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Confesercenti, la crisi economica rende ancor più pericolosa la mafia

di Claudio Tucci

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11 novembre 2008
Il rapporto Sos Impresa

Si chiama «Mafia spa» ed è la prima azienda italiana, con un fatturato annuo di circa 130 miliardi di euro e un utile netto che sfiora i 70 miliardi di euro. Prima voce di entrata, i traffici illeciti, che fanno registrare un saldo di 62,8 miliardi di euro. Non vanno male, neanche, il traffico di droga, con 59 miliardi di euro di attivo, e le cosiddette «tasse mafiose», cioè il racket (9 miliardi di euro) e l'usura (12,6 miliardi di euro). A rivelare questi dati è il rapporto «Le mani della criminalità sulle imprese», presentato, a Roma, dalla Confersercenti che evidenzia, poi, come siano in crescita, anche, il settore dell'usura, che colpisce circa 180mila commercianti, e il peso economico di contraffazione, gioco clandestino, scommesse e abusivismo, il cui giro d'affari si attesta intorno ai 10 miliardi di euro l'anno.

Il solo ramo commerciale della criminalità, mafiosa e non, ha ampiamente superato i 92 miliardi di euro, una cifra intorno al 6% del Pil. Ogni giorno passano dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori a quelle dei mafiosi qualcosa come 250 milioni di euro, 10 milioni di euro l'ora, 160mila euro al minuto. «La crisi economica spiega il presidente di Confesercenti Marco Venturi rende ancora più pericolosa la mafia». È un allarme, spiega, che «ci sentiamo di lanciare nel momento in cui la mafia imprenditrice rischia di usare le debolezze e le incertezze dell'economia per rafforzare le sue posizioni». Per Venturi, necessario, quindi, reagire con determinazione. «Serve - dice - un patto solenne per sancire una grande offensiva per la legalità» e, alle banche, chiede, «una maggiore disponibilità a finanziare le pmi e un'azione puntuale di segnalazione delle operazioni sospette».

Dal rapporto emerge, poi, come il 37,5% dei proventi mafiosi vengano investiti in edilizia. Di grande interesse, anche, il settore del commercio e della ristorazione , con il 20% di proventi illeciti investiti, seguito dai servizi (9%), aziende agricole, giochi e scommesse, ferme al 7,5 per cento. E mentre aumentano del 30%, dal 2004, le persone denunciate per estorsione, il racket cambia pelle: oltre al pizzo, ora, la mafia apre attività commerciali in proprio, investe in attività legali e controlla quote consistenti di società e marchi note. «Una vera e propria holding - spiega il presidente Venturi - con tanto di impiegati "assunti" per controllare il territorio e riscuotere la "tassa della mafia"». Ma gli imprenditori stanno iniziando a denunciare di più, e un po' in tutt'Italia. Anche se non è omogenea a livello nazionale la tipologia di reato denunciato. «Al Sud - sottolinea Venturi - sono quasi tutte denunce legate al pizzo e, quindi, si riferiscono a un'organizzazione strutturata e capillare, mentre al Centro Nord è forte la presenza di denunce per usura o casi di truffe denunciate come estorsioni, o estorsioni tentate da singoli verso soggetti imprenditoriali».

Tra i settori d'affari "emergenti", da segnalare, poi, quello delle ecomafie, con un giro d'affari di 16 miliardi di euro, mentre è più marginale il business della prostituzione, che frutta 0,6 miliardi di euro e quello dei proventi finanziari, con poco più di 0,7 miliardi di introiti. Altro settore importante per la mafia è quello delle truffe alimentari: dalla falsificazione di date di scadenza sulle etichette di prodotti alla macellazione clandestina e riconfezionamento abusivo di alimenti andati a male, che minacciano sempre più la salute degli italiani. Il rapporto indica che, nel 2008, i sequestri effettuati dai carabinieri dei Nas relativi ai generi alimentari sono aumentati del 93% rispetto al 2007. Il valore dei sequestri tra il 2005-2007 è stato di 7,8 milioni di euro, mentre nei soli primi otto mesi del 2008 si è raggiunta la cifra di 15,1 milioni di euro.

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