Estate caldissima

Gabriella Dal Lago, Estate caldissima, 66thand2nd

Ansia performativa, orari di lavoro pervasivi a scapito della vita privata, relazioni precarie e climat chance, “Estate caldissima” è un condensato di tutto questo.

In una villa di campagna sette adulti che fanno capo a un’agenzia di comunicazione sperimentano una settimana di lavoro e spazi condivisi nel tentativo di sfangare l’estate più calda degli ultimi duecento anni e dare nuovo impulso alla creatività.
Il romanzo fotografa un momento di passaggio e di profonda incertezza per una generazione, quella dei trentenni di oggi, che si è vista sottrarre il futuro per come lo aveva immaginato attraverso gli occhi e le esperienze dei genitori -lavoro stabile, figli, casa di proprietà- e al contempo si trova a fare i conti con un pianeta che sta implodendo a livello energetico e climatico.
Insieme a loro ci sono un bambino e una gatta che al pari degli adulti, ma meno manifestamente, si sentono stretti nei ruoli e negli spazi in cui vengono, per così dire, parcheggiati.

Al di là delle dinamiche tra i singoli, delle fragilità personali, delle simpatie e delle frizioni pregresse che l’intimità forzata tende ad esasperare, questa piccola collezione di varia umanità dà voce alla disillusione diffusa di una generazione di mezzo, intrappolata tra la visione illusoria di un mondo costruito su promesse infrante e una realtà che offre poche certezze e in cui bisogna reinventarsi di continuo.
A differenza dei giovanissimi che non hanno mai interiorizzato nessuna di queste aspettative e hanno sempre vissuto in una realtà fluida, i millennials hanno dovuto adattarsi ad un mondo meno accessibile di quello che sognavano per loro dei genitori ormai sessantenni, un mondo che, per molti versi, sembra sul punto di estinguersi.

“Tra tutte, la sua preferita era una canzone degli 883, La lunga estate caldissima: lo faceva impazzire che nel testo si parlasse di un senso di vita, come se quel caldo in città cantato da Max Pezzali fosse il preludio di un futuro bellissimo, pieno di gonne svolazzanti e feste in spiaggia, e pensava come fosse paradossale che, solo pochi anni dopo, l’arrivo di quella lunga estate caldissima avesse invece tutto il sapore di un senso di estinzione.”

Se questo romanzo ha un merito è quello di aver cercato di raccontare una generazione che naviga a vista in un mondo decadente in costante cambiamento.

“Cosa succede se quello che siamo, se quello che saremo, rimane detto a bassa voce, così a bassa voce che nessuno è davvero in grado di sentirlo?”

Viv

Micro pouch-ettina a soffietto

Qualche tempo fa un’amica mi aveva chiesto, en passant, se potessi farle una micro custodia per gli AirPods. Lo confesso, io sono un tipo spiccio e a volte mi stupisco di alcune richieste perché per parte mia infilo le cuffiette in una bustina dove tengo mille altre cosine e via, ma mi appassiono all’immaginario altrui e il mio cervello comincia a rimuginare.

E così a un certo punto mi è venuta in mente lei: la micro pouch-ettina a soffietto che all’occorrenza può diventare porta spiccioli oppure, modificando le misure, un portachiavi.

Viv

Fratellino

Amets Arzallus Antia, Ibrahima Balde, Fratellino, Feltrinelli

 

“Io non avevo intenzione di intraprendere questa avventura. Io stavo imparando a guidare un camion e credo che, se avessi continuato ancora un po’, presto avrei iniziato a lavorare. Con quel lavoro avrei potuto mantenere la mia famiglia senza andarmene dalla Guinea. Quello era il mio obiettivo. Ma mio fratello se n’è andato e il mio destino è cambiato.”

A tredici anni la croce di Ibrahima è quella di essere il figlio maggiore, colui che, morto il padre, deve assumersi la responsabilità e la cura della madre, dei fratelli e delle sorelle, il suo rimpianto più grande è di non poter studiare. Sembra già dura così.
Costretto ad allontanarsi dalla famiglia per guadagnare a sufficienza, quando alle soglie della maggiore età si perdono le tracce del fratello minore, abbandona un apprendistato come camionista e intraprende un viaggio lungo e pericoloso attraverso Mali e Algeria per raggiungere i campi profughi in Libia e rintracciare Alhassane.

“Fratellino” è il racconto orale, trascritto da Amets Azallus Antia, con cui Ibrahima Balde, ripercorre il viaggio dalla Guinea alla Libia intrapreso per cercare il fratello minore.
Nel deserto è un attimo trovare la morte per sete, fame, malattia o per mano dei trafficanti e il racconto condensa in una manciata di pagine di estrema dignità le angosce di un ragazzo poco più che adolescente che affronta la solitudine interiore, la paura, la prigionia, le percosse e tutti gli orrori a cui ci piace non dover pensare mentre allunghiamo le gambe sul nostro divano.
La voce di Ibrahima è ferma, non vacilla e non chiede compassione ma così poco vale una vita e così facile è perdere se stessi quando ci viene tolto ogni punto di riferimento geografico ed affettivo.

Se avete figli liceali proponetelo come lettura estiva. Non è mai troppo presto per riflettere sugli orrori che vengono commessi mentre voltiamo lo sguardo e su quanto sia privo di merito nascere nella parte fortunata del mondo.

“Quando ti siedi sopra il mare sei a un bivio. Da una parte la vita, dall’altra la morte. Lì non ci sono altre uscite.”

Viv

 

Sconosciuti in treno

Patricia Highsmith, Sconosciuti in treno, La Nave di Teseo

Il plot da cui prende forma il romanzo é piuttosto noto grazie alla trasposizione cinematografica che ne fece Hitchcock nel 1951.
Due sconosciuti, in modo apparentemente casuale ma forse non del tutto fortuito, si ritrovano su un treno diretti a Metcalf, nell’Illinois.
Guy Haines, giovane architetto in ascesa, deve incontrare la moglie da cui è separato per concordare un divorzio che Miriam, donna di bassa estrazione, venale e per di più incinta di un altro, sembra poco incline a voler concedere. Per Guy Miriam rappresenta l’ultimo ostacolo alla vita che sente di meritare: incarichi di prestigio con buone prospettive di guadagno al fianco di una nuova moglie elegante, di buona famiglia, dai modi inappuntabili e le giuste entrature.
Charles Anthony Bruno è un uomo ricco e viziato che vive in simbiosi con la madre ed odia il padre, colpevole di non assecondare la sua natura instabile e capricciosa. Scioperato, cinico e con una certa qual dose di instabilità emotiva, da tempo è alla ricerca di un complice che accetti di rimuovere la sola persona che lo separa dalla sua eredità.
Con spregiudicatezza propone a Guy uno scambio di favori incrociato, facendo leva sull’assenza del movente e sulla loro totale estraneità.
Malgrado Guy opponga un netto rifiuto si trova ben presto oggetto di una sorta di corteggiamento a distanza che assume via via forma persecutoria e che culmina con l’omicidio di Miriam da parte di Bruno che, con richieste sempre più pressanti, lo sollecita affinché dia seguito a sua volta al patto sciagurato.

Se Bruno è chiaramente uno psicopatico va detto che neppure Guy agisce con irreprensibile dirittura morale ed è sufficientemente debole e prono al fascino di ricchezza e classe sociale da temere di mettere in pericolo il suo nuovo status, al punto da lasciarsi condizionare fino a sconfinare nella patologia, nel delirio e nel cupio dissolvi.
D’altro canto la deliberata disattenzione nel lasciarsi alle spalle delle tracce incriminanti da parte di Bruno trova ragione nel suo sentimento di onnipotenza e nella sua infantile incapacità di accettare gli esiti delle sue azioni.

Non ho amato lo stile della Highsmith -ricordo che non mi aveva entusiasmato nemmeno quando anni fa lessi “Il talento di Mr Ripley”- ma va detto che la vera nota di interesse di questo noir è la relazione malsana che la Highsmith tesse tra i suoi personaggi, giocata sulla manipolazione psicologica, sulla totale amoralità e su una latente attrazione omosessuale che ritroveremo anche in personaggi successivi come appunto Tom Ripley. A questo proposito da non perdere la recentissima serie Netflix in bianco e nero con Andrew Scott. 

“Pensavo a quello che dice sempre Guy sulla duplicità di ogni cosa. Sa, il positivo e il negativo, l’uno accanto all’altro. A ogni decisione si contrappone una ragione. (…) Tutto è duplice! Vi sono due esseri in ogni individuo. C’è anche una persona che è esattamente l’opposto di lei, come la parte di lei che non si vede, in qualche posto del mondo, e che la sorveglia, in agguato.”

Viv

Portacellulare gatto blu

Questo gattino blu è stato davvero molto ma molto paziente. Ha aspettato per tanti anni chiuso in un cassetto che arrivasse il suo momento e probabilmente non si aspettava nemmeno più di trovare il suo posto nel mondo. Fatto sta che le misure erano perfette per un porta cellulare e così è stato subito precettato insieme a uno scampolo di stoffa jeans altrettanto paziente.

Ora che ci penso è un’idea regalo molto utile per chi al lavoro ha bisogno di tenere il cellulare a portata di mano ma non è sempre fisso a una postazione.

Viv