elettriche sono quelle che risultano essere richieste maggiormente e a gran voce si invoca a una spinta che favorisca questo mercato per il bene anche della sostenibilità.

La questione delle accise però prima o poi andava affrontata, perché era inevitabile che qualcuno l’avrebbe tirata fuori.

E ci ha pensato Giorgetti a farlo, dimostrando che il Governo ha intenzione di traslare l’imposta dal carburante all’alimentazione delle auto elettriche.

C’è una certa visione ottimistica alla base di tale proposta. Secondo Giorgetti infatti, una volta che le vendite delle auto tradizionali verranno meno, lo Stato avrà necessità di recuperare i soldi delle accise in altro modo. Ecco quindi la trovata ed il perché di tale iniziativa.

C’è da dire, quindi, che si tratta di una proposta che entrerà probabilmente in vigore solo quando il mercato delle auto elettriche sarà definitivamente esploso, e quindi non prima. Ciò significa che il settore avrà quindi tutto il tempo di crescere prima che questa imposta venga applicata, ma nello stesso tempo gli automobilisti di auto elettriche probabilmente spereranno che tale settore non decolli mai, così da non doverne pagare le accise.

Le nuove forme di alimentazione entreranno quindi nel mirino del Governo che, come ha in effetti evidenziato di recente Renzi, sembra particolarmente attento alla questione tasse con nuove proposte che stanno facendo storcere il naso a molti.

Auto elettriche, la proposta di Giorgetti

Ecco le dichiarazioni rilasciate dallo stesso ministro dell’Economia e delle Finanza Giancarlo Giorgetti, presente all’Automotive Dealer Day“Si tratta di un ambito su cui il Mef ha già iniziato a lavorare anche in considerazione dell’aggiornamento della normativa europea sulla tassazione dei prodotti energetici”.

Parole chiare per un progetto che quindi prima o poi verrà messo in pratica, qualora il mercato lo consentirà. per quanto riguarda le tempistiche, impossibile invece al momento fare previsioni, mentre sulla metodologia ci attendiamo una percentuale da pagare in più sulla colonnina o addirittura sui contratti per la ricarica a casa.

Anche in questo senso le parole di Giorgetti sono chiare, visto che si parla della “necessità di tenere presente l’evoluzione delle basi imponibili sulla base della trasformazione del sistema economico”.

Infine, per chi non avesse ben chiaro cosa siano le accise, parliamo di una tassa, o meglio dire un’imposta applicata sui prodotti di consumo, relativa sia alla loro fabbricazione che alla loro vendita.

Per quanto riguarda l’attuale tassazione, le accise come detto sono applicate sul carburante e secondo le stime si tratta di un fattore davvero importante sul prezzo finale, che dovrebbe incidere su diesel e benzina addirittura per il 40% del prezzo.

Se i risultati saranno i medesimi anche per l’alimentazione delle auto elettriche, aspettiamoci un aumento davvero sostanzioso per le future ricariche.

I punti salienti…

  • il Governo Meloni sta pensando di traslare le accise dal carburante all’alimentazione dell’elettrico;
  • le vetture sostenibili finiranno quindi per avere una nuova tassazione;
  • secondo le stime, attualmente le accise incidono sul costo finale di benzina e diesel al 40%.

Mip-C, nuova malattia associata al Covid Bassetti: Prima volta che ne sento parlare. Andreoni: è una cosa seria


Nonostante la pandemia Covid sia ormai passata, la scia del virus Sars-CoV-2 colpisce ancora.

Un gruppo di ricercatori internazionali ha scoperto una nuova condizione che può svilupparsi in individui infettati dal Sars-CoV-2, anche in coloro cMIP-Che presentano sintomi lievi o nessun sintomo di Covid.

Si tratta della “autoimmunità Mda5 e polmonite interstiziale contemporanea con Covid”, ribattezzata come Mip-C.

La ricerca Usa-Uk è stata pubblicata su “eBIOMedicine”. Questa sindrome non solo può essere fatale sono stati riportati otto decessi su 60 casi descritti nello studio ma può colpire anche persone che hanno avuto un’infezione lieve o asintomatica dal virus.

La malattia e i sintomi

La MIP-C è una rara malattia autoimmune, infiammatoria e cronica che colpisce principalmente pelle, muscoli e polmoni, causando una sindrome polmonare interstiziale a rapida progressione e potenzialmente mortale.

È causata da anticorpi che attaccano l’enzima MDA5, un recettore che rileva virus RNA come il SARS-CoV-2.

Questa malattia è associata al Covid-19, con un aumento dei casi dal 2019 al 2021 e un calo nel 2022.

I sintomi includono cicatrici polmonari, artrite, mialgia ed eruzioni cutanee. Studi hanno rilevato che i pazienti con alti livelli di reazione autoimmunitaria contro MDA5 presentano anche elevati livelli di interleuchina-15, correlata a fibrosi polmonare progressiva.

Non tutti i pazienti avevano avuto un’infezione confermata da SARS-CoV-2, suggerendo che anche infezioni lievi possono indurre la MIP-C.

La MIP-C si sarebbe diffusa oltre il Regno Unito, ma mancano dati specifici.

Le dichiarazioni di Bassetti

«Non dobbiamo preoccuparci per questa Mip-C, è una malattia autoimmune che può essere indotta da Sars-CoV-2 spiega all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova è la prima volta che ne sento parlare in 4 anni di Covid.

Sono lavori interessanti portati avanti durante la pandemia, ma io non ho mai visto un caso da quando faccio questo mestiere.

Sicuramente il Sars-CoV-2 può aver esacerbato alcune malattie, può aver “acceso” alcune patologie autoimmuni a livello polmonare già conosciute, ma conclude non credo che questa sia un grande problema».

IL PARERE DI ANDREONI

Mip-C è una sigla che sta preoccupando chi si occupa di ricerca su Sars-CoV-2, una nuova condizione che può svilupparsi in individui infettati dal virus oggi non più pandemico, come ha dimostrato un recente studio.

«Si tratta dell’autoimmunità Mda5 e polmonite interstiziale contemporanea con Covid, ma è una forma distintiva di dermatomiosite una patologia autoimmune in cui l’organismo sviluppa anticorpi verso strutture dell’organismo stesso, dai muscoli alla cute.

Oggi questo studio internazionale ci dice che l’infezione da Sars-CoV-2 è il trigger scatenante.

La dermatomiosite è una malattia seria, anche letale in alcuni casi. Questo e altri studi stanno accendendo una luce su come Sars-CoV-2 possa scatenare malattie autoimmuni, Mip-C non sarà l’unica».

A fare il punto per l’Adnkronos Salute è l’infettivologo Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, Società italiana di malattie infettive, e professore ordinario all’università Tor Vergata di Roma.

Il filone di studi che sta approfondendo questa condizione, Mip-C, «è molto interessante perché dopo 4 anni di lavori sul Sars-CoV-2 si stanno scoprendo nuovi legami con diverse malattie autoimmuni.

La causa della dermatomiosite si ipotizzava potesse essere un virus continua Andreoni e oggi sappiamo che è molto probabilmente il Covid ha un ruolo. «Un patogeno che continua a creare problemi, quindi? »

Molte scoperte arrivano proprio perché stiamo studiando come comunità scientifica in modo molto approfondito questo virus respiratorio, quindi conclude in un prossimo futuro troveremo altre malattie legate a questa infezione».

Con la Tari 2024 si assiste ad un aumento generalizzato: ecco cosa cambia


Aumenti per la tassa sui rifiuti 2024

Con la tassa sui rifiuti 2024 si assisterà ad un aumento generalizzato: a Milano per il 2024 si prospetta un aumento del 3,6 per cento, maggiore rispetto a Roma (3 per cento), Firenze (3,2) ma inferiore a Genova (che rischia un 6,8 per cento) e Ancona (7,5), mentre in capoluoghi, come Napoli e Bologna, non aumenterà.

La quota del 60 per cento proposta e approvata dalla giunta comunale a Milano risulta inferiore a quella decisa in altre grandi città, le quali, infatti, hanno previsto una prima rata che si attesta tra il 65 e il 75 per cento calcolato in base alle tariffe dell’anno precedente.

Pertanto, è possibile sostenere che la tassa sui rifiuti nel capoluogo lombardo è una delle più basse d’Italia

Il pagamento della Tari 2024: formato digitale

Il Consiglio comunale, approvando la delibera proposta dall’assessore al Bilancio e patrimonio Emmanuel Conte, ha modificato il Regolamento per l’applicazione della tassa sui rifiuti del Comune di Milano e ha stabilito che l’acconto sia calcolato applicando il 60 per cento delle tariffe vigenti nell’anno precedente.

Tari 2024 e, per la prima volta, la maggioranza dei contribuenti li leggerà in formato digitale, oltre 442mila utenti troverà la comunicazione sulla tassa rifiuti nella propria casella di posta elettronica, mentre ai cittadini senza recapito mail, solo 284 mila, verrà inviata solo in modalità cartacea, con il tradizionale bollettino cartaceo.  

Dove consultare gli importi e le rate di pagamento

Gli utenti registrati, che ormai sono più di 1,3 milioni, potranno consultare importi e rate accedendo al Fascicolo del Cittadino, sul portale web del Comune di Milano o sul proprio smartphone tramite app.

In questo modo, se il cittadino vorrà, potrà dal Fascicolo procedere direttamente al versamento, che può essere effettuato anche tramite home banking, bancomat, sportelli bancari e postali, presso tabaccherie e ricevitorie, utilizzando i codici o il QR-code riportati nell’avviso, oppure attraverso Rid bancario: chi intende attivarlo ha tempo fino al 31 luglio per avere l’addebito diretto della seconda rata o del versamento unico di fine anno. 

Superbonus: necessario un equilibrio tra tenuta dei conti pubblici e diritti dei cittadini


Per affrontare la difficile questione del superbonus e dei bonus edilizi è necessaria la ricerca di un equilibrio tra l’impatto sui conti pubblici e i diritti dei cittadini che hanno intrapreso i lavori.

Ad affrontare la questione è il presidente del Consiglio dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Elbano de Nuccio, intervenuto durante l’evento organizzato da TeamSystem e The European House Ambrosetti “Lo Scenario delle Professioni: oggi e domani”, in svolgimento oggi a Cernobbio.

Dopo aver sottolineato le criticità legate all’agevolazione, il presidente del CNDCEC ha richiamato i numeri relativi al superbonus e alle agevolazioni edilizie.

È necessario un punto di equilibro tra la messa in sicurezza delle casse dello Stato e la tutela dei diritti dei beneficiari.

Anche il superbonus è stato protagonista dell’appuntamento di oggi, 14 maggio, ovvero l’evento “Lo Scenario delle Professioni: oggi e domani”, organizzato da TeamSystem e The European House Ambrosetti e in corso di svolgimento a Cernobbio.

La discussione in Parlamento sulla legge di conversione del decreto 39/2024 sul superbonus è quella che non ha permesso anche al viceministro Maurizio Leo di partecipare in presenza all’evento.

L’agevolazione edilizia è stata inoltre al centro dell’intervento del presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio.

“Vorrei chiedere a chat gtp una soluzione per il superbonus visto che in queste ore si discute presso il governo e il Parlamento annosa questione su conti pubblici e non ledere diritti acquisiti dai contribuenti.”

ha dichiarato il presidente del CNDCEC.

De Nuccio ha poi sottolineato che è ragionevole pensare che qualcosa non abbia funzionato nella norma e che il sistema avrebbe dovuto essere più ragionato e meglio ponderato.

Sebbene la misura sia nata in un contesto emergenziale, presenta “enormi criticità” dal punto di vista applicativo.

Il presidente del CNDCEC ha richiamato l’ammontare di risorse relative alle agevolazioni: su 220 miliardi di euro legati a superbonus e bonus edilizi, 177 miliardi di euro sono ancora in circolazione.

Gli interventi del governo e del Parlamento devono essere mossi dalla ricerca di un equilibrio tra la tenuta dei conti pubblici e la tutela dei diritti dei cittadini.

De Nuccio ha sottolineato che è necessario preservare anche l’immagine dell’intero Paese dal momento che la vicenda del superbonus rischia di far aumentare lo scetticismo e il deficit di credibilità, a causa del repentino cambiamento della normativa che frena gli investimenti.

È fondamentale, secondo de Nuccio, la tutela dell’interesse acquisito dei cittadini. Il Paese è infatti caratterizzato da un esigenza di creare e riformare un patrimonio immobiliare che segua le linee della direttiva case green.

Superbonus: il futuro delle agevolazioni edilizie

De Nuccio si è soffermato anche sul futuro del superbonus e delle agevolazioni edilizie, sottolineando che sarà necessario allocare risorse dello Stato.

Dal momento che non è possibile prevedere un beneficio senza vincoli per la platea di beneficiari, sarà necessario prevedere delle agevolazioni più mirate e destinate alle categorie con redditi più bassi.

Il presidente de Nuccio ha sottolineato quanto segue:

“sono certo che il governo saprà coinvolgere noi professionisti nelle varie fasi della filiera.”

De Nuccio ha inoltre sottolineato che è necessario andare verso una fiscalità sana e che i professionisti e i commercialisti sono pronti a spendersi in prima linea nell’interesse del Paese.

Ue, la direttiva case green va modificata dal nuovo europarlamento


L’8 e il 9 giugno i cittadini italiani parteciperanno a una tornata elettorale importante.

Che cosa aspettarsi? Ma, soprattutto, a che cosa aspirare? L’esperienza di decenni di vita delle istituzioni europee ci insegna che molte delle minacce che incombono sui proprietari di immobili, e numerose delle norme che già li opprimono, provengono da Bruxelles.

Per l’Ue il risparmiatore immobiliare deve essere vittima sacrificale

La quotidiana alleanza fra ideologia, demagogia e interessi materiali conduce molto di frequente all’approvazione di provvedimenti che individuano nel risparmiatore immobiliare la vittima sacrificale.

Gli esempi potrebbero essere tanti, ma soffermarsi sull’ultimo in ordine di tempo, quello della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici (cosiddetta «case green»), consente di svolgere considerazioni di stringente attualità.

La storia è nota. Dal 2021 la Confedilizia ha condotto una battaglia pressoché solitaria nei confronti di un provvedimento sbagliato in sé ma particolarmente pericoloso per l’Italia.

Ora tanti occhi si sono aperti, tante coscienze si sono svegliate, tante menti si sono liberate: su questa direttiva e sull’intero Green Deal europeo, nel cui contesto il provvedimento si inquadra.

Tardi? Sicuramente. Troppo tardi? Forse no. Nulla è immutabile, neppure il Green Deal della Ue.

A che cosa servono, le elezioni europee, se non a dare proprio un segnale di forte, convinta e totale discontinuità con le politiche che hanno caratterizzato gli ultimi cinque anni?

Meloni: ci siamo battuti contro la direttiva sulle ‘case green’. Chi paga?

In questo senso, le parole pronunciate a Pescara, il 28 aprile, dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sono confortanti:

«Chiediamo un approccio pragmatico, non ideologico, non dirigista, aperto al mercato, aperto all’innovazione.

Sono gli stessi principii che abbiamo difeso quando ci siamo battuti contro la direttiva sulle ‘case green’.

Una direttiva pensata malissimo, senza tenere conto di alcuna specificità. Siamo riusciti a ottenere risultati molto importanti.

Ora ogni Governo avrà due anni di tempo per predisporre un piano nazionale per la riduzione delle emissioni inquinanti degli edifici e sono due anni che noi vogliamo utilizzare per provare a cambiare una normativa che rimane ancora molto, troppo sbilanciata e che per essere ragionevole deve a monte rispondere a una banale domanda: chi paga?».

Il nuovo europarlamento deve lavorare per modificare la direttiva

È l’impegno che chiedevamo, e che hanno assunto tutti e tre i partiti della maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia), in coerenza col dissenso espresso dai rispettivi rappresentanti nel Parlamento europeo: non subire il testo appena approvato, col voto contrario del Governo italiano, bensì lavorare per modificarlo.

Ma auspichiamo che anche i partiti all’opposizione in Italia considerino i pericoli del provvedimento.

L’8 e il 9 giugno occorre dire no al dirigismo, no all’ideologia ambientalista (che è cosa ben diversa dall’attenzione all’ambiente), no ai reiterati inviti della Commissione ad aumentare la tassazione patrimoniale sugli immobili. Per poi iniziare a dire sì al buon senso.

* presidente Confedilizia

Superbonus, cosa cambia? Detrazione al 30% dal 2028 confermato lo spalma-crediti in 10 anni – le novità


Dal 2028 arriverà una stretta per le agevolazioni per il recupero del patrimonio edilizio e riqualificazione energetica degli edifici.

L’emendamento del governo al decreto Superbonus stabilisce infatti che per le spese agevolate sostenute dal primo gennaio 2028 al 31 dicembre 2033 l’aliquota di detrazione venga «ridotta al 30 per cento».

I lavori esclusi

Sono esclusi gli interventi di sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza esistente con generatori di emergenza a gas di ultima generazione, per i quali la detrazione resta del 50%.

Attualmente per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2024, l’aliquota agevolativa è fissata al 50%, con un tetto massimo di spesa di 96.000 euro, ma dal primo gennaio 2025 si tornerà all’aliquota del 36% delle spese sostenute, nel limite massimo di spesa annuale di 48.000 euro per unità immobiliare. 

Il meccanismo

La legislazione vigente si legge sempre nel testo dell’emendamento bollinato dalla Ragioneria prevede la fruizione per tali detrazioni in quattro rate di pari importo, ed un’aliquota pari al 70% per il 2024 e al 65% per l’anno 2025.

Ai fini della stima sono stati considerati l’ammontare di detrazioni fruibili per l’anno 2024 pari a circa 6.211 milioni di euro e per l’anno 2025 pari a circa 5.780 milioni di euro, scontati nelle previsioni di Bilancio.

L’estensione della detraibilità a dieci rate rispetto alle vigenti cinque rate delle spese per interventi di rafforzamento di misure antisismiche per l’anno 2024, sarà modulata secondo le aliquote del 50%, 70%, 80%, 75%, 85%.

Alle spese relative agli interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche su edifici (già esistenti), si applicherà l’aliquota del 75%. 

Norma anti-usura

Prevista anche una norma anti-usura. Banche, assicurazioni e intermediari che abbiano acquistato i crediti a un corrispettivo inferiore al 75% a partire dall’anno 2025, dovranno applicare a queste rate la ripartizione in sei quote annuali di pari importo: le rate dei crediti risultanti dalla nuova ripartizione non possono essere ripartite ulteriormente, oppure cedute.

La norma vale per i crediti generati a partire da maggio 2022.

Fondo eventi sismici

Un fondo eventi sismici da 35 milioni di euro per l’anno 2025, al fine di sostenere gli interventi di riqualificazione energetica e strutturale realizzati su immobili danneggiati dagli eventi sismici verificatisi a partire dal 20 maggio 2012.

E’ quanto prevede l’articolo 1-bis introdotto con l’emendamento del Governo al Dl Superbonus bollinato dalla Ragioneria e presentato questa notte in commissione Finanze del Senato.

L’articolo riporta anche l’elenco dei territori colpiti da eventi sismici coperti dal fondo (tra questi Emilia-Romagna-Lombardia 2012; Ischia 2017; Molise 2018).

Controlli dei Comuni, ritorno del 50% somme

I Comuni potranno svolgere attività di vigilanza e controllo nei cantieri in cui si effettuano lavori con il Superbonus.

Lo prevede l’emendamento del governo. I Comuni, qualora nell’ambito delle attività di vigilanza e di controllo previste in materia edilizia, rilevino «l’inesistenza, totale o parziale, degli interventi», lo dovranno segnalare agli uffici della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate.

La norma «potrebbe determinare un incremento dell’attività di controllo delle agevolazioni da Superbonus», evidenzia la Relazione tecnica, «con il conseguente aumento dell’azione di contrasto alle frodi e il disconoscimento delle indebite agevolazioni fiscali».

Ai Comuni che effettuano le segnalazioni verranno applicate le disposizioni in materia di partecipazione degli stessi all’accertamento fiscale e contributivo, incentivando la loro partecipazione con il «riconoscimento di una quota delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo», spiega la Relazione tecnica, precisando che questa «quota, inizialmente prevista in misura pari al 33%, è stata innalzata al 50%».

Proroga due anni sugar e plastic tax al 2026

C’è anche l’ennesima proroga di due anni per plastic e sugar tax, nell’emendamento del Governo al Dl Superbonus bollinato dalla Ragioneria e presentato questa notte.

In entrambi i casi, il differimento è dal 1° luglio 2024 al 1° luglio 2026. Nel caso della plastic tax, l’emendamento interviene sull’articolo 1, commi 634-652, della legge 160 del 30 dicembre 2019.

Superbonus, Pucci (Uppi) 80% condomini a rischio causa


 “L’80% dei condomini ancora coinvolti nei lavori del Superbonus tra alcuni anni avranno una causa o nei confronti delle ditte fallite, o dell’appaltatore o dei revisori dei conti, quando dovranno rendere conto all’Agenzia delle Entrate, che fra qualche anno non farà sconti a nessuno, l’Agenzia delle Entrate andrà a prendere gli appartamenti di chi è entrato in modo sciagurato nel Superbonus”.

Lo prevede il presidente dell’Unione piccoli proprietari immobiliari Fabio Pucci a Genova alla convention nazionale per il 50/mo anniversario dell’Uppi.

“Lo Stato italiano come ha potuto dire ‘non solo ti rifaccio la casa, ma ti do anche il 10% in più’, è una follia. attacca Pucci.

Non lo è stata solo nel breve periodo del covid, ma successivamente non è stata una scelta giusta, una scelta che pagheremo con il mercato immobiliare diviso in due dal Superbonus, da un lato quello dei ricchi che si sono rifatti le ville senza problemi, dall’altro quello dei poveri nei condomini”.

Direttiva Case Green in Gazzetta: tutte le scadenze da tenere a mente


Un iter di revisione durato due anni e mezzo quello che ha visto protagonista la Direttiva EPBD “Case Green”.

Molte le novità introdotte in tema di riqualificazioni energetiche, installazione di impianti solari, mobilità sostenibile e smart building.

L’Italia ora avrà tempo fino al 2026 per definire il proprio Piano di Ristrutturazione degli edifici.

Si apre ufficialmente l’epoca delle Case Green. Ieri 8 maggio la Direttiva Europea 2024/1275  sulle Prestazioni energetiche degli edifici, Energy Performance of Building Directive (EPBD) è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

Trascorsi 20 giorni la norma entrerà in vigore, mentre i singoli Stati Membri avranno a disposizione altri 48 mesi (dall’entrata in vigore) per recepire le disposizioni della direttiva applicandole alla legislazione nazionale.

Il motivo che ha spinto ad avviare una revisione della Direttiva sulle Performance energetiche degli edifici come parte integrante del pacchetto Fit for 55 è sostanzialmente uno: gli edifici sono responsabili del 40% del consumo finale di energia nell’Unione e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra associate all’energia.

Di questo patrimonio il 75% è inefficiente dal punto di vista energetico, un problema non indifferente se consideriamo che l’85-95% degli edifici esistenti oggi sarà ancora in piedi nel 2050

Le emissioni del comparto si devono anche al mercato del riscaldamento degli edifici, ancora dominato dal gas naturale che rappresenta circa il 39% del consumo energetico dovuto al riscaldamento degli ambienti nel settore residenziale. Seguono il petrolio, con l’11%, e il carbone, con circa il 3%.

Partendo da queste premesse l’Unione Europea ha deciso di prefissarsi degli obiettivi agendo secondo il motto l’efficienza energetica al primo posto, puntando a massimizzare l’elettrificazione degli edifici e l’uso di energie rinnovabili, nonchè ad aumentare le performance degli involucri per migliorare la qualità della vita dei residenti.

Nuove costruzioni: le scadenze della Direttiva Case Green

Entrando nel vivo del testo pubblicato in Gazzetta ieri, per facilità di lettura, è bene operare una distinzione tra gli edifici di nuova costruzione ed quelli oggetto di ristrutturazione.

Partendo dalla prima categoria le due scadenze da tenere a mente relative alle nuove costruzioni sono:

  • dal 1° gennaio 2028 tutti gli edifici di proprietà degli enti pubblici dovranno essere a Emissioni zero. Si introduce l’obbligo del conteggio del GWP(potenziale di riscaldamento globale-global warming potential) durante il ciclo di vita degli edifici di nuova costruzione con una superficie c.u. superiore a 1000 mq
  • dal 1° gennaio 2030 l’obbligo delle emissioni zero diventa totale per qualsiasi tipologia di nuova costruzione ovvero anche il residenziale così come il conteggio del GWP.

Edifici Esistenti e riqualificazioni: le scadenze della Direttiva Case Green

Ciascuno Stato Membro dovrà adottare misure affinché si arrivi ad una riduzione progressiva del consumo di energia primaria soddisfando i requisiti minimi di prestazione energetica che saranno definiti a livello nazionale, ma valutati dalla Commissione Europea, che avrà comunque il potere di chiedere una revisione del conteggio (articolo 6).

Complessivamente la riduzione dei consumi energetici dovrà provenire almeno dalla ristrutturazione del 55% degli edifici con le prestazioni peggiori. 

Vediamo nel dettaglio le scadenze distinguendo tra comparto residenziale e non residenziale.

Edifici Non Residenziali e Pubblici esistenti

Entro il 2030 si procederà alla ristrutturazione degli edifici non residenziali più energivori diminuendo il consumo di energia primaria del:

  • 16 % a decorrere dal 2030; 
  • 26 % a decorrere dal 2033.

Edifici Residenziali esistenti

Per gli edifici residenziali il consumo di energia primaria dovrà diminuire:

  • del 16% entro il 2030 
  • del 20-22% entro il 2035

La traiettoria nazionale per la ristrutturazione progressiva del parco immobiliare residenziale è espressa come un calo del consumo medio di energia primaria in kWh/(m2a) dell’intero parco immobiliare residenziale partendo quale riferimento dall’anno 2020 e individua il numero di edifici residenziali e unità immobiliari residenziali o la superficie coperta da ristrutturare ogni anno, compreso il numero o la superficie coperta del 43% degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori e delle unità immobiliari residenziali. 

Gli edifici esenti dagli obblighi

Saranno esclusi dagli obblighi della Direttiva Case Green gli edifici di particolare interesse culturale o utilizzati con frequenza sporadica. Le esenzioni si applicano a:

  • edifici storici
  • luoghi di culto 
  • edifici di proprietà delle forze armate utilizzati a scopi di difesa nazionale
  • fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico
  • edifici residenziali che sono usati meno di quattro mesi all’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno;
  • fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 mq.

Energia  solare e mobilità green

L’articolo 10 stabilisce che gli Stati Membri dovranno predisporre tutti i nuovi edifici affinché siano adatti ad ospitare impianti per la produzione di energia solare sulla base dell’irraggiamento del sito.

La Direttiva case Green stabilisce che, laddove tecnicamente appropriato ed economicamente e funzionalmente fattibile, si installino impianti solari a progressivamente e a partire dal 2027, sia per le nuove costruzioni che nel caso di ristrutturazioni importanti.

Si partirà con obblighi dedicati agli edifici pubblici e non residenziali di nuova costruzione, inglobando progressivamente anche le altre tipologie.

Le scadenze sono le seguenti:

  • entro il 31 dicembre 2026, dovranno essere installati impianti solari su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie coperta utile superiore a 250 mq;
  • entro il 31 dicembre 2027 dovranno essere installati impianti solari su tutti gli edifici pubblici esistenti con superficie superiore a 2000 mq;
  • entro il 31 dicembre 2027 dovranno essere installati impianti solari sugli edifici non residenziali esistenti con superficie superiore a 500 mq se sottoposti a ristrutturazioni importanti
  • entro il 31 dicembre 2028 dovranno essere installati impianti solari su tutti i Nuovi Edifici Pubblici con superficie superiore a 750 mq;
  • entro il 31 dicembre 2029, su tutti i nuovi edifici residenziali e tutti i nuovi parcheggi coperti adiacenti;
  • entro il 31 dicembre 2030 su tutti gli edifici pubblici esistenti con superficie superiore a 250 mq.

Anche gli aspetti legati alla mobilità elettrica ricadono nello spettro di applicazione della direttiva Case Green.

Gli edifici non residenziali dovranno garantire punti di ricarica per le auto elettriche e predisporre l’installazione di pre cablaggio e canalizzazioni per infrastrutture future e parcheggi per le biciclette elettriche. Anche in questo caso le scadenze saranno progressive a partire dal 2027.

Stop alle caldaie a combustibili fossili

partire dal 2025 non sarà più possibile sfruttare incentivi fiscali per l’installazione di caldaie alimentate a combustibili fossili.

Dal 2040 questi impianti saranno definitivamente esclusi eliminando qualsiasi possibilità di installare caldaie a gas.

Ovviamente questa restrizione va a colpire le nuove installazioni, coloro che in casa possiedono già una caldaia di questo tipo non saranno costretti a sostituirla, tuttavia la loro commercializzazione non sarà più possibile. 

Come precedentemente sottolineato, il 39% del consumo energetico dovuto al riscaldamento degli ambienti nel settore residenziale si deve al gas naturale.

In ottica di decarbonizzazione la Direttiva fa invece leva sulle soluzioni elettriche abbinate alle energie rinnovabili. 

Gli Smart Readiness Indicator 

Una delle novità introdotte nella revisione della Direttiva Sulle Prestazioni energetiche degli edifici è il concetto di Smart Building.

Al fine di valutare il livello di intelligenza dei nostri edifici, la Commissione ha istituito nel 2017 un gruppo di lavoro composto dai principali istituti di ricerca (tra i quali anche ENEA).

Si tratta del primo tentativo di mettere nero su bianco lo Smart Readiness Indicator (SRI), l’indicatore per valutare la predisposizione all’intelligenza degli edifici.

L’obiettivo comune è quello di definire un metro di giudizio e paragone che valuti la connettività delle strutture e la loro predisposizione all’inserimento di soluzioni smart. 

La metodologia considera tecnologie come i contatori intelligenti, i sistemi di automazione e controllo degli edifici, i dispositivi autoregolanti per la regolazione della temperatura dell’aria interna, gli elettrodomestici integrati, i punti di ricarica per veicoli elettrici, l’accumulo di energia nonché le funzionalità specifiche e l’interoperabilità di tali sistemi, oltre ai benefici per le condizioni climatiche degli ambienti interni, l’efficienza energetica, i livelli di prestazione e la flessibilità così consentita.

L’Italia e la Direttiva Case Green: dove siamo e dove dobbiamo arrivare

Attualmente gli edifici rappresentano oltre un terzo delle emissioni di gas serra nell’UE. Secondo le nuove disposizioni entro il 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere edifici a emissioni zero, ed entro il 2050 il patrimonio edilizio dell’UE dovrà raggiungere la totale decarbonizzazione.

Ma per assicurare il rispetto di questi obiettivi, sarà necessario raddoppiare se non triplicare il tasso di rinnovamento attualmente fermo sotto l’1% come media europea.

Nel caso dell’Italia la percentuale scende allo 0,85%, un limite troppo basso se confrontato con il nostro patrimonio edilizio energivoro e vetusto.

Restando nel BelPaese e tracciando un confronto con trasporti e industria, gli edifici sono il settore che ha consumato più energia dal 2008, di cui oltre la metà proveniente da gas naturale.

E’ bene sottolineare però che, a differenza dei due settori appena citati, il comparto edilizio presenta anche la più alta domanda di energia coperta da FER (>20%).

Purtroppo se il trend di riduzione delle emissioni di gas serra resterà pari all’attuale, l’Italia sarà in grado di raggiungere la completa decarbonizzazione solo nel 2.103, ben più in là rispetto al limite fissato dalla direttiva case Green al 2050 (fonte: The European House Ambrosetti)

In Italia, escludendo il patrimonio architettonico storico culturale, l’84,5% degli edifici è stato costruito prima del 1990 e i ¾ risultano ancora in classi energetiche inferiori alla D.

Diventa dunque un passaggio dovuto quello di arrivare alla definizione di un Piano di Ristrutturazione degli edifici che, tenendo fede alle scadenze fissate dalla Direttiva Case Green, dovrà arrivare entro il  31 dicembre 2025.

RAPPORTO DELLE STATISTICHE DI APRILE


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Come eliminare i cattivi odori emanati dal lavello della cucina


Ti è mai capitato di entrare in cucina e essere accolto da un odore sgradevole emanato proprio dal lavello?

Questa è una situazione più comune di quanto pensi, infatti mi è successo proprio qualche giorno fa! Nonostante sia sempre attenta allo scarico del lavello in cucina, da allora ogni volta che lo utilizzo sento sempre un odore quasi nauseabondo.

Per questo ho deciso di prendere in mano la situazione e risolvere, grazie a un rimedio naturale che scopriremo insieme.

Perché sale cattivo odore dallo scarico?

Da qui la domanda sorge (quasi) spontanea: perché sale cattivo odore dagli scarichi? Il primo passo per affrontare il problema è capirne la radice.

I cattivi odori dal lavello di solito emergono a causa di residui di cibo che si accumulano e fermentano nei tubi, grassi che si solidificano che offrono il terreno fertile per lo sviluppo di batteri e muffe. Questi elementi, combinati con l’umidità costante tipica dello scarico, creano il mix perfetto per la generazione di odori poco piacevoli.

Non dimentichiamoci, inoltre, che anche nello scarico può accumularsi calcare. Perciò ho riflettuto a lungo su quale fosse il metodo più indicato. La risposta è stata l’acido citrico.

Come uso l’acido citrico per lo scarico del lavello

Come accennavo prima, il rimedio che credo sia gusto ma anche potente è l’acido citrico.

Ma ecco come utilizzarlo per lo scarico:

  1. Porta quasi ad ebollizione circa 2 litri di acqua; non deve bollire, ma essere sufficientemente calda.
  2. Sciogli 200 grammi di acido citrico in questa acqua calda, fino a ottenere una soluzione omogenea.
  3. Versa delicatamente la miscela nello scarico del lavello, facendo attenzione a non schizzarla per non scottarti.
  4. Copri lo scarico con un panno in microfibra umido e tiepido, in modo da mantenere il calore e l’azione del vapore all’interno dello scarico.

Lascia agire per tutta la notte. Se non conosci l’acido citrico, è un composto ecologico che:

  • ha proprietà che mangiano il calcare;
  • elimina efficacemente i cattivi odori;
  • svolge un’azione disincrostante con le superfici con cui viene a contatto.

Le sue proprietà non si limitano a questo. Infatti è anche un ottimo sostituto dell’ammorbidente industriale:

Il passaggio finale è semplice ma essenziale: dopo aver lasciato agire la soluzione di acido citrico per una notte intera, rimuovi il panno e lascia scorrere abbondante acqua calda per qualche minuto.

Questo risciacquo aiuterà a eliminare completamente i residui sciolti dell’acido citrico, portando via con sé gli ultimi rimasugli di cattivo odore.

Come evitare i cattivi odori nello scarico del lavello

Prima di lasciarci, ho pensato che potesse esserti utile capire come evitare che il problema si ripresenti. Ecco perciò alcuni consigli utili ed efficaci:

  • Pulisci frequentemente il filtro del lavello, eliminando ogni residuo di cibo prima che possa finire giù per lo scarico.
  • Evita assolutamente di gettare olii e grassi nello scarico: solidificandosi possono creare veri e propri blocchi nei tubi.
  • Una volta a settimana, dedica qualche minuto a versare nel lavello la soluzione di acqua calda e acido citrico per prevenzione; contribuirà a mantenerlo pulito e libero da cattivi odori.
  • Quando non stai usando il lavello, considera l’idea di coprire lo scarico per limitare eventuali residui di cibo dall’accumularsi.

BMI – Come si calcola il peso ideale?


In medicina, il calcolo del peso ideale non ha nulla a che fare con l’estetica o i modelli culturali.

Ciò che noi chiamiamo peso ideale è il peso corporeo che non è connesso ad un più alto rischio di sviluppare malattie. Si è scritto molto sul fatto che l’eccesso di peso aumenta il rischio di malattie e riduce l’aspettativa di vita.

Le persone obese o in sovrappeso, per esempio, hanno una maggiore incidenza di problemi cardiovascolari, diabete, ipertensione, apnea del sonno e persino alcuni tipi di cancro.

Ma non è solo l’eccesso di peso ad essere nocivo per la salute; anche le persone con peso corporeo inferiore alla norma hanno un tasso di mortalità più elevato.

Oltre a ciò, il peso ridotto non solo può essere un segno di disturbi psichici come l’anoressia o la bulimia, ma può anche essere un segno di una grave malattia come il cancro o l’Aids.

Da qui il concetto di peso ideale e indice di massa corporea, ovvero BMI (in inglese Body Mass Index).

Calcolo peso ideale

Il concetto di peso ideale si ottiene calcolando l’indice di massa corporea (BMI). Peso ideale e BMI ideale sono concetti simili. L’indice di massa corporea è una misura adottata dalla OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), utilizzato per la diagnosi di sottopeso, sovrappeso e obesità.

Il calcolo BMI può essere facilmente eseguito con due semplici dati: altezza e peso. La formula è semplice: BMI = peso (in chili) : altezza² (in metri). I risultati del BMI sono interpretati come segue:

  • Sottopeso = BMI inferiore a 18,5 kg/m².
  • Normopeso = BMI tra 18,5 e 24,9 kg di peso/m².
  • Sovrappeso = BMI tra 25 e 29,9 kg/m ².
  • Obesità di grado I = BMI tra 30 e 34,9 kg/m ².
  • Obesità di grado II = BMI tra 35 e 39,9 kg/m ².
  • Obesità di grado III (obesità patologica) = indice di massa corporea superiore a 40 kg/m².

Come è facile dedurre, si dovrebbe cercare di avere un BMI nel range di normalità, vale a dire tra 18,5 e 24,9 kg/m². Superiore o inferiore a questi valori gamma si è associati a un elevato rischio di malattie.

L’indice di massa corporea è un indicatore importante della salute la cui utilità è stata provata da numerosi studi scientifici.

Ma come si fa il calcolo del peso ideale? Si è discusso il concetto di peso ideale per decenni senza raggiungere un accordo. In realtà, il peso sano deve essere individualizzato per ogni persona. Diverse formule sono state sviluppate nel corso degli anni per cercare di trovare un modo di sapere qual è il peso più salutare. Il problema è che la maggior parte delle formule offrono pochi dati clinici e risultati spesso troppo differenti tra loro.

Si prenda ad esempio un uomo alto 180 cm, e si calcoli il suo peso ideale con alcune formule.

  1. Per la formula Hamwi (1964), il peso ideale sarebbe 77,3 kg.
  2. Per la Devine formula (1974), il peso ideale sarebbe 75,0 kg.
  3. Per la formula Robinson (1983), il peso ideale sarebbe 72.6 kg.
  4. Per la formula di Miller (1983), il peso ideale sarebbe 71,5 kg.

Pertanto, secondo la formula usata, il peso ideale per un uomo di 180 cm potrebbe variare da 71,5 kg a 77,3 kg. Nonostante i risultati, nessuna delle formule precedenti è completamente sbagliata.

L’attuale concetto di peso forma è strettamente legato al BMI. Idealmente, si deve cercare di rimanere all’interno della gamma di BMI normale, vale a dire tra 18,5 e 24,9 kg/m². Seguendo questa logica, per il nostro ipotetico esempio di un uomo di 180 cm, qualsiasi peso tra 60 kg e 81 kg lo farebbe entrare nel concetto di BMI normale.

Più si avvicina agli estremi però e più vicino sarà al sottopeso o al sovrappeso, che in un certo senso è contro il concetto di peso ideale.

Quindi, considerando tutto ciò che è stato discusso finora, ha senso considerare che il peso ideale sia quello che fa rientrare un individuo nel BMI normale, ma con un lieve margine sui limiti.

Variante Covid KP.2, è allerta negli Usa – Buca i vaccini.


C’è allerta negli Usa per la circolazione della nuova variante KP.2, figlia della ormai nota JN.1 che ha surclassato.

E’ una variante ‘rinforzata’ di Covid, attualmente responsabile della maggioranza dei nuovi casi oltroceano e le cui caratteristiche richiedono attenzione, come sottolineano dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie.

Questo perché “avrebbe una mutazione della proteina Spike, che il visus SarsCoV2 utilizza per agganciarsi alle cellule, ma soprattutto sembrerebbe non rispondere alle versioni aggiornate dei vaccini”.

Negli Usa si teme già il peggio, ovvero l’arrivo di una nuova ondata di Covid in estate. “Abbiamo una popolazione in cui l’immunità al virus è scemata e ciò aumenta la vulnerabilità collettiva a nuove infezioni del virus SarsCoV2”, ha osservato Thomas A. Russo, responsabile del Dipartimento di Malattie infettive della Jacobs School of Medicine dell’ università di Buffalo.

“Se guardo nella mia sfera di cristallo ha aggiunto direi che, considerando i vari fattori in gioco con la nuova mutazione, avremo probabilmente una nuova ondata o comunque un aumento dei casi e dei ricoveri questa estate”.

Uno studio realizzato ad Harvard e non ancora pubblicato, mostrerebbe inoltre non solo che gli ultimi vaccini non proteggerebbero contro la KP.2, ma che quest’ultima variante sarebbe più resistente all’immunità acquisita da infezioni precedenti.

La variabilità del virus di Covid è ormai evidente spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano.

La sua capacità di sviluppare nuove varianti significativamente diverse dal punto di vista antigenico nell’arco di 4-6 mesi evidenzia l’opportunità, ad oggi, di utilizzare un approccio vaccinale simile a quello che già da anni si adotta per l’influenza.

In altre parole, anche il vaccino contro Covid-19 cambierà ogni anno”.

Momenti di Relax – Tempo Libero


Il tran tran della vita spesso diventa così pesante da far perdere il controllo sul proprio benessere.

I ritmi lavorativi continui e asfissianti, le responsabilità della famiglia, lo studio incessante o le incertezze del futuro possono diventare un vero peso che mina alla serenità. 

Per questa ragione è davvero importante ritagliarsi del tempo libero dove ricaricare le pile e sentirsi connessi con se stessi, ritrovando le giuste energie per affrontare al meglio una nuova giornata.

Non ci sono scuse che tengano: bastano anche solo 5 minuti dedicati a se stessi ma di qualità.

Può infatti essere di vario tipo, l’importante è svolgere un’attività che regali benessere e serenità.

Un buon metodo è scrivere una lista di cose da fare e che donano un sorriso, che possono variare dalle più semplici a quelle più complesse. Ballare la propria canzone preferita, cantare a squarciagola sotto la doccia o godersi un bel bagno caldo rilassante, preparare un dolce in casa o uscire a fare una passeggiata a guardare un tramonto.

Ci si può concedere anche una serata con gli amici: molte persone che fanno parte della cerchia di amicizie sono considerate “persone vitamina”, la cui presenza è un faro nel buio e con le quali c’è una connessione istantanea, regalando sorrisi, tranquillità e una ricarica di positività. 

Se si ha maggiore tempo a disposizione, si può organizzare una gita fuori porta in un luogo caro o proprio in quella città che non si ha mai avuto modo ancora di visitare.

Anche solo un pomeriggio trascorso lontano dal lavoro o dal peso della quotidianità basta a ricaricare corpo e anima, affrontando la vita in maniera più positiva ed energica.

Insomma, qualsiasi attività è quella giusta pur che sia tempo dedicato a se stessi, staccando la mente, a volte anche il cellulare, senza lasciarsi sopraffare da pensieri negativi o stressanti ma circondati solo dalla bellezza della vita.

Lo sapevi che anche i denti invecchiano?


Creme per la notte, filler e integratori per restare giovani. Se molto facciamo in ottica anti-age per la cute, lo stesso non si può dire per la nostra igiene orale. Eppure il tempo agisce, e colpisce, soprattutto lì dove l’attenzione è più bassa.

invecchiare non sono solo pelle, ossa e articolazioni ma anche i nostri denti.

Gli italiani sono più attenti a dieta e sport che alla igiene orale

Gli italiani sono costantemente occupati nella cura della propria persona. Quasi la metà di essi segue una dieta bilanciata (48%) e svolge regolarmente esercizio fisico (44%), 1 su 3 non fuma o cerca di evitarlo. A rivelarlo è la nuova indagine condotta dall’Istituto di ricerca Ipsos per Mentadent Professional.

Non solo la pelle del viso cambia con l’età

Dai dati emerge che siamo un popolo di esteti. Le donne sono in generale porgono più attenzione alla skincare e alla pelle del viso.

Tra le abitudini messe in atto per contrastare i segni più evidenti dell’età ci sono:

  • beauty routine con crema antirughe;
  • detersione e rimozione del make-up prima di andare a letto;
  • applicazione della protezione solare.

Anche i denti subiscono un processo degenerativo nel tempo

A fronte di una diffusa apprensione per l’invecchiamento di mente (33%), pelle (29%), ossa e articolazioni (24%), solo al 4% dei connazionali preoccupa la salute orale in relazione agli effetti del passare del tempo.

E, dato significativo, solo l’8% è consapevole del fatto che anche i nostri denti invecchiano e utilizza dentifrici specifici che aiutino a mantenerli giovani.

Il motivo? Il loro processo rigenerativo è più complesso, poco si sa della demineralizzazione superficiale, che porta spesso a una perdita progressiva dello smalto dei denti.

Il decalogo per un sorriso sempre giovane

Per una bocca giovane ricorri a dentifrici con minerali bio-compatibili

È fondamentale adottare comportamenti e utilizzare strumenti per l’igiene orale che permettano ai denti di rimanere bianchi e in forza. Uno di questi è ricorrere a dentifrici con minerali bio-compatibili che prevengano l’erosione.

Lava i denti in verticale per la tua igiene orale

Secondo una ricerca di Top Doctor, il 33% degli italiani non sa che bisogna spazzolare in verticale, nello specifico dalla gengiva verso il dente, staccando ogni volta lo spazzolino per evitare il movimento su e giù continuo e non in orizzontale.

Con il filo interdentale previeni l’ipersensibilità dentale

L’ipersensibilità dentale può interessare qualsiasi paziente a qualsiasi età. Tuttavia, vi è una prevalenza nella popolazione di età compresa tra i 20 e i 40 anni, in particolare di sesso femminile, e nei soggetti affetti da malattia parodontale.

Per prevenirla bisogna lavare i denti almeno due volte al giorno per 3 o 4 minuti e utilizzare il filo interdentale (le setole dello spazzolino non arrivano tra un dente e l’altro, solo il filo deterge queste zone).

Anche lo sport migliora la salute delle gengive

Dieta mediterranea e sport aiutano la cura delle gengive in chi soffre di infiammazione cronica.

A parlarne per la prima volta è un recente studio italiano pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Periodontology che indaga la correlazione tra il binomio sedentarietà-nutrizione scorretta e severità della malattia parodontale: una scarsa aderenza alla dieta mediterranea e poca attività fisica aumenterebbero, di ben 10 volte, il rischio di parodontite severa.

Latte e insalata sono gli amici del sorriso

Esistono degli alimenti che potremmo definire come “amici del sorriso” e sono:

  1. latte e derivati, grazie al loro contenuto di calcio;
  2. verdure specialmente a foglia larga come spinaci e insalata, che stimolano la salivazione;
  3. la frutta ricca di fibre come la mela, che aiuta a pulire la bocca;
  4. frutti di bosco perché ricchi di sostanze antibatteriche.

Agrumi, aceto e birra rovinano lo smalto

Sarebbe meglio limitare:

  1. l’assunzione di agrumi, aceto e birra perché abrasivi per lo smalto;
  2. le bibite gassate e gli energy drink che hanno un’azione corrosiva;
  3. le caramelle e i dolciumi che contengono un alto tasso di zuccheri e possono causare l’insorgenza di carie;
  4. vino, caffè e tè tendono a pigmentare lo smalto.

Ricordati di pulire anche la lingua

Ricordiamoci che la lingua è potenzialmente un serbatoio di batteri anaerobi. Una sua singola cellula epiteliale può, infatti, ospitare fino a 100 batteri.

Per assicurarsi una buona igiene orale, la pulizia può essere effettuata tramite il classico spazzolino da denti oppure ricorrendo a un apposito strumento: il raschietto linguale.

Sostituisci lo spazzolino almeno ogni tre mesi

Lo spazzolino da denti va sostituito ogni 3 o 4 mesi circa. Non aspettare che le setole si deformino, piegandosi verso l’esterno.

In questo caso lo spazzolino perde la sua funzione primaria, ovvero eliminare placca batterica e residui di cibo dai denti.

Mai sottovalutare una gengiva che sanguina

È importante sottoporsi regolarmente a visite periodiche dal dentista per identificare e poter curare, sin dalle prime fasi, eventuali processi patologici a carico dei denti e delle gengive.

In particolare, se vedi del sangue quando lavi i denti, non aspettare e prenota subito un controllo.

Ogni 6 mesi sottoponiti a una seduta di igiene orale professionale

Infine è bene sottoporsi a una seduta di igiene orale professionale per la rimozione del tartaro che si forma nelle zone dove è più difficile la pulizia domiciliare e maggiore il ristagno di saliva.

Vai dal dentista una volta ogni sei mesi.

Come ridurre l’usura degli pneumatici dell’auto: suggerimenti efficaci


L’usura degli pneumatici dell’auto dipende da numerosi fattori e modificando, anche di poco il proprio stile di guida o prestando maggiore attenzione ad alcuni semplici accorgimenti, sarà possibile ridurla, avendo quindi necessità di cambiare le gomme con minore frequenza.

Una eccessiva usura delle gomme può dipendere da diverse variabili e tradursi in spese non indifferenti. Andare se possibile a ridurre l’usura degli pneumatici dell’auto è quindi come ovvio qualcosa di importante.

Oltre all’aspetto economico va detto poi che delle gomme usurate o comunque non in perfette condizioni fanno guidare con inferiori standard si sicurezza, portano inoltre ad un aumento dei consumi, che non solo significa spendere di più, ma anche impattare maggiormente sull’ambiente.

Ci sono quindi davvero valide ragioni per cercare di far durare a lungo le gomme dell’auto, potendo sempre contare su pneumatici in buone condizioni.

Ridurre l’usura degli pneumatici, ecco come fare

Gli pneumatici sono di gran lunga uno degli elementi maggiormente importanti per la sicurezza e le prestazioni generali di un’auto. Mantenere gli pneumatici in buone condizioni è quindi essenziale per garantire una guida sempre sicura e pienamente efficiente.

Per ridurre l’usura degli pneumatici si consiglia di mantenere la corretta pressione degli stessi. Questa ha infatti un impatto significativo sull’usura e sulle prestazioni. Bisogna verificare regolarmente la pressione degli pneumatici utilizzando un manometro che sia affidabile e assicurarsi di gonfiarli secondo le specifiche consigliate dal loro produttore.

Pneumatici gonfiati troppo o troppo poco possono causare un’usura irregolare e compromettere la tenuta di strada.

Effettua una rotazione periodica degli pneumatici e naturalmente montare quelli adatti alla stagione in cui ci si trova, oltre a verificarne sempre la corretta pressione è molto importante.

Controllare l’equilibratura degli pneumatici è un’altra verifica da fare con regolarità. In genere è bene farla durante la manutenzione periodica, affidandosi a dei professionisti.

Guidare in modo corretto riduce l’usura degli pneumatici

Guidare in modo corretto, senza accelerazioni improvvise o brusche frenate, aiuta non poco ad allungare la vita delle gomme e a evitare che si usurino troppo.

Accelerazioni e frenate graduali e un corretto approccio alle curve, aiuta a ridurre lo stress sugli pneumatici e di conseguenza a ridurne l’usura eccessiva e a prolungarne la durata.

Anche evitare carichi eccessivi è un buon consiglio, amico degli pneumatici dell’auto. Caricare eccessivamente il proprio veicolo può mettere sotto stress le sue gomme, causando un’usura decisamente più rapida.

Bisogna poi anche cercare di prestare sempre attenzione a buche, dossi e irregolarità della strada in genere. Prendere delle buche in pieno e affrontare dossi in modo errato e spericolato, può causare danni seri agli pneumatici, come tagli o deformazioni. Se ci sono degli ostacoli sulla strada è sempre bene evitarli o superarli a velocità molto contenuta.

Infine, controllare con regolarità la profondità del battistrada aiuta a capire se sia venuto il momento di cambiare una o più gomme. Le condizioni del battistrada influiscono molto sull’aderenza degli pneumatici al fondo stradale e una sua eccessiva usura, può comportare rischi da non sottovalutare. Anche in questo caso, guidare in modo responsabile, aiuta a ridurre l’usura del battistrada degli pneumatici e a prolungare la loro durata.

Gli esseri umani potrebbero vivere per sempre, secondo le ricerche


I romani consideravano 100 o 110 come il limite massimo per la durata della vita umana. Il record per la più lunga durata della vita umana registrata è detenuto da Jeanna Calment, una donna francese che ha vissuto per 122.

Quando nacque nel 1875 l’aspettativa di vita media era solo di circa 40 anni. Ma c’è un limite alla durata della nostra vita?

Secondo uno studio dei ricercatori delle università americane Georgia e Southern Florida, pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, se questo esiste, siamo ancora lontani da scoprirlo.

“L’invecchiamento scrivono è semplicemente un aumento esponenziale delle probabilità di morte e di malattia con il passare del tempo.

Gli scienziati in questi anni sono stati tutt’altro che concordi: mentre gruppi di ricercatori hanno ipotizzato che un limite naturale potrebbe attestarsi intorno ai 120, 140, o 150 anni, altri credono non ce ne sia realmente uno e che l’invecchiamento non porta necessariamente alla morte.

Esiste un limite alla durata della vita umana?

Qualche anno fa era stata proprio una ricerca italiana pubblicata sulla rivista Science e condotta dall’università della Sapienza di Roma, in collaborazione con quelle di Roma Tre, Berkeley e Southern Denmark e l’Istat, a spiegare come sia impossibile stabilire quale sia il limite della durata della vita umana.

“Se esiste un limite biologico questo non è ancora diventato visibile o non è stato raggiunto” aveva detto all’Ansa nel 2018 la coordinatrice della ricerca, Elisabetta Barbi, del dipartimento di Statistica della Sapienza.

Da tempo la comunità scientifica si interroga su se e come cambia il rischio di morte con l’avanzare dell’età.

I ricercatori si erano basati su dati relativi a quasi 4.000 italiani ultracentenari (la maggior parte donne), raccolti fra il 2009 e il 2015.

Verificando che “il rischio di morte accelera esponenzialmente con l’età fino a 80 anni, per poi decelerare progressivamente, fino a raggiungere un plateau e rimanere costante, o quasi, dopo i 105 anni” e che “per le generazioni di nascita più giovani i livelli di mortalità sono leggermente più bassi”.

In questo i miglioramenti della sanità pubblica e della tecnologia medica hanno un ruolo cruciale.

Aviaria, gli Usa si preparano al contagio uomo-uomo: il piano


“Esiste conferma della trasmissione” del virus dell’influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità “tra bovino e bovino e da bovino a pollame”, secondo quando emerge “dal sequenziamento” virale.

“Sono inoltre confermati casi di bovini da latte asintomatici”, ma “con infezione da H5N1”, anche se “l’entità dei test non è chiara”.

Lo evidenzia lo scienziato americano Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, fondatore e direttore Scripps Research Translational Institute, in un’analisi sui risultati del vertice a porte chiuse organizzato nei giorni scorsi dal Dipartimento dell’Agricoltura (Usda), dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e dalla Food and Drug Administration (Fda), per fare il punto sull’emergenza aviaria nelle mucche da latte negli Stati Uniti.  

Oltreoceano i timori per il diffondersi del patogeno di origine aviaria negli allevamenti crescono, tanto che già si lavora a un “piano di preparazione nel caso in cui si verificasse una trasmissione umana” del virus, finora mai confermata.

I funzionari federali, riporta Topol, “hanno spiegato che il Tamiflu”, il farmaco antivirale oseltamivir, “sarebbe efficace” per contrastare l’infezione nell’uomo “e che ne sono state accumulate scorte”.

Inoltre, “se necessario gli Usa potrebbero dirottare la produzione annuale di vaccini antinfluenzali per fabbricare vaccini anti-H5N1 su larga scala”.

Sono disponibili al momento “2 vaccini candidati contro l’H5N1 che si concordano bene con la sequenza attuale” del virus, e sfruttando la tecnologia dell’mRna “esiste la possibilità di aumentare la fornitura di vaccino” in caso di bisogno.

Oggi “sembra molto improbabile” che si debba arrivare a tanto, ossia a dover fronteggiare un’epidemia di aviaria nell’uomo, “ma quanto più il virus H5N1 si diffonde incontrollato avvertono gli esperti tanto maggiori sono i serbatoi” in cui può proliferare “e le possibilità che si verifichino ulteriori mutazioni funzionali. Dunque è meglio pianificare lo scenario peggiore”.  

Al momento l’unico caso umano di infezione da H5N1 ad alta patogenicità documentato nell’ambito dell’epidemia fra i bovini è quello di un lavoratore del settore lattiero-caseario, che in Texas si è contagiato per contatto diretto con gli animali e ha presentato come unico sintomo una congiuntivite.

Per contenere un’ulteriore diffusione dell’epidemia è stata emessa un’ordinanza federale che impone di effettuare test e segnalare i capi infetti. Quanto ai test di routine sui suini, ‘osservati speciali’ perché potrebbero rappresentare per il virus un ponte verso l’uomo, “finora sono risultati negativi”.  

L’epidemia di virus dell’influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità in corso tra le mucche da latte negli Stati Uniti sarebbe cominciata già alla fine dell’anno scorso, quindi diversi mesi in anticipo rispetto al primo caso confermato dalle autorità sanitarie a fine marzo 2024, e probabilmente è più estesa di quanto si pensi, sottolinea ancora. 

Casi di infezione sono stati registrati finora in 8 stati Usa, ricorda Topol. Ma il recente report della Fda sulla positività al virus di diversi campioni di latte pastorizzato in commercio, evidenzia lo scienziato, supporta “fortemente” l’ipotesi che la diffusione dell’infezione negli allevamenti “sia molto più ampia” e vada “oltre questi 8 stati”.

Per Topol è “importante evidenziare che il test Pcr” utilizzato nelle analisi sul latte cerca “frammenti di virus, non il virus vivo” la cui presenza nell’alimento sarebbe “improbabile dopo la pastorizzazione”.

Per valutare la presenza di virus vivo la Fda dovrà effettuare altri esami di tipo colturale, ma quelli condotti finora seppur “limitati” sono “ad oggi tutti negativi per qualsiasi virus vivo nel latte”.  

Un altro dato rimarcato dallo scienziato americano riguarda l’esito del “grande lavoro” fatto dal biologo evoluzionista dell’Arizona Michael Worobey, che “eroicamente ha analizzato le 239 sequenze H5N1 rilasciate per la prima volta domenica notte”, concludendo che l’epidemia deriva probabilmente da “un unico inizio della trasmissione virale dagli uccelli alle mucche. L’Usda ha dichiarato” inoltre “di ritenere che l’epidemia tra i bovini da latte negli Stati Uniti sia cominciata alla fine del 2023, inizialmente in Texas”. 

Come organizzare un’escursione in montagna: consigli utili


In inverno le escursioni in montagna sono ancora più belle per via dei paesaggi tinti di neve bianca, capace di rendere il tutto più magico e suggestivo.

Ma non solo per i bei panorami le escursioni sono tanto amate: per i più sportivi sono un momento di sfida e di adrenalina, da superare per raggiungere un traguardo.

Come organizzare un’escursione in montagna

E’ molto importante, se state pianificando di fare un’escursione in montagna, organizzare tutto nei dettagli, per raggiungere la meta in totale sicurezza: dove andare, scegliere il livello di difficoltà del percorso, preparare l’attrezzatura.

Ecco alcuni consigli che potranno esservi utili.

L’itinerario

La prima cosa da fare, dopo aver scelto la meta, è informarsi sulle caratteristiche che l’itinerario possiede.

E’ bene capire il livello di difficoltà del percorso, così da scegliere quello più adatto alle proprie competenze fisiche e tecniche.

Per questo controllate il dislivello che dovrete affrontare! Ci sono diversi livelli di escursioni:

– Turistici (T)

– per Escursionisti (E)

– per Escursionisti Esperti (EE)

– per Escursionisti Esperti Attrezzati (EEA)

Controllare il meteo

Controllare il meteo è indispensabile: scegliete il giorno per la vostra escursione in base al tempo, evitando i giorni dove potrebbero avvenire temporali, forti nevicate o piogge insistenti. Assicuratevi che in quella giornata ci sia un bel sole pieno.

Il punto di accesso

Verificate il punto di partenza e di accesso alla vostra escursione, così da organizzare al meglio la vostra partenza: per esempio potrete capire dove parcheggiare la macchina, se lontano dal posto o in parcheggi appositi, da prenotare o non.

Descrizione dell’itinerario

Vi consigliamo di leggere, prima di mettervi in marcia, una descrizione del percorso: in questo modo potrete ottenere informazioni per esempio sul tipo di terreno, così da poter scegliere le calzature più adatte, oppure su punti utili da memorizzare, in modo tale da diminuire la possibilità di perdervi.

Informazioni generali

Nella descrizione dell’itinerario ci sono anche informazioni non tecniche, ma più generiche, che sono comunque molto preziose.

Per esempio spesso viene indicato se sul percorso ci sono punti per il rifornimento d’acqua, rifugi dove sostare nel caso in cui il meteo non fosse dei migliori o per pranzare.