Sylvie Guillem: ho detto addio: lo hanno deciso fisico e anima

Gian Luca Bauzano

Forse la sua sfida più grande è stata quando «ho deciso come di strapparmi da me stessa. Ma era la scelta giusta». Sylvie Guillem, uno dei miti della danza del XX secolo, così sintetizza la scelta di abbandonare, nel 2015 a 50 anni, le scene. All’apice della carriera. «Il mio corpo rispondeva ancora bene, ma differenti erano la consapevolezza del mio fisico e il legame con mente e anima».

Il congedo porta come firma uno spettacolo di coreografie contemporanee, in tournée nel mondo, dal titolo Life in progress. Del resto quella di Guillem è stata, sin dall’inizio, un’esistenza in progressiva trasformazione. Quando nel 2012 a Venezia riceve il Leone d’Oro alla carriera da Biennale Danza, nella motivazione si dice: «Ha ridisegnato la figura della ballerina. Sfidando le leggi della fisica». Figlia di una insegnante di ginnastica artistica, talmente dotata da essere individuata, già a 11 anni, come una delle promesse olimpioniche francesi (Giochi di Mosca, 1980), della disciplina. Durante uno stage preparatorio all’Opéra di Parigi, trova però nella danza la sua strada. Tant’è. Dopo essere entrata nel Corpo di Ballo del teatro parigino, Rudolf Nureyev, all’epoca direttore artistico della compagnia, nel 1984 la nomina étoile a soli 19 anni: la più giovane nella storia dell’Opéra. «Quando ho lasciato Parigi per Londra (nel 1989 entra al Royal Ballet ndr), ho acquisito una nuova consapevolezza del mio corpo e delle priorità dell’esistenza. Non si trattava solo di preservarlo come strumento, ma creare una simbiosi con la nostra essenza». Da questo, la scelta di danzare solo coreografie in grado di rispondere a questa esigenza.

I tanti rifiuti la fanno ribattezzare: «Mademoiselle Non». Ma non sono capricci. Anzi. Le sue scelte abbattono le barriere tra classico e contemporaneo. Rimpianti? «Come potrei? Ho lavorato con artisti eccezionali (coreografi come Nureyev, Forsythe o Bejart ndr), e danzato ciò che più mi apparteneva. Non poteva che crescere la consapevolezza di proseguire su questa strada. E far conoscere il mio percorso di vita a più persone possibili. Il mio ritiro, benché sofferto, nasceva anche da questo».

Tra le coreografie dello spettacolo d’addio anche Bye di Mats Ek: una performance allo specchio, lei donna solo all’apparenza matura. Guarda se stessa danzare. Si spoglia degli abiti, dell’età, eccola sfolgorante nella sua prestanza. Il dominio del movimento. Poter andare oltre l’apparenza. «Non tornerei indietro. La danza è stata la mia vita. Ma la vita non è solo in scena. Si va oltre.

La scelta di condurre un’esistenza defilata ed equilibrata nell’alimentazione (Guillem, dal 2006 sposata al fotografo Gilles Tapie, è vegana; vive in campagna tra la Svizzera e il centro Italia ndr), vuole far arrivare il messaggio di quanto l’equilibrio tra corpo e mente sia fondamentale. «Non sono entità autonome. Altrettanto imprescindibile è salvaguardare il nostro ambiente». Guillem vive a stretto contatto con gli animali e ha un orto dove coltiva parte di ciò che mangia.

Ambientalista dichiarata, in passato con le sue performance ha sostenuto l’associazione Sea Shepherd nella lotta contro le baleniere. «Eventi lontani da noi, ma ne siamo tutti coinvolti: crimini contro la natura e tragici per le generazioni future». Nureyev non si sbagliava. Aveva intuito la sua forza. «Gli devo tutto, soprattutto l’avermi insegnato il coraggio delle scelte».

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