Il mio fallimento


Il mio fallimento

 

Un seme può stare anni silente nella terra, poi si verificano le condizioni giuste di temperatura e umidità e fanno sì che prepotentemente emerga dal buio all’insidioso mondo della luce.

Ho osservato per anni dall’interno le questioni del mondo del lavoro aggravate dalla deplorevole abitudine di considerarlo come una merce. Non ho avuto alcun potere di intervenire a un cambiamento delle tendenze degli ultimi decenni.

Ho individuato numerose variazioni dei comportamenti degli interessati, come il denaro al posto dei valori umani, la produttività al posto della sostenibilità, la specializzazione al posto della creatività artistica.

Nel frattempo il sindacato ha continuato a difendere i lavoratori occupati a tempo indeterminato senza preoccuparsi degli irregolari, del lavoro nero, della formazione, delle finte partite Iva.

La delocalizzazione ha dato il colpo di grazia, e se da un lato ha fatto abbassare i prezzi dei prodotti dall’altro ha svuotato le aziende madri di lavoratori competenti.

Negli anni ‘70 c’era ancora un artigianato diffuso nelle fabbriche e proprio tra quelle maestranze si sono formati gran parte degli attuali imprenditori italiani.

Il ciclo si è però interrotto per l’assenza di formazione e il persistere delle delocalizzazioni.

Sempre di più ho compreso che il seme sepolto era la formazione e anni fa ho realizzato dovesse diventare la chiave di volta della rinascita del nuovo tessuto produttivo della società italiana.

Il mio errore è stato di voler risolvere il problema nello stesso modo in cui era stato generato.

Sono diventato un minuscolo Don Chisciotte contro enormi mulini a vento, non sono riuscito a fare nulla di quel che avrei voluto. Mi sono reso conto che non si può vivere di buoni propositi.

Ora affido a queste parole la mia eredità affinché il mio sacrificio non sia stato vano.

Negli oltre trenta anni di vita lavorativa in qualità di impiegato amministrativo e tecnico mi sono reso conto delle tante incongruenze del mondo del lavoro.

Gli imprenditori consideravano i lavoratori come bestie da soma, da sfruttare al massimo, e raramente riuscivano ad apprezzare le qualità dei lavoratori in quanto persone meritorie di rendere la loro azienda competitiva.

Su dieci lavoratori solo uno o due erano contenti del proprio lavoro, lo svolgevano volentieri e non avrebbero cambiato per nulla al mondo la propria azienda, quelli che rimanevano erano a rimorchio e stavano lì per il bisogno di portare a casa la pagnotta.

Gli imprenditori spesso non sceglievano direttamente i lavoratori per vari motivi:

– non avevano le competenze necessarie per valutarli

– si affidavano agli amici degli amici

– gli bastava spendere poco ed erano già contenti

Con le agevolazioni introdotte dalla selva di contratti aziendali, oggi assumono con la stessa facilità con la quale si comprano prodotti al discount, quasi sempre a tempo determinato, empatia vicina allo zero e rotazione personale come le scorte di un magazzino all’ingrosso.

Ma un dipendente non è forse una parte dell’azienda? Se quella persona assunta poi risponderà a telefono e verrà testata, la sua preparazione non rappresenterà l’azienda?

Chi si comporta con queste modalità è consapevole che quelle decisioni gli si potranno torcere contro prima o poi?

*

Devo raccontarlo, devo recuperare i ricordi, mettere insieme i brandelli della mia attività miseramente sgretolata e infine spanderli ai quattro venti come il tintinnante suono delle campane a festa.

Un’attività iniziata troppo tardi, troppa preparazione, troppa fiducia nella tecnologia, nei social, nelle persone.

Non avevo l’utile affanno di chi si avventura in un’attività a venti anni, ero riposato, calmo, compassato e autofinanziatomi totalmente non avevo nemmeno bisogno della banche.

Non calcolavo il tempo sprecato, i viaggi in auto in Toscana, il costo del web designer, il commercialista.

Volevo solo dimostrare di avere ragione.

Volevo essere utile alle persone.

Volevo dar lavoro ai numerosi docenti della mia agenzia formativa da me contattati.

Volevo ottenere risultati ottimali con la pubblicità sui social del mio sito web.

Più andavo avanti nella mia impresa e più le porte mi si chiudevano in faccia.

Nessuno riteneva utili i corsi da me proposti e i canali pubblicitari da me utilizzati non erano idonei a far arrivare le informazioni ai diretti interessati.

Le pubblicità su Facebook a pagamento completamente inutili.

I tentativi di collaborazione con amministrazioni pubbliche, agenzie formative riconosciute e scuole risultarono enormi buchi nell’acqua.

La rottura dell’incantesimo non fu fulminea, mi sono semplicemente svuotato di energia dopo due anni senza essere riuscito a organizzare nemmeno un corso degli oltre trenta pubblicati nel sito web.

Alla fine ho chiuso sito web e partita Iva a fine 2017.

Mi è rimasto attiva solo la pagina Facebook, come fosse la ricevuta di un parcheggio: “Saperi attivi”, ecco il nome del sito web da tempo cessato.

Ora posso raccontare questo fallimento. Questo racconto è necessario, ancora più importante dell’aver avviato l’attività, e lo faccio con un piacere immenso.

*

Ecco che nelle decine di anni mi sono sforzato di far capire alle aziende che la formazione è la chiave di volta di ogni nuova attività. Se le persone non ricevono la giusta formazione sono destinate a diventare mine vaganti.

Nell’idea degli imprenditori formare le persone è un costo. I lavoratori devono lavorare, del resto sono bestie da soma e qui finisce ogni tentativo di farli ragionare, poi quando qualcuno, mente aperta, ha formato qualche dipendente, questo se n’è andato e l’imprenditore ha visto sfumare così l’investimento; chiaramente non ci vuole cadere di nuovo e si astiene da formare le persone, le cerca già formate.

Quest’idea andava bene trenta o quaranta anni fa, ora invece sul mercato ci sono imprese che cercano persone formate, nessuno che le forma e disoccupati a go-go.

Ho analizzato il settore della formazione. Ci sono delle scuole con alti livelli di specializzazione come ad esempio il Polimoda, la scuola di ceramica, la scuola di parrucchieri, di musica ecc. Ognuna di queste ha budget pubblicitari e non ci sono organismi statali o regionali preposti al coordinamento di queste attività.

Poi ci sono le agenzie formative riconosciute con legge regionale, dove imperversano quantità indecenti di corsi obbligatori per legge e per lo più inutili.

Le agenzie formative private sono quasi sempre collocate nelle città medio-grandi e sono un poco simili a quella che avevo io, ma io ero da solo e collocato nella provincia e non potevo utilizzare l’enorme bacino di utenza delle città.

Come tentativo in extremis cercai di collaborare con i modernissimi co-working, i nuovi spazi funzionali che i giovani potevano affittare a prezzi modici. Alla mia età potevo essere il padre o il nonno di quei giovani intraprendenti ingegneri.

Ai responsabili del co-working provai a chiedere un public speaking durante le ore di pausa pranzo, quando tutti i cervelli si fermano, il corpo si nutre e… ci sarebbe stato tempo per parlare, ma… niente!

Le loro regole non prevedevano intrusioni per coloro che desideravano anche solo farsi conoscere dagli altri componenti del co-working.

La parte più emozionante e intrigante è stata quella della scoperta dei tesori nascosti delle competenze di decine di docenti desiderosi di farsi conoscere, di insegnare, condividere.

Non ho rimorsi in merito al mio fallimento, la mia attività è stata aperta e chiusa mentre usufruivo dei due anni di Naspi, non ci ho speso una fortuna perché forse non ci ho nemmeno creduto veramente.

La coltivazione elementare nel 2023


La coltivazione elementare nel 2023

Da circa dieci anni (più o meno da quando ho aperto il blog) ho un piccolo orto sociale di circa 50 mq. Durante questo periodo ho seguito corsi di orto sinergico, permacultura e sperimentato varie tecniche produttive sempre orientate al minor impatto ambientale possibile.

Da qualche mese mi si è presentata l’opportunità di poter gestire un terreno agricolo inutilizzato appartenente ad un amico.

Il terreno ha una superficie di 3.000 mq, ma non ha il pozzo dell’acqua e in un primo momento la possibilità di realizzarci un orto poteva sembrare ardua.

Mi sono procurato dei libri con metodi di coltivazione biologica:

La cura della terra di Francesca Della Giovanpaola e La civiltà dell’orto di Gian Carlo Cappello

Ho iniziato a recintare circa duecento metri quadrati lasciando libero il terreno rimanente e riguardo all’acqua, poiché il terreno dispone di un capanno con gronde, ho predisposto una cisterna per la raccolta delle acque piovane al fine di sopperire in caso di lunghi periodi di siccità.

I proverbi toscani scoraggiano chi intende avvicinarsi alla coltivazione di terreni; cito due dei più famosi:

– La terra è bassa.

– L’orto vuole l’omo morto.

La tecnica che sto adottando nel nuovo orto nei duecento mq è quella della coltivazione elementare, e… udite udite! Con questo metodo non si vanga, non si zappa il terreno e sembra che richieda anche pochissime innaffiature.

Per iniziare mi sono procurato delle rotoballe di fieno, ho calpestato l’erba senza estirparla e su questa ho disteso il fieno per un’altezza di circa 25 cm.

L’erba coperta dal fieno tende a marcire e richiama i lombrichi, si forma così uno strato di terra abbastanza umida e morbida ideale per ricevere le piantine da orto.

Con le mani ci si fa spazio nello strato di fieno, si affondano un poco le piantine nella terra e si richiude il foro nel fieno lasciando un po’ di spazio intorno alla pianta. Per il mantenimento del fieno occorre sempre usare un forcone, quando le erbe sottostanti si affacciano di nuovo fra il fieno occorre smuoverlo e sollevandolo lo si fa ricadere sopra le erbe e queste vengono soffocate di nuovo.

Lo scopo di questa coltivazione è quello di integrare le nuove piante con l’ambiente.

All’inizio ci mettono un po’ più di tempo a dare dei risultati rispetto all’orto tradizionale, ma piano piano completano lo sviluppo, vanno in produzione e durano anche più a lungo poiché risentono meno degli eventuali sbalzi di temperatura.

C’è da fare una considerazione rispetto all’orto tradizionale, ed è quella della superficie necessaria ad una famiglia; si potrebbe obiettare infatti che è necessaria una superficie maggiore con la coltivazione elementare di Gian Carlo Cappello.

Occorre però conoscere in quale contesto sono nati gli orti sociali e come nel tempo si sono modificati.

L’orto sociale in Italia nasce nel dopoguerra, li chiamavano infatti “orti di guerra” e si svilupparono per dare sostegno nelle famiglie con difficoltà durante il periodo post-bellico.

Con il tempo poi sono cambiate le tecniche di produzione, concimazione, lotta agli insetti dannosi, alle malerbe (così vengono ancora oggi definite quelle erbe dannose alle piante).

Negli anni con l’aiuto di numerosi prodotti si possono ottenere molti kg di verdure anche in pochi metri quadrati di terreno.

La coltivazione elementare invece non utilizza concimi essendo il fieno di per se’ un materiale che contiene sostanze utili alla crescita e sviluppo delle verdure, occorre però più spazio per le piante.

Proprio in questo periodo nel comune dove abito stanno edificando immobili negli spazi dove c’erano gli orti sociali.

Il comune ha acquistato un grande appezzamento di terreno sembra allo scopo di trasferire gli orti sociali rimasti.

Questa potrebbe essere l’occasione per diffondere il metodo di coltivazione di un orto senza aver bisogno di impianti di irrigazione, vista la sempre crescente carenza di acqua.

L’ultimo regolamento degli orti sociali risale a quasi venticinque anni fa e forse necessita di una revisione alla luce delle nuove esigenze della comunità.

Ogni cittadino singolarmente può fare tanto individualmente in ogni sua azione, anche solo quando va a fare la spesa.

Quando si riunisce con altri cittadini per interessi comuni allora si forma quel senso di comunità così bello e vero tanto da travalicare ogni confine.

L’ultimo mio articolo in questo blog è di oltre un anno fa, lo scrissi pochi giorni dopo l’inizio delle guerra in Ucraina, come se avessi immaginato il protrarsi dei combattimenti.

Il martellare quotidiano delle notizie mi ha costretto indirettamente a una sorta di silenzio stampa.

Mi era passata la voglia di scrivere nel blog.

In realtà ho scritto moltissimo, ma non avevo voglia di condividerlo.

Solo oggi, spinto dall’irrefrenabile voglia di lasciare qualcosa di utile per gli altri, mi son deciso a raccontare questa mia avventura che spero continui e prosperi.

Guerra Russia-Ucraina Febbraio 2022


Guerra Russia-Ucraina Febbraio 2022

Sento il desiderio di allontanarmi, molto lontano nel tempo e nello spazio.

Vorrei poter vedere il tutto magari dall’alto di una montagna, ma anche nel tempo e non dal passato o dal futuro, bensì da un tempo vago, laterale, riservato.

Vorrei da lì poter osservare senza giudizio come si formano i comportamenti umani e quanto proviene dalle loro menti e quanto deriva da accordi scritti a tavolino.

Poche persone con polso di ferro oltre settanta anni, fa all’indomani di una delle guerre più distruttive dell’umanità, hanno definito il nostro attuale presente e con molta probabilità anche delineato il nostro futuro.

Vorrei essere un poeta con il dono di poter vedere la guerra con gli occhi dei ciechi, ascoltare gli scoppi delle bombe con le orecchie dei sordi, invece sono uno dei tanti italiani inondati di notizie e immagini della guerra Russia-Ucraina iniziata pochi giorni fa.

Tutti ne parlano, mentre improvvisamente non si parla più di pandemia.

Sono tutti concentrati sulle dirette da Kiev, sui carri armati, le bombe, le chilometriche file di Ucraini in uscita alle frontiere, gli ingenti danni alle strutture pubbliche e private.

Mi viene da pensare ai miei genitori che la guerra l’hanno vissuta, hanno visto cadere le bombe.

Nei racconti di mia madre anche io ho immaginato il fischio della bomba e poi uno scoppio lacerante a una ventina di metri da lei e la scheggia che colpì a morte una sua carissima amica.

Sono nato in tempi di pace mi piacerebbe rimanerci, ma i media riescono a farmi sentire come se la guerra fosse qui anche se per ora le ricadute sono più quelle delle bollette che dei colpi di mortaio.

Mi viene da pensare a quelle persone che hanno vissuto la seconda guerra mondiale e per loro anche solo quelle immagini gliela stanno facendo rivivere. Credo che l’informazione martellante provochi loro un consistente danno interiore.

C’è come nella pandemia una differenza abissale tra il danno percepito e il danno effettivo.

Il meccanismo è perverso e spesso ci porta a non pensare o pensare troppo, fregarsene o piangere dalla disperazione in un altalenarsi di emozioni.

Una delle narrazioni la definisce diversa dalle altre trattandosi di una aggressione di uno stato sovrano, tanto da far sembrare le guerre civili scoppiate nel mondo semplici scontri ideologici nei quali malauguratamente muoiono persone.

In questi giorni mi hanno chiesto per chi parteggio. Sono rimasto colpito da questa domanda.

La mente razionale e riduzionista ci porta a cercare spiegazioni empiriche come la ricerca della colpa, seguita dall’identificazione della vittima, che va aiutata sempre e comunque.

La ragione non sta mai completamente da nessuna delle due parti.

Non è la chiave di volta per uscire dal conflitto.

Ci sono state delle guerre dimenticate in ogni angolo del pianeta nelle quali sono morte decine di migliaia di persone. In ognuna di queste guerre esaminando le armi si può capire agevolmente quali sono stati i paesi produttori e anche chi gliele ha fornite.

Durante e dopo i disastri vengono messi in moto dei meccanismi che è difficile fermare.

Per fare un riferimento recente della pandemia è stata messa in moto la macchina dei vaccini che nessuno ora sa come fermare, la Pfizer nel 2021 ha superato 82 miliardi di dollari dei quali oltre la metà grazie ai vaccini.

Allo stesso modo dopo la seconda guerra mondiale è stata creata la Nato con lo scopo di scongiurare un’altra guerra, Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (in inglese: North Atlantic Treaty Organization, in sigla NATO,) un’organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa.

L’alleanza è passata da 15 paesi a oltre trenta e vorrebbero annoverare nell’alleanza anche l’Ucraina, ma sembra che Putin non sia molto contento di ciò.

La mente razionale degli europei riesce a pensare solo a europei, e non Ucraini, Russi, Bielorussi o altre popolazioni, ma si tratta in primo luogo di persone, solo dopo appartengono a ceppi linguistici definiti.

Se si sentono integrati in qualcosa, non è grazie a una legge o alla dichiarazione di appartenenza alla Nato o altro.

La Nato da domani dovrebbe scomparire, come se ci lanciassero sopra una bomba atomica, nei decenni non ha fatto altro che causare orrori, invece di mantenere la pace, ha promosso litigi a non finire. È ora di dire basta.

Non servirà a nulla, però ci provo


Non servirà a nulla, però ci provo

Dicembre 2021, e sono trascorsi otto anni da quando ho aperto questo blog.

All’inizio scrivevo molti articoli, anche due ogni settimana. Gli argomenti che vorrei trattare sono ancora molti, ma non diventano articoli. Nel 2021 ne ho pubblicati solo tre.

Da quando ho pubblicato i libri di racconti e poesie si è ridotta la quantità di articoli nel blog.

I visitatori sono saliti nel primo triennio da zero a oltre tremila e poi il numero si è mantenuto intorno ai quattromila nel quinquennio successivo.

In quest’ultimo anno sono stati poco più di duemila, ma con soli tre articoli, è anche troppo.

Sembra che i lettori gradiscano certi articoli relativi alle ricette di cucina, racconti, appunti di viaggi.

I miei recenti interessi mi portano a scrivere il quarto articolo di quest’anno, ancora una volta sull’ambiente.

Quest’anno si è celebrata la Cop26. A Glascow c’erano giovani provenienti da ogni paese del mondo, purtroppo i potenti della terra non hanno manifestato la benché minima intenzione a cambiare le prospettive e modalità di crescita nonostante l’infuriare della pandemia da quasi due anni.

Ogni anno si ripete il tentativo fallimentare di ripristinare la biodiversità nel pianeta terra a com’era prima della industrializzazione.

Sembra strano, ma la soluzione potrebbe essere nella resilienza.

Pensare globalmente, agire localmente.

Ognuno nel suo terreno può sfruttare il potere rigenerativo della terra.

Facciamoci aiutare dalle piante.

Le piante in modo del tutto naturale possono immettere carbonio nel terreno e alimentare il ciclo che ha permesso il mantenimento della crosta terrestre viva e non inaridita come le superfici arate.

I proprietari terrieri devono interessarsi dei terreni affidati in gestione agli agricoltori, in modo particolare quando questi utilizzano arature profonde sui terreni.

Da oltre 70 anni sappiamo che le monoculture hanno effetti devastanti sui terreni, ma si continua a coltivare con questo metodo.

Almeno venti civiltà si sono estinte per l’eccesso di sfruttamento dei terreni.

Uno degli esempi più antichi è stato quello dell’altopiano del Loess in Cina. Anticamente era una regione fertile; ha ospitato la nascita di una delle prime civiltà cinesi. Secoli di pascolo eccessivo, deforestazione e agricoltura di sussistenza l’hanno resa una delle aree più degradate dell’intera Cina, ormai famosa per le ricorrenti inondazioni e carestie. L’utilizzo inconsapevole del suolo ha portato a impoverimento e degrado della terra e di conseguenza della società.

Un suolo povero che necessita di concimi chimici, pesticidi, impoverisce chi ci vive sopra.

Per avere cura della salute del suolo occorre attivare la rigenerazione ecologica.

Le condizioni per l’attivazione della rigenerazione sono:

minimo disturbo meccanico, diversità, radici vive in ogni momento, piante perenni e alberi, uso di animali.

A tal proposito c’è un film documentario su Netflix che spiega questa metodologia:

https://www.netflix.com/it/title/81321999 Kiss the ground – 2020

Trovo strano che queste chicche di documentari provengano dallo stesso luogo che genera le peggiori distruzioni ambientali del nostro pianeta.

Altrettanto strano è che in Europa si proceda effettuando gli stessi errori statunitensi senza nemmeno cercare di comprenderli.

David Attenborough – Una vita sul nostro pianeta – 2020


David Attenborough – Una vita sul nostro pianeta – 2020

Film-documentario sulla vita del nostro pianeta di Alastair Fothergill, Jonathan Hughes, Keith Scholey, un film del 2020 con attore principale David Attenborough il grande documentarista inglese.

L’ho appena visto su Netflix, e sembra essere il modo preferenziale per la visione.

Questo film totalizza un rating su IMDB di 9.0 e dai tempi di “Le ali della libertà” non avevo l’opportunità di vedere un film con un rating così alto.

David Attenborough ci mostra nel film la sua vita avventurosa con filmati video dall’adolescenza fino alla sua attuale età di 93 anni con lo stesso piglio del quasi coetaneo nostro Piero Angela.

I viventi sono i numerosi personaggi del documentario, il caro David ne descrive l’attuale drammatica situazione al pari dei primi disastrosi rapporti del WWF degli anni ‘80.

Non si possono ignorare i suoi laconici avvertimenti.

Quando incontra Christine Lagarde presidente della Banca Centrale Europea questa gli consiglia di andare in pensione e lui è molto gentile a non ricambiare l’invito.

Tocca a noi lettori, spettatori a raccogliere il testimone consegnatoci da questo anziano signore inglese che al pari di Greta, degli Extinction Rebellion suggerisce cambiamenti radicali.

Grazie allo studio dei fossili le cinque estinzioni di massa ci raccontano una storia di cambiamenti lenti e inesorabili; dopo ogni evento distruttivo sono rimaste poche specie, ma la vita è sempre ricominciata aumentando di pari passo la biodiversità.

Con l’ultima estinzione di sessantacinque milioni di anni fa sono scomparsi i dinosauri ed è iniziato l’olocene, un periodo con una discreta stabilità della temperatura del globo terrestre.

Negli ultimi diecimila anni è intervenuta la presenza umana che sfruttando le stagioni, l’agricoltura, ha permesso notevoli miglioramenti nella civiltà.

Negli anni ‘60 sembrava che non ci fossero limiti al progresso.

Mentre scomparivano le ultime realtà di esseri umani appartenenti a tribù di società acquisitive di “cacciatori raccoglitori”, venivano sterminate le balene, gli habitat naturali sparivano e si dimezzavano le superfici di foreste pluviali come quella del Borneo. Abbiamo perso una parte significativa della biodiversità.

Non possiamo abbattere le foreste per sempre, non è sostenibile. Dobbiamo fermare la deforestazione.

Sir David Attenborough nel film prova agli scettici che il cambiamento climatico è reale e siamo sull’orlo di un precipizio, sta a noi decidere di fare un passo indietro.

Tra le altre cose si chiede come mai le banche e i fondi pensione investono sui combustibili fossili che mettono a repentaglio il nostro futuro anziché posizionarsi sulle rinnovabili.

Non mancano i consigli, ma alcuni per essere davvero efficaci devono essere attuati dal governo: come l’istituzione di zone in cui la pesca è vietata, oppure il passaggio ad energie rinnovabili e soprattutto una copertura sanitaria per tutti e una migliore educazione per le ragazze in tutto il mondo.

Sarebbe utile cominciare una dieta vegetariana per esempio: la maggior parte degli animali che vivono sulla superficie terreste sono animali che poi vengono consumati dall’uomo, gli animali selvaggi sono meno del 10% su tutto il pianeta e gli spazi necessari per gli allevamenti stanno diventando sempre più ampi.

Per farla breve occorre ripristinare la biodiversità e non sarà facile, ma dobbiamo sforzarci, fin da ora.

Maggio 2021 – Israele e Gaza


Maggio 2021 – Israele e Gaza

Scrivere dei fatti di Israele oggi 13 Maggio 2021 è riduttivo.

Ho difficoltà ad affrontare questo argomento e cercherò per quanto possibile di non farmi condizionare dalle emozioni.

Mentre razzi e aerei solcano i cieli di Israele come possono le nostre parole aiutare quei civili impauriti?

Ancora una volta non si parla molto di Palestina, uno stato in parte compreso all’interno dei confini di Israele senza aver avuto il riconoscimento della comunità internazionale.

Ho visitato i due paesi anni fa, parlato con le persone, apprezzato le bellezze dei paesaggi, ho cercato di capire quel crogiolo di culture, religioni, riti, ho preso atto del suo trasformarsi negli anni in una polveriera, con troppe diversità da gestire, troppi intrusi con interessi divergenti, troppe ricette da seguire e due vicini di casa divisi da muri alti per dimenticare.

Ho visto la vita di entrambi i popoli viaggiando in quel fazzoletto di terra grande poco più della Toscana con elevate densità abitative in certe aree della Palestina.

Sono turbato per quel che sta succedendo. Non ho soluzioni immediate.

Tra le mie 800 foto del tour ho trovato questa che rappresenta il cartello di ingresso della Palestina. Ogni accesso è guardato a vista da militari. Per chi non sa l’inglese traduco :

Questa strada è sotto il controllo delle Autorità Palestinesi.

L’ingresso per cittadini israeliani è proibito, pericoloso per le vostre vite e contro le leggi di Israele.”

Un secolo fa vivevano in quei luoghi senza problemi senza scontri etnici, politici o religiosi.

Quando è iniziato tutto questo?

Forse da quando è stato dichiarato lo Stato di Israele.

Quindi non si può fare nulla?

Non so non voglio essere un ennesimo somministratore di ricette di pace.

Ho cercato di immaginare di essere un ragazzo di fronte allo scatenarsi di un litigio di due amichetti e il formarsi intorno a loro un circolo con compagni prodigati per dividerli, per incoraggiare l’uno o l’altro o ammutoliti dalla paura di buscare qualche sberla a loro volta. Negli alterchi prevale l’amicizia. Gli amici danno ragione anche a chi non ce l’ha e spronano a caricare di botte quello che in quel momento è il nemico dell’amico. Poco prima erano tutti amici e poco dopo lo diventano di nuovo.

Solo chi ha osservato il comportamento dei bambini privi di pregiudizi ha visto che dopo una zuffa si abbracciano di nuovo senza rancore, sorridendo.

Si può sperare che per un momento diventino tutti bambini, mettano da parte veleni e rancori e inizino a vivere finalmente una grande pace?

Come al solito i colori degli schieramenti italiani hanno applicato la loro tinta sulla ragione delle parti, ma la ragione non esiste, non ha colore.

Coloro che si schierano sono implicitamente interventisti, soffiano sul fuoco per alimentarlo.

Il fuoco si spegnerà solo con l’acqua del perdono.

Il nuovo mercato del lavoro.


Il nuovo mercato del lavoro.

 

Mi devo fare un pizzicotto per capire se è vero.

Son diventato una mosca e ho assistito a un colloquio di selezione per una segretaria.

La tizia aveva appreso della selezione da Facebook, anziché dagli uffici di collocamento, ah! Ora non si chiamano più così! Si chiamano Ufficio del lavoro.

Anche l’abitudine di cambiare i nomi delle cose non è bella.

Ufficio del lavoro va bene se il lavoro lo trovano a qualcuno, non mi sembra un nome appropriato.

Comunque la tizia all’ora prevista si presenta alla selezione, le chiedono la formazione, l’età e quando il selezionatore scopre che ha 28 anni il colloquio si chiude dopo aver spiegato che prendono persone al max di 24/25 anni perché devono fargli prima il contratto Giovani Sì poi un contratto a tempo determinato e infine uno di apprendistato.

Ora mi domando, io sono stato trasformato in una mosca perché è evidente la mia attività precedente era inutile. Sono contento di essere mosca perché come umano sarei molto più ingombrante con molti scarti, invece una mosca è leggera e magari si può schiacciare agevolmente, basta essere veloci o disporre di un ammazzamosche, sì perché le mosche sono molto più veloci delle fastidiose zanzare. Ormai è fatta, mi ci abituerò.

Prima di finire schiacciata comunque volevo dire che mi dispiace per quella ragazza scartata senza nemmeno aver potuto gareggiare per il posto.

Poi se si ascoltano le ragioni di un selezionatore viene da dubitare se sono le stesse dell’imprenditore per cui lavora. Chi ha determinato i criteri di selezione?

Come mosca sono una vera ficcanaso e sono andata a vedere come decidono questi criteri.

Un’impresa che funziona bene ha persone fedeli, ma soprattutto persone che amano il proprio lavoro. I veri imprenditori di una volta non esistono più. Ci sono i consigli di amministrazione, gli A.D. (amministratori delegati) e molte altre figure che non sanno scegliere le persone, allora cosa fanno? delegano ad altri e spesso si tratta di aziende di servizi o addirittura cacciatori di teste (head hunters). Insomma un gran casino che fa dimenticare ad ognuno chi è e cosa ci sta a fare al mondo.

Avevano perfino inventato una specializzazione: risorse umane, ma ora va di moda il risparmio selvaggio.

Molto tempo fa c’era un unica tendenza, un unico scopo: rastrellare personale fedele, assertivo, propositivo, motivato, preparato in modo da formare persone coese e disponibili al lavoro di gruppo.

La qualità di una azienda si rileva dalla qualità del personale e del suo livello di preparazione, se non c’è qualità nelle aziende non è colpa del recente Covid.

In poco tempo è stato buttato tutto all’ortiche, tutti hanno contribuito con un unico verbo: il denaro, e risparmiare è diventato il comandamento unico.

Non solo con le numerose tipologie di contratti esistenti passati da 200 a 700 e riuscendo a pagare quasi la metà persone che svolgono lo stesso lavoro nella stessa azienda, tutto con buona pace di governo e sindacati, ma soprattutto della massa ignorante della popolazione.

Attenzione io sono una mosca e non voglio offendere nessuno.

Ignorante perché nessuno sa queste cose, solo perché non le dicono al telegiornale.

La TV aveva perfino fatto credere che i problemi del lavoro erano relativi al solo art. 18.

Come non dicono che ci sono forme di assunzione come Giovani Sì con la quale vengono assunti giovani per un anno e pagati € 500,00 al mese svolgendo spesso un lavoro da € 1.500.

Anche qui sono importanti le parole.

Tale forma di assunzione si potrebbe agevolmente ribattezzare “Giovani Si muore!”.

Perché è vero io sono una mosca e non ho voce, ma se la dovessi dire tutta, allora cosa devono fare i giovani?

Come primo lavoro prendono € 500,00 poi gli fanno un contratto tempo determinato, e infine uno di quei contratti a paga bassa magari da 900 euro, ma quando li mettono da parte i soldi per sposarsi?

Ah già, ma ora chi si sposa più?

A me comunque va bene così perché se la gente non ha soldi figuriamoci se compra l’insetticida!

La mosca


La mosca

Con la finestra aperta
penetravano tiepidi raggi di sole
e brezza gentile nelle stanze,
ma ecco, arrivò
quell’insetto inaspettato,
non aveva lo svolazzo della farfalla
il belato tipico degli agnellini,
il trotterellare del puledro,
la grazia dei pappagallini,
persistente e incessante
il roteare divenne irregolare,
adagiato infine su un tavolo,
finì la sua storia
come un vuoto di memoria,
innocente nel volare
colpevole di ronzare.

 

La giusta motivazione: “aiuto un amico a raccogliere le olive”.


La giusta motivazione: “aiuto un amico a raccogliere le olive”.

Ci sono situazioni che si capiscono solo quando ti coinvolgono.

Questa la voglio raccontare perché, potrebbe succedere a chiunque, prima o poi.

Non so se avete amici con i quali vi è capitato di avere uno scambio di favori: prestare una attrezzatura o risolvere problematiche al cellulare o al computer, non si chiede niente in cambio c’è solo il piacere di aiutarsi a vicenda.

Ho passato gran parte della mia vita lavorativa in ufficio e forse sarà per questo che amo molto vivere all’aria aperta.

Con il bel tempo di recente sono andato a cercare funghi nel bosco e qualche volta a cogliere le olive da un amico, fuori comune.

A causa del Covid siamo in “zona rossa” e aiutare a raccogliere le olive fuori comune, non si può.

Si rischia la multa.

Il mio amico ha un numero esiguo di olivi, spesso coglie le olive da solo, non può certo assumere personale a causa dei rilevanti costi delle pratiche di assunzione, contributi ecc.

Il suo olio è di buona qualità e in passato mi sono offerto per dargli un aiuto, solo qualche giornata di lavoro, che poi si riducono a poche ore di lavoro in buona compagnia.

In zona rossa si potranno effettuare solo spostamenti giustificati da urgenti necessità, per salute o per lavoro, i soli motivi validi.

Nel calcolo del PIL, fino a qualche tempo fa, andare a lavorare da un amico veniva considerato lavoro sommerso o lavoro nero e pertanto non conteggiato.

Da qualche anno si prova a valutarlo e questo fa comodo a economisti e politici per affermare che in Italia circa 200 miliardi di lavoro sommerso corrispondono ad oltre 11% del PIL (fonte ISTAT 2018).

Ricordiamoci che non ce l’ha ordinato il dottore di mantenere tassi di crescita al 3% si tratta di un ben noto suggerimento della Commissione europea strettamente collegato al nostro enorme deficit e quest’anno avremo una crescita negativa.

Ma cosa significa crescita negativa?

Non ho mai visto piante crescere verso la profondità del terreno. È una contraddizione, per non ammettere che siamo in decrescita.

E pensare che abbiamo anche una teoria che fa riferimento alla “decrescita felice” più spesso contestata.

Nel mio paese nel primo periodo di lockdown sono stati tenuti chiusi gli orti sociali per oltre due mesi con motivazioni poco comprensibili. Voglio ricordare che leggi e regolamenti devono essere giuste e scritte bene, comprensibili, non devono colpire i più “deboli”, ma soprattutto vanno applicate, altrimenti meglio non perdere tempo a scriverle.

Mi capita spesso di ascoltare politici impegnati che auspicano l’apertura di nuove imprese, ma forse in questo momento andrebbero ad allungare la fila dei fallimenti. Solo una esigua minoranza parla di resilienza, decrescita e non sento parlare di un “piano B”.

Se la situazione dovesse peggiorare e dovessero mancare i soldi del recovery fund, come contrastare la pandemia e fermare la scia di morti?

Allora come non permettere e regolare quel lavoro sommerso e sostenere piccole attività di autosufficienza e come nel mio caso andare a trascorrere una giornata all’aria aperta come se fosse una dose di immunoterapia gratuita.

Ecco che sulle motivazioni dell’autocertificazione ci vorrei poter scrivere: ” vado ad aiutare un amico, lavoro solo qualche ora, per motivi di salute, ma solo per mantenerla più a lungo possibile”.

Dedicato a …


Dedicato a …

In questa società democratica e libera abbiamo a disposizione i social per condividere i propri pensieri, quelli delle persone da noi ritenute sagge o magari solo molto simpatiche.

Ho condiviso tempo fa un vademecum sulle regole da seguire quando si pubblicano i post; l’avevo ritenuto utile in questo periodo molto particolare.

Non lo commentò nessuno. Magari non l’ha letto nessuno, oppure chi l’ha letto l’ha ritenuto di poco conto, o non ha seguito i consigli.

Lo condivido di nuovo con questa introduzione, per motivarne la lettura e nella speranza possa servire.

Mi capita di imbattermi in post faziosi o in commenti ostili e li trovo abbastanza fastidiosi.

Ci sono perfino atteggiamenti molto simili alle ostilità tipiche della guerra.

Mi chiedo; come mai tendiamo a comportarci come se fossimo in guerra anche se la guerra non c’è?

Vorrei provare ad analizzare il comportamento di questi commentatori seriali.

La prima ipotesi è che ognuno di noi è stato educato nella “specializzazione” ci hanno insegnato a fare bene una cosa, portarla a termine, ricevere un compenso, gratificarsi di quella poca cosa con le persone care e difendere a denti stretti la ricchezza conquistata.

Ecco che ogni minaccia che vede intaccare il piccolo paradiso sarà osteggiata senza pietà.

Da ciò discende la lotta al diverso, la ricerca del nemico, del colpevole, dell’intruso.

Perché tanti commentatori seriali si affannano a individuare e colpire i pensatori liberi e considerarli problemi da risolvere? Come mai tentano di portarli alla loro ragione anziché concentrarsi sulla soluzione del problema?

La spiegazione è semplice, il commentatore seriale è armato di visione limitata e quasi sempre di parte. La mattina quando si alzano sanno già cosa dire e cioè quello in cui credono e hanno sempre sostenuto.

Ogni cosa nuova è falsa a prescindere, perché diversa dalla loro.

Quindi, cari commentatori seriali, a meno che non siate detentori della Verità Assoluta per favore fatela finita di commentare sbocconcellando briciole della vostra verità, denigrando persone che hanno speso la vita intera per far comprendere all’umanità i limiti della scienza.

La scienza non è infallibile e questa è storia.

La seconda ipotesi è che il commentatore seriale si comporta così perché pensa che negare la realtà forse lo rende migliore.

Io non sono migliore di voi scrivendo questo post, ma c’è un limite a tutto.

Lo chiedo per favore, in punta di piedi, su una mattonella di umiltà.

Cambiate atteggiamento, e leggete bene le regole suggerite e aggiungete una undicesima, quella dei dieci secondi prima di cliccare il tasto “pubblica”.

p.s. dopo la pubblicazione in rete il decalogo è stato modificato dall’autore al punto 9 è diventato : non amplificare chi semina odio e falsità