The Wayback Machine - https://web.archive.org/web/20130329184949/http://www.archemail.it/notizie2011.htm

Gli scavi della linea 6 a Napoli portano clamorose scoperte

In piazza Santa Maria degli Angeli una complessa stratigrafia ha rivelato la storia del sito scoperto da Daniela Giampaola: dalla preistoria al precipizio che collegava con Chiaia la collina di Pizzofalcone prima della costruzione del ponte. E ora archeologhi e storici suppongono che la città greca di Parthenope sia nata un secolo prima, l´ottavo avanti Cristo...

Pompei, nuovo crollo negli scavi

È un muro che fa una curva davanti alla necropoli di porta Nola, quello di cui ha ceduto un pezzo dopo il nubifragio del 21 ottobre scorso. Un quadrato di pietre dell´opus incertum del tardo secondo secolo dopo Cristo, restaurato un paio di volte nei secoli successivi che ha dato immediatamente la stura alle polemiche...

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23/12/2011 Pompei (NA), ancora un crollo nella domus di Loreio Tiburtino (Repubblica)

Cede anche un pilastro del pergolato della domus di Loreio Tiburtino, nella II insula della II Regio. Uno dei più significativi giardini di Pompei "vittima" del vento forte della gelata prenatalizia, oltre che della mancata manutenzione. Tra il verde, le vasche e le fontane che simulavano un piccolo fiume Nilo in uno spazio servito da esempio agli studiosi del giardino dell´antichità, è finita in pezzi una struttura portante, alta due metri e sessanta per 33 e 31 centimetri, sulla quale ieri è stata aperta l´ennesima inchiesta della Procura di Torre Annunziata. Un nuovo fascicolo e il sequestro dell´area per indagare sulle responsabilità dei crolli a partire da quello di un anno e un mese fa, che demolì la Schola Armaturarum.
La domus interessata si trova sulla stessa via dell´Abbondanza dove sono avvenuti gli altri crolli - alla fine della strada, sicuramente la più battuta dai visitatori, ma anche la più vessata da infiltrazioni d´acqua da un anno e mezzo a questa parte. C´è per fortuna, una volta tanto, una buona notizia dal Mibac: il pilastro caduto e gli altri da mettere in sicurezza saranno subito oggetto di un restauro, senza aspettare fondi di cui non si ha certezza. La riapertura della casa, ora chiusa e transennata sarà possibile grazie ai fondi ordinari della Soprintendenza. Quella "ordinaria manutenzione" che fino a un paio di anni fa non consentiva, prevenendola quotidianamente, la caduta libera dell´edilizia pompeiana antica. Le strutture murarie venivano infatti "sondate" e saggiate con appositi strumenti, per testare la resistenza dei paramenti esterni. In caso di cedimenti annunciati, era la stessa squadra di operai - ormai estinta e mai sostituita nell´area archeologica - a provvedere a una immediata e in fondo poco costosa riparazione.
«L´area di Loreio Tiburtino - spiega la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro - è stata scavata negli anni ‘50 da Amedeo Maiuri, poi ha avuto restauri negli anni ‘80 e da allora più nulla, i lavori del commissariamento non hanno interessato questa parte. Certo è il fatto che il primo problema di Pompei resta la messa in sicurezza. Il pilastro crollato nel giardino nella casa di Loreio Tiburtino è un elemento isolato, non portante e non di pregio artistico, quindi la sua caduta non ha causato altri danni. In questo periodo stiamo effettuando a Pompei vari lavori di messa in sicurezza, ma l´area come si sa è enorme. Purtroppo i tempi per utilizzare i fondi europei sono ancora lunghi, come ci ha spiegato il ministro Ornaghi». Il neoministro, nella sua visita agli scavi di domenica scorsa, ha infatti parlato di settembre-ottobre 2012. Nel piano di restauri era stato preventivato quello degli apparati decorativi pittorici e pavimentali della casa di D. Octavianus Quartio detta anche di Loreio Tiburtino, per un costo di 459.067,64 euro (esecutivo).
L´ultimo crollo risale al 22 ottobre, quando dopo le prime piogge di stagione a cedere fu un muro romano di contenimento nei pressi di Porta di Nola. Dopo pochi giorni, la visita del commissario Ue per le politiche regionali, Johannes Hahn, e infine lo sblocco di 105 milioni ancora solo annunciato per la messa in sicurezza e alla manutenzione degli oltre 1500 edifici pompeiani.

«Si è detto tanto, che sarebbe meglio non dire altro». Sconforto ma non rassegnazione nelle parole della soprintendente Cinquantaquattro. Quando è arrivata, le promesse si sprecavano. Negli ultimi mesi si è parlato di Unione europea, di Unesco, di industriali di diverse nazionalità. Tanti annunci da non far capire neppure lo scopo di una simile inconcludente politica. Tutto a danno dell´area archeologica, anche se dal ministero continuano a ribadire: «È una priorità», come ha fatto, secondo un rituale che ha del dejà vu, anche il neoministro per i Beni culturali, Lorenzo Ornaghi. Che aveva confermato l´arrivo il 2 gennaio di 20 nuovi assunti, tra i quali 7-8 archeologi e cinque operai. Attualmente il solo archeologo in organico è il direttore degli Scavi Antonio Varone. Poi partirà la fase di diagnosi per le 1500 domus. «Non c´è nessuna sorpresa - dice Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali - l´emergenza continuerà finché non inizierà la manutenzione. A Ostia antica i crolli non fanno notizia, a Pompei sì». Ma potrebbe essere a una svolta la procedura per i fondi europei: «La Commissione europea Dg Regio - ha annunciato il segretario generale del ministero, Antonia Pasqua Recchia - ha comunicato mercoledì l´esito positivo della valutazione sulla finanziabilità del Grande progetto Pompei. È stata velocemente completata la complessa procedura tecnica culminata nella presentazione (lo scorso 25 novembre) del Progetto e di tutte le analisi finanziarie ed economiche richieste dalla Commissione Europea».
I tempi si possono accelerare, sostiene il segretario generale: «Nei primi mesi del 2012 partiranno gli interventi di diagnosi delle insulae e di mitigazione del rischio idrogeologico. I primi interventi di restauro e messa in sicurezza (39 progetti per 47 milioni) saranno messi a bando nei primi mesi del 2012 ed i cantieri avviati entro la prima metà dell´anno. Le gare per gli altri cantieri (per 38 milioni di euro) - conclude Pasqua Recchia - potranno essere realizzate secondo una previsione prudenziale entro i mesi di settembre-ottobre del prossimo anno». Ancora tutto troppo complicato secondo Giulia Rodano (Idv): «Sarebbe l´ora di programmare un intervento ordinario, almeno triennale. Invece si annunciano interventi derivanti sempre dallo stesso intervento straordinario con fondi europei». Critiche anche da Luisa Bossa («Questa volta non è neppure colpa della pioggia») e Antonio Irlando dell´Osservatorio patrimonio culturale.

22/12/2011 Pompei (NA), nuovo allarme, cede un pilastro (Repubblica)

Ancora un crollo a Pompei. Un nuovo allarme nell'area archeologica più nota e visitata al mondo, al termine di un anno davvero difficile da questo punto di vista.
In questo caso si tratta di uno dei pilastri del pergolato esterno della Casa di Loreio Tiburtino, che si trova nell'Insula II della II Regio.
I custodi si sono accorti del cedimento nel corso di una verifica. A comunicare la notizia è stata la soprintendente archeologa di Napoli e Pompei Teresa Elena Cinquantaquattro, che ha allertato subito i carabinieri. E' in corso una verifica da parte dei militari dell'Arma della stazione di Torre Annunziata.
La domus, una delle più belle di Pompei, è attribuita a Loreio Tiburtino, apparteneva invece a D. Octavius Quartio, come prova un anello-sigillo che nella fuga per l'eruzione cadde e fu ritrovato all'ingresso della casa durante lo scavo degli anni Cinquanta.
Il giardino, che è la caratteristica di questa casa, risistemato di recente con le essenze originarie, presentava una straordinaria fioritura di melograni e cotogni ed era immerso tra verde e specchi d'acqua, caratterizzato da due lunghe vasche, gli "eurìpi" a forma di T, quello superiore con statue su tema egiziano e della dea Iside, l'inferiore diviso in tre bacini-peschiere, percorso da viali pergolati oggetto del restauro recente.
Ed è proprio nell'area verde che è stata riscontrata ieri la caduta di un pilastro che sorregge il pergolato esterno. Il restauro della domus risale al 1980. Il pilastro
a base quadrata, alto circa due metri per 40 cm di lato, potrebbe essere stato danneggiato anche dalle condizioni di forte vento nel clima che da 24 ore si registra a Pompei.
"La motivazione di questo cedimento - dice la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro - la stabiliranno le forze ordine. Da circa due mesi i nostri uffici hanno avviato un cantiere diffuso in tutta l'area archeologica con fondi della soprintendenza".
Nel primo pomeriggio, come è prassi in simili casi, è stata posta sotto sequesto l'area della casa di Loreio Tibutino dove si è verificato il cedimento.

21/12/2011 Castellammare (NA), miss Vesuvio invece del museo nella Reggia (Il Sole 24 ore)

Cancelli chiusi per la Reggia di Quisisana di Castellammare di Stabia (Napoli), l'antica residenza borbonica del quartiere collinare cittadino. Il progetto di restauro della maestosa dimora dei regnanti d'origine spagnola, dismessa negli anni 5o e ridotta a un rudere, si è concluso circa 2 anni fa. Ma ad oggi, dopo un susseguirsi di accordi, protocolli d'intesa, documenti e delibere, le attività previste nel Palazzo, e cioè la realizzazione di un polo museale e di una scuola di restauro, ancora non decollano e la struttura rischia di divenire l'ennesima cattedrale nel deserto. La mancata apertura è determinata dalla insostenibilità dei costi di gestione e di manutenzione, stimati in 1,5 milioni l'anno a cui se ne aggiungerebbero altri 2,5 per lo star-up delle iniziative. Troppo, per il comune guidato dalla giunta di centro destra di Luigi Bobbio, che punta invece su soluzioni che possano consentire di mettere a reddito il bene o, almeno, ridurne le spese. «La Reggia di Quisisana - spiega il primo cittadino - ha costi altissimi e che, soprattutto, non alimentano alcun processo economico capace di produrre valore. In pratica, si spendono tanti soldi soltanto per assicurarne lo status quo. E ciò, in tempi di vacche magre per gli enti locali, è un vero crimine. Stiamo studiando alternative per favorire anche l'ingresso dei privati, pur preservando la vocazione storico-culturale dei luoghi e la destinazione d'uso concordata con il ministero». Non tutti la pensano così. «Siamo molto preoccupati per il destino della Reggia - denuncia Giampaolo Valitutti, presidente dell'associazione Idea Città ed ex- assessore comunale alla cultura - I fondi pubblici spesi per il restauro del palazzo sono vincolati alla destinazione d'uso prevista e temiamo che l'amministrazione di Bobbio non rispetti gli accordi presi con governo, regione e provincia. Al contrario, svendere il sito al migliore offerente rappresenterebbe la fine della speranza di salvaguardare le radici storiche cittadine. Del resto, i recenti crolli di Pompei dicono quanto sia urgente aprire una scuola di restauro nel territorio gestito dalla Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei, con un patrimonio inestimabile e priva di musei». Il restauro è durato circa otto anni ed è costato 19 milioni, erogati sulla base di un accordo di programma quadro del 1999 tra regione Campania e ministero dei beni culturali. Il progetto stabiliva che la struttura avrebbe ospitato un corso di laurea quinquennale in restauro attivato dall'università "Suor Orsola Benincasa" di Napoli. Nel piano intermedio, invece, è previsto l'allestimento del Museo archeologico di Stabia con il trasferimento e l'allestimento dell'intera collezione archeologica cittadina. Si tratta di un patrimonio di 8.000 reperti custoditi dal 97 nell'Antiquarium statale stabiano, chiuso, però, da io anni. Da circa un anno e mezzo, invece, il sito accoglie sporadiche iniziative e progetti culturali, come i festeggiamenti ufficiali per il 15o anno dell'Unità d'Italia, manifestazioni commerciali, come la fiera per gli sposi «Tra Sogni e Realtà 2011». E, per finire, persino spettacoli come «Miss Vesuvio 2010».

19/12/2011 Pompei (NA), i lavori partiranno in autunno (Il Mattino)

La visita di Ornaghi: ventidue assunzioni, in arrivo nuovi archeologi. Tour virtuali per non danneggiare le Domus

Un anno per salvare gli Scavi: fondi Ue disponibili a febbraio, poi i bandi di gara europei Partirà nell'autunno 2012 il restauro del sito archeologico di Pompei finanziati con i 105 milioni di euro dell'Ue: prima dovranno essere messi a punto i bandi europei per aggiudicare i lavori. Ieri Lorenzo Omaghi, responsabile dei Beni culturali nel governo Monti, ha visitato gli Scavi. Il Professore è arrivato a Pompei per la riunione tecnica - con il segretario generale del Mibac Antonia Pasqua Recchia, il direttore generale per le Antichità Luigi Malnati, il presidente del Consiglio superiore per i beni Culturali e, ovviamente, la Soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro - che stabilirà tempi e modi per l'avviamento del programma di recupero. Annunciati l'arrivo di nuovi archeologi e l'assunzione di 22 addetti. Previsti anche tour virtuali per non danneggiare le Domus. Ma è allarme chiusura degli Scavi per Natale e Capodanno.

Inizieranno non prima del prossimo autunno i lavori finanziati con i 105 milioni di euro dell'Ue che porteranno gli Scavi fuori dall'emergenza. Ma nell'attesa è indispensabile «ricondurre Pompei, che sta a cuore a tutto il mondo, ad una condizione di sana normalità». Lorenzo Ornaghi, responsabile dei Beni culturali nel governo Monti, è il terzo ministro che «visita» Pompei nel giro di qualche mese. Il Professore arriva agli Scavi per la riunione tecnica - con il segretario generale del Mibac Antonia Pasqua Recchia, il direttore generale per le Antichicità Luigi Malnati, il presidente del Consiglio superiore per i beni Culturali Andrea Carandini e, ovviamente, la Soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro - che stabilirà tempi e modi per l'avviamento del programma di recupero sotto una pioggia battente, riparte per Roma con un sole inaspettato e a «missione fiducia» conclusa. «Volevo testimoniare la vicinanza del ministero e del ministro». «Pompei - ribadisce Ornaghi - è una priorità anche per il nuovo governo», ci deve essere una doverosa «attenzione che cerca di rispondere all'attenzione internazionale e alla grande manifestazione d'affetto che il sito ha ricevuto». I lavori di messa in sicurezza e restauro del sito, dunque, inizieranno tra settembre ed ottobre 2012: ci vogliono i tempi tecnici, ha detto il ministro, per «mettere a punto le procedure richieste con i fini richiesti». «I fondi europei - ha spiegato la Recchia - non saranno disponibili sul conto rotazione del ministero dell'Economia prima del 20 febbraio, poi bisognerà espletare i bandi di gara europei. Ma Soprintendenza e ministero stanno già lavorando su progetti e capitolato». Saranno avviati invece entro marzo 2012, come aveva chiesto nella sua visita agli Scavi il commissario europeo Hahn, i lavori che non richiedono bandi europei. Confermato per il prossimo 2 gennaio, l'arrivo a Pompei dei 22, tra archeologi, architetti e funzionari, nuovi assunti. Nessun operaio e questo, «per il sito resta un problema cruciale» ha sottolineato il ministro che però invita a «non preoccuparsi e ad attuare un processo di sdrammatizzazione». E ottimista Ornaghi rimane anche al termine della breve visita guidata negli Scavi - il Tempio di Venere, la Basilica, il Foro, la Casa del Menandro, le Terme Stabiane - che aveva visto, racconta, la prima volta tanti anni fa: «Oggi sono colpito dalla straordinarietà e dall'unicità di questo luogo, vedo che alcune cose sono mantenute bene con grande impegno, su altre bisognerà intervenire con la manutenzione» conclude il ministro. «Al mondo - rassicura Malnati - non esiste un sito archeologico in migliori condizioni di questo: si tratta di un'area enorme, l'unica che ha mantenuto gli alzati di epoca romana interamente conservati. Certo, ci sono delle criticità e vanno risolte ma l'obiettivo non può e non deve essere la fruibilità totale del sito perché altrimenti non si riesce a tutelarlo come invece è doveroso fare». «La vera sfida - dice Carandini - è quella di far vedere le Domus senza entrare attraverso le riproduzioni tridimensionali. Ho insistito sull'importanza dei rilievi tridimensionali nella prima fase, quella della conoscenza, del piano di intervento straordinario, proprio immaginando che potranno servire alle ricostruzioni 3D. Il mio sogno - confida il decano degli archeologi - è che si possa entrare in una Domus anche restando a Houston, per salvare Pompei è indispensabile portarla su Internet: così si potrà contemporaneamente renderla più appetibile ai visitatori reali e preservarla».

19/12/2011 Poggiomarino (NA), appello per il villaggio preistorico (Il Mattino)

Un appello al ministro per i Beni culturali Lorenzo Ornaghi contro la sospensione degli scavi al sito archeologico di Longola, nel territorio di Poggiomarino, è stato lanciato da archeologi ed associazioni culturali ed ambientaliste, che hanno effettuato un presidio all' ingresso degli Scavi di Pompei durante il sopralluogo compiuto ieri mattina dal ministro. Esponendo uno striscione e distribuendo volantini ai visitatori gli esponenti del Gruppo archeologico “Terramare 3000» e di altre associazioni hanno chiesto al nuovo titolare dei Beni culturali di intervenire per impedire che venga interrotto il lavoro che ha portato alla luce finora utensili in bronzo, in corno e ceramica ed una canoa monossile risalenti al II millennio a.C. Gli scavi a Longola - effettuati dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei in vista della realizzazione del depuratore del fiume Sarno nel 2000 - hanno fatto emergere una serie di abitati sovrapposti databili dal II secondo millennio avanti Cristo fino al VII secolo a.C. Un villaggio preistorico che adesso rischia di essere riseppellito per mancanza di fondi. "Alle difficoltà si deve rispondere con la cultura, non con la chiusura - si legge nel volantino distribuito dai manifestanti - lo Stato ha investito milioni di euro nello scavo del sito di Longola, che senso ha abbandonarlo prima di aver terminato l'indagine?»

16/12/2011 Pompei (NA), un patto con i privati per gli scavi (Il Mattino)

Da ministro per i Beni Culturali Francesco Rutelli decise il riaccorpamento di Pompei e dell'area archeologica vesuviana alla Soprintendenza di Napoli. Da leader dell'Api è oggi promotore di una mozione che «impegna il governo» a mantenere tutti gli impegni presi per Pompei, anche in vista della necessità di utilizzare «tempestivamente, efficacemente e con certezza» i fondi europei, con il coinvolgimento degli enti locali, delle università italiane e straniere, a promuovere interventi di sponsorizzazione e definire un piano di valorizzazione turistica del territorio d'intesa con la Regione e i Comuni, ad indire, infine, entro la primavera del 2012, una conferenza internazionale sul futuro di Pompei e dell'area archeologica. Rutelli sarà oggi al Mav di Ercolano con il governatore Stefano Caldoro e il presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali Andrea Carandini per illustrare il contenuto della mozione. «Nel mio studio - racconta il senatore - ho una vecchia foto dei primi del secolo scorso che ritrae alcuni signori in cilindro su via dell'Abbondanza: tra loro c'è il mio bisnonno, Ottavio Marini, all'epoca Ispettore delle Belle Arti».

Un legame antico?

«Ho Pompei nel cuore. Da ministro ho maturato la consapevolezza della difficoltà di mettere questa straordinaria ricchezza nelle giuste mani manageriali. La mozione chiede che l'incontro tra Comuni, Regione, Stato e Parlamento punti a fare di questa area una grande leva di sviluppo per il territorio».

Pompei è nelcuore dl tanti, eppure...

«Io credo che il sito paghi la distanza che ha sempre tenuto lontani, nel tempo, le competenze tecnico scientifiche dalle capacità tecniche e di gestione. Un'idea che non sono riuscito realizzare da per esempio, ad una struttura contemporanea per la valorizzazione. Penso a Piero Angela per una ricostruzione virtuale della vita dell'epoca romana».

Crede che serva a rendere gli Scavi, che hanno 10mlla visitatori al giorno, più «attraenti»?

«Occorre una offerta più avanzata, qualificata e modernizzata. Non c'è nessuna promozione delle aree archeologiche, per esempio, tra le 4mlla persone che ogni anno visitano il Santuario o il Museo archeologico di Napoli, tra i più ricchi del mondo. La vera difficoltà, a Pompei, come al castello di Baia è la cattiva organizzazione».

Da più parti, proprio per migliorare l'organizzazione del sito, si chiede il ritorno alla Soprintendenza unica.

«La decisione dell'accorpamento, all'epoca, fu presa per migliorare la capacità di spesa di Pompei, per potenziare risorse economiche ed umane. Ma oggi mi affido alla valutazione dei tecnici e dei dirigenti del ministero: non mi formalizzo sul contenitore, l'importante è il contenuto. Pompei è stata un campo di battaglia, l'intenzione della mia mozione, firmata da tutti i partiti, è quella di mettere fine alle polemiche. Ci sono i fondi, gli strumenti e la volontà politica: sarebbe deliquenziale continuare a farne un terreno di scontro per un muretto caduto.

15/12/2011 Poggiomarino (NA), finiti i soldi per gli scavi al villaggio preistorico (Il Mattino)

La «Venezia protostorica», il villaggio palafitticolo sul fiume Sarno che documenta l'esistenza di una popolazione precedente agli insediamenti di Pompei, potrebbe essere coperta da 4mila metri cubi di terra. Dopo 10 anni di scavi, infatti, i lavori al sito archeologico della Longola, a Poggiomarino, potrebbero fermarsi. Quelli che termineranno il prossimo 23 dicembre dovrebbero essere gli ultimi: non ci sono i fondi, hanno fatto sapere dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei all'amministrazione comunale. Nonostante l'area rappresenti un luogo eccezionale per la conoscenza delle va -rie fasi dell'età del bronzo e del ferro nel meridione italiano, gli scavi con ogni probabilità si fermeranno per sempre. La notizia mette in allarme il Comune, le varie associazioni che si sono occupate della Longola in questi anni e, nell'immediato, chi dentro il sito ci lavora. Si tratta di circa 30 persone, tra professionisti e operai addetti alla manutenzione del posto. sindacati hanno già incontrato i rappresentanti della Soprintendenza, che avrebbero confermato le difficoltà economiche. Ora il sindaco di Poggiomarino, Leo Annunziata, lancia un sos: «Dobbiamo salvare la Longola, anche a costo di ricorrere a sponsor privati. Mi appello al ministro affinché si trovino soluzioni». Si tratta di un sito perifluviale, costituito da isolotti ricavati da una laguna formata dal fiume Sarno, abitato dalla fine del XV secolo agli inizi del VI secolo avanti Cristo. I reperti vennero scoperti durante i lavori per la costruzione del depuratore del fiume, nel 2000. Nel 2001 si decise di iniziare i saggi di scavo che, seppure con qualche interruzione, sono proseguiti fino ad oggi. Il sito si è conservato sotto una falda d'acqua a oltre quattro metri di profondità ed era abitato dai Sarrasti, una popolazione di origine osca citata anche da Virgilio nell'Eneide. Finora, perla manutenzione, è stato utilizzata una tecnica denominata «well point»: un sistema di drenaggio che permette di realizzare opere nel sottosuolo anche in presenza di acqua. Ora la terra potrebbe coprire tutto. Eppure c'è chi assicura che mancherebbe meno di un metro per arrivare allo strato «vergine». A un passo dal traguardo, dunque, dieci anni di lavoro potrebbero essere vanificati. «Ma in gioco c'è anche la valorizzazione dei reperti già venuti alla luce. Due imbarcazioni ritrovate alla Longola sono conservate alla Città della Scienza, noi vorremmo che venissero date al Comune, siamo pronti a esporle», dice il consigliere comunale Eugenia D'Ambrosio.

08/12/2011 Napoli, resti lignei dagli scavi della nuova metropolitana al Corso Umberto (Il Corriere del Mezzogiorno)

Nuove scoperte archeologiche dallo scavo per la realizzazione del pozzo di ventilazione della nuova Metropolitana di Napoli in via Tari, zona rettifilo. Ritrovate alcune antiche strutture lignee. L’archeologo Mocerino,” reperto molto interessante”

SCAVO IN CORSO - Più che un pozzo di ventilazione, sembra un pozzo dei desideri “ archeologici” lo scavo in corso per la realizzazione della nuova metropolitana di Napoli in via Tari, a pochi passi dall’edificio della Federico II. I lavori per la realizzazione del pozzo, interrotti da diverso tempo per permettere i rilievi degli archeologi, stanno riportando alla luce nuove interessanti scoperte archeologiche.

ANTICHE STRUTTURE LIGNEE - Dopo i primi rinvenimenti di alcune tombe nel luglio scorso, lo scavo sta restituendo nuovi oggetti del passato. Si tratta di alcune antiche strutture lignee in buono stato di conservazione rinvenute in questi giorni. «Il ritrovamento di oggetti di legno in uno scavo archeologico - spiega l’archeologo Carmine Mocerino - è sempre una scoperta molto interessante» attraverso la dendrocronologia, ovvero lo studio cronologico del legno, infatti, è possibile stabilire la datazione del reperto e dunque ottenere informazioni utilissime circa l’area di scavo.

05/12/2011 Castellammare di Stabia (NA), resta chiuso il museo archeologico di Stabia nella Reggia di Quisisana, dopo aver speso 20 milioni (Il Mattino)

Ottomila reperti dell'antica Stabiae per la maggior parte conservati nell'Antiquarium (chiuso al pubblico) o nel migliore dei casi in giro per mostre all'estero (fino a febbraio prossimo al museo Maillol di Parigi). La Reggia borbonica di Castellammare aspetta la sua destinazione d'uso da tempo infinito. Le associazioni culturali che protestano per dire basta ai ritardi, mentre il sindaco Bobbio è stato costretto a convocare qualche giorno fa, su sollecitazione del Prefetto, un consiglio comunale monotematico. Non c'è pace per il patrimonio storico più antico della città stabiese, né si placa la polemica per le sorti del palazzo borbonico del quartiere collinare cittadino, la Reggia di Quisisana, che dopo una spesa di venti milioni di euro e lavori bloccati e ripartiti a più riprese da un anno e mezzo accoglie iniziative e progetti culturali, anche se solo sporadicamente, mentre il progetto principe perla sede museale e la scuola di restauro sembrano ipotesi remote. La denuncia è dell'associazione Idea Città che in un documento punta il dito contro l'amministrazione comunale, spiegando le ragioni della propria preoccupazione.«Il sindaco non ha indicato, neanche nell'ultima seduta consiliare con un unico ordine del giorno la soluzione valida - spiega GiampaoloValitutti, presidente dell'associazione - né ha dato conto dei programmi concreti e seri per valorizzare la Reggia che è stata restaurata con fondi pubblici proprio per ospitare la scuole di restauro al servizio innanzitutto dei siti archeologici vesuviani e del museo di Stabiae». E’ inaccettabile, prosegue il responsabile dell'ente culturale, «che non solo l'amministrazione comunale non ci abbia mai voluto ricevere ma continui a mantenere un rigoroso silenzio su un progetto che la città vuole da quindici anni, non vogliamo fare polemiche che non servirebbero a niente, ma vorremmo la Reggia restituita al territorio come sede di prestigiose attività legate all'archeologica ed al restauro, completamento e rafforzamento dell'offerta costituita dagli Scavi di Varano». Parla di Stabia come della Cenerentola dei siti dell'antichità, rispetto a Pompei, Oplontis e Ercolano, anche lo storico Giuseppe Massa, presidente del Centro di cultura e storia Alfonso Maria di Nola, che non comprende l'esclusione del sito dell'antica Castellammare dal patrimonio culturale dell'Unesco. «Il tesoro stabiese è figlio di un dio minore - spiega in un documento - dopo l'illuminazione dello scopritore Libero d'Orsi, nessuna novità si è aggiunta ai resti d'epoca romana se non la polvere sui reperti chiusi provvisoriamente da un ventennio quasi negli scantinati dell'Antiquarium. Il Time ha definito la mostra americana "In stabiano" tra le migliori del mondo, però non si riesce a dare lustro a queste opere d'arte antica e nemmeno a far rinascere la restaurata Reggia di epoca borbonica che dovrebbe divenire l'emblema della rinascita territoriale». Nessun cambio di destinazione per la Reggia, secondo l'assessore alla cultura Antonio Coppola, stanco delle discussioni sterili e senza senso, visto che fra le priorità della giunta Bobbio c'è proprio il recupero della regale dimora. «Vorrei rassicurare le associazioni e i cittadini - spiega l'esponente dell'esecutivo - è nostro obiettivo accogliere fra le sale della struttura di Quisisana la scuola di restauro: siamo al lavoro da tempo con l'Istituto Suor Orsola Benincasa e già dalla prossima primavera dovrebbero cominciare le lezioni del corso post laurea. Resta in piedi anche il progetto di allestire il museo archeologico, anche senza fondi pubblici, perché la Reggia sarà la sede del polo culturale del nostro territorio».

01/12/2011 Pompei (NA), il giorno del cineasta Usa «Qui set teatrali» (Il Mattino)

Dopo la firma degli accordi a Parigi entra nel vivo il programma di interventi dei privati Il mondo del cinema guarda a Pompei. Sbarcherà oggi a Napoli, per incontrare il presidente degli industriali Paolo Graziano, il «misterioso» grande produttore cinematografico americano che si è detto disponibile ad investire nel sito archeologico più grande del mondo. «Pompei potrebbe far funzionare tutto il meridione. Se ce l'avessero gli americani, Pompei, farebbero cose pazzesche» aveva detto, profeticamente, Aurelio De Laurentiis a settembre intervenendo al Napoli Film Festival. Adesso c'è qualcuno che si fa avanti. Il nome, un po' per discrezione, un po' per scaramanzia, resta top secret; qualcosa in più, invece, si sa sui suoi interessi: costruire teatri multimediali nell'area esterna agli Scavi. Ad un anno dal crollo della Schola armaturarum, dunque, l'antica città romana sembra oggi davvero sotto gli occhi del mondo imprenditoriale. Un interesse tessuto intrecciando nuove norme di legge, accordi ed intese. Investire negli Scavi, anche con interventi di mecenatismo che finanzino il restauro dei siti è oggi reso possibile grazie all'articolo 7 della legge che il 126 maggio ha riconvertito il decreto 34 approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 31 maggio, per il «potenziamento delle funzioni di tutela dell'area archeologica di Pompei». Il decreto Bondi, infatti, prevede espressamente «contratti di sponsorizzazione finalizzati all'acquisizione di risorse finanziarie o alla realizzazione degli interventi ricompresi nel programma straordinario» e stabilisce che la Soprintendenza, dopo aver assegnato a ciascun candidato gli specifici interventi, definisca le «modalità di valorizzazione del marchio o dell'immagine aziendale dello sponsor». Finanziando il restauro di un affresco, di un mosaico o di una intera domus, dunque, si lega il proprio marchio aziendale a quello, «eterno», della città sepolta. I primi a comprendere l'importanza dell'operazione sono stati i francesi, o meglio le 2500 imprese tecnologiche più avanzate del mondo riunite nel Consorzio l'Epadesa: «Ci è sembrato normale - ha spiegato a Parigi il ceo Philippe Chaix che dalla Defense, la città della tecnologia contemporanea del XXI secolo, si tendesse la mano alla città antica in difficoltà». Sembra avere Pompei nel cuore la Francia, che oggi ricorda con orgoglio che Alessandro Dumas fu nominato da Garibaldi «direttore onorario degli Scavi di Pompei» e che con lo stesso orgoglio, come ha detto Chaix, vuole farsi «motore acceleratore di un circolo virtuoso» che mobiliti le aziende ad investire su Pompei. A Parigi, la mostra «Pompei un arte de vivre' al Museo Maillol che ha ricostruito la vita all'interno di una domus, fa 2500 visitatori al giorno: farla girare per il mondo, come ha proposto la direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura Rossana Rummo, «sarebbe il miglior biglietto da visita per mobilitare investimenti internazionali» dice la direttrice del museo Patrizia Nitti. Finanziatori ed investitori - all'Uin di Napoli che con l'Acen ha messo a punto un programma di interventi extramoenia sono arrivate anche le manifestazioni di interesse di compagnie di navigazione ed altri imprenditori - adesso c'è bisogno che ministero e soprintendenza - tra i quali grazie alla nomina a segretario di Roberto Cecchi dovrebbe tornare la serenità - facciano la loro parte nelle decisioni e nella messa a punto dei piani anche per gli interventi dei privati.

30/11/2011 Pompei (NA), svolta per gli scavi, pioggia di fondi privati (Il Mattino)

Un piano triennale finanziato con i 105 milioni di euro europei per portare gli Scavi fuori dall'emergenza, un piano di investimenti privati per «rigenerare» il territorio che circonda l'area archeologica, non soltanto quella di Pompei, e trasformare i cinque milioni di turisti mordi e fuggi in portatori di ricchezza. I due binari paralleli su cui scorre il piano di salvataggio per Pompei partono entrambi da Parigi con la firma della convenzione Unesco-Mibac e della lettera d'intenti tra Regione Campania, Unione industriali e Associazione costruttori. I due accordi sono stati illustrati in una conferenza stampa nella sede dell'Istituto Italiano di Cultura dall'ambasciatore consigliere Unesco Francesco Caruso, dal governatore Stefano Caldoro, dai presidente dell'Uin Paolo Graziano e dell'Acen Rodolfo Girardi.
Nella sede centrale dell'Unesco, che insieme all'Ue ha avuto un ruolo fondamentale in una strategia che ha visto mobilitati e coinvolti più soggetti, è stata sottoscritta la convenzione - per il nostro governo firmerà appena possibile il neo-sottosegretario Roberto Cecchi - che stabilisce la collaborazione, per i prossimi nove mesi, di tutto lo staff tecnico dell'agenzia delle Nazione Unite nei progetti che ministero e Soprintendenza metteranno in atto per Pompei. Ma non solo. «Si tratta di un atto - ha spiegato Caruso - che stabilisce anche il ruolo di "facilitator" dell'Unesco tra investitori italiani e stranieri e sponsor per Pompei. Abbiamo già ricevuto la disponibilità del gruppo francese dell'Epadesa per quanto riguarda gli interventi intramoenia, quella di Unione Industriali e associazione costruttori per l'extramoenia». Subito dopo Caldoro, Graziano e Girardi hanno firmato l'accordo per dare il via al piano di interventi nella cosiddetta «buffer zone», la zona tampone all'esterno dell'area archeologica identificata dall'Unesco, che verranno realizzati con gli investimenti privati. «Pompei è un immenso attrattore turistico culturale ma il contesto territoriale esterno è il peggiore per un'area in cui gravitano 5 milioni di turisti ogni anno. Con l'accordo - ha spiegato Caldoro - vogliamo rispettare le prescrizioni dell'Unesco a normalizzare il territorio secondo i migliori parametri mondiali». «Il nostro progetto - ha detto Girardi - vuole mettere in rete tutti i siti archeologici allargando a 7500 ettari di territorio il potenziale attrattore degli 800 ettari dell'area archeologica». Per Graziano occorre «mettere insieme intorno al bene archeologico un sistema di attrattori che verta su turismo classico, accoglienza, intrattenimento e crociere, e un intervento sulle infrastrutture d'accesso. Difficoltà economiche non ci sono, abbiamo avuto molte manifestazioni d'interesse da imprenditori italiani e stranieri. La vera sfida, adesso, è mettere a punto il modello normativo per dar corpo agli interventi e rappresentare anche ad altre imprese l'opportunità di investimenti». Di pari passo con gli imprenditori napoletani si muoveranno le 2500 grandi industrie internazionali confederate nell'Epadesa: «Subito dopo il crollo della Schola Armaturarum abbiamo accettato con entusiasmo l'invito a scendere in campo che ci è venuto dalla direttrice del Museo Maillol Patrizia Nitti - spiega Philippe Chaix, ceo del Consorzio - abbiamo ritenuto opportuno che la nostra presidente Joelle Ceccaldi si recasse a Roma ad offrire la nostra disponibilità ad investire a Pompei. Ci sembra giusto che la Defense, la città della tecnologia contemporanea del XXI secolo, tenda la mano alla città antica in difficoltà. Da oggi noi siamo pronti a partire: in fase iniziale il nostro finanziamento sarà di 5-10 milioni l'anno senza limite di tempo. Mobiliteremo tutte le imprese nostre consociate perché aderiscano a questo sforzo, in un circolo virtuoso di cui vogliamo essere il motore acceleratore». E un «appello-sollecitazione» ad intervenire con sponsorizzazioni private accanto agli interventi pubblici con progetti come «Adotta una domus» sul modello Della Valle-Colosseo è venuto anche da Caldoro che ha ricordato come nei prossimi anni la città e la Campania saranno sede di eventi internazionali come il Forum dell'Onu sulle città, il Forum delle Culture e ovviamente l'America's cup.

29/11/2011 Pompei (NA), un piano per gli scavi, basta turismo mordi e fuggi (Il Mattino)

Sbarca a Parigi il piano di salvataggio per Pompei. Nella sede dell'Unesco verrà firmata stamattina la lettera di intenti tra la Regione Campania, l'Unione industriali e l'Associazione costruttori, che dopo l'accordo siglato qualche mese fa sancisce l'avvio del progetto di riqualificazione dell'area vesuviana attraverso gli investimenti dei privati. L'obiettivo, come hanno spiegato il governatore Stefano Caldoro e il presidente degli Industriali Paolo Graziano, è riuscire a trasformare nella principale risorsa del territorio quei cinque milioni di turisti mordi e fuggi che, tra aree archeologiche, Santuario e Parco del Vesuvio, ogni anno visitano l'area compresa tra Ercolano e Castellammare di Stabia. La scelta di Parigi non è casuale: perché è qui che oggi si completa l'accordo di collaborazione tra il ministero per i beni culturali e l'Unesco, e perché proprio dall'Agenzia delle Nazioni Unite che a giugno aveva sanzionato il nostro Paese per le pessime condizioni del sito archeologico di Pompei è venuta la sollecitazione ad intervenire nella cosiddetta «buffer zone», la zona tampone compresa appunto tra Ercolano e Castellammare entro giugno 2013. Altrimenti, e su questo la commissione tecnica dell'Unesco è stata chiara, il sito archeologico rischia di finire nella lista dei siti a rischio. «Pompei è il grande attrattore dell'area vesuviana, e cinque milioni di visitatori - ha detto Caldoro - sono un potenziale straordinario che va conquistato creando nel territorio quel valore aggiunto che adesso manca. Il piano extra-moenia c'è: adesso bisogna trovare lo strumento di governance più adatto a garantire regole e tempi certi per gli investimenti privati. Stiamo valutando di ricorrere a Società di trasformazione urbana, come è stato fatto per Bagnoli. E non è escluso che si possa sollecitare anche una apposita norma». Ma veniamo al piano. Le carenze individuate dall'Unione industriali e, di conseguenza, i settori sui quali si vuole investire sono la mancanza di at-trattori legati alI'entertainment - parchi a tema, ricostruzioni 3d - di strutture ricettive, alberghi ma anche ristoranti, di qualità, di tour e percorsi che consentano di trascorrere nell'area anche tre giorni (archeological shuttle), di infrastrutture ed altri servizi. Già allo studio - spiega il presidente dei costruttori Rudy Girardi - c'è il progetto per connettere su ferro tutti i siti utilizzando anche il museo ferroviario di Pietrarsa. O di utilizzare, come avrebbero già chiesto alcune compagnie di navigazione, gli scali della zona vesuviana per i crocieristi. «Le proposte non mancano - dice Graziano - e neanche gli imprenditori, italiani e stranieri, oltre ai francesi dell'Epadesa con cui abbiamo già sottoscritto un accordo, disposti ad affiancarci. Domani, per esempio, vedrò un produttore cinematografico americano interessato alla realizzazione di teatri multimediali. Entro il 31 dicembre sarà pronto anche il nostro piano marketing, e abbiamo già sottoscritto gli accordi con Invitalia che ci assisterà per tutta la parte tecnica. Il prossimo passo, adesso, è la convocazione di un tavolo tecnico con la Regione e le amministrazioni locali coinvolte. Quello che ci preme è mettere a punto, all'interno di un sistema di governance, un modello di gestione virtuale che possa servire anche a chiunque altro voglia investire». Secondo il piano degli industriali - che punta a sostenere, con la rinascita del territorio, anche il sito archeologico - ogni nuovo investimento nell'area dovrà riconoscere agli Scavi una royalty dell' l %. Ancora, il piano di investimenti si accompagnerà all'invito alle imprese associate ad adottare una domus.

26/11/2011 Pompei (NA), Parigi chiama Pompei, convenzione dell'Unesco per il futuro degli Scavi (Il Mattino)

Da Pompei a Parigi. Si terrà sotto la Torre Eiffel il prossimo appuntamento decisivo per il futuro del sito archeologico più grande del mondo: presso la sede dell'Unesco martedì 29 novembre, verranno infatti firmate la convenzione tra l'agenzia delle Nazioni Unite e il ministero per i Beni culturali, e la Lettera di Intenti, per favorire gli investimenti nell'area archeologica vesuviana tra Regione Campania, Unione Industriali di Napoli e Associazione costruttori di Napoli (Acen). Dopo la firma, presso la sede dell'istituto Italiano di Cultura in Rue de Grenelle, il vice direttore generale Unesco Francesco Bandarin, l'ambasciatore Francesco Caruso, il presidente di Icomos Italia Maurizio Di Stefano, il presidente dell'Unione industriali di Napoli Paolo Graziano, il governatore della Regione Campania Stefano Caldoro e il presidente dell'Acen Rodolfo Girardi illustreranno i due documenti in una conferenza stampa. Dopo Bruxelles, che esattamente un mese fa ha dato il via libera ai 105 milioni di finanziamenti Poin, per il futuro degli Scavi, quella di Parigi - dove sono in corso l'Assemblea generale dell'Icomos e la mostra «Pompei l'arte di vivere» visitata ogni giorno al Museo Maillol da 2500 persone - rappresenta una tappa strategica per favorire gli investimenti privati nell'area archeologica. I soldi dell'Unione Europea, infatti, come ha sottolineato lo stesso commissario Johannes Hahn al termine della sua visita agli Scavi, serviranno a portare il sito fuori dall'emergenza, ma «non basteranno per vedere Pompei tornare al suo splendore», «serviranno anche gli interventi dei privati». L'Unesco, che a giugno aveva sanzionato il nostro Paese con un cartellino giallo proprio per le condizioni di Pompei e ha sospeso il suo giudizio fino al 2013, ha offerto all'Italia la sua collaborazione per svolgere il ruolo di«facilitator» non soltanto nei piani di intervento del ministero, ma anche per favorire progetti e bandi di gara ai quali si sono già detti disponibili gli investitori italiani e stranieri. La convenzione che il Mibac firmerà con l'Unesco, avrà la durata di nove mesi e costerà 140mila euro reperiti dal capitolo del bilancio ordinario del ministero. La Regione Campania ha invece già siglato un accordo con l'Unione industriali di Napoli per un piano di interventi intramoenia. Il programma ha l'obiettivo di rilanciare lo sviluppo economico dell'area vesuviana a partire dal ruolo di attrattore culturale dei siti archeologici, non soltanto Pompei, ma anche Ercolano, Torre del Greco, Castellammare, Boscoreale, Boscotrecase e Torre Annunziata. Gli imprenditori napoletani si sono detti da tempo pronti ed in attesa di un bando che permetta il piano di investimenti. In presenza di un piano di valorizzazione extramoenia, disponibili a finanziare restauri all'interno degli Scavi con 200 milioni di euro in dieci anni si sono detti anche i 2500 industriali stranieri riuniti nel consorzio francese dell'EPADESA presieduto da Joelle Ceccaldi. A Pompei, intanto, arriveranno non prima di gennaio 2012 le 22 unità promesse. II neoministro Roberto Ornaghi ha reso noto infatti che grazie alle disposizioni entrate in vigore con la legge di stabilità il ministero dei beni culturali potrà assumere dal 1 gennaio 2012 306 persone attingendo alle graduatorie degli idonei dei concorsi dell'ultimo quadriennio.

25/11/2011 Torre Annunziata (NA), nella Villa di Poppea gli affreschi cadono a pezzi (Repubblica)

Non solo Pompei ed Ercolano: è allarme in altre due aree archeologiche fra le più preziose
Non ci sono solo Pompei ed Ercolano nella storia dell´archeologia vesuviana. Altri tesori affascinano visitatori e appassionati d´arte: la lussuosa Villa di Oplontis, a Torre Annunziata, appartenuta alla gens Poppea, e la suggestiva Villa San Marco a Stabiae, sulla collina di Varano a Castellammare. Fuori dai grandi circuiti del turismo culturale, le splendide dimore romane attendono di essere pienamente valorizzate. A Stabiae mancano persino le cartine per i turisti. Ma soprattutto attendono il completamento dei lavori di restauro per eliminare il rischio di crolli.
Gli splendidi saloni della Villa di Poppea affascinano per le preziose megalografie. Colonnati immacolati, affreschi di qualità eccelsa, opera di pittori che alla metà del I secolo d.C. decorarono una delle residenze che la casa imperiale romana aveva lungo il golfo di Napoli, da Baia fino a Sorrento e Capri. Ma molti di quegli ambienti sono oggi off limits. La causa? In molti punti delle villa ponteggi e recinzioni reggono travi e soffitti realizzati quarant´anni fa. Alcune pareti affrescate mostrano evidenti segni di risalite di umidità e di sali, con rigonfiamenti degli intonaci decorati.
La Villa di Poppea è dal 1997 inserita nei beni protetti dall´Unesco, ma nel 2010 è stata visitata soltanto da 32mila persone, quasi tutti non paganti: gli incassi (il biglietto costa 5,50 euro) sono fermi a tremila euro. Antonio Irlando, responsabile dell´Osservatorio sul patrimonio culturale, proprio a Torre Annunziata ha iniziato la sua passione per l´archeologia. «Questa villa è di straordinaria importanza, ma oggi l´emergenza è il restauro degli affreschi. Stanno perdendo di valore. Ricordo colori molto più vividi, più forti. Venivo qui da adolescente, seguivo con altri amici lo scavo, bisogna assolutamente intervenire per fermare il degrado: alcune stanze sono in cattive condizioni, non si capisce perché lasciare davanti agli affreschi ingombranti impianti di illuminazione mobili, impolverati e arrugginiti. Così si offre un´immagine di abbandono che non fa bene a Oplontis».
Il grande atrio, con ampie decorazioni in secondo stile pompeiano, è chiuso. Il vano di accesso è occupato da tubi Innocenti: i tetti di restauro che provvidenzialmente ricoprirono la villa nel corso degli scavi, e che hanno garantito la conservazione degli affreschi, mostrano qui, come in tutta l´area pompeiana, segni di cedimento. Restauri e solai in cemento da opere di protezione si stanno trasformando in rischio per la Villa di Oplontis. Chiusi alla visita (qui le delimitazioni sono fatte con nastro bicolore) anche il settore delle hospitalia (stanze riservate agli ospiti) con ambienti affrescati allineati lungo la piscina, lunga 61 metri e larga 17. Dal vasto giardino che circondava la vasca, provengono importanti sculture in marmo bianco, copie romane di elevata qualità di originali greci, che hanno fatto la fortuna di Oplontis, ma che restano chiusi nei depositi allestiti nei pressi della biglietteria. Negate alla visita, così come lo sono i celebri ori rinvenuti a un centinaio di metri da qui, nella villa di Lucio Crassio Terzo (chiusa al pubblico), nel 1984: monete, orecchini, collane, braccialetti e anelli in oro e argento, custoditi nel caveau di una banca.
Nei programmi della Soprintendenza speciale di Napoli e Pompei vi è un progetto per lavori di manutenzione delle coperture per un milione di euro, mentre si pensa a un restauro conservativo della Villa di Lucio Crassio da 5,9 milioni di euro. «Ma il vero rilancio di Oplontis – spiega Irlando - può venire solo scavando il resto della villa di Poppea che è sotto la strada e giunge fino al vicino Spolettificio, un sogno inseguito da anni, anche per dotare la città di uno spazio museale. Per adesso, sarebbe già un segnale risolvere il problema dei parcheggi: un bus che arriva a Torre Annunziata non sa dove sostare, è stato un errore restringere via dei Sepolcri».

25/11/2011 Stabia (NA), Villa San Marco è isolata, stop ai lavori del museo (Repubblica)

Il sogno del parco archeologico svanito fra silenzi e fondi negati
Delle colonne decorate a stucco è rimasto solo qualche frammento E raggiungere le ville resta una impresa
Il sogno del parco archeologico di Stabiae si infrange davanti agli scheletri in acciaio dei capannoni mai completati, che dovevano fungere da nuovo ingresso e ospitare i servizi al pubblico. La città dimenticata svanisce qui, ma l´ultimo ostracismo in ordine di tempo lo denuncia Giuseppe Di Massa, presidente del Centro di cultura e storia dei monti Lattari. «La delegazione nazionale del Pd venuta il 18 novembre per il convegno ‘Curiamo Pompei´ - annota lo studioso - è stata a Ercolano, Boscoreale, Oplontis e Pompei, ma non c´è stato tempo per visitare Stabiae. Un altro schiaffo, dopo che la soprintendenza nel 1997 escluse Stabiae dall´elenco dei siti da proporre all´Unesco».
Il silenzio sembra essere calato sulla terza città sepolta dal Vesuvio, benvenuti a Stabiae, la cenerentola dell´archeologia. La visita alla villa romana in località San Marco è un susseguirsi di luci e ombre. Da un lato i lavori di restauro e di sistemazione delle coperture che, a 31 anni dal terremoto, finalmente hanno iniziato a restituire al monumento un aspetto positivo. Via impalcature e puntelli, tutta la zona attorno all´atrio, il quartiere termale, il grande peristilio hanno riassunto l´aspetto che tanto colpì gli estimatori dell´archeologia vesuviana, "dirottati" da Pompei o Ercolano sulla collina di Varano dall´entusiasmo di Libero d´Orsi, il preside-archeologo che nel 1950 avviò la riscoperta della terza città sepolta dal Vesuvio, scavata dai Borbone nel 1749 ma abbandonata al suo destino già nel 1782. I lavori della soprintendenza hanno rimosso coperture e tetti realizzati 50 anni fa: la loro presenza, se da un lato ha protetto affreschi e mosaici dalle intemperie, amplificò gli effetti del terremoto del 1980. Un intero colonnato con rarissime colonne decorate a spirali si sbriciolò, alcune pareti cedettero, frantumando in mille pezzi preziosi affreschi. Ancora oggi quei frammenti sono custoditi sotto teloni di plastica. I depositi sono pieni. I lavori in corso stanno facendo rinascere il porticato crollato: delle colonne decorate a stucco è rimasto solo qualche frammento. Ma arrivare alle ville romane è un´impresa. Nessuna indicazione stradale, niente trasporto pubblico. E per entrare a villa San Marco bisogna percorrere un viottolo accidentato, tra baracche di campagna e una casa colonica che insiste sullo splendido ninfeo della villa. E anche la parte che con una scelta controversa è stata riportata alla luce negli ultimi due anni mostra già segni di degrado: gli ambienti del peristilio della villa sono tutti puntellati, così come la gran parte delle strutture che ricoprono il fronte della collina di Varano, in corrispondenza dell´antica porta verso il mare. «Ha prevalso nella sottovalutazione di Stabiae un menefreghismo bipartisan - aggiunge Di Massa -. Dal Comune di Castellammare vengono segnali assurdi di disinteresse, a cominciare dallo stop imposto alla realizzazione del museo archeologico e della scuola di restauro nella Reggia di Quisisana. Eppure oltre a restaurare le ville, serve il museo: ottomila reperti sono malamente accatastati in uno scantinato.

23/11/2011 Pompei (NA), al recupero affreschi e mosaici della Casa degli Amorini (Il Mattino)

Dopo I crolli. La domus apparteneva alla famiglia di Poppea terza moglie di Nerone

Affreschi e mosaici, è partito il recupero degli apparati decorativi della casa cosiddetta degli «Amorini Dorati», a Pompei. Una delle prime domus a essere interessata da un intervento di recupero, dopo i crolli, tra cui quello della Schola Armaturarum, che nell'ultimo anno si sono verificati negli scavi. Le pitture, che adesso gli specialisti dell'Officina del restauro di Roma stanno riportando allo splendore originario, si stavano letteralmente sfarinando sotto l'azione degli agenti atmosferici. Stessa sorte rischiavano di subire i preziosi tasselli di marmo colorato dei mosaici, che coprono quasi tutti gli ambienti della casa, che si erano staccati dalla base d'appoggio. La casa, che venne scavata agli inizi del secolo scorso, secondo gli archeologi risalirebbe al III secolo avanti Cristo, ed è conosciuta come degli «Amorini dorati» per gli Eros in miniatura incisi su foglia d'oro e incastonati su dischetti di vetro. Gli studi sull'edificio e sui graffiti hanno consentito di individuare il suo proprietario in Cneus Poppaeus Habitus, un importante personaggio della Pompei romana, imparentato - si tratterebbe forse di un cugino - con Poppea, terza moglie di Nerone. Sulla parete del vestibolo dell'abitazione, quando questa venne riportata alla luce, si rinvenne un graffito di saluto indirizzato all'imperatrice. La domus, tra gli altri elementi architettonici interessanti, aveva il peristilio strutturato in modo da formare un piccolo ambiente adatto alla recitazione, circondato da rilievi. Il giardino era ricco di colonnine con maschere teatrali comiche e tragiche. Per quel motivo, l'archeologo epigrafista Matteo Della Corte ritenne che quella sorta di teatro all'aperto fosse stato creato in onore di Nerone, e che lo stesso imperatore avesse potuto far sentire la sua voce tra quelle mura, nel corso di una sua visita a Pompei. La casa aveva anche un importante larario dedicato al culto di Iside, cosa che fa ipotizzare che gli abitanti della dimora fossero seguaci di quella religione egizia, così come lo era l'imperatrice Poppea. Insomma, i Poppaei erano tra gli abitanti più in vista di Pompei e si erano arricchiti per i guadagni fatti in virtù di una fitta rete commerciale intessuta con l'Egitto e le altre province africane. Per questo motivo avevano avuto la possibilità di abbellire la loro domus con mosaici e affreschi preziosi. Pitture che se non si fosse intervenuti con celerità - sottolinea Carmela Mazza, architetto della Soprintendenza archeologica speciale di Napoli e Pompei - si sarebbero perse per sempre, considerato che la pellicola pittorica si era scollata dalla muratura di base e che i colori si stavano perdendo a causa delle ossidazioni». In effetti, la casa era già stata oggetto, qualche anno fa, di restauri. Il recupero aveva però interessato solo gli apparati strutturali. Erano state rifatte le coperture (che causavano infiltrazioni); si era intervenuti rinforzandole murature di sostegno; le travi in cemento erano state sostituite con quelle in legno e i coppi, laddove non si era potuto usare quelli originali recuperati durante lo scavo, erano stati sostituiti con tegole nuove. Il costo complessivo di questo nuovo lotto di interventi, che dureranno sino alla primavera 2012, è pari a circa trecentomila euro.

18/11/2011 Pompei (NA), boom di reclami dai turisti (Il Mattino)

I disservizi Esaurite le mappe per gli stranieri Turisti a Pompei boom di reclami «Una vergogna». Le segnalazioni «Scavi sporchi, troppe domus chiuse al pubblico. I custodi non fanno nulla e le guide abusive sembrano avvoltoi». Proteste in tutte le lingue: «Inaccettabile la mancanza di materiale informativo»

«I do maps for british e americans. Terrible». Il commento, con quel solo aggettivo, terribile, in risposta allo scaro avviso - nemmeno un accenno di scusa - che da qualche giorno comunica che in biglietteria degli Scavi non ci sono più mappe, riempie il primo rigo del quaderno dei reclami dei turisti degli Scavi. È il 19 giugno e finalmente, con il piano di «salvataggio» a Pompei si comincia a tirare un po' il fiato. Ma non certo i turisti - visitare 66 ettari di antiche rovine senza nemmeno il conforto di una cartina non è impresa da poco - che nonosante abbiano riempito il quaderno con reclami da far arrossire, da mesi aspettano ancora le mappe. Si comincia con un «Ma le cartine non arrivano mai? Un altro servizio in meno al cliente» dell'accompagnatrice Luciana, poi c'è lo sdeganto «Very bad», lasciato subito dopo da Jol, mentre un altro suo connazionale ricorda ironizzando che «gran parte dei clienti, come accade in gran parte d'Europa, parla inglese». «Servono cartine, è un'indecenza», «Aiuto, per favore mandateci le piantine» scrivono due turisti italiani e «inaceptable» uno spagnolo. C'è perfino un meticoloso «indignado» che conclude con un »VERGOGNA», tutto in maiuscolo un'articolata doglianza in quattro punti che comprende anche cani randagi e guide-avvoltoi. A voltar pagina si trovano Antonella che lascia un «Vergognoso non poter disporre di materiale gratuito dopo aver pagato 11 euro di ingresso», Anna con il suo «È una vergogna». «Dov'è la mia mappa? Avrebbe dovuto essere qui» protesta invece un americano che ci tiene a raccontare di essere adesso un cliente «unhappy», infelice. Chiedono mappe belgi, canadesi, inglesi. Perfino i francesi: «Un petit plan s'il vous plait» e un rammaricato «Dommage!», peccato. «Mi vergogno verso i miei clienti olandesi: non ci sono più mappe» si mortifica un accompagnatore. In una sola pagina del cahier de doleance, in quindici, tutti stranieri, chiedono semplicemente e a volte con estremo garbo, mappe. Gli indignados sono tanti. «Che schifo non ci sono mappe per i turisti, vergogna!» va invece giù duro un italiano di primo mattino. «Una verguenza» scrive subito dopo uno spagnolo. «No map is irritating», irritante, un altro ancora. Un inglese picchia con un «ridiculous». «Ridicolo» è l'aggettivo usato spesso dagli italiani: una mappa in questo luogo è indispensabile» prova a spiegare qualcuno. Poi ci sono le giornate nere. Come questa: si lamentano gli accompagnatori dei gruppi, c'è chi accusa «I'Italietta media» e chi, dopo aver denunciato «molte case chiuse, Scavi sporchi e guide che non fanno niente» dice «è l'Italia del Sud». «Non dovrebbe accadere in questo sito che è secondo soltanto al Vaticano - scrive un inglese particolarmente contrariato - è il comoportamento inaccettabile di un governo incompetente» mentre un altro se la prende con «Mister Berlusconi che vuole soldi per i suoi affari». «Senza mappa mi perderò» minaccia, timidamente, un americano. Senza mappe, comincia a far notare qualcuno, rischiamo di perderci i turisti.

16/11/2011 Pompei (NA), anche la Cina vuole investire (Il Mattino)

I paperoni di Xi'an pronti a investire sul rilancio degli scavi. ll sindaco Claudio D'Alessio ha incontrato il vicedirettore dell'unione industriali della cittadina cinese, Mr Duan Zhongming, per definire la fattibilità della collaborazione. Insomma, si moltiplicano le iniziative, ieri è stata la volta dell'annuncio della cordata di aziende della moda napoletane (Kiton, H&B, Yamamay), scese in campo con una offerta concreta, sette milioni in tre anni per lavori urgenti. Ora anche dalla Cina una mano tesa. «Sono lieto - ha detto il primo cittadino - della sensibilità e dell'intraprendenza dimostrata dagli industriali cinesi nel voler contribuire alla tutela e alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Pompei e Xi'an sono legate dal patto di gemellaggio sancito tra le due città Patrimonio dell'Unesco nel 2007, ed hanno in comune la volontà di voler salvaguardare i tesori d'arte che la storia ha lasciato in eredità». «Pompei è al centro del mondo - ha detto Mr Duan Zhongming - e gli industriali di Xi'an sono intenzionati ad investire ingenti risorse economiche affinché l'unicità della città archeologica sopravviva al tempo e alle incurie». Per il responsabile dell'ufficio del patrimonio culturale della città gemella, Mr Feng Jian, «è impensabile che il governo italiano sottovaluti la cultura, non assegnando fondi per la valorizzazione del patrimonio archeologico universalmente famoso per la sua unicità. Al contrario è tradizione del nostro governo investire molto denaro nella conservazione dei beni culturali. La gestione di patrimoni dell'umanità, come quelli di Xi'an e di Pompei che godono di fama internazionale, da un lato comporta molti lustri, dall'altra grosse responsabilità. A consolidare il patto «Pompei-Xi'an., a favore degli scavi, è stata la presenza di alte personalità cinesi quali: Mr Chen Guanshan, vice presidente della commissione consultiva del popolo cinese; Mrs Liang Wanging Mrs Dai Hanyun, rispettivamente direttore e capo sezione ufficio affari esteri di Xi'an; Mr Liu Anli, vicedirettore risorse idriche; Mr Lu Liangdon, assistente di direzione zona high-tech di Xi'an; Miss Chang Yizhuo, nuovo distratto di Qujiang. Al termine dell'incontro, che ha avuto luogo ieri mattina nella sala di rappresentanza del comune, i rappresentanti della città cinese hanno regalato al sindaco un portafortuna della tradizione popolare di Xi'an. ll primo cittadino, a nome della comunità pornpeiana, ha dato in dono alla delegazione cinese il simbolo della città degli scavi.

14/11/2011 Pompei (NA), mancano mappe e guide, turisti allo sbando (Il Mattino)

Turisti allo sbando tra gli scavi di Pompei. Dal mese di luglio, infatti, non vi sono più mappe a disposizione dei circa 10mila visitatori che ogni giorno varcano i cancelli del sito archeologico dopo aver pagato un biglietto di ben 11 euro. «No more maps» è scritto all'ingresso e i turisti si arrangiano come possono: i più previdenti ne hanno una scaricata da internet, chi può noleggia un'audioguida o paga la visita guidata. Particolarmente «sfortunati» gli inglesi: per loro anche le miniguide gratuite distribuite ai cancelli, ancora disponibili in italiano, francese, spagnolo e tedesco, sono esaurite. E anche agli Scavi di Ercolano le guide mancano, ma suppliscono i volontari della Pro loco.
Chissà chi è il fortunato visitatore che, entrando a Pompei, ha potuto visitare il sito archeologico con il conforto dell'ultima mappa. Dal mese di luglio, infatti, non ne è più toccata una a nessuno dei diecimila turisti che pure ogni giorno visitano gli Scavi dopo aver pagato un biglietto di ben 11 euro. «No more maps» c'è scritto all'ingresso della biglietteria, le cartine sono esaurite da mesi e i turisti si arrangiano come possono: i più previdenti ne hanno una scaricata da internet, chi può noleggia un'audioguida o paga la visita guidata. Particolarmente «sfigati» gli inglesi: per loro anche le miniguide gratuite distribuite all'ingresso, ancora disponibili in italiano, francese, spagnolo e tedesco, sono esaurite. E anche agli Scavi di Ercolano, fiore all'occhiello di una gestione pubblico-privato ormai portata ad esempio nel mondo, le guide mancano da circa un mese, ma lì i volontari della Pro loco hanno provveduto a fotocopiare l'ultimo esemplare e lo distribuiscono ai turisti. Non bastassero crolli e transenne, il sito archeologico più grande del mondo, dunque, da mesi non ha più nemmeno una cartina da offrire ai turisti, nonostante la richiesta di provvedere alla ristampa fosse stata inoltrata alla Soprintendenza molto prima dell'esaurimento delle scorte. «La prima lettera di segnalazione - racconta Antonio Pepe, responsabile della distribuzione ai punti informativi - è partita a gennaio. Il contratto con la tipografia era scaduto il 31 dicembre 2010 e così, appena ci siamo resi conto che le copie in magazzino stavano finendo abbiamo allertato la Soprintendenza. E almeno altre due lettere, ad aprile e maggio sono state inviate per sollecitare l'avvio di un nuovo contratto con la tipografia, soprattutto in vista della stagione estiva, quando gli Scavi fanno il pieno di visitatori. Nelle lettere si segnalava anche la necessità di aggiornare le mappe includendo tra i siti visitabili le ultime domus restaurate e non segnalate, come quella del cantiere-evento dei Casti Amanti. La gara - dice Pepe - è terminata ad agosto e pare che la nuova tipografia riesca a consegnare il materiale per dicembre. Ormai l'estate - sono stati complessivamente poco più dl 612mila i visitatori nei due mesi di luglio e agosto di quest'anno - è passata. Ma nei mesi e mesi trascorsi per espletare l'intero iter burocratico necessario per far stampare e poter poi distribuire una mappa, i turisti, racconta Pepe, hanno lasciato più di una protesta nel registro delle contestazioni custodito all'ingresso degli Scavi. «Ma com'è possibile che nel sito archeologico più grande del mondo da mesi manchino le mappe per i diecimila turisti che la visitano ogni giorno? lo trovo che sia inaccettabile tanto più che gli stessi turisti vengono poi coinvolti in quella bagarre per accaparrarsi clienti che si scatena tra le guide davanti all'ingresso degli Scavi. La verità - accusa la senatrice del Pdl Diana De Feo - è che questa Soprintendenza è molto carente: la Cinquantaquattro pretende che ogni contratto che deve firmare venga visto dagli uffici legali e questo non fa che allungare i tempi per tutto. Non dico che si debba tornare a commissariare gli Scavi ma certo l'arrivo di qualcuno che si assuma delle responsabilità è auspicabile». Dalla parlamentare, giovedì scorso, è partita su Pompei una interrogazione al ministro dei beni Culturali per conoscere quali opere e secondo quali progetti saranno spesi i fondi presenti nelle casse della Soprintendenza, a che punto è lo studio commissionato alle università di Milano e Genova e per quale motivo le due università di Napoli siano state escluse «con atto discriminatorio» dallo studio.

11/11/2011 Pompei (NA), Cantieri evento e visite multimediali le troppe spese dell'ultimo commissari (Repubblica)

Le orrende grate che portano incisa nel metallo la scritta "Pompei Viva" restano come le epigrafi con la dicitura SPQR scolpite al tempo dei romani da questo o quel console. E' il segno di Marcello Fiori, ultimo commissario dell'era Berlusconi spedito a Pompei per preparare il terreno a una fondazione che i terremoti di quello stesso governo hanno fatto abortire più volte nel tempo. Il sogno di sempre, l'intesa pubblico-privato, che porta molte firme e ripropone periodicamente l'intento di regalare l'area archeologica vesuviana al migliore offerente. Un sogno che spesso ha valicato i confini dell'imprenditoria, per incunearsi all'interno dello stesso governo del Paese. Dimentico del fatto che Pompei è governata da un suo ministero, quello dei Beni culturali. A un certo punto, quando si è capito che lo strumento del commissariamento poteva traghettare questa reverie nella giusta direzione, qualcosa è cambiato. E dall'affiancamento di un city manager al soprintendente, la dicitura è cambiata ancora, e si è cominciato a sgranare un rosario di commissari dalle storie e curriculum più vari.
Ma mai commissariamento ha portato a tante spese come quello di "Supermarcellino", come i fedelissimi chiamano Fiori. Tanto che anche la Corte dei Conti si è preoccupata, e ha annullato con la delibera numero 16 del 4 agosto 2010 (a cose purtroppo già fatte) gli atti della Protezione civile. Veniva così a mancare l'emergenza che aveva motivato l'entrata in campo a Pompei dell'esperto del G8 dell'Aquila. Un'emergenza invocata già altre volte, sostanzialmente sempre per gli stessi motivi: la sicurezza, la sanità pubblica che veniva meno soprattutto a causa dei cani randagi, e poi, in ordine sparso, le bancarelle, le guide turistiche. Fiori, aiutato dalla Lav e in cambio di una cifra di circa 110mila euro, ha agito efficacemente sul randagismo, anche se non sui pompeiani, che continuano ad abbandonare e a non sterilizzare i loro cani. Perciò, per contenere le nascite, nel dopo-Fiori sono archeologi e volontari cinofili ad autotassarsi. E per accudire i cani, anch'essi cittadini di Pompei, si danno da fare come sempre i custodi di buon cuore.
Chiusa la questione randagi, restano molti punti interrogativi. Tanto che sul commissariamento si sta accanendo ora anche la Ragioneria di Stato regionale, passando al setaccio le spese e, dopo aver mosso rilievi sull'attività di Fiori nel 2009, proprio in questi giorni lo fa anche su quella del 2010. Ottanta milioni di euro erano toccati in sorte a Renato Profili, ex prefetto morto nel 2009, e al suo successore, braccio destro di Bertolaso, Marcello Fiori, rimasto in carica a Pompei dal 28 agosto 2008 al 31 luglio 2010. Le grate e i cancelletti che hanno invaso le domus, di cui parlavamo prima, tanto per fare un esempio, sono costati 200mila euro e, oltre a essere tanto piaciuti a Fiori, hanno unito a un design per il quale forse non c'era bisogno di scomodare un architetto, una certa invadenza della grafica, contrastante con quella discretissima realizzata, per concorso e non per assegnazione diretta, dallo studio Zelig negli anni Novanta.
Grava un'inchiesta della Procura di Torre Annunziata sul commissariamento più spendaccione della storia della soprintendenza di Pompei. Soldi che avrebbero potuto essere impiegati per la manutenzione che ora tanto si invoca. Numerosi i beneficiari di progetti non sempre comprensibili. Come quello della Tess Costa del Vesuvio, che ha ricevuto 156mila euro per l'implementazione del piano di gestione del sito Unesco, un lavoro che però a Pompei non sanno spiegare che cosa sia. 275mila euro sono andati invece a Legambiente per un progetto "Pompei accademia internazionale per la formazione di volontari nei siti archeologici". Ma di volontari in giro non se ne vedono. I due "fiori" all'occhiello nelle intenzioni del commissario dovevano essere la visita multimediale alla casa di Giulio Polibio e il cantiere evento dei Casti amanti. Adesso entrambe le domus sono chiuse. Per la visita alla prima, a Civita sono andati 950mila euro. 550mila euro circa invece all'Idsn, Istituto per la diffusione delle scienze naturali che doveva aiutare i non vedenti a visitare la stessa casa del Polibio pompeiano e anche altre domus. Un progetto che non si può inscrivere nell'area delle emergenze.
Sempre in vista della valorizzazione e non della tutela, venuta poi alla ribalta con furore al primo crollo del 6 novembre 2010, i 185mila euro assegnati da Fiori a CO2, la onlus fondata da Giulia Minoli, Paolo William Tamburella, Daniele Ciccaglioni, Rachele Bonani, Giovanna Corsetti, Simone Haggiag e Sara Tardelli, figlia del calciatore, che negli scopi aveva la rifondazione della comunicazione a Pompei. A leggere la presentazione della onlus, si capisce che CO2 nasce per migliorare l'immagine di realtà depresse, in "crisi". Peccato che l'area archeologica di Pompei sia una delle poche "aziende" in attivo della Campania. All'interno del pacchetto "Pompei Viva", comprensivo delle brutte cancellate di cui sopra, CO2 ha lasciato in eredità dopo Fiori una nuova segnaletica, sovrapposta a quella già esistente, promuovendo tra l'altro una Pompei di notte (che già era attivata) e il progetto Pompei in bicicletta. Una iniziativa che prevedeva l'acquisto di biciclette per ottomila euro. Rimaste in deposito, da quando la pista ciclabile è ridiventata un bel percorso panoramico a piedi.
Come per questa ed altre trovate del commissariato, la soprintendenza avrebbe dovuto impiegare nuovi fondi per dar seguito ai progetti avviati da Fiori. Qualche cantiere in più (ma senza le scavatrici impiegate ai Casti amanti) e qualche operazione da servizi aggiuntivi in meno forse avrebbero anche evitato parte dei crolli. Invece solo da un anno a questa parte è stata ripresa la buona pratica della conservazione, messa in atto fino all'agosto 2009. Vaste aree erano già state monitorate e attendevano restauro, ma l'attenzione del commissario Fiori è stata rivolta a progetti come quello della telesorveglianza e servizi web e multimediali affidato a Wind - anche se una videosorveglianza esisteva già - per oltre 10 milioni di euro. Le spese per l'area dei teatri e gli spettacoli ammontano a oltre 7 milioni, e su questa che tra le spese è la più macroscopica è appuntata l'attenzione della Procura.
Intanto, fra multimedialità e duplicazioni - la spesa più eclatante quella del sito web - il personale a Pompei calava, senza che alcun commissario muovesse un dito: come addetti alla manutenzione e restauro sono rimasti 6 operai e 3 restauratori. E con questo organico, per evitare i crolli sui 66 ettari dell'area archeologia, altro che fondazione: ci vorrebbe un supereroe.

09/11/2011 Pompei (NA), convinti i Francesi ad investire sul salvataggio degli scavi (Il Mattino)

Dal Vesuvio alla Tour Eiffel. È a Parigi, rue de Grenelle, che si gioca una delle partite decisive per il futuro di Pompei. Nella sede del Musée Maillol il 29 novembre verrà ufficialmente annunciato l'impegno ad investire per Pompei degli imprenditori italiani e stranieri. Una scelta non casuale: perché Patrizia Nitti, la direttrice del Museo - dove fino al 12 febbraio è in esposizione la mostra «Pompei, un'arte di vivere - è la vera artefice del progetto, che coinvolge Unesco e ministero per i Beni culturali, che potrebbe portare agli Scavi, nei prossimi 10 anni, almeno 200 milioni di investimenti privati. Nata e vissuta in Francia, ma figlia e nipote di napoletani - il nonno era lo statista Francesco Saverio - la Nitti ha lavorato a Pompei dall'86 al '90. Portare i soldi dei privati a Pompei era una sua vecchia idea? «A Pompei ho lavorato con gioia e sofferenza, e ho imparato a conoscere pregi e difetti della zona. È una memoria imprescindibile per la storia dell'umanità. Ho scoperto la magia di questo luogo nel mondo e la sua potenzialità economica, ma mi sono scontrata con impedimenti locali e ho immaginato in un connubio da sogno, la facilità di lavorare con un portafogli estero. Poi, quando ho lasciato l'Italia per tornare in Francia, Pompei è rimasta sempre in un angolo del mio cuore». Cosa ha provato con il crollo della Schola Armaturarum? «Ho visto l'intollerabile orrore del mondo e ho sentito il dovere di reagire. È nata l'idea della mostra: avevo voglia di parlar bene di Pompei e ricostruire l'interno di una Domus dell'epoca è bastato a dimostrare quanto fosse moderna ed avanzata quella società. Ma ogni volta che sentivo i violenti attacchi all'Italia, quella vecchia idea - portare finanziamenti dalla Francia, dove gli investimenti sono defiscalizzati fino al 60%, a Pompei, ha cominciato a scoppiarmi nella testa». Come ha coinvolto il Consorzio Epadesa? «Ho parlato con la presidente prospettandole i vantaggi che possono derivare dal legare l'attività di un consorzio che riunisce le 2500 più grandi imprese tecnologiche del mondo con l'immagine della più avanzata città antica. Il passo successivo è stato quello con l'Unesco: da l' Epadesa e dall'Unione industriali di Napoli è partita una lettera d'intenti con la disponibilità ad investire a Pompei per il direttore generale dell'Agenzia. Il 28 novembre, a Parigi, Unesco e ministero firmeranno la convenzione che permetterà di aprire la gara su Pompei agli investitori privati, italiani e stranieri». Quanto e su che cosa investiranno gli stranieri? ,(Si è parlato finora di 200 milioni in dieci anni, in base alle emergenze rilevate dal ministero, ma potrebbero anche essere di più. Adesso si tratta di mettere a punto tutti i meccanismi tecnico-giuridici necessari. Il ruolo dell'Epadesa sarà solo quello di finanziare interventi di restauro all'interno del sito archeologico, progetti e lavori, infatti, resteranno interamente in carico a Soprin tendenza e ministero». Che cosa si aspetta da questo progetto? «Quando sarà realizzato anche il piano di investimenti nelle infrastrutture dell'area messo a punto dagli industriali, che Pompei possa finalmente esprimere tutto il suo enorme potenziale per migliorare l'intero territorio. Allora sarò soddisfatta: ho imparato tanto a Pompei, avrò ripagato la lezione ricevuta».

08/11/2011 Pompei (NA), l'Europa salva gli scavi (Repubblica)

Via ai lavori nel primo trimestre 2012 e fino al 2015. Il commissario europeo ha detto sì e i 105 milioni di euro sono tutti di Pompei. Ma non basterà, e allora a cercare donazioni di privati bisognerà mettersi d´impegno come ha fatto l´Unesco, che ha già siglato un primo accordo. Altra cosa importante: a decidere sulla spesa e sul metodo conoscitivo per la messa in sicurezza dei 1500 edifici della città distrutta nel 79 d. C. e di nuovo a rischio in questo terzo piovoso millennio, saranno «gli esperti». Ha detto proprio così, il commissario per gli Affari regionali Johannes Hahn, stanco per la lunga camminata attraverso cardi e decumani e poi alle due porte che guardano Nola ed Ercolano, stanco ma incantato e sorpreso della grandezza di Pompei. «L´Ue - aggiunge il commissario - eserciterà tutti i controlli necessari sulla spesa dei fondi, come per tutti i programmi operativi». Una pratica cui l´Europa ricorre d´abitudine, ma che per qualcuno è suonata come l´opportunità di arginare l´invadenza della politica, o comunque di forze di segno diverso da quello della soprintendenza e dei tecnici. Un piano quadriennale concordato con il governo, che avrà inizio proprio per scagionare danni da precipitazioni.
Giornata con un po´ meno attenzione alla passerella politica del solito. Forse per il governo in dirittura d´arrivo, forse per il clima di chiarimento che si è creato sin dall´inizio, la giornata a Pompei si è rivelata costruttiva. Alla visita del commissario si è accompagnata quella dei ministri Giancarlo Galan e Raffaele Fitto, con il sottosegretario con delega agli Scavi Riccardo Villari e il governatore Stefano Caldoro. Dopo un rapido incontro con rinfresco all´auditorium ornato di orchidee e melograni, i protagonisti della giornata, accompagnati dalla soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro e dal direttore di Pompei Antonio Varone, insieme con il direttore generale del Mibac per le Antichità, Luigi Malnati, e il segretario generale del Mibac Roberto Cecchi, hanno percorso un primo itinerario solo apparentemente fuori tema. Dall´Anfiteatro, infatti, il commissario è stato condotto fino alla Casa della Nave Europa (forse per tornare all´etimologia del continente e dell´organismo per il quale lavora). Ma soprattutto, lungo il percorso ha appreso la notizia del giorno: parte delle acque più ribelli di Pompei è stata irregimentata, quella del canale del Conte di Sarno. Si tratta di uno dei flussi più responsabili degli allagamenti all´interno degli Scavi, capace di rendere inagibili interi tratti e molti accessi alle domus: un canale artificiale che attraversa Pompei, risale al XVI secolo e che origina dalla sorgente Foce, la stessa da dove nasce il fiume Sarno. Responsabile dei lavori, terminati proprio ieri, l´archeologa Luciana Jacobelli. Strano che a Pompei si parli sempre di irreggimentazione delle acque e che nessuno abbia prestato attenzione a questa importante novità.
Dopo la visita alla domus di via dell´Abbondanza, il ministro Galan ha fatto una deviazione a Porta Nola, dove il 22 ottobre parte del manto lapideo della cinta muraria è caduta, riaprendo la questione apertasi un anno fa, con il crollo della Schola Armaturarum. Le auto blu ministeriali hanno poi raggiunto Porta Ercolano, dove, nei pressi della Casa di Diomede che ha ispirato madame De Staël e Theophile Gautier, Galan si è fermato ai muretti moderni: «Sulle nostre carte del 1824 - ha spiegato la soprintendente Cinquantaquattro - quel pezzo di muro non esisteva». «Risalgono al 1943 - ha aggiunto Galan - e pensare che per questi qualcuno ha chiesto le mie dimissioni». E si è messo a scattare foto con il cellulare e a ricostruire simbolicamente un pezzo di muro caduto a Porta Ercolano, unico posto scampato ai sigilli della Procura. «Niente catastrofismi, ma l´attenzione non deve calare, soprattutto contro il peggior nemico di questo sito: le infiltrazioni. Occorre prima conoscere - ha continuato Galan - e poi intervenire costantemente con una manutenzione programmata». Entro la fine di novembre sarà attivata la procedura perché le gare potranno essere bandite solo quando i fondi europei non saranno più solo virtuali: «Parte il monitoraggio - spiega la soprintendente - e la messa in sicurezza con la realizzazione di progetti di cui la soprintendenza già dispone e le nuove progettazioni che nasceranno in seguito al monitoraggio». Per Caldoro i 105 milioni rappresentano «il più grande intervento degli ultimi decenni. È importante intervenire con rilevamenti nelle aree a rischio anche attraverso la telesorveglianza a fibre ottiche». Nel pomeriggio il Consiglio superiore dei Beni culturali istituisce una cabina di regia per la sorveglianza ai lavori: con il direttore Malnati, ne fanno parte Andrea Carandini, Giuseppe Sassatelli, Giovanni Carbonara e Francesca Ghedini. A fine giornata restano le perplessità dell´Ugl dell´Osservatorio patrimonio culturale, per i quali le cifre ballano ancora. «Ci sono 60 milioni in cassa in soprintendenza ma i lavori di somma urgenza non sono stati fatti» scrive il segretario Ugl Francesco Falco. Il responsabile dell´Osservatorio, Antonio Irlando, invece parla di 50 milioni di lavori previsti prima dell´estate ancora non cantierabili. Ma sulla manutenzione quotidiana come soluzione al logorio del tempo crono e meteorologico sono tutti d´accordo.

07/11/2011 Pompei (NA), allagamenti agli scavi (Il Mattino)

Scavi allagati: la soprintendenza decide per la chiusura. I turisti si ribellano. A un anno dal crollo della Schola Armaturarum in migliaia, da tutto il mondo, ieri mattina erano arrivati a Pompei per poter dire: «Io c'ero». La curiosità di visitare la città antica nel giorno dell'anniversario della distruzione della scuola dei gladiatori non si è fermata neanche davanti al nubifragio che ha completamente allagato l'area archeologica. Circostanza che ha convinto, in un primo momento, i responsabili della soprintendenza a non rendere il sito fruibile. Ieri mattina, dunque, l'entusiasmo dei circa diecimila turisti, tra americani, giapponesi, tedeschi e francesi, è stato frenato dai cartelli affissi ai cancelli sbarrati: «Chiuso per pioggia». I visitatori, però, non ne hanno voluto sapere di andare via e, sotto la pioggia battente, hanno manifestato il loro malcontento. Così il direttore degli scavi, Antonio Varone, non ha avuto altra scelta: aprire i cancelli. Dopo circa tre ore di attesa, quando il sole timidamente ha fatto capolino dalle nuvole, il solo ingresso di Porta Marina Superiore è stato spalancato. La visita all'area archeologica, tuttavia, è stata circoscritta alle sole zone sicure delimitate dal perimetro del Foro. Prima di aprire al pubblico Varone ha monitorato tutta la zona ordinariamente agibile decidendo di rendere fruibile solo la zona di Porta Marina e del Foro Civile. Rimasta chiusa per allagamento l'uscita del Tempio di Venere, i turisti per lasciare gli scavi hanno dovuto utilizzare la rampa d'ingresso di Porta Marina Superiore. Una discesa irta e pericolosa, soprattutto in condizioni atmosferiche avverse. L'ingresso di Porta Anfiteatro, invece, è rimasto interdetto al pubblico l'intera giornata. Nell'attesa di fare la conta dei danni, gli operai della soprintendenza hanno dovuto rimuovere terra e lapilli, defluiti lungo via dell'Abbondanza, dalla casa dei Casti Amanti. La pioggia torrenziale caduta nella notte ha generato anche un vero torrente che scendendo dal terrapieno, situato sul lato nord, ha attraversato da una parte all'altra la famosa domus. La chiusura degli scavi, prima, e la rischiosa apertura ritardata, dopo, ha gettato benzina sul fuoco delle polemiche. «Nell'anniversario del crollo della Schola Armaturarum - spiega Antonio Pepe, segretario Cisl - le emergenze dovute al maltempo hanno riportato d'attualità il rischio crolli, attribuito ad eventuali dissesti idrogeologici. Prevenire equivale a garantire la cura ordinaria e straordinaria del monumento e la buona gestione del deflusso delle acque piovane. Priorità - denuncia la Cisl - che, da quanto ci risulta, il consiglio di amministrazione della soprintendenza non ha mai messo tra i punti programmatici urgenti». Dalla Uil fanno sapere che «era facile immaginare che l'eccezionale ondata di maltempo potesse arrecare ulteriori disagi. Come accade ormai da anni, nulla è stato fatto per prevenire tali disagi. E singolare, tuttavia, che nonostante lo stato di estremo disagio e non potendo di fatto vedere quasi nulla, ai turisti è stato fatto pagare il biglietto a prezzo intero». 

05/11/2011 Ercolano (NA), patto fra comune e privati (Il Mattino)

E’ operativa da oggi Herculaneum Opportunities, la nuova agenzia di sviluppo turistico dell'area vesuviana. Si tratta della prima società mista in Campania in cui la maggioranza è detenuta da un soggetto privato. Il principale azionista, infatti, è il Gruppo navale Lauro che detiene il 51%, mentre il restante 49% è di proprietà del Comune di Ercolano: «Credo che per l'area vesuviana si tratti di un'occasione storica, soprattutto se si considera questo momento di forte crisi economica globale - sottolinea il senatore Salvatore Lauro, amministratore delegato di Herculaneum Opportunities -. In questo progetto, oltre alle risorse, io ci metto la faccia, ma credo fortemente sulle possibilità di sviluppo di questa zona.. I piani della nuova agenzia di sviluppo si articolano su una serie di progetti a breve, medio e lungo termine. Nell'arco dei prossimi sei mesi, uno degli obiettivi è riuscire a realizzare una piattaforma tecnologica in grado di portare su internet l'offerta turistica degli imprenditori locali. «In questa prima fase, inoltre - aggiunge Lauro - lavoreremo sulla creazione di un call center, di vari infopoint e sulla evoluzione di applicazioni internet per poter essere sempre connessi con gli utenti. È chiaro che uno dei primi risultati da raggiungere è la realizzazione di un Contratto di sviluppo dell'area vesuviana che comprenda progetti immediatamente cantierabili. Tra le iniziative a breve scadenza, anche una collaborazione con Mastercard per mettere in commercio una carta prepagata con il brand del territorio vesuviano. Tra le attività a lungo termine, ci sono la messa in funzione dell'antico Molo borbonico di Villa Favorita e la riqualificazione dei sentieri del Vesuvio: «Stiamo lavorando per coinvolgere in un'unica progettualità tutti gli attori del territorio, come Soprintendenza, Ente Ville vesuviane, Parco del Vesuvio ed imprenditoria locale., confida il presidente di Herculaneum Opportunities, Barbara Mancusi Barone: «L'intento è mettere insieme le risorse e le professionalità della zona attraverso un Piano integrato turistico che attivi immediatamente nuovi servizi per promuovere al meglio la città di Ercolano e l'intera area vesuviana.. La sede della nuova società sarà Villa Maiuri, la dimora in stile Liberty recentemente restaurata dal Comune di Ercolano, dopo anni di degrado: «Questa partnership tra pubblico e privato - commenta il sindaco Vincenzo Strazzullo - è l'unico volano possibile per mettere a frutto le ricchezze del territorio. Lavoreremo per coinvolgere tutte le mete turistiche della regione per diventare un punto di riferimento per il turismo internazionale.

05/11/2011 Pompei (NA), i giorni della rabbia (Il Mattino)

Tra inchieste e scambi di accuse sulle responsabilità, a un anno dal crollo della Scuola dei gladiatori cosa è stato fatto per portare Pompei fuori dalle emergenze? Se lo chiedono i cinquemila iscritti al profilo di Facebook istituito dal Comitato Cincinnato, nato per sensibilizzare il mondo su quanto sta accadendo negli scavi di Pompei. Il popolo del social network non è composto da giovani in cerca di dialogo con coetanei, ma di adulti con le idee chiare, seri professionisti del settore, archeologi, storici dell'arte, architetti, ingegneri che intendono salvare l'area archeologica da una seconda morte. Gli «amici» del Comitato Cincinnato si sono dati appuntamento a domani alle I l a piazza Anfiteatro per aderire alla manifestazione Pompeii November 6 -2011 pro Schola Armaturarum- ad un anno dal crollo». Ed è tra i veleni e sospetti che la soprintendenza si prepara alla visita che lunedì porterà agli Scavi il Commissario Ue Johannes Hahn, accompagnato dal ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giancarlo Galan, dal ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto, dal sottosegretario per i Beni e le Attività Culturali, Riccardo Villari, dal presidente della Regione Campania Stefano Cal-doro, dal segretario generale del MiBac, Roberto Cecchi, dal Capo di Gabinetto del ministro Galan Salvatore Nastasi, e dal sindaco di Pompei Claudio D'Alessio. Una visita-sopralluogo in vista dello sblocco dei finanziamenti promessi dall'Unione europea. I sindacati, intanto, pur criticando la gestione della soprintendenza non entrano nel merito della lettera che il senatore Riccardo Villari, nominato «tutore» degli scavi di Pompei dal ministero, ha scritto a Galan per denunciare i ritardi e le presunte incompetenze della dottoressa Cinquantaquattro. «La sola figura della soprintendente non basta per evitare che Pompei continui a crollare - afferma Amedeo Baittir, segretario regionale della Cgil - bisogna istituire nuovamente la figura del city-manager e svincolare la soprintendenza di Pompei da quella di Napoli. Per amministrare Pompei si richiedono competenze di primo ordine, se la si accorpa ad un altro museo è normale che la situazione sfugge dal controllo. E poi - aggiunge Baittir - nutro forti dubbi sulla seria volontà di salvaguardare il sito archeologico. Non sarà che il vero interesse sono i finanziamenti? Solo quando si parlerà di tutela e fruizione, a mio avviso, si inizierà a fare sul serio. Poi ci sono le grandi aspettative delle assunzioni, sperando che non ci deludano. In un territorio povero come il nostro, quando si parla di assunzioni, si aprono varchi infiniti di aspettative». L'Ugl, invece, dice «basta ai soprintendenti con la valigia che vengono a Pompei solo per fare carriera». Renato Petra, coordinatore nazionale dell'Ugl Beni Culturali, è categorico: «Gli scavi non hanno bisogno di una soprintendente che trascura il sito per studiare da dirigente». Poi afferma che «Galan è come Totò. Il principe De Curtis riuscì a vendere il Colosseo, il ministro ha venduto fumo, millantando di aver portato soldi a Pompei. In realtà i finanziamenti non solo sono europei, e non ministeriali, ma erano già previsti prima che arrivasse lui a vendersi meriti che non gli appartengono. E poi - insiste - i progetti ci sono o non ci sono? Un giorno si devono redigere e occorrono quattro mesi per farlo, il giorno dopo, per magia, i progetti ci sono. Per quanto tempo ancora dobbiamo brancolare nel buio?».

03/11/2011 Pompei (NA), tra indagini, test e perizie (Il Mattino)

Il procuratore Marmo: «Aspettiamo l'esito delle perizie». Sotto accusa presunti sprechi.
Le indagini sul crollo della Schola Armaturarum sono al rush finale. E a conclusione si avvia, anche, l'inchiesta sulle spese «pazze» del Teatro Grande per la quale dai corridoi giudiziari si annunciano avvisi di garanzia «eccellenti». Con la rimozione delle ultime macerie di quello che è rimasto della scuola dei gladiatori, il super perito Nicola Augenti si appresta a concludere gli ultimi rilievi che determineranno le cause del cedimento strutturale avvenuto il 6 novembre di un anno fa e che, secondo l'esperto, non sono riconducibili alla pioggia. La rimozione totale delle travi della copertura della Schola Armaturarum consentirà il recupero e il restauro degli affreschi, ma l'area resterà di fatto sotto la custodia della procura, anche nelle fasi di restauro. Il personale della soprintendenza dovrà essere autorizzato dal magistrato per accedere al luogo, in modo che la procura abbia la certezza che le operazioni siano compatibili con le indagini ancora in corso. Il professor Augenti, che lunedì scorso era negli uffici del sostituto procuratore del tribunale di Torre Annunziata, Emilio Prisco, per ricevere la nuova delega sui recenti crolli che hanno ulteriormente «ferito» la città, sottolinea che «è importante studiare il contesto in cui sono avvenuti i nuovi crolli, per stabilire se hanno un nesso con i precedenti riconducibili ad eventuali responsabilità». «Aspettiamo che il perito depositi la relazione e poi tiriamo le somme», dice dal canto suo il procuratore capo Diego Marmo. «Se archiviare l'indagine o chiedere il rinvio a giudizio degli imputati dipende dalla perizia che il tecnico ci consegnerà. Il lavoro di acquisizione delle prove non è tanto compito dei magistrati - tiene a sottolineare il numero uno della procura oplontina - ma di esperti, perché l'inchiesta ci porta a valutare e salvaguardare un patrimonio dell'umanità. Una delle difficoltà maggiori che abbiamo incontrato è stata individuare una persona esperta che non abbia mai avuto rapporti, di alcuna natura, con la soprintendenza. Il professor Augenti è la persona giusta, anche perché ha già lavorato con la procura con risultati eccellenti». La scure giudiziaria sta per abbattersi nuovamente sulla gestione dell'area archeologica. Nuovi avvisi di garanzia si annunciano nel futuro degli scavi. L'inchiesta della magistratura sul Teatro Grande, infatti, è in dirittura d'arrivo. «Si avviano alla conclusione anche le indagini affidate alla guardia di finanza sulle spese di restauro del Teatro Grande», dice Marmo. L'inchiesta era stata avviata la scorsa estate dal numero uno della procura oplontina e affidata ai militari della guardia di finanza di Torre Annunziata. Cinque milioni di euro è la spesa affrontata dall'ex commissario delegato all'emergenza dell'area archeologica di Pompei, Marcello Fiori, per il restauro e la riqualificazione del Teatro Grande di Pompei. Finanziamento oggetto di indagini che hanno portato al sequestro del materiale scenico. La magistratura contabile, inoltre, indaga sugli «sprechi» del commissariamento. Spese di rappresentanza, staff e assegnazioni di appalti da chiarire. Su questo investiga la Corte dei Conti che ha bocciato la gestione commissariale definendo illegittime tutte le spese sostenute nei due anni di attività. «Gli scavi di Pompei non sono un'emergenza da Protezione Civile - hanno sentenziato i giudici della Corte dei Conti - di conseguenza gli interventi che interessano la tutela e la valorizzazione dei suoi tesori non andavano esclusi dai preventivi controlli».

I test strutturali servono per scongiurare nuovi dissesti: l'ingegnere Augenti vince il duello con la Soprintendenza «Nessun rischio per le domus».
Il professor Nicola Augenti, perito incaricato dalla Procura di Torre Annunziata, è agli Scavi per studiare le possibili cause dei nuovi crolli e seguire le fasi finali della rimozione delle travi della Schola Armaturarum. Lei ha dato il via libera al prelevamento delle ultime macerie da via dell'Abbondanza. Vuol dire che l'inchiesta è finita? «Diciamo che ci stiamo avvicinando alla conclusione della perizia e quindi, delle indagini. La rimozione totale delle travi della copertura della Schola Armaturanun consentirà il recupero e il restauro degli affreschi». L'area sarà dissequestrata? «L'area rimarrà sotto la custodia della procura, anche nelle fasi di restauro. Il personale della soprintendenza dovrà essere autorizzato dal magistrato per accedere al luogo. La procura dovrà avere contezza delle operazioni svolte e avere la certezza che siano compatibili con le indagini». Procederà con le prove di carico? Certo». In cosa consisteranno? «Bisogna innanzitutto precisare che le prove strutturali saranno effettuate su murature ricostruite nel dopoguerra, come del resto lo erano le strutture che hanno ceduto, e quindi il patrimoni culturale sarà tutelato in tutti i suoi aspetti. Tale procedura, la prima applicazione nel suo genere, ci fornirà elementi utili a stabilire le reali cause dei crolli. Avrà, inoltre, una importantissima valenza scientifica nella prevenzione dei dissesti. Il ministero avrebbe già da tempo dovuto avviare un simile iter». Il risultato dei test strutturali potrà essere reso noto? «Al termine delle prove le tavole grafiche saranno messe a disposizione delle parti inquisite e della soprintendenza perché saranno fatte in contradditorio e avranno una efficacia probatoria». Ha già avuto modo di visionare i nuovi crolli peri quali ha ricevuto una nuova delega dalla procura? «Ho fatto un sopralluogo per avere un quadro della situazione e capire se c'è un nesso con i crolli e se ci possono essere responsabilità». La soprintendenza sta collaborando? «Dopo una prima alzata di scudi, la dottoressa Cinquantaquattro ha capito che ostacolare le indagini non porta a nulla di buono. Lei non ha il potere di impedire le prove di carico. Io sono stato delegato dalla procura a procedere con le perizie e ho carta bianca».

30/10/2011 Pompei (NA), La priorità? Incanalare le acque: va considerata la città, non le domus (Il Mattino)

Sbagliato concentrarsi sui singoli edifici: se non si risana il contesto recupero solo apparente
L'archeologo De Simone: resta valido il modello utilizzato per i restauri del post-sisma
«La prima cosa che occorre fare se si vuole salvare Pompei è cominciare a considerarla una città e non una serie di case in cui stanno resti archeologici da conservare: l'approccio agli scavi deve essere di tipo urbanistico». Antonio De Simone, archeologo, professore di Archeologia al Suor Orsola Benincasa di Napoli e tra i maggiori pompeianisti al mondo, bacchetta senza giri di parole tutti quelli che, intervenendo sul sito vesuviano, in questi ultimi trent'anni, hanno cercato più il recupero della singola domus o del cubicolo che in quella casa presentava problemi maggiori di altri locali, che guardare alla situazione generale nel suo complesso. Come operare, allora? «Bisogna agire per moduli. Non ha senso restaurare una casa o una stanza se non si interviene sull'insula, nel suo insieme. Il degrado che rimarrebbe attorno al recuperato, con il suo peggioramento, metterebbe a rischio anche il restauro già fatto. Inoltre, va privilegiato il restauro dell'esistente piuttosto che lo scavo nuovo. Vede, nel 1984 con i fondi Fio avviammo il recupero dell'intera città cominciando dalla zona dell'anfiteatro e risalendo verso il centro, restaurando le case della Regio I e della Regio II; all'interno di queste c'è stato poi il recupero delle domus monumentali che incontravamo. Lo scavo nuovo veniva fatto solamente nel caso in cui c'erano delle insulae che in quell'area dove si stava operando non erano ancora scavate del tutto». Ma a Pompei c'è il problema delle acque meteoriche. Come si risolve? «Questa è un'altra cosa che noi non facevamo e che invece andrebbe fatta: l' irreggimentazione delle acque. E’ un argomento si cui ha posto l'accento anche Carmine Gambardella, il preside della facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli. Ovviamente si dovrà ragionare in maniera globale e non per insula, come è stato fatto sino ad ora. E poi va tenuto conto che Pompei rientra in un sistema complesso di visita e di espletamento di servizi. La nuova soprintendenza, realizzata in un prefabbricato, sarebbe dovuta durare alcuni anni, come venne sottolineato allora, recuperando, con il suo abbattimento, lo spazio e la visibilità completa della città. Questo significa che non ci dovrebbe essere spazio per manufatti nuovi, quand'anche essi dovessero servire all'espletamento del servizio: occorre conservare l'immagine di Pompei come città antica, il che significa che non vanno edificati manufatti nuovi vicino alla città. In pratica non dobbiamo fare come pubblico quello che vietiamo ai privati». Vale a dire? «Se impediamo la costruzione di un palazzo in prossimità degli scavi perché invece la soprintendenza può farlo, magari al suo interno?». E’ ipotizzabile un numero chiuso per i visitatori, visto che due milioni e mezzo di turisti rappresentano una violenza terribile per un sito così fragile? «Potrebbe essere un falso problema: se si amplia il restaurato e il fruibile si ha la possibilità di distribuire i visitatori su una maggiore area cittadina. In questo ambito va immaginata la vista della città disponendo di un museo. Virtuale o reale, poco importa. Per quale motivo a Pompei non sono mai stati esposti i dipinti trovati a Murecine? Perché non sono visibili le tombe di Striano o di San Marzano, che provengono dal territorio e sono gli antefatti di Pompei? Perché il deposito scoppia di manufatti che vanno all'estero per mostre viste da migliaia di visitatori e non vengono visualizzati all'interno del territorio di Pompei? Ecco, con un museo si migliorerebbe non solo la visita della città ma anche la qualità dell'utenza».

29/10/2011 Pompei (NA), "Save Pompei", si fanno avanti Università e CNR (Il Mattino)

Cervelli in campo per salvare Pompei. La chiamata a raccolta sembra aver funzionato: universitari e ricercatori hanno risposto all'appello del ministero confermando e dando la loro immediata disponibilità al piano di salvataggio del sito archeologico più grande del mondo. Al ministero dei Beni Culturali sono già arrivate le adesioni della Federico II, della Seconda Università, dell'istituto Suor Orsola Benincasa e del Cnr. Ad annunciarlo il sottosegretario Riccardo Villani, che una settimana fa aveva lanciato «Save Pompei», un appello alla mobilitazione delle eccellenze, che ha incontrato ieri a Napoli i vertici della Facoltà di architettura della Seconda Università di Napoli, dell'Università Federico I1 e del Centro di Competenza sui Beni Culturali Benecon. Nei prossimi giorni incontrerà anche il preside del Suor Orsola Benincasa, rappresentanti degli Ordini professionali nazionali e dirigenti del Cnr. «Dopo l'appello del ministero, arrivano immediati i primi importanti riscontri - dice Villari - e nell'incontro ho ricevuto la piena disponibilità dei due atenei ad offrirci le proprie competenze a sostegno di interventi tecnico-scientifici nell'ambito del sito archeologico di Pompei». Il sottosegretario ribadisce che «la sinergia e la collaborazione sono indispensabili per la salvaguardia di questo tesoro del nostro patrimonio e la situazione attuale richiede l'apporto e l'ausilio di tutti. I due atenei napoletani - conclude - sono eccezionali serbatoi di competenze e la disponibilità manifestata va nella direzione che da tanto auspichiamo e che, sono convinto, ci permetterà di superare definitivamente l'emergenza». Intanto, dopo il via libera dei 105 milioni di fondi europei per Pompei, annunciato mercoledì a Roma dal commissario europeo Johannes Hahn, si stanno anche predisponendo i tavoli tecnici perla messa a punto dei programmi di avvio dei lavori. «La nostra preoccupazione, adesso - ha spiegato Villan - è accelerare i tempi per quanto riguarda la messa a punto della documentazione necessaria ad avviare gli interventi. Anche Invitalia è già a lavoro su questo. Noi ci stiamo attivando perché la Soprintendenza possa avere a disposizione le competenze di tutti e possa muoversi rapidamente e con efficienza. Bruxelles, infatti, non anticipa i soldi: pagherà a lavoro fatto, e se fatto bene». La conferma che dall'Unione Europea arriveranno i soldi promessi dovrebbe servire a far fare un passo in avanti anche ai tavoli di trattativa per gli investimenti dei privati, italiani e stranieri. La certezza di un piano - del suo finanziamento, e della sua realizzazione con il controllo della Commissione europea - per la messa in sicurezza degli Scavi, dovrebbero rappresentare un incoraggiamento e una garanzia per chi vuole investire. Sarà convocato per la prossima settimana a Napoli, dunque, il tavolo tecnico tra ministero, Regione Campania e Comune di Pompei per discutere il piano dell'Unione Industriali. Per quanto riguarda gli investitori stranieri, gli imprenditori francesi riuniti nel consorzio La Defense che attraverso la storica dell'arte italo-francese Patrizia Nitti hanno dato la loro disponibilità ad investire 200 milioni in dieci anni negli Scavi, e una fondazione americana che avrebbe manifestato il suo interesse per Pompei, l'appuntamento è a fine novembre, a Parigi, dove il 28 novembre è prevista la firma della convenzione Mibac-Unesco.

28/10/2011 Pompei (NA), fondi, veleni e nuovi crolli? (Il Mattino)

Negli Scavi affollati di turisti - nella sola giornata di ieri gli ingressi staccati sono stati novemila - felicemente ignari della giornata di giallo e polemiche che si consumava, Tsao Cevoli, presidente dell'Associazione nazionale archeologi, srotola la sua «personale» mappa del rischio. La Casa della caccia Antica. Almeno tre strutture, ai numeri 37, 39 e 23 del Vicolo Storto, una delle vie di collegamento che conduce al vicolo del Lupanare, forse il sito più famoso di Pompei, proprio di fronte al quale ci sono altre due strutture minacciate. «Temiamo che nei prossimi mesi vedremo crolli sempre più frequenti e gravi», dice, accompagnando un corteo di giornalisti, fotografi e cineoperatori lungo il percorso della vergogna. Cancelli di legno, spesso rotti. Travi sistemate alla buona. Reti malconce o danneggiate, fili di recinzione di plastica, qualche corda. Segnalano i siti chiusi al pubblico perché a rischio o rischiosi da visitare, ma non sempre riescono ad impedire l'accesso dei visitatori. Così che, dal bancone di un termopolio - sorta di antica taverna - «transennato» con il nastro di plastica, Cevoli solleva un lastrone di marmo, e poi il sasso sotto e quello sotto ancora: «Chiunque potrebbe smontarlo pezzo per pezzo e portarlo via», dice, attirando fortunatamente l'attenzione di una delle cinque guide incrociate ieri durante una mezza giornata passata in giro per gli Scavi. La tappa successiva è alla Casa del Fauno, teoricamente chiusa al pubblico: nessun problema ad entrare, fatta eccezione per lo slalom tra le pozzanghere. Cevoli mostra una copia del mosaico della battaglia di Alessandro - il più famoso di Pompei di cui l'originale è al Museo Archeologico, spiega - rimasto all'ombra di una imponente tettoia di metallo: «Ma non è servita a granché: il mosaico è ricoperto dagli escrementi di uccelli, nemmeno le copie o i restauri siamo capaci di preservare». Tocca poi alla Casa della Caccia. «Fino a qualche tempo fa tutto questo marciapiede era transennato. Adesso c'è appena una corda che dovrebbe impedire di entrare, ma l'intera struttura è pericolante» racconta Cevoli mostrando lesioni e suture nelle mura dell'edificio, proprio mentre passa una donna con una carrozzina. “E’ possibile - si domanda l'archeologo - che per mettere in sicurezza un sito pericolante si debba aspettare uno stanziamento di fondi dell'Ue? Siamo fortunati che a Pompei finora tutto è accaduto di notte, quando nel sito non ci sono visitatori». Secondo il presidente degli archeologi a rischio crolli sarebbero anche alcune strutture in Vicolo Storto e proprio vicino al Lupanare, il sito degli Scavi più visitato e più affollato. «Ma nessuno di questi - denuncia - è attualmente messo in sicurezza. Anche l'incolumità dei visitatori, ormai, non è garantita».
Già, i visitatori. La vera risorsa di Pompei che porta in cassa ogni anno almeno 25 milioni di euro. Ieri, un giovedì dal tempo incerto, erano novemila a passeggio nella città antica. Senza nemmeno una mappa, perché sono esaurite da sei mesi e non si riesce a ristamparle. Un gruppo di stranieri scavalca impunemente le transenne: nelle orecchie gli auricolari dí un'audioguida che forse non li ha informati sui percorsi proibiti. A Porta Marina sono in molti i gruppi di visitatori spaesati: non si trova l'uscita, perché il pannello di plexiglass con la statua di Apollo che la indica è ormai illeggibile. Lo aveva fatto il Commissariato, non è durato. Una coppia, lei toscana, lui pugliese chiede stupita: «Dov'è il punto di ristoro? Ma è davvero di Autogrill?».

Questa volta i soldi ci sono: non ci piove. Ma, a proposito di pioggia, mentre continuano i crolli in alcuni luoghi-simbolo degli scavi di Pompei, ancora non é chiaro chi, come e quando riuscirà a spendere un bel gruzzolo di generosi finanziamenti europei e di denaro contante attualmente nelle casse della Soprintendenza. Basta fare una somma dei due fondi disponibili e il quadro finanziario è chiaro: sul tavolo degli scavi visitati ogni anno da 2,5 milioni di persone che arrivano da tutto il mondo, ci sono 105 milioni di euro appena sbloccati dall'Unione europea e 40 milioni cash che rappresentano gli introiti disponibili della gestione corrente del sito archeologico. Totale: 145 milioni di euro. Una cifra imponente per l'attività di manutenzione, conservazione e restauro degli scavi, tartassati da anni, tanti anni, di incuria, degrado, scarsità di risorse umane e finanziarie, e amministrazioni opache. A questo punto entrano in gioco i soggetti chiamati a gestire questo patrimonio di risorse sulle quali l'Unione europea, come ha annunciato il commissario Johannes Hahn, vigilerà non con uno, ma con entrambi gli occhi aperti. Per evitare che i preziosi quattrini, come é avvenuto per esempio con altri stanziamenti dei fondi Fas, finiscano nella nebbia di progetti che non si vedono e magari non esistono, oppure nessuno é in grado di realizzarli. Un film già visto in altre occasioni nel nostro Mezzogiorno sempre a corto di investimenti pubblici sani e coerenti. Tra i soggetti seduti attorno al tavolo, ne citiamo tre per non allungare troppo l'elenco e anche per il fatto che sono quelli decisivi per vincere il rischio dello spreco di una straordinaria occasione. La regione Campania, alla quale i fondi Fas sono accreditati e che, auguriamoci, non potrà sognarsi di fare qualche scherzetto provando a dirottare i milioni per Pompei verso altri lidi, magari per tappare qualche buco del suo bilancio. La Soprintendenza degli scavi che, anche grazie a 20 assunzioni di archeologi e architetti, messe nero su bianco a brevissima scadenza, avrà la regia tecnica e scientifica dell'intera operazione "Salviamo e riscattiamo Pompei" anche sulla base di precise responsabilità istituzionali. E infine il governo, che ha il boccino in mano e dovrebbe sentire tutta l'importanza di uno scatto in avanti di un luogo storico, turistico e ambientale che, da solo, se fosse ben gestito e valorizzato potrebbe cambiare le sorti dell'intera economia della Campania e non esclusivamente di Pompei e dintorni. Il ministro della Cultura, che dal giorno del primo crollo, non ha sentito il bisogno di un sopralluogo a Pompei, boccia i supercommissari. Ci sono stati in passato, hanno funzionato poco e male e sono stati sommersi dalle critiche. Resta allora da capire come sia possibile portare a compimento la missione "Salviamo e riscattiamo Pompei" senza un coordinamento che sappia, per esempio, distinguere gli interventi per agguantare l'emergenza ed evitare i crolli, o comunque ridurli a pura calamità, dagli investimenti per il recupero e la valorizzazione del sito archeologico. Non giriamo troppo attorno al nocciolo della questione: siamo in presenza di una scelta politica che il governo deve fare, con chiarezza, con trasparenza e con efficienza, per garantire il successo di una scommessa da sistema Paese. Già, sistema, parola difficile da declinare nell'Italia dei feudi, delle corporazioni (comprese quelle che si annidano nell'universo dei Beni culturali), della burocrazia sempre in agguato, dei veti incrociati e, a proposito degli scavi di Pompei, di piccoli e grandi clan che spadroneggiano. Soltanto una scelta di sistema chiarirà un ultimo, ma non irrilevante, rebus: che cosa possono fare i privati per il progetto "Salviamo e riscattiamo Pompei". Sulla carta possono fare tanto, purché mettano mano al portafoglio, non litighino l'un contro l'altro armati e trovino le giuste convenienze, ma anche un amore per il Sud e per l' Italia, nell'entrare, soldi contanti alla mano, nella partita degli scavi più sprecati del pianeta. Caro ministro, i fondi da soli non bastano. Bisogna cambiare musica.

Intervista. La Cinquantaquattro: situazione grave, migliorerà con l'avvio degli interventi
Doveva essere un day-after positivo quello di ieri per la Soprintendenza. Dopo il via libera dei 105 milioni di fondi europei annunciato mercoledì a Roma dal commissario europeo Hahn, invece, è stata un'altra giornata difficile. Tanto difficile che Teresa Elena Cinquantaquattro, generalmente di poche e diplomatiche parole, è arrivata a minacciare di rivolgersi alla magistratura.«Sicuramente sono stata molto contenta per l'annuncio della reale disponibilità dei soldi ma sono costernata per l'uso che ormai stanno facendo i media di ogni fatto che riguarda Pompei. Ribadisco che non c'è stato nessun nuovo crollo. Mi dispiace per la stampa, che forse dopo le piogge dell'altro giorno se lo aspettava, ma è così. Mi sembra ci sia la volontà si screditare la Soprintendenza». Però il sopralluogo fatto ieri ha fatto scoprire un altro crollo, avvenuto non recentemente, ma non ancora rilevato. «I sopralluoghi vengono fatti per verificare le condizioni di conservazione delle strutture di cui tutti ormai conosciamo lo stato. E la situazione non cambierà fino a quando non partirà il piano di interventi perla messa in sicurezza del sito». Ma quando partiranno gli interventi per la messa in sicurezza del sito? «Quando arriveranno i soldi. Fino ad oggi i 105 milioni sono stati annunciati ma non sono ancora nelle casse della Soprintendenza nè sappiamo quando questo accadrà». Quali saranno i primi interventi? «I lavori procederanno secondo quanto stabilito nel programma approvato dal Consiglio superiore dei beni culturali, che è il massimo organo del ministero, e dalla Commissione europea». Quali sono le priorità, indicate dalla mappa del rischi, che richiedono un immediato intervento di pronto soccorso? «La mappa del rischio è uno strumento di lavoro, che viene continuamente aggiornato, nella esclusiva disponibilità della Soprintendenza». Toccherà alla Soprintendenza avviare le gare per l'appalto del lavori: è preoccupata? «Nessuna preoccupazione, perché tutto avverrà seguendo la normativa europea e con procedure rispettose della legalità». Molte zone a rischio nel sito non sono adeguatamente sorvegliate. Chiunque, stamattina, poteva entrare nella domus chiusa al pubblico. «Chi scavalca una protezione in una zona chiusa al pubblico lo fa sotto la sua responsabilità. E adesso per favore, lasciateci fare il nostro lavoro con serenità».

La Uil: danni alla Domus di Diomede. Il ministero: nessun cedimento, pronti a denunciare per procurato allarme
Poi scoperto il parziale distacco di una fontana in un'area chiusa: avvenuto mesi fa, mai segnalato
A poche ore dall'annuncio dei fondi europei, arriva la notizia dell'ennesimo crollo a Pompei: un muro nella Domus di Diomede, sulla via Consolare, a poca distanza dai due muretti moderni caduti qualche giorno fa. Il crollo è stato smentito dalla Soprintendenza e dal ministero - che hanno annunciato di star valutando la possibilità di presentare una denuncia per procurato allarme. Immediatamente sono partiti i sopralluoghi: si appura che la domus di Diomede non ha subito danni. «C'è stato solo il parziale distacco della muratura posteriore di una fontana, ma l'episodio non è sicuramente recente», spiega una nota. Ma resta il giallo.
Un nuovo crollo nella notte. Nessun crollo. Anzi sì, ma da un'altra parte, accaduto tempo fa e di cui però nessuno si era ancora accorto. Potrebbe essere questa, in sintesi, la cronaca dell'ennesima giornata difficile di Pompei consumatasi ieri tra allarmi, smentite, ipotesi di ricorso alla magistratura - questa volta da parte di Soprintendenza e ministero - e ammissioni di equivoci. Una giornata amara, iniziata con un falso allarme, trascorsa con atmosfere da giallo, e finita, checché se ne dica, con un allarme vero, l'ennesimo, sulle drammatiche condizioni del sito archeologico più grande del mondo. Proviamo a raccontarla. Ad annunciare l'ennesimo crollo, ieri mattina, le agenzie di stampa che riportano la denuncia della Uil Beni Culturali: a cedere sarebbe stato un muro nella Domus di Diomede, sulla via Consolare, a poca distanza dai due muretti moderni venuti giù con le piogge il 25 ottobre. A scoprirlo, secondo quanto riportano le agenzie, una ditta che stava eseguendo lavori di discerbo che avrebbe avvertito il custode che ha poi dato l'allarme. «A Pompei va controllato tutto - conclude la Uil - altrimenti è uno stillicidio di crolli». Immediatamente, comunque, partono i sopralluoghi. Sulla Via Consolare arriva il direttore degli Scavi, l'archeologo Antonio Varone, e i carabinieri che questa volta, però, ritengono di non sequestrare l'area. Viene appurato che la domus di Diomede non ha subito alcun danno e viene quindi smentito con un comunicato ufficiale «che tutto quanto affermato dalle notizie diffuse dalle agenzie «non corrisponde a verità, nella maniera più assoluta». «Si fa presente - continua la stessa nota - che nel corso di un sopralluogo nella Regio Vi.1.4, si è constatato il parziale distacco della muratura posteriore di una fontana, che si è adagiato all'interno della fontana stessa. L'episodio non è sicuramente recente, come dimostra la crescita di vegetazione spontanea. Si tratta - spiega ancora il comunicato - di una domus scavata nel 1700, chiusa al pubblico, la cui messa in sicurezza è già prevista nel Programma per la salvaguardia di Pompei». Nel tardo pomeriggio, dunque, l'allarme lanciato dalla Uil si sgonfia, tanto che lo stesso sindacato ammette essersi trattato di un equivoco. La Soprintendenza fa sapere, sempre nello stesso comunicato, di star facendo valutare, su proposta del ministro Galan, la possibilità di una denuncia per procurato allarme all'autorità giudiziaria. Ma resta comunque il giallo della fontana: perché quel «parziale distacco della muratura» che la Soprintendenza definisce «sicuramente non recente», fino a ieri mattina, quando è scattato il sopralluogo dei tecnici allertati dal falso allarme della Uil, non era mai stato scoperto. «Non ce ne è mai stata nessuna registrazione - conferma in serata l'archeologo Varone - nel registro dei crolli». A ragionare leggendo il comunicato ufficiale di Soprintendenza e ministero, dunque, un falso crollo ne ha fatto scoprire uno vero. E il fatto che il cedimento sia avvenuto, come dice la nota, in una Domus chiusa al pubblico - ma la rete in plastica forata posta a recinzione, ieri, era danneggiata e chiunque avrebbe potuto scavalcarla - la cui messa in sicurezza è già prevista nel Programma per la salvaguardia per Pompei», rivela che nemmeno i siti ufficialmente riconosciuti a rischio sono monitorati e sottoposti a sorveglianza. Inevitabile l'epilogo di polemiche politiche «Aldilà che si sia verificato o meno un ultimo crollo, la gestione di Pompei è da archiviare definitivamente», sostiene Fabio Granata (Fli). Dal Pd Guglielmo Vaccaro annuncia l'intenzione di chiedere un question time alla Camera su Galan, Vittoria Franco vuole che il ministro riferisca in Senato. Per Giulia Rodano (Idv), l'allarme su Pompei è giustificato, l'Udc sollecita al governo interventi strutturali per la messa in sicurezza. Dal Pdl, invece, la senatrice Diana De Feo invita Galan a riflettere sulla Soprintendente «inefficiente, incapace e inerte». Porta di Sarno Casa della caccia antica Villani «Sbagliato alimentare la psicosi» «Non vorrei che sulla questione crolli si scatenasse una psicosi - cornmenta Riccardo Villan, sottosegretario ai beni culturali con delega su Pompei - il vero problema è che tutto questo allarmismo ha fatto passare in secondo piano il lavoro fatto nei mesi scorsi. L'opposizione, che fa tante polemiche, perchè non ci dice cosa hanno fatto loro per Pompei? Perchè non è stato messo in sicurezza il sito fino ad oggi?».

27/10/2011 Pompei (NA), dopo i crolli ecco i fondi (Repubblica)

IL MALTEMPO senza tregua blocca il commissario europeo, costretto ad annullare il sopralluogo fissato per ieri. Ma mentre diluvia su Pompei, dalla conferenza stampa di Roma piovono 105 milioni di fondi comunitari. È la prima buona notizia - ufficiale dopo numerose indiscrezioni - che segue quelle a catena dei crolli all´interno degli Scavi, reduci dall´ultimo "incidente" della settimana scorsa con tre metri del paramento di un muro di cinta alto otto metri che si sono sfarinati dopo il nubifragio. E dopo il crollo della Schola armaturarum, un anno fa.
Sugli Scavi ora le inchieste aperte dalla Procura di Torre Annunziata sono due con la stessa ipotesi di reato. Per i due episodi si indaga per crollo colposo. Intanto però l´ultimo cedimento ha accelerato la corsa verso la salvezza del sito. Il commissario europeo Johannes Hahn, atteso ieri e bloccato dalla pioggia, ha fatto a Roma l´annuncio ufficiale del finanziamento e ha rinviato la sua visita al prossimo 7 novembre. Unione europea convinta del progetto presentato dall´Italia. «Se non fossimo stati certi che il progetto fosse stato implementato correttamente - ha spiegato Hahn - non lo avremmo finanziato». Progetto che si sviluppa negli anni 2011-2015 articolato su cinque punti fondamentali: il controllo degli elementi dell´area archeologica, il restauro delle parti del sito, il monitoraggio e la sorveglianza dell´area, il rafforzamento e la supervisione da parte della soprintendenza di tutti i siti di Napoli.
Dunque tutti soddisfatti. Interviene il governatore Stefano Caldoro. «Il piano per il salvataggio di Pompei è un ottimo piano che l´Europa ha recepito e che la Regione ha contribuito a realizzare, è il "frutto di una buona pratica" - ha commentato -. Con i suoi due milioni e mezzo di visitatori l´anno Pompei è il secondo sito più visitato d´Italia». Quindi la nota polemica. «È una delle migliori pratiche europee - dice il governatore ai cronisti - lo dico perché sembrate non capire. Del resto quando si parla di programmi del Sud, anche Tremonti ha difficoltà a capire, soprattutto quando si parla del Sud».
Battuta che non piace al collega di partito presente in conferenza stampa, il ministro Giancarlo Galan, che tira per la manica della giacca il governatore. «Ma io lo dico apertamente a Tremonti, ne abbiamo parlato tante volte...», insiste Caldoro. In serata viene diffusa una nota dalla Regione: «Il riferimento a Tremonti non era al Sud, ma ai numerosi strumenti di programmazione finanziaria, a partire dal Poin (Programma attrattori culturali pluriregionali), rispetto ai quali più volte i giornalisti hanno chiesto chiarimenti»

26/10/2011 Pompei (NA), Dalla stampa estera sferzate e accuse: tesori in frantumi come la cultura (Il Mattino)

Ma come ci vedono gli altri? Pizza, monnezza e criminalità. Meraviglie e rovine. Gente incosciente e smemorata, che pur avendo «un Dna per nascere artista e geniale, aspira soltanto a finire all'Isola dei famosi o nei reality di Berlusconi». Così i giornalisti di 50 prestigiose testate straniere raccontano ai propri lettori la Campania dopo i crolli di Pompei. Che, nonostante il fragore, non sembrano però aver impolverato del tutto, nel mondo, l'immagine positiva di una regione riscattata dalle proprie eccellenze, che può quindi ancora contare su turismo e cultura per il proprio rilancio. Queste, almeno, sono le conclusioni di una ricerca condotta dall'opinionista Klaus Davi sulla visibilità della Campania del mondo. L'Osservatorio ha raccolto ben 674 articoli, pubblicati da 50 tra le più importanti testate internazionali, nel peri-odo che va dall' I gennaio di quest'anno fino a ieri. E Pompei, al primo posto davanti a rifiuti e criminalità, nella classi -fica delle criticità evidenziate dalla ricerca, è finita spesso sulle prime pagine dei più importanti giornali internazionali, fiore ormai appassito all'occhiello di una cultura sempre più trascurata. Ecco cosa hanno scritto il 23 ottobre. «Il muro di Pompei si è sbriciolato proprio come si sta sbriciolando la cultura italiana» (Siiddeutsche Zeitung). «Quest'ultimo incidente èda attribuire alle promesse non mantenute del presidente del Consiglio di proteggere il sito archeologico» (The Guardian). Lo stesso quotidiano britannico meno di un mese fa: «Il governo italiano ha fallito, lo spettacolo di Pompei è straziante, la vera tragedia di Pompei è che chi l'ha scoperta non ha saputo preservarla». «Pompei sembra essere stata I giudizi Nouvel Observateur: Ravello il meglio del Paese balcone tra cielo e mare completamente dimenticata da tutti: dalle autorità, dagli istituti e dalle associazioni» (Die Tageszeitung 02/07/11). «Pompei sta vivendo una seconda cadiuta. Il patrimonio dell'Unesco sta degenerando ed è dominato da cani randagi e bande mafiose» (Der Spiegel l8/07/2011). Durissimo anche il commento dei francesi: «L'Italia è sempre più incapace di garantire la conservazione del proprio patrimonio» (Les Echos 18/08/11); «Il governo italiano non ha avuto né l'efficacia del privato, né le virtù del servizio pubblico. Pompei rimane l'altro grande malato del patrimonio transalpino» (Le Point 21/07/11). Pompei a parte - la città vesuviana è prima anche nella classifica delle località più criticate, seguita da Napoli, Casoria, Casal di Principe e Salerno - secondo i dati conclusivi della ricerca, ben il 71% delle citazioni sulla stampa estera riguarda però commenti positivi sulla Campania. A tenere in alto le quotazione della regione sul mercato estero il turismo (il 75,15 degli elogi), la cultura (70,30%), l'enogastronomia (68,45%), il cinema (62,85%), la musica e il teatro 860,50%). I giornalisti stranieri ci riscattano quando parlano di Ravello: «Un cliché dell'Italia dei sogni. Un balcone tra il cielo e il mare» (le Nouvel Observateur 23/06/11), o dell'arco di Traiano a Benevento: «un tributo alla pace e alla prosperità», il «monumento meglio conservato dell'Impero romano» (Travel&Leisure), o della reggia di Caserta, il «capolavoro» che è «la risposta italiana a Versailles» (Neue Ziircher Zeitung). Quanto all'enogastronomia, la stampa anglosassone per esaltare il nostro Aglianico tira in ballo perfino Cary Grant e Catherine Deneuve: è uno dei vini - scrive il Financial Times, che come i due divi «trasudano classe». C'è di che riflettere per gli amministratori di una Regione che non ha ancora una legge sul turismo, in un Paese i cui governanti credono che «con la cultura non si mangia».

26/10/2011 Pompei (NA), liti e promesse, ma Pompei continua a crollare: giù altri due muri (Il Mattino)

I muretti, innalzati da non molto tempo, si erano sbriciolati già da qualche giorno. Sono parte di strutture di contenimento e separazione all'interno degli scavi archeologici. Neanche quelle piccole opere moderne riescono a reggere nel disgraziato sito di Pompei. Dopo la scuola dei Gladiatori nel novembre dello scorso anno, il bis qualche giorno dopo di un muro nella Casa del moralista, il crollo di un muro antico di quattro giorni fa, ecco gli ultimi cedimenti nell'area archeologica. Se ne accorgono i custodi di primo mattino, lo renderà pubblico un comunicato del sottosegretario Riccardo Villari, informato dagli uffici della Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Napoli e Pompei. È l'area archeologica della necropoli esterna, stavolta, ad essere interessata. A Porta Ercolano, la via dei Sepolcri, è di scena il terreno su cui si sbriciolano parti del muro di contenimento. Serviva a trattenere il fango e a delimitare l'ingresso di un ambiente di età romana. Parte la segnalazione ai carabinieri della polizia giudiziaria in servizio alla Procura di Torre Annunziata. La zona viene delimitata e sequestrata. Prassi, seguita anche nei precedenti crolli. Ma non è finita. La mattinata è un'altra di quelle infelici per il sito di Pompei: a via Consolare, in piena città antica, si sfalda un altro muro. Serviva a delimitare dei restauri. Ancora il nastro bianco e rosso del sequestro giudiziario, ancora un segnale di attenzione. Due crolli, parziali, di mattoni che sembrano di cartone per lo smottamento di terreno provocato dalla pioggia. Un nuovo Sos per un'area che avrebbe bisogno di monitoraggi e attenzioni costanti. Oltre che di fondi. Spiega il coordinamento nazionale Uil Beni culturali e ambientali: «I crolli delle ultime ore sono datati, tanto che la scoperta si è fatta solo oggi perché in quella zona c'è stato un intervento di diserbatura che ha reso visibile le pietre e il terriccio su cui prima c'era l'erba». Di fatto, nel sito di Pompei cedono strutture antiche, ma anche muretti recenti innalzati, chissà come, per lavori, o per prevenire smottamenti di terreno. Spiega Teresa Elena Cinquantaquattro, responsabile della Soprintendenza: «Il sequestro delle aree interessate agli ultimi crolli, eseguito in via cautelare dall'autorità giudiziaria, non interferisce con il normale percorso di visita. Si tratta, infatti, di porzioni limitatissime di strutture». E ancora: «Proseguiamo nell'azione di rilevamento e di verifica delle strutture per garantire la conservazione e la tutela del patrimonio archeologico». La visita L'incontro Ispezione lampo di Hahn Oggi pomeriggio, agli scavi di Pompei potrebbe arrivare anche il commissario europeo alla politica regionale Johannes Hahn. L'Ue è pronta a finanziare un progetto di restauro del sito che è patrimonio dell'Unesco. Presupposto di quei fondi dovrà essere la bozza del piano italiano «Progetto Pompei», che definisce compiti e obiettivi degli interventi di restauro per il 2011-2015. Il costo previsto è di oltre 50 milioni di euro. Per ottenere i finanziamenti, è necessaria l'approvazione preventiva della Commissione europea. Se Hahn verrà a Pompei, sarà accompagnato dal ministro Galan. Ma, come era prevedibile, anche se non influenti sulle visite dei turisti, i cedimenti delle ultime ore riaccendono polemiche mai spente. Per oggi, viene annunciato un sit in dell'Ugl, per chiedere le dimissioni del ministro Galan e della soprintendente. Il batti e ribatti politico romano anticipa la visita a Pompei del ministro Giancarlo Galan, prevista per oggi. Comincia Leoluca Orlando dell'Idv: chiede ancora una volta le dimissioni del ministro. Giuseppe Moles, deputato Pdl, gli replica: «Crollano due muretti e gli esponenti dell'Idv, nella smania di apparire sempre e comunque, si lanciano in queste richieste». Sulla stessa scia anche Nunzia De Girolamo e Franco Casoli, sempre del Pdl. Ma Vittoria Franco, deputato del Pd alla commissione Cultura, chiede spiegazioni in Senato al ministro. Quattro senatori del Pd (Anna Maria Carloni, Luigi Zanda, Nicola Latorre, Teresa Armato) hanno presentato un'interrogazione. Chiedono chiarimenti sul ruolo della società Invitalia nella gestione di finanziamenti e bandi di gara. E scrivono: «Dopo aver annunciato lo stanziamento di 100 milioni di euro per la messa in sicurezza del sito di Pompei, con l'assunzione di nuovo personale tecnico, quei fondi sono stati rimossi nelle manovre finanziarie».

25/10/2011 Pompei (NA), L'Unesco arbitro degli interventi. Cartellino giallo sospeso fino al 2013 (Il Mattino)

«Nessun commissariamento da parte dell'Unesco. Quanto riportato da alcuni media è inesatto ed inutilmente dannoso per il nostro Paese». L'ambasciatore Francesco Caruso, rappresentante dell'Italia all'Unesco e delegato per Pompei, spiega il senso ed il valore della convenzione con il Mibac. Quale sarà il ruolo dell'Unesco nel piano per Pompei? «L'Unesco entra in punta di piedi come "facilitator" nei programmi, progetti o schemi di intervento del ministero. L'Unesco ha offerto la sua collaborazione e il Mibac l'ha accettata, parlare di commissariamento rischia di compromettere un'operazione positiva per il ministero e per Pompei e l'immagine del nostro Paese». Dall'Unesco era arrivata la sanzione del «cartellino giallo» proprio per Pompei. «Una decisione presa in seguito alla missione dei nostri esperti che avevano riscontrato nel sito la mancanza di una mappa del rischio e di un progetto per la messa in sicurezza, in cui si chiedono all'Italia interventi urgenti per Pompei. Così come era accaduto per il centro storico di Napoli, la firma di un accordo con il Comune di Napoli, ha facilitato la messa a punto di un piano di recupero e il ritiro del cartellino giallo, l'Unesco ha deciso di sospendere ogni decisione su Pompei al 2013». Quali sono i termini della Convenzione? «Durerà 9 mesi e costerà 140mila euro che sono già stati reperiti dal capitolo del bilancio ordinario del Mibac. L'Unesco assisterà il ministero per la rapida realizzazione del cosiddetto piano Cecchi per la salvaguardia di Pompei che verrà finanziato con i 105 milioni di euro dell'Unione Europea. I1 ruolo di "facilitator" potrà essere esteso anche alla cosiddetta "zona tampone", il territorio intorno al sito il cui degrado potrebbe pregiudicare lo status Unesco degli Scavi di Pompei». I fondi europei saranno sufficienti per salvare Pompei? «No. basteranno soltanto per portarla fuori dall'emergenza. Ma uno dei compiti degli esperti e dei tecnici che l'Unesco metterà a disposizione dell'Italia sarà anche quello di favorire i progetti e i bandi di gara al quali si sono già detti pronti a partecipare gli investitori stranieri. Gli imprenditori del consorzio francese La Defense si sono già detti disponibili ad investire a Pompei 200 milioni nei prossimi dieci anni, ma non è escluso che se si troveranno gli strumenti adatti poi possano arrivare anche risorse». Gli investitori stranieri possono contare su grandi vantaggi fiscali, cosa si può fare per incentivare gli italiani? «I francesi hanno una defiscalizzazione del 60% grazie a norme comunitarie, un consorzio italo-francese permetterebbe di estendere questi vantaggi anche agli italiani». Per il Forum delle culture si è fatto anche il suo nome: ha dato la sua disponibilità? «Si, perché per un napoletano verace come me è una sfida affascinante: certo, c'è poco tempo, ma io penso che Napoli possa riuscire laddove altre città non potrebbero».

24/10/2011 Pompei (NA), per tutto il sito servono 260 milioni (Repubblica)

Ieri nuovo sopralluogo del sottosegretario Villari sul posto con la soprintendente di Napoli e Pompei Teresa Elena Cinquantaquattro, che era in missione al ministero nel giorno della prima visita del sottosegretario, sabato. Per i 105 milioni destinati alla messa in sicurezza dell´area archeologica si starebbero accorciando i tempi. «Il commissario europeo Hahn che verrà mercoledì ha dichiarato che alla luce della documentazione che abbiamo inviato martedì scorso e già aveva giudicato completa, non ci sono motivi per non dare il via libera. Mi sono preoccupato di fargli avere prima possibile anche la documentazione sull´ultimo episodio». Villari ribadisce l´intervento di Invitalia in connessione con l´arrivo del finanziamento. Ma a Pompei in dodici mesi, dice la soprintendente, «non siamo stati con le mani in mano». Strumentalizzazioni e anche forme di sciacallaggio intorno a una torta che fa gola a molti. Le agenzie diffondono una dichiarazione («Dovremo spendere rapidamente fino all´ultimo euro facendo tutto alla luce del sole, perché dove ci sono i soldi, e quindi anche qui, c´è la camorra che tenta di infiltrarsi, sappiamo benissimo cosa gira intorno a Pompei»), che la soprintendente poi smentisce. «In dieci mesi - dice l´archeologa - abbiamo eseguito lavori per 7 milioni, la scorsa settimana si è chiuso il termine per le offerte della gara per i servizi aggiuntivi, che non si faceva da anni. Dobbiamo agire tamponando una situazione di emergenza e solo dopo che, grazie ai fondi europei, la messa in sicurezza di tutto il sito sarà completata, si potrà arrivare alla manutenzione ordinaria». Ma perché a Porta Nola non c´erano cantieri? «Su 44 ettari, chi poteva prevedere il maltempo. Quella non è comunque una zona che avremmo considerato ad alto rischio. Infatti il danno è stato molto limitato». Ma ci sono zone rosse? «Abbiamo individuato zone ad alto rischio per lo stato di conservazione delle strutture - dice la soprintendente Cinquantaquattro - e ora che abbiamo attivato i lavori con fondi ordinari stiamo iniziando da quelle zone che mostrano maggiori problemi». Qualche nome? «Sono diffusissime, si tratta di intere aree della città, ma i fondi che abbiamo non bastano. Sulla base della valutazione fatta nel 2006, con il primo screening effettuato dal soprintendente Guzzo s´era fatto il calcolo di 260 milioni per poter mettere in sicurezza tutta l´area archeologica»

23/10/2011 Pompei (NA), Al primo nubifragio Pompei si sbriciola cede un pezzo di muro (Repubblica)

È un muro che fa una curva davanti alla necropoli di porta Nola, quello di cui ha ceduto un pezzo dopo il nubifragio di giovedì sera. Un quadrato di pietre dell´opus incertum del tardo secondo secolo dopo Cristo, restaurato un paio di volte nei secoli successivi che ha dato immediatamente la stura alle polemiche.
Alla voce del ministro Galan che affermava «Pompei è la nostra priorità», si è accompagnata quella del sottosegretario con delega a Pompei, Riccardo Villari: «Meno male, è solo una scorticatura, ma anche un campanello d´allarme con il maltempo. Peccato che l´abbia saputo solo oggi, ed è gravissimo - ha aggiunto - La messa in sicurezza è la cosa più urgente e non bisogna chiudersi a riccio in personalismi ma collaborare tutti insieme».
Una frecciata alla struttura ministeriale che regge gli scavi. Alla quale, ha detto, «affiancheremo la società in house del ministero dell´Economia, Invitalia affinché si possano ultimare i progetti rendendoli cantierabili. Pompei i soldi li ha, ma non riesce a spenderli perché ha poco personale».
Immediata la replica della soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro: «Ho disposto una verifica dell´ufficio tecnico su tutti e sessanta ettari di Pompei venerdì mattina. Il crollo mi è stato comunicato in una relazione che ho trasmesso ai miei superiori al Mibac e ai carabinieri, che hanno sequestrato l´area. Tutto nei tempi previsti. Purtroppo non è andata così con i 25 archeologi e con il personale che doveva arrivare: in assenza di quello e dei fondi, non si può avviare alcuna messa in sicurezza».
All´attacco anche Antonio Irlando, presidente dell´Osservatorio patrimonio culturale: «I crolli all´interno degli scavi sono praticamente quotidiani e confermano l´assoluta necessità di intraprendere azioni ordinarie di conservazione, tralasciando la tentazione, che ha provocato spesso molti danni, di limitarsi a interventi parziali e straordinari su monumenti che, al contrario, necessitano di interventi organici e continui».

Da un cespuglio di rosmarino spuntano i vani scoperchiati della Schola armaturarum. Si vedono le mura in rosso sbiadito con brani di pittura e le travi metalliche del soffitto di calcestruzzo che sfondò le pareti dopo una pioggia eccezionale. Sei novembre 2010, un sabato, proprio come ieri, quando si è diffusa la notizia di un nuovo danno alla già compromessa situazione di Pompei. Sulla Schola non c´è più il telo protettivo, la miriade di pietre crollate ferme per mesi dopo il sequestro della Procura di Torre Annunziata è stato rimosso.
Le vicine domus persero pezzi a ripetizione. Qualcuno anche allora disse che nel registro dei crolli, che il direttore Antonio Varone controlla tutti i giorni, i custodi annotavano diligentemente decine di episodi come quello. Episodi che non si sono certo esauriti con il 2010.
Il muro di cinta davanti alla tomba della moglie di Herennio Celso, quella con un vaso in cima a una colonna ionica, fa una curva che continua su Porta Nola, la più vicina a Porta Anfiteatro, dove sonnecchiano i tranquilli cani di Pompei, molti ancora con il collare della Lega antivivisezione, anche se un minaccioso cartello raccomanda ai turisti di non avvicinarli. La parte superiore del bastione, a oltre dieci metri da terra, si è sfarinata e qualche metro lineare di pietre dell´opus incertum ha schiacciato le grandi foglie di acanto dove l´acquazzone ha fatto crescere i funghi.
Se fosse stato di giorno sarebbero cadute in testa a qualche turista in visita alla necropoli. Via dell´Abbondanza dista poco dalla caduta dei frammenti, e anche la pista ciclabile e l´area picnic per i bambini e la vigna didattica curata con passione da Anna Maria Ciarallo, la paleobiologa di Pompei, da poco in pensione. Qui vicino, verso porta Ercolano un pino rischia di cadere perché è secco da qualche anno. Mancano i fondi per abbatterlo.
Dopo il commissariamento Fiori, finito con due inchieste giudiziarie, sul restauro degli anfiteatri e sui crolli di via dell´Abbondanza, Pompei è ancora alla ricerca di una identità. In vista dei cambiamenti, il fatto di cronaca riapre puntualmente un dibattito che va avanti in forma ripetitiva. «L´epoca dell´incuria è terminata - dichiara il ministro per i Rapporti con le regioni Raffaele Fitto - ho coordinato con Galan un Piano straordinario finanziato con fondi comunitari e nazionali che destina oltre 100 milioni di euro per interventi immediatamente cantierabili».
Mercoledì arriva il commissario europeo Hahn che con Galan e Villari discuterà dell´opportunità di svincolare questi fondi. La soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro attende ancora l´entrata in servizio dei 25 archeologi promessi all´indomani del crollo di un anno fa.
«Arrivano nelle prossime settimane», garantisce Villari. Ma le notizie che si hanno in soprintendenza sono ferme alla richiesta presentata dalla direzione generale del personale del ministero Funzione pubblica.
«Non si può pensare che senza questi due elementi, risorse e personale - ribadisce la soprintendente - Pompei possa essere messa in sicurezza. Ciononostante la soprintendenza nel corso di questi mesi ha realizzato, attraverso sopralluoghi mirati una carta del rischio e ha messo a punto insieme alla direzione generale dell´antichità e al segretario generale un programma straordinario degli interventi per il recupero dell´area archeologica secondo quanto previsto dal decreto legge 34 del 2011.
Nel frattempo con fondi ordinari abbiamo attivato interventi per ridurre il rischio idrogeologico in alcuni settori della città antica». Quello che si poteva fare. La grande bonifica, invece, è stata più volte annunciata, in questi dodici mesi.
Nel pomeriggio del giorno di aprile in cui il ministro Galan, appena insediato, dedicò la sua prima visita ufficiale agli scavi, l´agenzia Ansa informò di un programma per Pompei al quale venne dato il nome di Piano Cecchi, da quello del direttore generale del Mibac. Il ministro aveva ribadito che il piano esisteva ed era pronto per entrare in funzione. Ma non è mai partito perché, si disse in seguito, «i soldi europei non erano arrivati».
In realtà la soprintendenza di Pompei era rimasta a secco: come si sa, i venti milioni di euro d´incasso annuale la renderebbero autosufficiente, ma, oltre ai fondi ordinari, ha a disposizione solo finanziamenti già impegnati, quindi non spendibili.
Rimanevano poco più di 5 milioni. Ma a fine luglio questi soldi hanno preso un´altra strada: quella del polo museale speciale di Capodimonte.
Intanto su Pompei gravano due interrogazioni parlamentari del Pdl: quella della senatrice Diana De Feo, che chiede il bis del commissariamento e quella a firma del deputato Gioacchino Alfano che cita il commissariamento Fiori come una grande occasione perduta per Pompei.
E i muri, cominciata la stagione delle piogge, continuano a sbriciolarsi, mentre altre iniziative dell´ex commissariamento vanno anche quelle in frantumi. Un esempio per tutti, il ponte radio per la comunicazione dei custodi voluto dall´ex braccio destro di Bertolaso per aggirare i blackout della telefonia mobile. Qualche mese fa la protezione civile ha chiesto la restituzione delle apparecchiature che servono per l´emergenza. Un´antenna di trasmissione sul monte Faito e una trentina di radio, per un valore di circa 30 mila euro, sono tornate al mittente. È stato necessario rifare un nuovo ponte, ma sono bastati 12 mila euro. E questa volta nessuno ne chiederà la restituzione. Per 300 mila euro circa al tempo del commissario Fiori era nata una convenzione con la Croce rossa: alla scadenza non è stata rinnovata. Un´ambulanza è ferma nel cortile della soprintendenza, ma l´autista ha ridato ai funzionari del Mibac le apparecchiature ricevute in dotazione per collegarsi con la centrale operativa.
Il commissariamento è finito, ma le risorse interne a Pompei continuano a non bastare, né si pensa ad assunzioni per rinvigorire l´ufficio ministeriale: piuttosto è stata appena stipulata dai ministri Galan e Fitto una nuova convenzione da 6 milioni di euro (in cinque anni) con Invitalia - presieduta da Giancarlo Innocenzi Botti, che ha lavorato a lungo in Fininvest. L´accordo parla di "supporto tecnico", ossia, chiarisce la soprintendente Cinquantaquattro «di un contributo che arriva unicamente nella fase precedente ai bandi di gara». Ma i boatos a Pompei paventano l´inizio di una nuova stagione di commissariamento e addirittura una nuova divisione delle soprintendenze di Napoli e Pompei entro l´anno e un possibile cambio della guardia al suo vertice.

22/10/2011 Pompei (NA), nuovo crollo a Pompei  (Repubblica)

I carabinieri di Pompei (Napoli) hanno sequestrato ieri sera una piccola area a nord degli scavi archeologici dove si è verificato il crollo di un muro romano realizzato con la tecnica "Opus incertum". Il cedimento è avvenuto nei pressi di Porta di Nola vicino la cinta muraria della città antica, giovedì notte, in seguito al violento nubifragio che ha flagellato l'area vesuviana, ma si è saputo solo stamani.
A crollare è stata la parte superiore di un paramento murario romano realizzato, appunto, in "opus incertum", in una zona aperta al pubblico. A terra ci sono circa tre metri cubi di macerie. Il cedimento si è verificato a quasi un anno di distanza dal crollo della Schola Armaturarum e non ha provocato danni a persone nè ad altre strutture.
Villari: "Crollo di poco conto ma fa male". "Sono di fronte a questo muro e in parte sono un po' sollevato: non si può parlare di crollo, è solo una scorticatura ma fa male, è un campanello di allarme da non sottovalutare". Così il Sottosegretario ai Beni Culturali Riccardo Villari, da Pompei, racconta quanto avvenuto negli scavi della città romana. Villari
rassicura quindi sull'entità del danno ma non per questo allenta la tensione sul futuro di Pompei: Aabbiamo messo in campo le azioni giuste ma non sono soddisfatto, dobbiamo fare di più, dobbiamo fare presto", aggiunge.
Galan, Pompei priorità assoluta "Ho più volte pubblicamente espresso tutta la mia preoccupazione per gli effetti che avrebbero potuto provocare le prime violenti piogge su Pompei. Proprio per questo abbiamo lavorato per presentare al commissario europeo un piano efficace per il recupero e la messa in sicurezza del sito ed abbiamo disposto un affiancamento, già operativo, alla sovrintendenza perchè si inizi da subito a provvedere con le azioni di messa in sicurezza più urgenti. C'è la più assoluta attenzione da parte del ministero verso Pompei, è la nostra priorità".
Lo afferma il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giancarlo Galan. "Il prossimo mercoledì 26 sarò a Pompei con il commissario Hann per mostragli la situazione e sbloccare il finanziamento europeo di 105 milioni da destinare al sito. Attualmente il sottosegretario Villari si trova sul posto per verificare l'entità del crollo e siamo in costante contatto. Per il momento - conclude Galan - è però fondamentale chiarire che il danno riguarda il distaccamento di uno strato superficiale di una parte delle mura di cinta che circondano Pompei, nessuna domus coinvolta quindi, e che la stabilità della struttura non è in alcun modo compromessa".
Legambiente: "Non bastano le intenzioni". "E' trascorso un anno e dobbiamo registrare altri crolli, altre ferite. E' bastata la prima pioggia autunnale ed in Campania con il territorio, franano anche i tesori del nostro patrimonio artistico. Mentre si discute, si ragiona e si polemizza i muri crollano Le parole, le promesse, le buone intenzioni non servono a tutelare gli scavi e l'intera area archeologica di Pompei, serve una manutenzione ordinaria, servono fondi, servono personale qualificato. Meno grandi opere, più tutela e protezione dei nostri gioielli culturali. Insomma Fate Presto". Questo il commento di Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania, sull' ennesimo episodio di crollo di muri nell'area degli Scavi di Pompei.

21/10/2011 Napoli, Gli scavi della Linea 6 portano alla luce una novità clamorosa: la Napoli greca è stata fondata nell´ottavo secolo a. C., non nel settimo  (Repubblica)

Presentate le nuove scoperte archeologiche nello scavo per la stazione Chiaia della linea 6 della metropolitana. In piazza Santa Maria degli Angeli una complessa stratigrafia ha rivelato la storia del sito scoperto da Daniela Giampaola: dalla preistoria al precipizio che collegava con Chiaia la collina di Pizzofalcone prima della costruzione del ponte. E ora archeologhi e storici suppongono che la città greca di Parthenope sia nata un secolo prima, l´ottavo avanti Cristo.
Scavando una metropolitana si trova la sirena. Quella con la "esse" maiuscola, Parthenope. E si scopre anche che è più antica di quel che si credeva. La soprintendenza di Napoli e Pompei, con l´archeologa Daniela Giampaola alla direzione dei cantieri di scavo per il metrò in azione ormai da quasi un ventennio, aggiunge una perla alle scoperte dovute al metodo sperimentato a Napoli della "archeologia preventiva". Ieri in una gremita sala del Museo Archeologico, la conferenza di presentazione della stazione Chiaia della linea 6 della metropolitana, in piazza Santa Maria degli Angeli. La lentezza dei lavori si traduce in positivo nello scavo di reperti, ma ancor di più nella sorpresa di una datazione che cambia: prima si riteneva che Parthenope, la Napoli greca, fosse stata fondata agli inizi del VII secolo a. C.
In base agli scavi della soprintendenza nell´area dove il Comune ha commissionato la stazione Chiaia all´Ansaldo, si risale invece all´VIII secolo. La sorpresa è che l´epoca avvicina tra loro gli insediamenti di Pithecusae (Ischia) e Cuma con quello sulla terra ferma. «Queste scoperte cambiano la cronologia della città - spiega la storica dell´antica Grecia della Federico II, Luisa Breglia - Non passa neppure una generazione che i coloni greci dall´Eubea si spostano verso Neapolis, perché? Forse hanno bisogno di uno specchio di mare più a sud. O per riscuotere nuove tasse: si sa che a Capri c´era un re, Thelone, che amava i forti dazi». Con una lectio magistralis introdotta dalla soprintendente Teresa Cinquantaquattro, presente anche Stefano De Caro, Daniela Giampaola spiega un pezzo di Napoli che tutti credevano di conoscere. Davanti alla chiesa di Santa Maria degli Angeli, in quello strano quadrato pendente verso il mare, gli archeologi hanno trovato il "solito" (ma sempre più affascinante) palinsesto: dallo strato preistorico più antico mai scoperto a Napoli (8000 anni fa), ad arature riempite di cenere di un´eruzione flegrea, alla ceramica che attesta che nel V millennio Chiaia era già frequentata e non certo per lo shopping. I cumani fondarono un approdo o non sappiamo ancora cosa, a Pizzofalcone e la sirena Parthenope, che ha dato il nome al sito, qui doveva essere di casa. Una bella novità è che gli archeologi hanno visto con i loro occhi il fossato riempito in età vicereale (XVI secolo) con materiale che ha restituito 5082 frammenti di epoca precedente alla fondazione di Parthenope, compresa una testina femminile del VII secolo avanti e una necropoli. Di epoca augustea, nel museo che nascerà nella stazione, si potrà vedere un pezzo dell´acquedotto del Serino (di cui sopravvivono i Ponti rossi). Un´area, Pizzofalcone, che cambiava assetto per rendere più agevole il collegamento con la parte bassa di Chiaia, e che ora è più leggibile proprio grazie all´ultima modifica della modernità: il trasporto sotterraneo su rotaia.

11/10/2011 Napoli, sesso e degrado nella Tomba di Virgilio  (Il Mattino)

Che da tempo fosse diventato il luogo preferito dagli innamorati dove lasciare bigliettini con frasi e promesse d'amore, un po' come i lucchetti a ponte Milvio, è ormai un fatto noto a molti. Ma che la Crypta Neapolitana, più conosciuta come la tomba di Virgilio, ai piedi di Mergellina, da luogo «figurato» dell'amore fosse diventato anche una vera alcova, è notizia di questi giorni. Alcuni dei tanti visitatori, nei giorni scorsi, recandosi presso il mausoleo - che oltre alla tomba del vate latino custodisce anche i resti mortali di Giacomo Leopardi - hanno infatti trovato nelle nicchie, scavate nel muro, non certo le urne cinerarie, a cui erano destinate, ma preservativi e fazzolettini, con resti di tracce biologiche: prove inconfutabili ed evidenti di rapporti sessuali, consumati sotto gli occhi clementi del cantore delle gesta del grande Enea. Virgilio è sempre stato molto «gettonato» per i problemi di cuore tra gli innamorati che, dopo essersi inerpicati per una scaletta che passa dinnanzi all'acquedotto romano e che termina appunto nel piccolo mausoleo, depositano nel braciere, al centro della grotta, lettere che cominciano quasi tutte con un confidenziale: «Caro Virgilio...», scritte su notes, ricevute e persino sui biglietti dell'autobus d'altra parte il legame del poeta con Napoli viene da lontano, forse legato alle presunte doti magiche e agli ipotetici poteri soprannaturali dell'autore dell'Eneide. Per secoli infatti è stata diffusa a Napoli la credenza che la città sopravvivesse perché protetta da un'aura magica, dovuta proprio ai prodigi di Virgilio. Sempre la tradizione vuole che la galleria, alle spalle del Metro?) di Mergellina e a pochi passi dall'Ostello della Gioventù, sia stata realizzata dallo stesso Virgilio in una sola notte, con il ricorso alla sua potente arte magica. Probabilmente il mito fu alimentato dal fatto che nei pressi dell'ingresso orientale ci fosse un colombario risalente alla prima età imperiale, identificato ancora oggi come la tomba di Virgilio. Ma, al di là delle leggende e delle facili suggestioni, il ritrovamento di profilattici all'interno del mausoleo testimoniano ancora una volta lo stato di degrado ed incuria in cui si trovano monumenti, opere d'arte e più in generale gran parte del patrimonio artistico e architettonico accumulato nei secoli e vanto della città. «La soprintendenza fa il massimo, anzi più del massimo» ha detto di recente il responsabile dei Beni architettonici Stefano Gizzi, riferendosi all'attuale critica situazione di molti monumenti, edifici e chiese napoletane. «Siamo costretti a fermarci quando non abbiamo più armi a disposizione. Noi materialmente non abbiamo un solo euro da utilizzare». E riferendosi proprio alla Crypta Neapolitana ha dichiarato: «Quest'anno non abbiamo nemmeno fondi per i beni di nostra competenza. Per la ordinaria gestione della tomba di Virgilio, ad esempio, non ci è stato assegnato nulla». Sarcastico e amaro anche il commento dell'ex sovrintendente del Polo Museale di Napoli Nicola Spinosa. «Speriamo che Virgilio non se ne abbia a male - ha detto commentando la notizia dei profilattici accanto alla tomba di Virgilio - Purtroppo la sovrintendenza ha le mani legate perché non ci sono soldi. Comunque non ci si meravigli per la Crypta. Non è certo in uno stato migliore gran parte del nostro patrimonio. Parlo ad esempio dei Decumani e di molte chiese bellissime e abbandonate. Per non parlare dello stato in cui si trova per esempio il Pio Monte della Misericordia che custodisce i capolavori di Caravaggio. Per entrare bisogna farsi largo tra i cassonetti stracolmi di rifiuti. Stessa sorte per il vicino Tesoro di San Gennaro. Le istituzioni ma anche la gente dovrebbero farsi carico di questa situazione e fare qualcosa prima di perdite irreparabili». Per Carolina lapicca segretaria provinciale Cisl, settore Beni culturali: «La profanazione della tomba di Virgilio è un chiaro segno di ignoranza, che fa indignare non solo chi ne conosce il valore, ma tutti. Non è l'unico scempio e non sarà neanche l'ultimo. Se il Ministero non ha abbastanza fondi e personale per garantire la vigilanza, si potrebbe almeno garantire la video-sorveglianza».

08/10/2011 Pompei (Na), ci aspettano nuovi crolli (Il Corriere del Mezzogiorno)

Cade la pioggia su Pompei e i pochissimi operai in giro per gli Scavi si scambiano occhiate preoccupate. «Ora incomincia il difficile. Qui non tiene più niente e la stagione in arrivo farà peggiorare le cose» dice uno dei sindacalisti, schierati per aspettare l'arrivo del sottosegretario ai Beni Culturali, Riccardo Villari. Atteso per la presentazione del restauro della conceria romana, finanziato da Unic. Intorno sciamano i turisti — gli stranieri con una cerata possono affrontare qualsiasi imprevisto meteo — affascinati non solo dagli scavi, ma anche dall'incuria. L'Armeria dei Gladiatori, crollata un anno fa e ora sbarrata con grossi pannelli, è una meta visitatissima. E finanche fotografata. Il simbolo di quello che non si dovrebbe fare del proprio patrimonio artistico che ha incrementato le visite a Pompei. Villari alla fine arriva. Non piove più, ma il problema è evidente. «Le piogge potrebbero rivelarsi un problema serio. Occorre mettere in sicurezza il sito — ammette —, ma per farlo non bastano i fondi ordinari. Disponibilità straordinarie non ce ne sono. Tra quindici giorni incontreremo Johannes Hahn, commissario Ue alla politica regionale. E per quella data bisognerà mettere sul tavolo i problemi, in modo da ottenere il via libera dell'Unione europea per i fondi strutturali e mettere così in sicurezza il sito di Pompei dal punto di vista idrogeologico». Villari, a quasi un anno dal crollo dell'Armeria, avvenuta il 6 novembre 2010, non nasconde dunque la preoccupazione per nuovi possibili cedimenti e conta molto su fondi europei che ammontano a circa 100 milioni. La soprintendente per i Beni archeologici di Napoli e Pompei, Teresa Elena Cinquantaquattro, ha ribadito però l'importanza della manutenzione ordinaria. «Se non si garantisce questa, il pericolo di altri cedimenti c'è — ha detto —. La nostra attività riguarda piccole aree, eppure le strutture in sofferenza sono ovunque, le risorse a disposizione non ci permettono di fare di più: servono soldi e personale. Oggi non è ancora disponibile alcuna somma, ci auguriamo di dover aspettare solo qualche altra settimana e non mesi». Su tutta l'area degli scavi, lavorano solo cinque unità. E anche gli archeologi sono insufficienti rispetto alle esigenze del sito. «Vorrei però evitare annunci in merito alle assunzioni di nuovi archeologi - dice Villari — . Spero che arrivino a fine mese, così come spero che al più presto si possano assumere anche nuovi operai». A quelli che si aspettano un ritorno al passato, all'autonomia della sovrintendenza di Pompei, Villari risponde senza alimentare illusioni. «Non è all'ordine del giorno la possibilità di scorporare la soprintendenza di Pompei da quella di Napoli. Quando il ministero scriverà il regolamento, si faranno le valutazioni del caso». Il nuovo corso è segnato, dunque, dalle sponsorizzazioni private. Come quella che ha sostenuto il restauro dell'antica conceria di Porta Stabia e di tutta l'area dell'Insula 1 di Pompei, un vero e proprio «distretto delle pelli» d'epoca romana. Un angolo degli Scavi recuperato grazie alla collaborazione tra Soprintendenza Archeologica di Napoli e Pompei e Unic, l'Unione nazionale conciari italiani, grazie ad un progetto partito nel 2008 con un primo investimento complessivo di oltre 25omila euro. Saranno nei prossimi mesi restaurati, con un analogo impegno di spesa, vari reperti tra cui alcuni attrezzi, coltelli e anfore contenenti resti di sostanze usate per la concia. L'intera insula misura 1750 metri quadrati e fu scavata nella sua completezza da Amedeo Maiuri negli anni Cinquanta, dopo la scoperta avvenuta nel 1873. Nell'area produttiva sono visibili le 15 vasche circolari in muratura rivestite di cocciopesto, dodici usate per la concia vegetale di pelli grandi e tre per il trattamento all'allume di rocca per pelli piccole. Sotto il portico venivano scuoiati gli animale, si passava quindi all'immersione nei tini, dove le pelli venivano trattate con il tannino. L'impianto è stato studiato da un gruppo francese di archeologi guidati da Jean Pierre Brunn in collaborazione con l'architetto Paola Rispoli della soprintendenza. Il restauro è stato presentato all'Auditorium di Pompei dal sottosegretario Villari, dalla soprintendente Cinquantaquattro, dal direttore degli scavi Antonio Varone, dal vicepresidente Unic Gianni Russo. «Abbiamo riattivato questa collaborazione intelligente — dice Villari —. Molti dimenticano quando parlano della grande operazione fatta da Diego Della Valle al Colosseo che questa strada è stata aperta proprio qui, per il sito di Ercolano con la sponsorizzazione della Packard».

06/10/2011 Pozzuoli (Na), recuperate le antiche tabernae  (Il Mattino)

Riaprono al pubblico dopo annidi abbandono le antiche Tabernae datate primo secolo avanti Cristo di via Luciano: botteghe di epoca romana nascoste dalle sterpaglie e dai rovi, nelle quali era stato sversato abusivamente di tutto. Un sito archeologico a poche decine di metri dalla centrale piazza Capomazza in cui erano stati depositati vecchie lavatrici, frigoriferi, pneumatici e persino la scocca di un'autovettura rubata. A coprire quella vergogna c'era una fitta vegetazione spontanea, ma l'accordo stipulato tra il Comune di Pozzuoli e l'associazione di volontariato «Angeli Flegrei onlus» ha spianato la strada alla partnership pubblico-privata che permetterà, adesso, il recupero e la piena fruizione dell'antico mercato della civitas puteolana. «Per noi è una grande soddisfazione e motivo di orgoglio aver ripulito dalle sterpaglie queste antiche botteghe per riportarle all'antico splendore - sottolinea Maria Laura D'Amore, volontaria dell'associazione «Angeli Flegrei» ed ex assessore alla Cultura nel- La sinergia Patto tra Comune e onlus «Angeli flegrei» Strappate le sterpaglie, portati via i rifiuti «Mai più la nostra storia nel degrado , la giunta Giacobbe - poter presentare questo ritrovato gioiello archeologico e metterlo a disposizione dei cittadini di Pozzuoli e dei turisti è motivo di vanto». Situata su un'area vasta circa tremila metri quadrati, l'antica area commerciale sorge a ridosso dello stadio di Antonino Pio sulla Domitiana, recuperata grazie ad un importante lavoro della Soprintendenza archeologica di Pozzuoli guidata da Costanza Gialanella. Un piccolo gioiello che gli archeologi fanno risalire all'epoca augustea e che d'ora in avanti andrà ad arricchire il percorso che ruota attorno all'Anfiteatro Flavio, al Serapeo e allo Stadio di Antonino Pio. «Il nostro obiettivo e quello dell'amministrazione comunale è di rendere fruibili i siti archeologici finora poco valorizzati - dice Luigi Lucci, presidente dell'associazione «Angeli Flegrei onlus» - Siti che, purtroppo, versano in stato di abbandono e degrado. Abbiamo avviato a spese nostre l'opera di pulizia grazie alla quale faremo in modo che i cittadini e i turisti possano riavvicinarsi e reinnamorarsi della propria terra». Maggiore sinergia pubblico-privata per fronteggiare i tagli agli enti locali: e tra qualche settimana a fare da ciceroni nella visita alle antiche tabernae ci sarà anche una dozzina di detenute del vicino carcere femminile di via Pergolesi. All'inaugurazione del sito recuperato ha partecipato, tra gli altri, la direttrice della casa circondariale, Stella Scialpi, ma anche Bruno Buonaiuto, direttore dell'azienda Cura Soggiorno e Turismo di Pozzuoli, Gennaro Prebenda dell'associazione «Pozzuoli deve vivere» e un gruppo di imprenditori locali, tra i quali Tobia Carannante, che già da tempo collaborano con il Comune per il recupero e la fruizione dei siti archeologici dimenticati. «Iniziative del genere riporteranno Pozzuoli al suo antico splendore - sottolinea il primo cittadino puteolano, Agostino Magliulo - Uno dei nostri obiettivi è puntare sul marketing territoriale». Ma di lavoro da fare ne serve ancora molto, così come dei finanziamenti da destinare al recupero dell'immenso patrimonio storico-archeologico di Pozzuoli. «La Regione ha puntato sul rilancio dei Campi Flegrei - sottolinea il consigliere regionale Pasquale Giacobbe - Confidiamo nella sensibilità del governatore Caldoro».

Il progetto
A collaborare nelle attività di pulizia e valorizzazione del sito archeologico delle tabernae romane di via Luciano ci sarà anche un gruppo di detenute del vicino carcere femminile. Il direttore dell'istituto dl pena, Stella Scialpi, ha già segnalato il progetto al dipartimento per l'amministrazione penitenziaria e ora si attende il via libera del tribunale di sorveglianza per consentire ad una decina di recluse di poter lasciare la cella nelle ore diurne per realizzare i lavori di pulizia e di promozione del sito archeologico. Le detenute, infatti, diventeranno una sorta di «guide turistiche» affiancando i volontari dell'associazione "Angeli Flegrei onlus». "La direttrice Scialpi ha immediatamente appoggiato l'iniziativa - sottolinea Luigi Lucci, presidente di "Angeli Flegrei onlus» - Le recluse saranno formate adeguatamente anche sulla storia di quell'insediamento, caratterizzato da ambienti a pianta rettangolare che si susseguono gli uni agli altri, mentre sul retro si aprono vani più piccoli che fungevano da deposito». "Le detenute inserite nel progetto - ha detto la Scialpi - sono donne desiderose di riscattarsi socialmente attraverso opere utili alla collettività».

24/09/2011 Ercolano (Na), rifiuti dinanzi agli scavi  (Il Mattino)

Un enorme cumulo di rifiuti aventi metri dall'ingresso storico degli Scavi di Ercolano in corso Resina. Centinaia di sacchetti e il cattivo odore dell'immondizia in via di putrefazione accolgono da due giorni le migliaia di turisti che quotidianamente visitano il complesso archeologico. A rendere ancor più incresciosa la situazione, l'incendio appiccato alla spazzatura nella notte tra giovedì e venerdì: «Abbiamo ricevuto decine di proteste da parte di persone che vengono qui per visitare gli Scavi - spiegano i volontari della Pro loco Herculaneum -. C'è chi si ferma a fotografare il cumulo d'immondizia e chi invece si lamenta e minaccia di non mettere più piede a Ercolano. Si tratta di una situazione che vanifica i tanti sforzi che ogni giorno compiamo per accogliere i turisti e metterli a proprio agio». Va giù duro anche Aniello Iacomino, promotore di uno dei blog più seguiti in città: «E uno scenario assurdo - attacca - ancora più incredibile perché sorge tra gli Scavi e il comando dei vigili urbani. Bisogna rivedere il servizio di raccolta e soffermarsi sulla mancanza di un servizio di spazzamento in città».

13/09/2011 Pollena (Na), dai rifiuti riemerge una villa romana  (Il Mattino)

Un complesso termale, quasi interamente riportato alla luce, parte di una villa residenziale romana del I secolo d. C.: sono gli elementi che costituiscono uno dei siti archeologici più prestigiosi dell'area settentrionale vesuviana. Ed erano finiti sotto i cumuli di rifiuti di una discarica abusiva. Per il particolare sforzo posto nel recupero, scavo e restauro del sito, la European Association ofArchaeologists - la più importante associazione europea di archeologi - domani conferirà a Oslo, in Norvegia, nel corso del XVII Convegno Internazionale, l'Heritage Prize al sindaco di Pollena Trocchia, Francesco Pinto e all'archeologo direttore dell'Apolline Project, Girolamo De Simone. Il premio viene assegnato ogni anno «all'individuo o istituzione per il contributo straordinario mostrato nel proteggere e divulgare i Beni Archeologici in Europa». Il sito archeologico, scoperto e strappato alla cementificazione edilizia nel 1988 era poi stato sepolto sotto una discarica abusiva di rifiuti. Fino a pochi anni fa, quando l'archeologo Antonio De Simone del Suor Orsola Benincasa, diede vita al progetto «Apolline Project», diretto dall'archeologo Girolamo De Simone, suo figlio. L'iniziativa poté andare avanti - pur «senza un soldo pubblico» - grazie all'appoggio di Università statunitensi e inglesi. Oggi quell'intuizione rappresenta un progetto ambizioso ma considerato fattibile: «Pollena come Pompei ed Ercolano». «L'assegnazione di questo prestigioso premio - dice il sindaco Francesco Pinto - testimonia il lavoro serio che si è fatto. L'Heritage Prize rappresenta uno stimolo a continuare in questa direzione per valorizzare e restituire: si lavora alacremente al progetto di riqualificazione del sito e delle zone limitrofe, che verrà realizzato con i proventi derivanti dal condono edilizio relativi al danno ambientale». Nel mese di agosto si è conclusa con successo la sesta campagna di scavo in località Masseria De Carolis. Per cinque settimane, 77 studenti provenienti da numerosi Paesi del mondo fra i quali Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Spagna, Polonia, hanno riportato alla luce altri reperti e frammenti del passato: alcuni elementi decorativi in stucco, i pavimenti delle terme romane, il pozzo usato fino all'ultimo giorno prima dell'eruzione. La scoperta più importante di quest'anno consiste nel rinvenimento di alcuni marchi di. fabbrica sul pavimento degli ambienti termali. Attraverso i marchi è possibile datare la costruzione delle terme a solo alcuni anni dopo l'eruzione di Pompei del 79 d.C. Questa scoperta, secondo quanto spiegato ieri in conferenza stampa a Pollena, è rivoluzionaria nel mondo archeologico, perché finora si pensava che l'intero territorio vesuviano fosse rimasto disabitato per molte generazioni, almeno fino alla metà del II secolo d.C., prima che gli antichi romani decidessero di tornare ad abitarci. Il complesso termale fu scoperto nel febbraio del 1988 durante i lavori edilizi del parco Europa. Con i mezzi meccanici si cercò di distruggere il sito: tracce della benna meccanica sono ancora visibili sulle murature portate in luce; la Sovrintendenza Archeologica bloccò lo scempio e pose una recinzione a protezione dell'area. Ma la zona venne poi abbandonata e divenne una discarica abusiva. Quando nel 2004 gli archeologi hanno cercato di ritrovare il sito dimenticato, hanno scoperto il danno ambientale e, con la collaborazione del Comune, hanno cominciato la bonifica dell'area.

23/08/2011 Bacoli (Na), crolla cisterna romana  (Il Mattino)

Cede parte di una cisterna di epoca romana in località punta Pennata, nel centro antico della città: si riaccendono i riflettori sullo stato di conservazione del patrimonio monumentale flegreo. L'elenco dei crolli è lungo, l'ultimo risale a domenica quando è franato un muro della struttura imperiale - caratterizzata da arcate risalenti al secondo secolo dopo Cristo - situata a pochi passi dall'antico faro in un'area ricca di reperti archeologici. La frana ha interessato una sezione laterale del serbatoio, collegato a una residenza edificata dagli antichi dove sorge l'isolotto di Pennata. Detriti di opus reticolatum (una tecnica di edilizia romana) sono crollati sul percorso a gradoni di via Cupa, che conduce i bagnanti alla piccola rada ora raggiungibile soltanto via mare. I tecnici del Comune e la polizia municipale hanno infatti chiuso per motivi di sicurezza al transito pedonale il tragitto verso la spiaggetta. Potrebbero essere imminenti ulteriori cedimenti del serbatoio - che rientra in una proprietà privata a seguito di secolari acquisizioni - riconducibile a strutture di approvigionamento idrico connesse alla flotta imperiale di stanza nel lago Miseno. Un sopralluogo della soprintendenza ai Beni archeologici di Napoli e Pompei dovrà verificare la staticità della cisterna, per definire le modalità di un intervento di messa in sicurezza: un'azione a tutela del monumento romano sollecitata dai residenti, anche per poter usufruire di nuovo del tragitto diretto alla darsena. Ai limiti di punta Pennata, che di fatto affaccia sul porto romano, ci sono vestigia costruite dalla nohilitas che scelse la località flegrea per il clima ameno e le benefiche acque termali. E perla sua stategica posizione geografica, Capo Miseno divenne l'approdo di cui molti reperti sono inabissati. Ma altri sono stati restaurati con fondi Por e risultano ben conservati e visitabili: tra questi figurano il sacello degli Augusta-li, un edificio dedicato al culto imperiale; il teatro romano incastonato nel promontorio; la grotta della Dragonara, una cisterna connessa ad una residenza patrizia. Alcune invece sono difficilmente accessibili o parzialmente crollate. È il caso della villa di Lucullo - di cui sono franati sulla spiaggia laterizi - e di quella che gli storici hanno attribuito a Claudio sul promontorio di punta Epitaffio, oggetto di un piano di restauro e di messa in sicurezza. Tra quelli difficilmente visitabili compare su tutti l'imponente cisterna imperiale, la Piscina mirabilis, le cui chiavi d'ingresso sono state consegnate da decenni ad una custode secondo una formula da molti considerata discutibile. Situazione ancora più difficile per il complesso di cisterne Centum cellae di età tardo-repubblicana. Ma si profilano nuovi progetti di valorizzazione e di gestione. L'Unione degli Industriali di Napoli ha presentato a riguardo una proposta al Ministero, mentre il Comune ha approvato lo statuto del Consorzio Artemis per promuovere e valorizzare i Beni culturali. Dal consigliere di opposizione Josi Geranio Della Ragione, giunge intanto un Sos «al rilancio dei siti archeologici del territorio». Dal canto suo il sindaco, Ermanno Schiano, assicura di aver «intrapreso un percorso con la soprintendenza per la riqualificazione e la promozione dei beni monumentali anche grazie al costituendo Consorzio Artemis».

23/08/2011 Pompei (Na), tira la domus crollata  (Il Mattino)

Ferragosto da record per la "regina" dei siti archeologici. Gli ingressi agli scavi di Pompei hanno registrato un più dieci per cento di turisti rispetto allo stesso periodo del 2010. Ma indovinate qual è stato il monumento più visitato e fotografato? La domus crollata. E così a Pompei è di scena il paradosso: un «dramma archeologico» che si trasforma in leggenda. L'ormai luogo comune «più famosi da morti che da vivi», calza a pennello per la città sepolta. I crolli fanno aumentare i visitatori e, di conseguenza, lievitare gli incassi. Come accade per i grandi della musica, del cinema e dell'arte che, dopo aver perso la vita per circostanze tragiche, diventano dei miti, anche la scuola dei gladiatori degli scavi di Pompei è diventata famosa in tutto il mondo grazie alla sua drammatica distruzione riconducibile pare all'incuria e alla mancata manutenzione del sito, ma le cause - ci sono ancora indagini in corso - sono ancora da accertare. Prima del suo crollo, lo scorso 6 novembre, la «Schola Armaturarum» era una delle anonime domus della città archeologica. Dopo che le foto delle macerie hanno fatto il giro del mondo, invece, è diventata l'attrazione numero uno degli scavi, riuscendo a superare, anche le domus dell'eros per eccellenza come la «Casa dei Vetti», il «Lupanare» e le «Terme Suburbane». Turisti da tutto il mondo, ormai, si recano a Pompei solo per visitare le macerie della mitica dimora. Appena entrati negli scavi la maggior parte dei visitatori chiede l'itinerario da seguire per raggiungere via dell'Abbondanza - luogo dove sono situate le ormai famose «pietre antiche» ancora sotto sequestro della magistratura - all'ufficio informazioni, alle biglietterie, ai custodi e alle guide turistiche. Qualcuno ha addirittura proposto di inserirla nella mappa del sito archeologico e nelle guide. A confermare l'attrazione «fatale» della domus crollata sui turisti sono gli operatori del settore che dicono di ricevere prenotazioni espressamente per il "tour archeologico delle macerie». Ci troviamo di fronte a quello che gli esperti definiscono «il turismo dell'orrore», come sta accadendo per i luoghi assurti agli onori di cronaca per i delitti di Avetrana, di Brembate e del bosco delle Casermette. «Il ministro Galan avrà saputo del successo riscosso dalle macerie e per questo non si impegna per ricostruire l'immagine della città archeologica», dicono ironicamente i sindacati. Ed è proprio sul fronte sindacale che non si placano le polemiche. Antonio Pepe, segretario Cisl, e Maria Rosa Rosa, della Uil, hanno chiesto un incontro con il nuovo sottosegretario Riccardo Villan in seguito alle «delusioni per le false promesse fatte dal ministro Galan lo scorso 12 aprile, durante la sua visita agli scavi». I1 sito di Pompei - dicono Pepe e Rosa Rosa - che il ministro aveva individuato come punto di partenza per il rilancio dei Beni culturali, sono tutelati solo da quei pochi dipendenti volenterosi ancora in servizio. Le misure straordinarie annunciate in pompa magna non sono state mai realizzate. Le squadre di tecnici già pronte a monitorare l'area archeologica - continuano - in realtà non sono mai arrivate. Idem per la messa in sicurezza del sito. Non si è mai visto un centesimo dei tanti annunciati fondi regionali ed europei».

09/08/2011 Pozzuoli (Na), bloccati i lavori al Rione Terra  (La Discussione)

La Regione blocca i fondi, lavori di restauro fermi: a rischio licenziamento oltre cento operai
Cammini per il Rione Terra a Pozzuoli e ti assale il respiro profondo della storia. Del popoloso comune a nord di Napoli, incastrato tra il mare e i sulfurei Campi flegrei, questo fu il primo nucleo abitativo. Colonizzato dai greci prima e dai romani poi. Secondo lo storico greco Strabone, la rocca del Rione Terra era lo sbarco di Cuma. E fu forse qui che nel 529 a.c. approdarono gli esuli dell'isola di Samo e fondarono Dicerachia, il governo dei giusti. In epoca romana Pozzuoli fu per secoli il principale porto di Roma, prima della nascita di Ostia. Se il tempo storico al Rione Terra s'è per tanti versi fermato, s'è però arrestato anche il tempo delle attese: quello scandito dalle promesse di riqualificazione dell'area, abbandonata dagli abitanti negli anni '70 per il bradisismo vulcanico, lo stigma di questo territorio in perenne lotta con la natura. Individuata da 40 anni come scenario privilegiato di restauro archeologico. Ma adesso alle prese con una nuova fuga: quella delle risorse della Regione, prima strumento dello sviluppo locale, ora miraggio per un centinaio di operai, sull'orlo del licenziamento. Perché del piano di investimenti per complessivi 200 milioni, non s'è vista più quella tranche di 15 milioni, bloccata dopo lo sforamento del patto di stabilità della vecchia giunta Bassolino, e indispensabile per andare avanti. Intanto, a ottobre scadrà l'ultimo rinnovo per la cassa integrazione dei lavoratori. E ormai da mesi nei cantieri non si muove un dito. Giorni fa una delegazione di edili del Consorzio "Fi.Pa" e della Igeca Spa" e sindacalisti ha incontrato il sindaco Agostino Magliulo, per tornare alla carica. Ad oggi solo il 60 per cento delle ristrutturazioni risulta completato. Anche qui, siamo di fronte ad una vicenda storica: le prime opere partirono ad inizio degli anni '90. Ma Magliulo non ha potuto dare certezze alle maestranze. Dal cilindro è spuntato però il consueto tavolo con la Regione, con immediata richiesta al governatore Caldoro. «E mia intenzione - ha dichiarato il primo cittadino - portare a compimento il progetto del Rione Terra, e riconsegnare l'antico quartiere ai puteolani. Questo sarà possibile soltanto con lo sforzo di tutte le parti in campo e con il grande contributo degli operai impegnati fino ad oggi i quali, con l'aiuto del presidente Caldoro, dovranno rientrare a lavorare a pieno regime». Ma per ora siamo ancora ai proclami. Nel frattempo, il sindaco si dà da fare come pub: a fine luglio ha scortato al Rione Terra un gruppo di turisti-studiosi catalani («Sono disposto anche a fare da guida per il rilancio dell'area»). Il professor Josè Luiz Gonzalez Moreno Navarro dell'"Escuela Tecnica Superior de Arquitectura" di Barcellona ha scelto Pozzuoli tra le mete primarie di un progetto di ricerca sul restauro architettonico. Se gli spagnoli esaltano il Rione Terra, nel tour mozzafiato dell'acropoli a picco sul mare, gli italiani lo lasciano annaspare, in attesa di trovare i fondi. Nulla da fare per i sotterranei della rocca, dove si sono stratificate culture millenarie, in un percorso archeologico molto ben conservato. Forse però non tutto è immobile: «Nella prima giunta regionale dopo le ferie, tra fine agosto e inizio settembre - dice il sindaco - potrebbero essere sbloccati 7 milioni». Sarebbero utilizzati per i lavori della canonica della cattedrale, sorta sulle ceneri del vecchio tempio di Augusto. Una boccata d'ossigeno. Ma ancora troppo poco, rispetto all'imponente piano di restauri previsto. Qualcuno però storce il naso per altri motivi: i lavori della canonica richiederebbero solo l'intervento di carpentieri. Mentre resterebbero a casa gran parte dei edili in cassa integrazione. «Chiediamo un incontro con la regione Campania - ha detto Vincenzo Scutieri, della Fillea Cgil - abbiamo forti perplessità sul proseguimento dei lavoro e siamo in una situazione veramente esasperante per tanti lavoratori. Noi vogliamo lavorare anche per riportare alla luce un bene come il Rione Terra e ridarlo alla città di Pozzuoli». E il tempo scorre veloce, perfino nel quasi trimillenario Rione Terra.

30/07/2011 Ercolano (Na), MAV a rischio chiusura  (la Stampa)

All'inizio volevano farne un parcheggio sotterraneo. Per una volta è andata in modo un po' diverso: da due anni in una struttura a tre piani a pochi passi dagli scavi di Ercolano è stato aperto il Mav, il Museo Archeologico Virtuale, il più importante al mondo, un successo capace di ottenere incassi anche di 7 mila euro al giorno. In una di quelle incredibili storie che soltanto in Italia possono accadere, questo Museo che il mondo ci invidia rischia di tornare alla casella di partenza e diventare il parcheggio sotterraneo che finora è rimasto soltanto un progetto. Le voci si rincorrono tra Ercolano, Pompei e gli uffici della Provincia di Napoli e della Regione Campania. E lo stesso direttore della struttura Ciro Cacciola lo ammette: «Se il May dovesse trovarsi in una crisi tale da chiudere le attività il progetto iniziale è ancora li: un parcheggio interrato al livello inferiore e un mercato coperto al livello superiore, dove ora c'è il nostro Auditorium». Ma come può essere in crisi una struttura da 200 mila visitatori, il Museo più visitato della Campania, un gioiello costato 5 milioni di euro di cui ha parlato il mondo intero? Perché nel Mav, è stato ricostruito un viaggio nella storia attraverso le città sepolte di Ercolano, Pompei, Boscoreale, Baia, Stabia e Capri. Oltre 70 installazioni multimediali, ricostruzioni tridimensionali, laser, touchscreen, effetti ambientali e molto altro ancora. I turisti stranieri ne vanno pazzi, gli studenti italiani anche. «L'attività va benissimo», conferma il direttore. II problema è un altro: mancano all'appello circa 600 mila euro, più della metà del bilancio del May. La Provincia di Napoli ha cancellato 300 mila euro già previsti nel bilancio del 2011 e la Regione Campania non ha iscritto in bilancio nemmeno un centesimo per il 2011 a favore del May. Lo scorso anno, quando la giunta è ancora del centrosinistra, vengono promessi 300 mila curo per il 2010. A fine anno, quando sulla poltrona di presidente della Regione c'è ormai Stefano Caldoro del Pdl, la Regione sforbicia i fondi annunciati: da 300 mila diventano 225 mila. Sforbiciati e comunque mai erogati nonostante si sia ormai a sette mesi dall'inizio del nuovo anno. Una questione di tagli, insomma, ma non solo. La questione è più seria: nel caso del Mav, i fondi non sono il solito contributo elargito dalle istituzioni: il Museo Archeologico Virtuale è una Fondazione, la Regione Campania e la provincia di Napoli ne sono i soci principali. «Hanno il dovere di finanziare la struttura», avverte il direttore del Museo. L'improvviso sfilarsi dagli impegni presi da parte delle due istituzioni campane sta creando un'incertezza che è alla base della profonda crisi attraversata dal May. «Anche perché non siamo un carrozzone - precisa il direttore - Abbiamo un solo dipendente a tempo indeterminato e otto a tempo determinato e abbiamo già tagliato la promozione, l'ufficio stampa e la comunicazione. Se si va avanti così non ci resterà che chiudere durante i giorni feriali».

30/07/2011 Pompei (Na), persi 5 milioni di euro  (La Stampa)

Non c'è pace per Pompei. Come se non bastassero Domus crollate, scavi fermi, intonaci scrostati, allarmi dell'Unesco, ignobili lastroni di cemento sul teatro grande (sequestrato dalla magistratura) e sprechi faraonici, il sito archeologico che il mondo ci invidia subisce ora un taglio di fondi. La beffa è ancor più atroce pensando che il salasso nasce da un intervento istituzionale promosso per aumentarli. «Merito» del decreto legge varato dal governo quattro mesi fa, denominato «Disposizioni urgenti in favore della cultura...» e presentato con plateale autocompiacimento come provvedimento salva-Pompei. Bel salvataggio: sul bilancio di quest'anno quasi 5 milioni di euro in meno, il 25 per cento circa. Un'eterogenesi dei fini tipicamente e maledettamente italiana, perché colpisce anche i beni archeologici di Roma e serve a mettere una pezza sugli scandalosi buchi contabili di un'altra soprintendenza napoletana. Accade questo. Primavera 2011: il governo si mobilita dopo i crolli dei mesi precedenti. E inserisce una norma rubricata «Potenziamento delle funzioni di tutela dell'area archeologica di Pompei». Il diavolo si nasconde nell'ultimo comma, che prevede per il ministero dei Beni culturali la possibilità di spostare fondi da una Soprintendenza a un'altra, in caso di necessità. Pare un toccasana: ora potranno finalmente arrivare i sospirati nuovi finanziamenti. Al contrario, nei giorni scorsi il ministero ha comunicato al CdA della Soprintendenza che sì, intende avvalersi di quella norma, ma per decurtare il bilancio di Pompei, non per rimpinguarlo. E dunque, dice il ministero, rifate i conti e arrangiatevi. La Soprintendenza ha già avviato le riunioni operative per distribuire i sacrifici, facendo i conti con le rimostranze di chi lavora sul campo. Le conseguenze del taglio di budget sono presto spiegate: stop anche a progetti già deliberati, blocco di attività di tutela in corso, possibili danni al patrimonio. Un autogol che rischia di allontanare non solo gli imprenditori francesi che hanno offerto 20 milioni di euro per Pompei a patto di avere un piano chiaro e definito, ma anche i partner privati che già ci sono. Per esempio la Fondazione Packard, che su Ercolano ha adottato un modello lodato dall'Unesco (ma ignorato in Italia). Gli americani mettono un euro per ogni euro speso dal ministero e non gradiranno che la controparte se ne riprenda qualcuno a metà dell'anno. Ma il ministero ha altre urgenze. I soldi tolti a Pompei servono a ripianare i debiti di un'altra Soprintendenza napoletana, il Polo museale che gestisce tra l'altro il museo di Capodimonte con risultati tutt'altro che memorabili (non figura tra i 30 musei statali più visitati, superato da realtà minori come Trieste, Ravenna, Sirmione). Un carrozzone creato nel 2003 tra le perplessità degli addetti ai lavori e che garantisce prestigiose poltrone, stipendi maggiorati (un soprintendente speciale guadagna il 30 per cento più di uno ordinario) e un ricco budget da gestire direttamente. Il Polo museale sta affondando in un buco spaventoso: 12 milioni di euro di debiti accumulati in pochi anni. Tanto da indurre il ministero a svenare non solo Pompei, ma anche l'altra Soprintendenza archeologica speciale, quella di Roma che cura un patrimonio immenso, dal Colosseo all'Appia antica. Altri 5 milioni di euro sottratti da un giorno all'altro. Nella capitale si fermano dunque i lavori per il quarto lato di Palazzo Massimo. Un progetto a cui si lavora da anni e destinato a ospitare una caffetteria a concessione privata, abortito proprio in vista del traguardo per mano dello stesso ministero che ha puntato tutto su valorizzazione e gestioni esterne. Non solo: la scure si abbatterà per 1,7 milioni anche sul fondo destinato agli interventi «di somma urgenza», accantonato per crolli, danneggiamenti, maltempo. La riduzione è di circa il 50 per cento. Dunque per quest'anno a soprintendente, archeologi e direttori dei musei non resteranno che amuleti e scongiuri. Che le soprintendenze ricche (Pompei e Roma sono considerate le galline dalle uova d'oro) aiutino quelle povere, è naturale e s'è sempre fatto. Ma per esigenze tecniche e di tutela, con capitoli di bilancio preventivati e spalmando i benefici su diversi enti. Non in queste dimensioni. Non intervenendo con l'accetta in corso d'opera. E non per ripianare i debiti di un solo ente sprecone, alimentando «in modo affrettato e opaco» quella che Italia Nostra definisce «una guerra tra poveri». Le beffe per Pompei non finiscono qui. II decreto di marzo prevedeva anche un piano straordinario di salvaguardia, il dirottamento di 105 milioni di euro presi dal «bancomat» dei fondi Fas per le aree sottosviluppate, le nuove e agognate assunzioni di personale. Tutte misure positive. Peccato che dopo quattro mesi siano ancora sulla carta. Il piano straordinario è molto contestato e va nella direzione diversa rispetto a quanto richiesto dai tecnici dell'Unesco. I fondi Fas non sono arrivati, la procedura per sbloccarli è lunga. E le assunzioni restano un miraggio. La richiesta al ministero è chiara: servono subito 25 nuovi tecnici, di cui 14 archeologi. A Pompei oggi lavora un solo archeologo, mentre l'ultimo mosaicista andato in pensione nel 2001 non è mai stato sostituito. Gli operai per la manutenzione quotidiana sono scesi da 98 a 8. Spiegano gli esperti che senza personale adeguato i piani di tutela sono chimere: chi li attua? Ma prima delle assunzioni, sono arrivati i tagli.

26/07/2011 Cardito (Na), ritrovate tombe antiche sulla statale sannitiche  (Il Giornale di Napoli)

Nuovi reperti archeologici affiorano dalla statale Sannitica. Ritrovata una terza tomba risalente, come le due scoperte qualche giorno fa, al quarto secolo avanti Cristo. Durante i lavori di scavo della Terna per il passaggio di alcuni cavi elettrici dell'Enel, il ritrovamento a circa cinque metri di profondità. La struttura, interamente in tufo, è molto simile altre due. All'interno sono stati ritrovati resti umani e vasellame in ottimo stato di conservazione. Tra questi, anche un corredo funerario: anfore e contenitori per oli. Subito sul posto l'archeologa Bianca Cavallaro, che ha provveduto a repertare il tutto per conto della Soprintendenza ai beni culturali. Nelle tombe ritrovate qualche giorno fa, due corpi umani l'uno accanto all'altro. Il ritrovamento, secondo prime analisi, è da ricollegare alla presenza sul territorio di piccoli insediamenti sanniti durante il quarto secolo avanti Cristo. Sulla Statale, infatti, nel corso degli anni, sono state fatte varie scoperte in questo senso, tali da avvalorare la tesi. In particolare, sulla parte di strada che collega Cardito, Casoria e Afragola. Diverse, infatti, le tombe risalenti al IV-III secolo a.C. ritrovate negli anni. Nel 1961 in località Cantariello fu scoperta la celebre tomba dipinta oggi esposta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, mentre nel 1982 ritornò alla luce una necropoli in località Sanguineto. Adesso toccherà a storici e accademici dirimere la matassa e dare un nome alla popolazione che ha abitato i luoghi. Antica è la querelle tra alcuni storici locali sull'etnia stanziatasi sul territorrio in quei tempi. Per alcuni sarebbero provenienti dalla vicina Acerra, per altri si tratterebbe dei Sanniti.

26/07/2011 Sorrento (Na), nel mirino i lavori per gli scavi alla villa della Regina Giovanna  (Il Giornale di Napoli)

Torna a tenere banco la vicenda dei lavori di scavo che hanno interessato l'area archeologica della Regina Giovanna, acquistata dal Comune di Sorrento nel dicembre 2003 per oltre 3milioni di euro dalla Provincia di Napoli e dai gesuiti ed attualmente oggetto di interventi da parte di privati che hanno interrato serbatoi e tubazioni di cui l'ufficio tecnico comunale sembrava non essere inizialmente a conoscenza. Lavori posti in opera dai proprietari dello stabilimento balneare "La Solara", recentemente acquistato dalla società "Lido di Enea srl" nella quale sono subentrati a fare parte, oltre a Paolo Spartano, precedente titolare dello stabilimento "La Solara", anche Giuseppe Aversa, Federica Milano, Tiziana Foggiano. E le contestazioni degli ambientalisti e di numerosi rappresentanti dell'amministrazione comunale sorrentina sono generate proprio da questi nomi. Di fatto Federica Milano è la sorella di Gaetano Milano, attuale assessore del Comune di Sorrento con delega al demanio, Tiziana Foggiano è invece la moglie di Steven Scarpato, consigliere di maggioranza. Il presunto scandalo legato indubbiamente al conflitto di interessi ha indotto Rosario Fiorentino, capogruppo consiliare della lista "Insieme per Sorrento" dai banchi dell'opposizione, a presentare una cruda interrogazione all'amministrazione comunale retta dal sindaco Giuseppe Cuomo, in merito ad un progetto, già ampiamente realizzato, che ha previsto la sostituzione di una cisterna fuori terra con altre due interrate alla profondità di oltre 2 metri in un'area che rientra nel complesso archeologico della villa romana appartenuta al console Pollio Felice. Solo il Comune di Sorrento è autorizzato ad eseguire opere edili nell'area archeologica, sempre previo opportune concessioni rilasciate dagli enti competenti e con i pareri espressi della Soprintendenza. Nessun altro è autorizzato a richiedere pareri o delibere di Giunta per beneplaciti non avendone titolo, come risulta dai pubblici registri. Dopo i primi contrasti viene invece fuori che la concessione rilasciata dal Comune di Sorrento è stata concessa su richiesta della società "Lido di Enea srl" i cui componenti hanno evidenti legami di parentela con assessori e consiglieri dell'ente comunale. Un particolare che aveva precedentemente scatenato le contestazioni di Claudio d'Esposito, presidente del wwf penisola sorrentina, oltre che dell'avvocato Giovanni Antonetti, delfino dell' "Italia dei Valori" in costiera. L'interrogazione presentata dal consigliere Rosario Fiorentino rischia adesso di sollevare un polverone perché con essa il gruppo consiliare "Insieme per Sorrento" chiede di sapere con estrema urgenza se l'amministratore unico, Federica Milano, della società "Lido di Enea srl", pur non avendone titolo, ha presentato istanza di parere alla Soprintendenza, Provincia di Napoli, azienda sanitaria locale ed in che modo il Comune di Sorrento ha verificato la regolarità urbanistica delle opere edili già realizzate, chiedendo nel contempo, in caso di esito negativo, l'immediato ripristino dello stato dei luoghi dopo il deturpamento di un sito archeologico risalente all'epoca romana, risolvendo in tal modo una probabile leggerezza commessa dall'ufficio tecnico comunale. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 2003 autorizzò infatti la vendita del complesso archeologico prescrivendo però che nello stesso fosse assolutamente vietato effettuare scavi, reinterri, modifiche del suolo con la realizzazione di infrastrutture che vadano a pregiudicare la conservazione e la valorizzazione del sito risalente all'epoca romana e di grande valenza ambientale, se non con espressa autorizzazione della Soprintendenza.

23/07/2011 Pompei (Na), gli affreschi restaurati restano sotto chiave  (Il Mattino)

Lo stress da umidità dell'affresco della «Fontana Piccola» è stato curato con iniezioni di malta idraulica. Il piano «terapeutico» prescritto dagli esperti in restauro è stato, così, provvidenziale per salvare la vita ad uno dei dipinti murari più preziosi lasciati in eredità dalla scuola pittorica dei romani di duemila anni fa. I risultati della seconda tranche del restauro, finanziati dalla fondazione «Cittàltalia» e dall'Associazione per Pompei sotto la direzione scientifica della soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei e costati trentamila curo, sono stati presentati ieri dal direttore degli scavi Antonio Varone. Ad aprile dello scorso anno era stato inaugurato il primo lotto; «a breve - spiegano gli esperti - sarà completata la terza e ultima fase». Peccato solo che la Domus resti inagibile, al punto da non poter essere ancora visitata dai turisti. «In un momento in cui sui giornali si parla di cifre stratosferiche da investire perla tutela e la salvaguardia degli scavi - afferma Varone - il restauro dell'affresco della "Fontana Piccola" si inserisce in un filone della "normalità". Questo a dimostrazione che anche con modesti contributi, ma dall'emblematico significato, i tesori dell'antica Pompei possono continuare a splendere». Le fasi dell'intervento. Numerosi i distacchi dell'intonaco del supporto murario, evidenziati maggiormente in corrispondenza di alcune lesioni, causate dallo slittamento dei conci murari della struttura di sostegno. Sulla superficie dipinta, le infiltrazioni di umidità avevano provocato fenomeni di disgregazione progressiva degli intonaci e degli strati pittorici, nonché la formazione di sali solubili di vario spessore e incrostazioni superficiali sulla pellicola pittorica. Erano presenti depositi superficiali di particellato atmosferico, resine acriliche in precedenti interventi di restauro, residui di terra di cavo carbonatati e in zone localizzate patine biologiche. Numerose le stuccature in cemento, probabilmente realizzate durante un intervento degli anni '60, che oltre ad essere punti di stress da umidità alternavano la lettura del dipinto. Il consolidamento degli intonaci è stato eseguito con iniezioni di malta idraulica, idonea a ripristinare l'adesione dell'intonaco al supporto murario, mentre nei casi dei distacchi dell'intonaco più profondi si è, preventivamente, proceduto ad una velinatura parziale con carta giapponese e resina acrilica, prima di proseguire con il consolidamento definitivo delle grosse sacche. I problemi di decoesione degli intonaci sono stati risolti con imbibizioni di resina acrilica. Per quanto riguarda il trattamento della pellicola pittorica che risultava, in alcune zone pulverulenta e sollevata a lamelle, la riadesione al supporto è stata effettuata con una micro resina acrilica, emulsionata in acqua e data attraverso un foglio di carta giapponese, premendo le lamelle con spatole in teflon o con tamponi di cotone idrofilo imbevuti di fissativo. Per eliminare le incrostazioni saline e le macchine di umidità è stato eseguito un impacco di acqua distillata tenuta in sospensione tramite polpa di cellulosa e fogli di carta giapponese, per tempi variabili. Le patine biologiche sono state eliminate con l'ausilio di sostanze biodeteriogene in acqua date a pennello, mentre la pulitura dei depositi di particellato atmosferico è stata realizzata con sostanza tensioattiva, in percentuale in acqua distillata, con cui successivamente si è risciacquata la superficie trattata. Le stuccature sono state realizzate con malta composta da polvere di marmo e calce, successivamente, nei casi di lacune interpretabili, integrate cromaticamente con colori ad acquarello con la tecnica del tratteggio verticale, mentre le zone abrase di intonaco privo di pellicola pittorica, sono state ritoccate con velature di colori ad acquerello. E così una parete dipinta presumibilmente alcune decine di anni prima dell'eruzione fatale del 79 dopo Cristo è tornata a vivere. Non così la domus, ancora chiusa al pubblico perché inagibile e per mancanza di personale.
I restauri vanno avanti, ma le domus restano chiuse al pubblico. La denuncia arriva da Antonio Pepe, segretario della Cisl-Fp. La casa della «Fontana Piccola» rientra infatti nell'elenco delle domus inagibili stilato dai tecnici della Soprintendenza, in quanto interessate da lesioni alle strutture. Ma non solo. Il paradosso è che molte di queste case, anche se fossero agibili, non potrebbero comunque essere visitabili per un'altra ragione: la mancanza di fondi e personale. Sono tredici le domus che dal primo gennaio sono negate ai visitatori appunto per l'impossibilità di reperire i soldi necessari a rinnovare l'accordo per l'affidamento ai custodi del compito di sorveglianza durante le visite turistiche. Tra queste domus c'è proprio quella della Fontana piccola. «Certo il restauro dell'affresco è importante e significativo - continua il segretario della Cisl - ma lavori del genere rischiano di diventare inutili, perché fin quando non si risolverà il problema della carenza di personale di vigilanza, questi edifici, benché restaurati, sono scandalosamente destinati a restare chiusi al pubblico». Pepe pone l'accento, anche, sulla carenza numerica degli addetti al restauro. «Pochi gli operai restauratori in organico, benché volenterosi, sono male organizzati e poco coordinati, tanto da non riuscire a garantire l'ordinaria manutenzione a opere già oggetto di interventi straordinari. In definitiva - continua il coordinatore della Cisl - dal momento che il decreto a favore dell'area archeologica di Pompei non ha portato finora che a periodici proclami, riteniamo importante che la soprintendente attivi al più presto un tavolo di trattativa per contrattare una organizzazione in grado di consentire la riapertura delle domus chiuse al pubblico. Lo si potrebbe fare attraverso la distribuzione dell'attuale personale in organico alla soprintendenza di Napoli e Pompei tenendo conto del numero di edifici da aprire al pubblico, dell'ampiezza delle aree archeologiche più rilevanti, anche in funzione del numero di visitatori». Sulla paradossale vicenda si dicono perplessi anche gli operatori economici e le guide: «Se i turisti, informati di questo restauro, ci chiederanno di visitare la casa della "Fontana Piccola" cosa dobbiamo rispondere? Al di là degli annunci - spiegano le guide turistiche autorizzate dalla Regione - rimane ancora lettera morta anche l'ipotesi dell'apertura programmata a giorni alterni di molte domus». Un cartellone fatto affiggere dalla Soprintendenza, spiegano i ciceroni di Pompei, precisa che nel caso che il numero del personale in servizio sia sufficiente, in certi giorni della settimana è possibile la visita di alcuni edifici. Ma è un'eventualità che dal primo gennaio 2011 non si è mai verificata. Secondo questo calendario, il lunedì e il mercoledì sarebbero visitabili le case degli «Amorini Dorati», della «Caccia» e, se non fosse inagibile, della «Fontana Piccola». Il martedì e il giovedì, invece, lo sarebbero le domus di «Marco Lucrezio Frontone» del «Poeta Tragico» e della «Ara Massima». Il venerdì le dimore di «Obellio Firmo», di «Meleagro» e «Casca Longus». Sabato e domenica la casa di «Polibio», dei «Casti Amanti», dei «Dioscuri» dei «Quattro Stili» e del «Larario di Achille».

20/07/2011 Pompei (Na), ritrovate nuove domus  (Il Mattino)

Potrebbe essere via degli Augustali la strada dei profumieri pompeiani di duemila anni fa. Un'arteria commerciale importantissima, la via dei profumieri, che i numerosi studiosi d'archeologia del secolo scorso, pur ipotizzando che si trovasse nel cuore della città distrutta dall'eruzione del Vesuvio nell'agosto del 79 dopo Cristo, non erano mai riusciti a collocare con certezza nel reticolo urbano. La scoperta di tre botteghe, vicinissime tra loro, all'interno delle quali si producevano e si vendevano essenze profumate, fatta da una équipe franco-spagnola coordinata da Jean Pierre Brun, direttore del Centre Jean Bérard di Napoli, lascia invece ipotizzare che lungo quell'asse cittadino fossero posizionate le fabbriche e gli atelier utilizzati per lo smercio al dettaglio dei preziosi profumi prodotti in città o che arrivavano da Capua. Le indagini future su quell'area, se porteranno alla luce altre profumerie, confermeranno che a Pompei si è finalmente trovato, dunque, il quartiere dei profumieri. Assieme a Brun hanno lavorato gli esperti dell'Istituto Valenciano de Conservación y Restauracion de Bienes Culturales de la Generalitat Valenciana, in Spagna. Le prime indagini volte al rinvenimento dell'area in cui si fabbricavano le essenze destinate alla matrone pompeiane, risalgono agli anni 2000. Le ricerche di quest'anno si è appuntata sulle tabernae 26, 27 e 28, situate tra gli edifici scavati appunto lungo via degli Augustali. La strada, che si trova tra via della Fortuna e via dell'Abbondanza, ovvero tra i due Decumani, le arterie principali di Pompei, è sicuramente una delle vie più importanti della città sia perché si trova in pieno centro sia perché a ovest termina con l'accesso diretto al Foro. Le botteghe individuate sono fatte di piccole stanze che, al momento dell'eruzione, non sembrano far parte delle case retrostanti. «La conoscenza del quartiere dei profumieri - spiega Brun - è cresciuta grazie alla scoperta di queste istallazioni dotate di vasche e, particolarmente, di una grande quantità di unguentari di ceramica conservati tra cenere e lapilli sia nelle vasche sia nelle fosse». E, appunto lo scavo della taberna 28 è stato importante da questo punto di vista perché fa risalire l'attività dei profumieri pompeiani alla seconda metà del II secolo avanti Cristo. Un'altra fossa, più antica, ha invece restituito principalmente ceramica da cucina ma senza unguentarii. Nella piccola taberna 27, funzionava, al momento dell'eruzione, una vasca perla produzione di profumi edificata contro il muro di fondo. Sotto il pavimento, invece, è stata scoperta un'altra vasca colma di ollae pertuse (si tratta di anfore bucate) utilizzate per coltivare i fiori, uno degli ingredienti base dei profumi. Nella bottega 26, la maggior parte della zona indagata corrisponde a una cantina distrutta in gran parte da un terremoto. Il suo scavo, oltre a venticinque monete, forse l'incasso dell'ultima giornata di vendite prima della catastrofe, ha consentito di recuperare anche oggetti di bronzo: recipienti usati per pesare gli ingredienti da miscelare perla produzione profumiera, e elementi di una bilancia a tre piatti. All'interno di un braccio della bilancia, poi, è stato trovato un frammento di papiro scritto: forse si tratta di un talismano magico. «La prima fase di queste botteghe - sottolinea l'archeologo - risale alla fine del II secondo secolo avanti Cristo; non conosciamo bene l'ultima fase perché quell'area è stata scavata nel 1820 e dunque sono state sconvolte le indicazioni che avremmo potuto avere da quegli scavi. Il dato importante tuttavia è che trovando vasche e fosse piene di unguentari di ceramica, perché gli unguentari di vetro che vennero utilizzati a Pompei, a partire dalla metà del primo secolo avanti Cristo sono stati trovati nella metà dell'ottocento, ne sappiamo di più su produzione e vendita delle essenze nella Pompei di venti secoli fa».

17/07/2011 Ischia (Na), un museo sottomarino per l'isola  (Il Giornale di Napoli)

Un museo sottomarino, opera senza precedenti in Italia, al centro di un progetto riguardante proposte di sviluppo per l'Isola di Ischia, nato dalla collaborazione piena tra l'istituzione comunale ischiatana, la Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei, il Consorzio Borgo di Ischia Ponte. Un viaggio nel tempo sottomarino, dall'Impero Romano fino a giungere al Medioevo e agli Angioini, fulcro dell'iniziativa, già partita con l'inizio degli scavi, che porteranno alla luce antiche mura romane e i resti dell'occupazione degli Angioini, che fecero di Ischia un centro commerciale marittimo. Il cuore del museo sommerso saranno invece le rovine di Arenaria, l'antica isola descritta da Plinio, che si ritiene poi sommersa dopo una violenta eruzione. Tali rovine saranno presto visitabili grazie ad un sistema di telecamere che permetteranno di addentrarsi tra i reperti del museo dalla superficie. "Il Museo - spiega Giovan Giuseppe Lanfreschi, Presidente del neonato Consorzio Borgo Ischia Ponte - si inserisce in un ampio piano di sviluppo locale che comprende la Bia di Sant'Anna, con le rovine sottomarine, ma anche la riqualificazione del lungomare di Ischia Ponte, perchè questa splendida zona di Ischia riscopra e valorizzi le proprie tradizioni". I progetti riguardanti il rilancio turistico commerciale di Ischia Ponte sono stati discussi la scorsa mattinata presso la sede napoletana della Camera di Commercio: "La zona è da poco divenuta un centro commerciale naturale - ha spiegato Maurizio Maddaloni, Presidente della Camera di Commercio di Napoli - e da qui può partire lo sviluppo anche grazie all'accesso alle agevolazioni regionali. In più la nascita del Museo Sottomarino sarà fondamentale per valorizzare la zona dal punto di vista turistico, preservandola però sempre con attenzione da uno sfruttamento troppo intensivo". "I progetti riguardanti il piano di sviluppo turistico-commerciale di Ischia Ponte sono la dimostrazione che fare sistema tra gli imprenditori porta sviluppo - ha dichiarato l'Assessore all'urbanistica della Regione Campania Marcello Taglialatela, intervenuto al tavolo dell'ente camerale - già con il centro commerciale naturale di Borgo Orefici si sono avuti buoni risultati e ad Ischia si valorizzeranno le specifiche peculiarità dell'imprenditoria del luogo, e non è escluso che l'applicazione di questo concetto possa allargarsi anche "al centro storico di Napoli. L'istituzione regionale campana sarà infine vicina, con le sue competenze e con le sue deleghe, ai progetti del consorzio anche per quanto riguarda gli aspetti legati ai piani regolatori ed urbanistici".

13/07/2011 Pompei (Na), mai aperto il maxi ingresso da 5 milioni: manca un tubo (Il Corriere del Mezzogiorno)

La commissione di verifica inviata dalla Regione: «Nessuna opera completata è fruibile al pubblico»
I francesi vogliono salvare Pompei, gli americani vogliono metterci le mani sopra, e il ministro Galan fa da mediatore per offrire lo scavo archeologico al miglior «offerente». E’ cronaca di questi giorni. Due incontri sarebbero già stati fatti a Parigi: gli imprenditori francesi assicurerebbero 20 milioni di investimenti l'anno per i prossimi venti, ma chiedono garanzie. A collaborare con loro una cordata di industriali campani, nomi segreti ma a quanto pare «altisonanti». Lo stesso governatore Stefano Caldoro avrebbe già partecipato a un vertice privato con emissari della «Défense», che vede tra i suoi funzionari Jean Sarkozy figlio del capo dell'Eliseo. Insomma, se il ministero retto da Galan e la Soprintendenza di Napoli e Pompei daranno linee guida precise e stileranno progetti chiari, la cosa si può fare. Bisogna stare attenti, però, perché la legge salva Pompei prevede deroghe ai piani urbanistici. E fin qui, la pioggia di denaro piombata sugli Scavi, ha prodotto o mostri o assurdità. Stiamo parlando degli oltre 12 milioni di euro dei progetti integrati del Por 2000-2006. Dieci interventi in tutto. Di restauro delle Domus ma anche di creazione di strutture ex novo che hanno del paradossale. Poi ci sono altri bandi come quello con i fondi europei da 3.796.100 euro effettuato nel 2007 per un mostro di cemento armato in corso di realizzazione, il cui costo è salito fino a 4.950.000 euro. Non è finita, il bunker che non sarà mai un museo, ma come spiega il bando un deposito, assorbirà altri 4,5 milioni dall'ultimo piano per salvare Pompei, voluto dal Governo, che ammonta a 45.509.873 euro. In tutto costerà, quindi, dieci milioni. Sprechi venuti alla luce soprattutto nella relazione inviata poche settimane fa dai componenti del nucleo di valutazione degli investimenti europei della Regione che ha prodotto una relazione «ex post dei progetti integrati del Por 2000-2006», in particolare quello denominato «Pompei e Ercolano e il sistema archeologico vesuviano». E si scopre che il bunker non è la cosa peggiore. Accanto a piazza Anfiteatro c'è la nuova porta d'ingresso degli Scavi, una struttura avveniristica, che assomiglia un po' al «nido d'uccello», lo stadio delle Olimpiadi di Pechino. E costato cinque milioni di euro. Biglietteria, deposito bagagli, ristorazione. Tutto terminato fin nei minimi particolari e anche collaudato. Ma mai aperto al pubblico. La ragione? Manca una condotta di trenta metri per l'aria condizionata. La relazione della commissione inviata dalla Regione sull'utilizzo dei fondi Por, non lascia dubbi. Nel maggio scorso scrivevano: «Tutti gli interventi sono stati fisicamente e finanziariamente conclusi. Tuttavia quanto alla possibilità di fruizione da parte dei turisti, l'attività di indagine diretta svolta dal Nucleo presso il sito di Pompei ha permesso di rilevare che nessun bene restaurato nell'ambito del Pi (Piano integrato) è accessibile al pubblico. Questo discende dall'impossibilità, comunicata dalla Soprintendenza, di assicurare nelle insule interessate dagli interventi il servizio di guardiania». Dunque case restaurate da qualche anno, mai aperte al pubblico e nuovamente interessate dal degrado. Come i mosaici della casa di Cecilio Giocondo, quasi spariti sotto muffa e erbacce. Colpisce la relazione sul nuovo ingresso di porta Anfiteatro e lo sdegno della commissione: «L'area coperta è destinata ai servizi di bigliettazione, ristorazione e deposito bagagli. L'indagine diretta ha rilevato che il manufatto, seppur collaudato, non è attualmente in funzione (né mai è stato aperto al pubblico) per un problema legato alla impossibilità di realizzare una condotta di circa 30 metri per il collegamento con la centrale termofrigorifera realizzata in un'area adiacente». La commissione parla di «impossibilità». Il che lascia pensare al peggio. «Certo — spiega Antonio Irlando, presidente dell'Osservatorio Patrimonio culturale — secondo alcuni tecnici gli interventi sarebbero stati completamente sbagliati e difficilmente recuperabili. Questo significa che mentre le Domus crollavano per mancanza di soldi e di manutenzione, venivano gettati 5 milioni in una struttura che potrebbe non essere mai aperta e in un bunker di cemento armato». La relazione della Commissione si chiude con: «Ne discende dunque che, a marzo 2011, nell'area archeologica di Pompei, gli interventi di restauro e valorizzazione realizzati nell'ambito del Pi, finalizzati ad ampliare le aree di visita, non sono fruibili». Ora forse arrivano i francesi, (quanti annunci simili sono stati fatti dagli anni Ottanta ad oggi?) e rischiamo di far colonizzare uno dei nostri beni archeologici più importanti. Tutto, magari, per trenta metri di tubo che non ci sono. «L'est la vie madame e monsieur», cantavano i Queen in «Seaside Rendezvous».

13/07/2011 Pompei (Na), in fila grandi gruppi mondiali (Il Mattino)

Quattro ore sotto il sole in compagnia della soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro e del direttore degli Scavi Antonio Varone. Il sopralluogo del sottosegretario ai Beni culturali Riccardo Villari a Pompei era già previsto. Ma ieri ha avuto una ragione in più per effettuarlo: la maxi biglietteria da cinque milioni di euro mai aperta perché manca una condotta d'aria e le domus restaurate con i fondi Por e ancora sbarrate da cancelli. Cosa le è sembrato, sottosegretario? «Quando si va nell'area archeologica di Pompei, si passeggia in una città che ha oltre millecinquecento case. E' chiaro che gestirle è complicato soprattutto quando si ha poco personale. Sono stato anche alla nuova biglietteria di Porta Anfiteatro. Ci sono problemi; luci e ombre ma io sono ottimista e ho visto più luci». E le ombre come si cancellano? «Il problema principale è il personale risicato ma abbiamo già riaperto le vecchie graduatorie in base ai termini che ci permette la legge. Diciamo che per fine anno, venticinque o trenta persone, tra archeologi e architetti verranno assunti per dare una mano agli Scavi. Inoltre con il piano per Pompei il governo ha sbloccato 105 milioni perla messa in sicurezza delle domus, anche se agli Scavi ne vanno poco più della metà. Per dare un'idea la città antica è ancora coperta per 22 ettari. Cosa c'è sotto? Anche questo rappresenta una sfida per il futuro. Abbiamo un sito unico al mondo». Però ci vogliono fondi e devono essere spesi bene. «Sicuramente. Come ministero stiamo percorrendo strade alternative e nuove come la sinergia tra pubblico e privato. Sulla scia dell'operazione Colosseo. Con tutti i soggetti attivi che devono lavorare insieme non solo per il sito ma anche per il recupero del contesto in cui si trova. E vedo l'obiettivo vicino». Ci sono privati interessati? «Il presidente dell'Unione degli industriali di Napoli Paolo Graziano ha parlato della cordata francese. Duemila aziende interessate ad investire anche per ragioni fiscali. Poi ho incontrato il sindaco di Pompei e mi ha parlato di una cordata di americani. Sono convinto che faranno la fila per venire qui. Immagino che imprese come Google o Apple farebbero salti mortali per associare il loro nome a Pompei, il vecchio e il nuovo insieme fa sempre effetto. Per questo occorre procedere per moduli e gradualmente. Ho chiesto ufficialmente un incontro con Graziano per capire cosa si può fare. E' giusto, per orgoglio territoriale, che siano i campani a fare qualcosa, ad essere loro i capofila di questi interventi. Ma non ci saranno mai affidamenti diretti. Tutto avverrà attraverso gare pubbliche, trasparenti. Il problema non sono i soldi, ma spenderli bene e il ministero terrà gli occhi bene aperti». Google e la Apple? Addirittura? «Era solo un esempio» Ottimista? «Ho visto chi lavora a Pompei e sono rimasto colpito dal loro entusiasmo dalla loro voglia di tutelare questo patrimonio. Sono pochi e guadagnano pochissimo ma ci mettono l'anima e questo vorrei fosse sottolineato. Pompei ha 12 mila visitatori al giorno e forse non ne può sopportare di più, attualmente. Ma la cultura produce sviluppo e ricchezza. Teniamolo presente».

05/07/2011 Napoli, mura romane dagli scavi del metrò (Il Corriere del Mezzogiorno)

Nuove interessanti scoperte archeologiche affiorano in via Nolana, in pieno centro storico di Napoli (zona Rettifilo). Lo scavo iniziato un anno fa a seguito dei lavori per la realizzazione del pozzo di ventilazione della nuova metropolitana di Napoli, ha riportato alla luce resti di fondazioni precedenti al risanamento. Ora tocca alle mura d’epoca romana.
SCAVO ESTIVO - Nell’area di scavo di via Nolana, un gruppo nutrito di archeologi, sta riportando alla luce parte di mura in opera reticolata d’epoca romana. La scoperta, oltre quattro metri dall’attuale piano stradale, aggiunge interessanti informazioni circa il perimetro sud-orientale dell’antica Neapolis, area deputata allo svago e alle attività sportive.
OPERA RETICOLATA - Quando si scava in un'area ricca di storia come Napoli, le sorprese non mancano. Nel caso specifico i rinvenimenti di via Nolana mostrano, sotto il livello delle fondazioni precedenti all’intervento del risanamento, anche parti di mura in opera reticolata d’epoca romana. Nello stesso punto ma ad un livello di poco superiore diversi mesi fa erano state estratte alcune ossa e una grossa anfora, quasi integra.
IPPODROMO DI NEAPOLIS? - Sovrapponendo la pianta di Napoli greco-romana, di Bartolomeo Capasso risalente al 1904, con l’attuale area di scavo, sorprende la vicinanza con il settore nord orientale dell’ippodromo dell’antica Neapolis. Si tratta della struttura sportiva o di ambienti di pertinenza e di servizio? In attesa di ulteriori scoperte, stretto riserbo da parte della soprintendenza napoletana. Fino ad oggi lo scavo ha permesso di recuperare diversi reperti, in gran parte vasellame. Tuttavia, diverse ossa di animali (cavalli?) sono state rilevate, durante gli scavi di riqualificazione, anche nell’area dell’odierna porta Nolana.

01/07/2011 Ercolano (Na), uno zucchero salverà il mobilio romano (Il Mattino)

La molecola di uno zucchero riporterà agli antichi splendori tavolini, tripodi ed altri elementi di arredamento in legno e avorio di epoca romana ritrovati in Villa dei Papiri. E questo l'eccezionale dato emerso da una sperimentazione eseguita sulla base di una convenzione siglata nel 2009 tra la Soprintendenza archeologica di Pompei e il Cnr Ivalsa (Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree). «I risultati ottenuti ci consentiranno di poter avviare un restauro definitivo dei reperti - annuncia Maria Paola Guidobaldi, direttrice degli Scavi dl Ercolano -. Nel mondo non esistono altri elementi di mobilio dl quella epoca realizzati con materiali compositi, per cui è grossa la soddisfazione da parte nostra di essere riusciti a portare a termine un percorso scientifico che ci ha consentito di studiare le corrette misure metodologiche da applicare per il restauro». Il materiale fin qui emerso da un primo microscavo realizzato in un edificio di Villa dei Papiri è composto da parti di un soglio in legno e avorio decorato in rilievo, di tripodi e tavolini. Nel corso dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C, questi arredi vennero seppelliti dalla lava incandescente in modo da restare «sigillati». Per questo motivo, il legno è rimasto umido e si presenta molto meno friabile di quello di altri reperti rinvenuti negli Scavi di Ercolano: «Le particolari condizioni di seppellimento del mobilio di Villa dei Papiri - spiega la direttrice Guidobaldi - hanno consentito una straordinaria conservazione dei materiali organici del legno. Si tratta di condizioni uniche e senza precedenti. La scansione laser dei reperti e la successiva riproduzione in laboratorio ha permesso di sperimentare i processi da applicare per il restauro e la loro conservazione. Sulla base delle sperimentazioni effettuate, è emerso che gli oggetti in legno e avorio rinvenuti in Villa dei Papiri rispondono positivamente al trattamento con molecole zuccherine di lactilolo e trealosio». A questo punto, il prossimo obiettivo è rende-re visibili al pubblico questi straordinari reperti: (Al momento - confida la direttrice degli Scavi di Ercolano -contiamo di terminare il restauro ed il consolidamento definitivo del mobilio entro il 2012, dopodiché cominceremo a pensare alla loro esposizione». Le metodologie e risultati della ricerca effettuata sui materiali lignei rinvenuti all'interno di Villa dei Papiri sono stati oggetto di una giornata di studio a Villa Maiuri. A organizzare il meeting che ha visto la partecipazione di tutti gli studiosi impegnati nella ricerca su questi reperti è stato il Centro studi Herculaneum, il braccio operativo sul territorio del Packard Humanities Institute che da anni finanzia varie attività all'interno del complesso archeologico: «Gli esperimenti condotti in questi due anni - spiega Christian Biggi, manager del Centro studi - aiuteranno molto la conservazione dei reperti. La tecnica dei microscavi si è rivelata corretta per consentire di portare alla luce questi straordinari oggetti di arredamento. Nel giro dei prossimi anni, l'obiettivo è procedere a una serie di opere che ci consentano di recuperare altri reperti ancora seppelliti all'interno della Villa. Di certo, i risultati fin qui ottenuti testimoniano la bontà delle sinergie poste in essere all'interno degli Scavi e l'ottimo lavoro svolto nell'ambito della convenzione tra Soprintendenza e Cnr».

La sperimentazione sul mobilio in legno e avorio riportato alla luce in Villa dei Papiri si è mossa sull'asse Ercolano-Firenze. Se all'interno degli Scavi si è proceduto al lavoro di recupero dei reperti, nei laboratori fiorentini del Cnr-Ivalsa si è lavorato alla valutazione dei vari trattamenti a cui sottoporre i resti degli arredi risalenti al I secolo dopo Cristo: “Ci siamo trovati di fronte a un'esperienza unica - commenta Benedetto Pizzo, ricercatore dell'Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Cnr -. Esistono pochissimi esempi di mobilio di quell'epoca realizzati sia in avorio che legno. La prima fase della ricerca che abbiamo condotto ha riguardato una serie di esami diagnostici che ci hanno consentito di identificare i vari legnami utilizzati. Abbiamo scoperto che il mobilio di Villa dei Papiri è stato realizzato in gran parte con legno di frassino, ma anche con bosso e faggio. A impressionarci è stato il livello di conservazione dei reperti: il bosso era talmente ben conservato che sembrava tagliato ieri». Dopo aver individuato di quali materiali era composto il mobilio, i ricercatori del Cnr si sono dedicati alla sperimentazione dei vari processi da mettere a punto per il restauro: »Trovandoci di fronte a legno e avorio - spiega Pizzo - abbiamo subito compreso che era necessario un trattamento particolare e, possibilmente, reversibile. La soluzione la abbiamo trovata grazie all'utilizzo del lactilolo, una molecola estremamente piccola che consente di penetrare nel legno e nell'avorio senza farli staccare. Abbiamo condotto gli esperimenti su pezzi curvi, quindi più complessi da trattare, ottenendo ottimi esiti sia per la bontà del risultato ottenuto, sia per la rapidità dei tempi impiegati». I risultati raggiunti nei laboratori fiorentini del Cnr, dunque, appaiono destinati ad essere applicati anche sui reperti che verranno riportati alla luce nel corso dei prossimi scavi: »la nostra scoperta - conferma il ricercatore - consente di stabilizzare molto questo genere di arredi ed ha condotto, inoltre, ad ottimi effetti non solo dal punto di vista tecnico, ma anche estetico. Essendo totalmente reversibile, poi, permetterà al manufatto di essere riportato alla condizioni originali qualora in futuro vengano effettuate nuove scoperte in materia di trattamento dei legni archeologici».

01/07/2011 Poggiomarino (Na), riapre il villaggio preistorico ma per una sola sera (Il Mattino)

Riapre i battenti il sito protostorico della Longola, seppure in parte e per un solo giorno, anzi per una sola sera. Domenica prossima, alle 19, i volontari del gruppo archeologico «Terramare 3000» e dell'associazione «Amici del Sarno» accompagneranno i cittadini in una passeggiata lungo il percorso fluviale che sta intorno agli scavi. Successivamente, ci sarà la proiezione di filmati sull'antico villaggio rinvenuto a Longola, ai confini tra Striano e Poggiomarino, sulle tombe a fossa dell'età del Ferro, caratteristiche del territorio sarnese. Inoltre, nel corso della stessa serata ci sarà una rappresentazione in costume storico dell'epoca in cui la zona era abitata dal mitico popolo dei Sarrasti, una tribù che la tradizione fa discendere dalla ondata dei Pelasgi che, nell'alta Età del Bronzo (intorno al 1600a.C.) si stabilì nell'Italia meridionale. Il tema della rappresentazione in costume è tutto al femminile: «Donne, principesse e sacerdotesse, il ruolo femminile nella Campania antica». Prenderanno vita e voce alcune donne dei popoli che abitarono anticamente l'area intorno al fiume, grazie alle volontarie del gruppo archeologico di Poggiomarino. I cittadini interessati al tour possono arrivare direttamente presso contrada Longola o andare a via Roma, da dove partirà un pullman diretto agli scavi. Torna l'attenzione, dunque, sul sito protostorico della Longola. Era il 2000 quando fu scoperto per caso: si stava costruendo il depuratore del fiume Sarno quando gli operai incapparono in alcuni reperti archeologici. La Soprintendenza, accorsa sul posto, si trovò di fronte a testimonianze che rivelarono la presenza di un villaggio palafitticolo con una continuità abitativa a partire da prima del XVI secolo avanti Cristo fino al VII secolo avanti Cristo. Una scoperta eccezionale, tra le più singolari d'Europa. Da allora, gli scavi della Longola hanno vissuto varie vicissitudini: allagamenti, incendi ma anche attività di ricerche e studio. Tuttora il tesoro archeologico è oggetto di approfondimenti: la Soprintendenza di Napoli e Pompei, grazie all'impegno della dottoressa Caterina Cicirelli, responsabile del sito, ha disposto ulteriori lavori, di tipo stratigrafico. Consentiranno di portare tutti i saggi di scavo allo stesso livello, cioè allo stesso periodo storico. Il nodo da sciogliere, tuttavia, resta quello della valori77alione di un patrimonio storico e culturale molto importante. I lavori termineranno a dicembre, un altro milione di euro dovrebbe arrivare dai fondi europei perla creazione di depositi e strutture di adeguamento delle vasche (il villaggio si sviluppa tutto intorno all'acqua), poi si tratterà di capire in che modo i visitatori e i turisti potranno finalmente conoscere gli scavi poggiomarinesi. Linda Solino, responsabile del gruppo archeologico «Terramare 3000», non nasconde la sua preoccupazione: «Il lavoro dei volontari e delle associazioni resta importante, ma è fondamentale che le istituzioni facciano la loro parte. Intanto, un risultato è stato già ottenuto: nel corso della passata campagna elettorale tutte le coalizioni si sono impegnate a valorizzare il sito. La Longola è stata spesso al centro del dibattito politico». Rilanciare il villaggio protostorico è una sfida che anche l'attuale amministrazione comunale ha intenzione di raccogliere. L'assessore alla cultura Gerardo Aliberti spiega: «Ci siamo insediati pochi giorni fa, ma il decollo del sito di Longola è in cima ai nostri pensieri. Stiamo studiando tempi e modi. Certo è che esso rappresenta una risorsa per la città e per l'intero territorio».

24/06/2011 Pompei (Na), ok dell'Unesco al piano di recupero (Il Mattino)

Gli Scavi di Pompei non sono nella lista nera dei «siti in pericolo". L'Unesco dà l'ok al piano e concede due anni all'Italia per «salvare" l'area archeologica, rinviando al2013la sua eventuale condanna dopo i crolli della Scuola dei gladiatori.

POMPEI. L'Unesco concede due anni al governo per salvare l'area archeologica, rinviando al 2013 la sua eventuale iscrizione nel libro nero dei «siti in pericolo». E un'altra buona notizia viene dal ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan: dopo cinque annidi attesa sono passati i bandi per il rinnovo delle concessioni dei servizi nei musei. «Si tratta - ha spiegato il ministro - di 23 gare per assegnare i servizi per 70 musei ed aree archeologiche. I primi saranno Paestum, Ravenna, Tarquinia, Cerveteri e presto anche Pompei». Era attesa per la fine di giugno la relazione della professoressa Alix Barbet, direttore del settore ricerca del Cnrs in Francia, che lo scorso dicembre effettuò un'ispezione negli scavi di Pompei in seguito al crollo della scuola dei gladiatori. Fu lei a rivelarlo nel corso del sopralluogo: «Il dossier sul degrado di Pompei sarà pubblicato sulla rivista Unesco a giugno 2011». Dalla Francia, però, è arrivato un freno. II comitato del Patrimonio mondiale dell'Umanità ha, infatti, deciso in extremis a Parigi di rinviare al 2013 l'eventuale iscrizione di Pompei nella lista dei siti considerati a rischio crollo. Nel corso dei lavori della trentacinquesima convention Unesco, i 21 Stati membri del comitato hanno valutato positivamente le informazioni fornite dall'ambasciatore italiano Maurizio Serra sullo stato ai conservazione del sito di Pompei, apprezzando in particolare la legge di marzo 2011 con cui sono stati stanziati fondi straordinari. Il comitato ha, così, deciso di rinviare al 2013 tutte le valutazioni. Il sindaco di Pompei, Claudio D'Alessio, che lo scorso dicembre, su richiesta dell'Unesco, incontrò la delegazione, ha tirato un sospiro di sollievo. «Certo due anni non sono molti per far rinascere il nostro patrimonio archeologico - ha detto il primo cittadino - ma se uniremo gli intenti abbiamo ottime possibilità di riuscita. Classificare gli scavi di Pompei nella lista dei siti in pericolo - evidenzia D'Alessio - sarebbe stata una sciagura per l'intero comparto culturale ed economico della Regione». La professoressa Alix Barbet, autrice di innumerevoli saggi sulla pittura muraria non solo a Pompei, e Jean-Pierre Adam, architetto e archeologo francese del dipartimento di Architettura antica del Cnrs, che ha scavato a Pompei e attualmente insegna all'école du Louvre, autore del saggio «L'arte di costruire presso i romani», per tre giorni monitorarono lo stato di salute degli scavi, meta di tre milioni e mezzo di visitatori all'anno. La loro relazione e il piano Pompei, messo a punto dal governo, ha convinto i membri Unesco che «Pompei può vincere la dura sfida di rinascita».

Il disastro
Il 6 novembre 2010 il crollo della scuola d'armi.
Il 30 novembre cede un muro antico atto 3 metri che fungeva da contenimento del terrapieno posto sul peristilio della Casa del Moralista.
Il 1 dicembre altri due crolli, una bottega di via Stabiana e il la Domus del Piccolo Lupanare.
Il 2 dicembre, mentre era in corso la visita degli ispettori Unesco crolla il muro del peristilio della casa di Trebio Valente.

I ministri
Il 23 marzo 2011 il ministro Sandro Bondi si dimette, al suo posto al dicastero dei Beni Culturali arriva Giancarlo Galan. Come esordio, il 12 aprile, il neoministro sceglie il luogo simbolo del disastro da dove annuncia “caccia agli sponsor, nuove assunzioni e manutenzione ordinaria per gli scavi di Pompei".

L’ispezione
Dal 2 al 4 dicembre del 2010 un team di esperti dell'Unesco, con a capo la professoressa Alix Barbet, direttore del settore Ricerca del Cnrs in Francia, ispezionò l'area archeologica al fine di stilare un dossier per fotografare lo stato di degrado dell'intera area archeologica e delle sue preziose strutture riportate alla luce.

I FONDI
Sulla base dell'accordo di febbraio 2011 105 milioni di cui 85 per le opere di manutenzione e restauro 8,2 per il piano della conoscenza 2,8 per il potenziamento 2 per la sicurezza 7 per la comunicazione

15/06/2011 Atripalda (Av), in marcia contro lo scippo degli scavi di Abellinum (Il Mattino)

Contro lo scippo dell'Antica Abellinum domani sera mobilitazione della cittadinanza e delle istituzioni ad Atripalda. Un appuntamento che coinvolgerà non solo la cittadina del Sabato ma anche la Regione con il vicepresidente De Mita, la Provincia con il presidente Sibilia, ed i primi cittadini dei comuni limitrofi di Avellino, Mercogliano e Monteforte Irpino, la locale Pro Loco nonché tutte le associazioni di categoria e i sindacati. Il corteo partirà da piazza Municipio, dove si radunerà alle ore 20. Dopo aver percorso le principali strade di Atripalda, la marcia di protesta terminerà, davanti al cancello degli scavi della Civita, al quale sono stati apposti i sigilli dal commissario ad acta nominato dal Tar di Salerno per dare esecuzione alla sentenza che ha nei fatti riconsegnato l'antica domus romana alla famiglia Dello Iacono. La serata si concluderà con la musica del dj avellinese Vinyl Gianpy. Prevista la partecipazione di tanta gente comune. Il Comitato promotore ieri sera ha tenuto una riunione organizzativa per predisporre tutte il percorso e le iniziative. «Cari concittadini, un'assurda vicenda giudiziaria rischia di privare definitivamente Atripalda del suo patrimonio storico ed archeologico. Abellinum ha bisogno di noi, facciamo sentire la nostra voce»". A scrivere una lettera aperta è il sindaco Aldo Laurenzano che lancia un appello alla mobilitazione e parteciazione. «Ci ritroveremo tutti insieme - prosegue la nota del primo cittadino - cittadini, associazioni, sindaci, deputazione regionale e nazionale, istituzioni, in Piazza Municipio, per difendere la nostra storia». Una battaglia che si preannuncia ancora lunga ma che la settimana scorsa ha incassato un punto a proprio favore con la decisione assunta dal presidente del Tribunale amministrativo regionale di sospendere l'efficacia della riconsegna dei beni alla famiglia Dello Iacono fino al prossimo 30 giugno. Il presidente del Tar di Salerno Luigi Esposito ha infatti restituito alla Sovrintendenza, seppure temporaneamente, l'area degli scavi con un provvedimento monocratico. Un lasso di tempo che dovrebbe consentire alla Soprintendenza di ottenere un nuovo decreto di esproprio e di poter effettuare una precisa catalogazione dei reperti rinvenuti nell'area degli scavi.

15/06/2011 Pozzuoli (Na), anfiteatro flavio e castello di Baia i due fari dei Campi Flegrei (Il Mattino)

Trasformare il Castello di Baia e l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli nei due «fari culturali» dei Campi Flegrei: snodi della rete dei saperi che possano orientare al meglio il turista nel suo viaggio tra siti storico-archeologici e tradizioni enogastronomiche flegree secondo un piano organico di sviluppo. Nasce a Pozzuoli il primo distretto culturale dei Campi del Sapere: un sistema di connessione tra operatori culturali, ricerca accademica, enti locali e imprese che riunisca l'offerta turistica. L’obiettivo è la piena valorizzazione del territorio, attraverso le risorse dell’immenso giacimento culturale dei Campi Flegrei con percorsi didattico-culturali che partono a raggiera dai due monumenti e, attraverso un preciso iter, si dipanano tra reperti archeologici, cantine, aziende agrituristiche e mostre culturali. Un sistema organico e coerente di turismo culturale ed emozionale. Da due anni è chiuso in un cassetto il programma dei distretti culturali stilato dalla Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Mibac, che nei Campi Flegrei ha puntato sul Castello di Baia e sul Museo dei Campi Flegrei. Finora dell’avvio concreto di quel progetto nemmeno l’ombra. A gennaio del 2010 fu la senatrice Diana De Feo, braccio destro dell’allora ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, a chiedere con forza l’avvio del piano del Mibac per Baia. Appelli rimasti però inascoltati. Adesso la neonata agenzia dei Campi del Sapere, nel cui comitato scientifico figurano esponenti del mondo accademico come Gian Carlo Carrada della Federico II e Antonio De Simone del Suor Orsola Benincasa, in sinergia con l’assessorato regionale all’Agricoltura è ripartita da quell’idea e l’ha completamente rielaborata, puntando sui distretti culturali della zona flegrea. Venerdì pomeriggio alle 18 presso il Complesso Agave di Pozzuoli ci sarà il battesimo dell’agenzia guidata da Mario Marotta, con la presentazione del VII Rapporto annuale di Federculture e la partecipazione dell’assessore regionale Vito Amendolara. «I Campi del Sapere è un’agenzia di turismo culturale che vuole generare nuovi modelli economici che valorizzino le risorse endogene del territorio – spiega Mario Marotta, presidente dell’agenzia I Campi del Sapere - L’obiettivo è creare valore aggiunto attraverso un’azione di spin-off tra il mondo scientifico, quello dell’accoglienza turistica e quello dell’impresa culturale, con la compartecipazione degli enti locali. L’agenzia garantisce inoltre, attraverso un unico marchio, elevati standard qualitativi in tutti i settori dell’offerta formativa, dell’accoglienza e del supporto». Finora enormi potenzialità inespresse, con musei chiusi o parzialmente interdetti al pubblico, come quello di Baia con 47 stanze aperte su 55; percorsi archeologici off-limits come al Rione Terra e servizi inesistenti per i turisti. Eventi scollegati tra di loro e marketing territoriale inesistente. Punti critici indicati anche in una relazione di Mario Resca, nominato nel 2008 direttore per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano. I turisti, invece, si attirano se si mette a sistema il patrimonio culturale, l’offerta enogastronomica e l’alta formazione in grado di offrire un pacchetto turistico-culturale organico e innovativo.

13/06/2011 Pompei (Na), arrivano i Francesi (Il Mattino)

Il piano del presidente degli industriali di Napoli Graziano con Della Valle
L'annuncio oggi all'assemblea di Pozzuoli con il capo dello Stato
«Ci sarà un tavolo all'Unesco»
Ci sono 2500 imprese francesi pronte a investire per il rilancio di Pompei: di fronte al presidente Napolitano parlerà anche di questo stamattina a Pozzuoli, all'assemblea dell'Unione Industriali di Napoli, il leader degli imprenditori napoletani Antonio Graziano. Graziano è pronto a illustrare la costituzione di un consorzio di 2500 aziende parigine, valore aggiunto del «nuovo» distretto archeologico di Pompei e dell'area vesuviana. Così gli industriali napoletani, affiancati da big nazionali come Diego Della Valle, spingeranno per un tavolo all'Unesco e un rilancio dell'antico sito, con una grande azione di «rigenerazione urbanistica, ricettiva e produttiva dell'intera area». Il progetto, già in avanzata fase di definizione, punta ad una stabilità di rapporti con gli enti locali coinvolti in prima persona, dalla Regione ai comuni della zona. Con un occhio speciale al coinvolgimento di giovani.
Per i giovani e con i giovani. Perché non c'è riscatto di Napoli e del Mezzogiorno senza farne il centro vero di ogni progetto di sviluppo. Nella sua relazione stamane all'assemblea dell'Unione industriali il Presidente Antonio Graziano richiamerà anche su questo tema il messaggio agli italiani di Giorgio Napolitano di fine 2010. Lo farà non solo per ribadire la piena sintonia con il Capo dello Stato, che lo ascolterà in prima fila nella sala dell'accademia dell'aeronautica militare di Pozzuoli chiamata ad ospitare il meeting, ma anche per assumere un impegno forte proprio davanti al primo cittadino della Repubblica: «Faremo di tutto come classe imprenditoriale, per far tornare a Napoli i giovani che negli anni sono stati costretti a lasciare la città». Almeno 250mila in tutto il Sud i ragazzi e le ragazze scolarizzati che tra il 1995 e il 2005 hanno fatto le valigie mettendosi alla ricerca di un'opportunità professionale in altre parti d'Italia o del mondo. Tanti, troppi per poter restare ancora indifferenti o rassegnati. Lo ha detto spesso Napolitano in questi mesi, e al monito lanciato dal Presidente il numero uno degli imprenditori partenopei risponde con parole chiare: «Farò di tutto per far tornare i talenti ai quali il Sud ha chiuso le porte in faccia e che, formatisi qui, stanno mettendo a frutto le proprie competenze altrove. Purtroppo non per scelta ma per bisogno». Un'assunzione di responsabilità coraggiosa ma anche obbligata. Da una scelta di fondo, intanto, quella di chi come l'attuale governance degli industriali vuole voltare pagina a tutti i costi, sfidando rassegnazione e degrado. Ma anche dalla volontà di compiere fino in fondo un dovere: ascoltare i messaggi che i giovani, anche in occasione delle ultime elezioni amministrative, hanno lanciato alle istituzioni, alla politica, agli imprenditori napoletani. Una voglia di protagonismo, sottolineerà Graziano, che va raccolta e sviluppata, al di là della retorica. Gli industriali napoletani l'hanno scoperta anche attraverso uno studio commissionato proprio sulle giovani generazioni e sul loro rapporto con la città di Napoli, e che verrà presentato durante l'assemblea. Dal risultato di questa indagine Graziano trae una conclusione scioccante ma decisiva: non c'è più tempo da perdere, siamo praticamente arrivati all'ultima chiamata. La relazione come compendio del lavoro svolto nei primi mesi di presidenza ma anche come agenda di lavoro a breve e medio termine. Graziano ha aperto l'Unione ai manager dei grandi gruppi interessati ad investire, almeno potenzialmente, sulla città e in settori strategici come le telecomunicazioni, i servizi, il trasporto ferroviario. E' stato aperto un canale privilegiato di confronto che appare fondamentale per costruire una credibile prospettiva di sviluppo e di rinascita di Napoli. Le emergenze vecchie e nuove, dalla criminalità ai rifiuti, non possono essere un alibi per nessuno, ha detto più volte in questi mesi il presidente. Con regole chiare e impegni condivisi il riscatto di Napoli non sarà più una chimera. E la decisione di dedicare l'assemblea ai 150 anni dell'Unità d'Italia non può che ribadire un principio che è anche un monito: il Paese non può liberarsi del Mezzogiorno e di Napoli, specie se l'uno e l'altra faranno per intero la loro parte. Altro tema forte la compartecipazione degli industriali ad investimenti e piani di sviluppo che riguardano il potenziamento delle ricchezze culturali e storiche di cui il territorio è fin troppo ricco. E' la politica di valorizzazione dei giacimenti culturali che, per Napoli e per il Mezzogiorno (ma per tutta Italia) non può che significare il rilancio di Pompei. A dimostrazione dell'impegno concreto con il quale gli imprenditori della città intendono muoversi Graziano ricorderà alla platea il recente insediamento in sede Unesco a Parigi di un tavolo per Pompei al quale hanno garantito la loro partecipazioni il Ministero dei Beni Culturali e soprattutto un consorzio di 2500 aziende parigine che potrebbero rappresentare il valore aggiunto del «nuovo» distretto archeologico di Pompei e dell'area vesuviana. In sostanza gli industriali napoletani, affiancati tra l'altro da big dell'imprenditoria nazionale come Diego Della Valle, spingeranno per un nuovo management plan dell'antico sito, che dovrebbe tradursi in una grande azione di «rigenerazione urbanistica, ricettiva e produttiva dell'intera area». Il progetto, già in avanzata fase di definizione, punta ad una stabilità di rapporti con gli enti locali coinvolti, ovviamente, in prima persona, dalla Regione ai comuni della zona. Una stabilità istituzionale che diventa fondamentale per dare concreto seguito a tutte le iniziative in cantiere, spesso frenate in passato da sterili contrasti o palleggiamenti di responsabilità di cui anche la stampa internazionale ha dovuto occuparsi. Anche Pompei rappresenterà per gli industriali di Napoli una frontiera delicata ancorché stimolante della loro volontà di misurarsi con l'ansia di rinnovamento del territorio. Una sfida che potrebbe davvero assumere i significati della svolta tante volte annunciata ma quasi mai portata fino in fondo. 

13/06/2011 Ottaviano (Na), al sicuro capitello romano (Il Mattino)

Da un paio di giorni si trova al sicuro, nel cortile del museo archeologico di Nola. Ma il capitello della prima età imperiale, rinvenuto negli anni ’80 durante i lavori per la realizzazione di una scuola tra Ottaviano e Piazzolla di Nola, in località Villa Albertini, ha avuto una storia travagliata. Per decenni è stato nel deposito di un’azienda edile, prima di essere preso in consegna dai carabinieri. La sua restituzione alla fruizione pubblica, e soprattutto agli studiosi, potrebbe consentire di aprire uno squarcio sul patrimonio archeologico dell’area vesuviana e nolana. Il capitello per dimensioni e tipologia è decisamente originale: l’ipotesi è che possa essere addirittura parte di un tempio o di una villa romana di livello. È lo stesso Giuseppe Vecchio, ispettore per l’area nolana della Soprintendenza archeologica di Napoli, ad ammettere che si tratta di un reperto importantissimo. Il secondo ritrovamento del capitello si deve soprattutto a un gruppo di cittadini, quelli del comitato civico di Ottaviano e del blog ottavianesi.it: Gennaro Barbato, Marco Antonio Giorgio, Paola Castiglia. Furono loro, sei mesi fa, ad a segnalarne l’esistenza alla Soprintendenza. Nel corso di una passeggiata archeologica organizzata da loro, alcune persone parlarono del capitello e del fatto che, assieme ad altri pezzi, era venuto fuori quando era stata realizzata la scuola elementare di Villa Albertini a Piazzolla di Nola. Partirono le ricerche, coordinate dalla dottoressa Caterina Cicirelli, della Soprintendenza di Pompei. Il capitello fu trovato nel deposito di un cantiere, ad Ottaviano. Chi l’ha custodito forse aspettava proprio che qualcuno si facesse vivo o magari nemmeno immaginava l’importanza del reperto: fatto sta che aprì le porte agli studiosi senza troppi problemi. Gli archeologi, appena videro l’esemplare, capirono subito di trovarsi dinanzi a qualcosa di rilevante: il capitello pesa almeno 400 chili, è in marmo bianco ed è di tipo "composito", cioè costituito da un kalathos corinzio, con una sola corona di foglie d’acanto, a cui si sovrappone un capitello ionico a quattro facce e terminante superiormente con un abaco di nuovo corinzio. Dopo il sopralluogo dei rappresentanti della Soprintendenza, toccò ai carabinieri intervenire: quelli del Nucleo tutela patrimonio culturale lo hanno tenuto sotto sequestro, prima di dare il via libera al professor Giuseppe Vecchio per l’esposizione presso il museo archeologico. Ora c’è un’indagine in corso, per capire come sia finito nel deposito, perché sia rimasto nascosto tutto questo tempo e se ci sono altri reperti dalle parti di Ottaviano o Nola. Ma c’è anche la massima attenzione degli esperti, che si stanno ponendo una serie di domande: il capitello apparteneva a un edificio pubblico? A un tempio? Per rispondere, saranno necessarie altre analisi. Intanto Vecchio spiega di aver anche informato il Comune di Nola e aggiunge: «È noto che la zona tra Piazzolla e Ottaviano è interessantissima dal punto di visto archeologico». E quelli del comitato civico reclamano a gran voce l’intervento delle istituzioni per la valorizzazione dell’area: «Siamo dinanzi ad un tesoro, ignorarlo sarebbe un delitto», dice Gennaro Barbato.

11/06/2011 Pompei (Na), Louis Godart, una speranza per Pompei adesso c'è (Il Mattino)

Il piano di salvaguardia può far ripartire il sito dopo il tonfo planetario

Il 17 giugno scorso, in occasione dell'udienza concessa al Presidente e al Consiglio Internazionale del Museo di Arte Moderna di NewYork, il Presidente della Repubblica ha insistito una volta in più sulla necessità di difendere e valorizzare lo straordinario patrimonio artistico della Nazione. Tra i gioielli sublimi ma fragili che fanno dell'Italia il leader mondiale nell'ambito dei beni culturali spicca il sito di Pompei. L'antica città sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 si estende su una superficie di oltre 65 ettari. Il 6 novembre 2010 le mura della «Casa dei Gladiatori» si sbriciolarono sotto il peso di un tetto in cemento armato costruito nel 1947 ai tempi dei primi grandi restauri avvenuti a Pompei nel dopo guerra. La notizia ripresa dai maggiori quotidiani del pianeta offuscò grandemente l'immagine dell'Italia ritenuta colpevole di non essere in grado di proteggere un sito come Pompei inserito dall'Unesco nel patrimonio dell'umanità. Qualche giorno dopo, il 30 novembre crollò un muro di confine della Casa del Moralista e il 1 dicembre le intemperie ebbero ragione di altri due muri, fortunatamente di minore entità, il primo in via delle Terme Stabiane e il secondo nel Lupanare Piccolo. Era dovere dello Stato intervenire immediatamente e con determinazione non solo per arrestare quella che appare come una lenta e inesorabile erosione di uno dei siti più importanti del mondo ma miche per salvaguardare la propria immagine. Oggi uno spiraglio di luce illumina la complessa situazione di Pompei. Il Decreto Legge 31 marzo 2011, n. 34 convertito con la L. 75 del 26 maggio 2011 ha varato misure straordinarie per la salvaguardia di Pompei. Una somma di 105 milioni di euro è stata individuata e destinata dalla Regione Campania alla valorizzazione del sito. La Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei in accordo con la Direzione Generale alle Antichità e con il Segretario Generale del Ministero ha elaborato un programma straordinario che è stato approvato 1'8 giugno scorso dal Consiglio Superiore per i Beni e le Attività Culturali. Questo programma punta alla realizzazione di interventi sistematici che consentano di affrontare i problemi di manutenzione, conservazione e di valorizzazione del grande sito campano. La Soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro ha articolato questo Programma in cinque Piani distinti per obiettivi e azioni. Un primo Piano prevede un monitoraggio del sito con rilievi e indagini idrogeologiche; saranno effettuati lavori di messa in sicurezza estesi omogeneamente sulle nove Regiones dell'antica città. Un secondo Piano contempla il miglioramento delle capacità amministrative, operative e tecniche della Soprintendenza che soffre crudelmente della mancanza di personale. E quindi prevista l'assunzione di personale tecnico (archeologi e architetti). Il terzo Piano abbraccia gli interventi diretti sui beni culturali e sulle aree demaniali di competenza della Soprintendenza. Si tratta di avviare lavori conservativi, di restauro architettonico-strutturale e di recupero degli apparati decorativi parietali e pavimentali. Il Piano concerne tutti i siti dell'area vesuviana, Napoli e i Campi Flegrei. Il quarto Piano riguarda la sicurezza; verrà potenziato il sistema di video-sorveglianza. Si prevede l'ammodernamento del sistema di telesorveglianza perimetrale dell'area archeologica di Pompei e degli altri siti vesuviani. Infine l'ultimo Piano ri guarda il miglioramento dei servizi al pubblico. Si tratta di rendere ottimali. le condizioni di fruizione di Pompei e delle altre aree di competenza della Soprintendenza secondo standards minimi di qualità (manutenzione del verde e pulizia; allestimento dei percorsi di visita, eliminazione delle barriere architettoniche, miglioramento delle strutture di accoglienza e dei servizi igienici). Il nostro Ministero per i Beni Culturali possiede le competenze in grado di assicurare la salvaguardia di Pompei; occorre semplicemente dare ai Soprintendenti e i funzionari la possibilità di intervenire tempestivamente senza dover passare per le forche caudine di estenuanti lungaggini burocratiche per preservare dall'erosione del tempo i siti e le opere poste sotto la loro giurisdizione. Gli specialisti formati nei nostri centri di restauro sono chiamati costantemente ai quattro angoli del pianeta per intervenire, addirittura su mandato dell'Unesco, laddove il patrimonio culturale dell'umanità è minacciato da catastrofi naturali o da eventi bellici; possono quindi salvare i nostri tesori d'arte. Le notizie che riguardano Pompei sembrano quindi rassicuranti, ma chi vigila sui nostri beni culturali non deve abbassare la guardia. Un sito inserito nella lista del patrimonio culturale dell'umanità è anche appetibile per ogni sorta di speculatore.

11/06/2011 Pompei (Na), senza archeologi nuovo allarme (Il Mattino)

Il via libera ai finanziamenti non spegne le polemiche sulla salvaguardia del sito
85 I fondi per le opere secondo il piano licenziato a Roma sarà questa la cifra in milioni da impegnare nei cantieri degli Scavi: si tratta dei due terzi dei 105 milioni di fondi Poin resi disponibili dall'accordo di febbraio tra Ue, governo e Regione.
Saranno recuperate 39 domus
Dopo il via libera ai 105 milioni l'appello di sindacati ed esperti: «Più personale o cantieri fermi»

Centocinque milioni di euro per cominciare a salvare Pompei. Frutto di un accordo tra il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, Raffaele Fitto, ministro per gli affari regionali, e Johannes Hann, commissario Ue per le politiche regionali, i fondi dovrebbero arrivare al più tardi agli inizi di settembre. In particolare, la tranche di 85 milioni finanzierà i restauri; 7 milioni andranno per la promozione e per i servizi ai visitatori e 8 milioni e 200 mila euro serviranno per mappare lo stato dell'arte degli scavi. Eppure sono in molti a esprimere dubbi e perplessità. Sulla quota ultima, Uil- Mibac, con il segretario Gianfranco Cerasoli, annuncia un esposto alle Procure di Napoli, Torre Annunziata e Roma. «A Pompei - osserva il sindacalista - e come dichiarato del preside della Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli, Carmine Gambardella, non serve spendere 8 milioni e 200 mila euro per la mappatura del rischio perché lo stesso docente ha sostenuto che con il suo dipartimento la mappatura era a costo zero». Ed è proprio l'analisi puntuale di tutti gli edifici pompeiani che è assolutamente necessaria per cominciare a mettere mano al progetto di salvaguardia. «La diagnosi va preceduta - sottolinea Luigi Malnati, direttore generale delle Antichità - da un rilievo sistematico e fotogrammetrico dello stato delle domus senza il quale non si può intervenire». Altro elemento che ingenera dubbi è il mancato arrivo della task-force di archeologi. Dei venticinque annunciati agli inizi del 2011, sino a oggi in Soprintendenza non si visto nemmeno l'ombra di uno. «E - osserva Claudio Calcara, segretario di Cisl Mibac - se arrivassero adesso ci vorrebbe del tempo perché dovrebbero imparare a lavorare su questi siti tanto particolari. A meno che non si chiamino dei tecnici che sono già stati a Pompei». E comunque a Pompei servono, oltre agli archeologi, anche architetti, e amministrativi. «I quadri degli archeologi - continua Calcara - sono pesantemente carenti in tutta Italia. La media della loro dell'età varia tra i 55 e i 60 anni. E se a Pompei mancano molti archeologi, in Italia ne mancano centinaia. Dovrebbero essere svolti nuovi concorsi e in gran fretta se vogliamo evitare che l'esperienza di quelli che stanno per andare in pensione vada persa. Specialmente a Pompei dove servono anche architetti, tecnici, assistenti di scavo, geometri, operai. Con quello che abbiamo adesso a disposizione potremo forse contenere l'emergenza». «Come presidente dell'Associazione nazionale archeologi - spiega dal canto suo Tsao Cevoli - dico che vediamo con favore il mutamento che c'è stato con Galan. Tuttavia non è detto che mandando soldi si risolve tutto. Vale a dire che si dovrà vedere come vengono spesi questi fondi. Se verranno usati per mettere in sicurezza, restaurare, per la tutela del territorio, allora va bene. Se i fondi saranno utilizzati per uno o due restauri spettacolari allora non siamo d'accordo. E c'è anche un altro particolare: si stanno creando sproporzioni verso Pompei dimenticando altre evidenze culturali. Servono tecnici e soldi a tutto il territorio. Perché solo Pompei, quando ci sono tanti siti nel napoletano, nel casertano, nei Campi Flegrei che stanno peggio di quella città?». 

09/06/2011 Pompei (Na), altri 105 milioni per il restauro (Il Mattino)

Il ministero sblocca i finanziamenti europei. Gli industriali: il rilancio degli Scavi in tre fasi
Nove mesi dopo il clamoroso crollo della Schola Armaturarum, il piano governativo per il «salvataggio» di Pompei sembra essere in dirittura d'arrivo. Nella riunione di ieri al ministero il Consiglio superiore per i beni culturali, oltre ad aver approvato alcuni interventi urgenti per il recupero di alcuni Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, avrebbe anche definito l'impegno economico per Pompei. Secondo alcune indiscrezioni si tratterebbe di 105 milioni, una cifra più o meno corrispondente, dunque, ai 104,8 milioni di spesa che il segretario generale del Mibac, Carlo Cecchi, aveva previsto per il piano fino a dicembre2015.

Un investimento finanziario importante e l'approvazione del progetto per il recupero predisposto dal ministero per i Beni Culturali. Nove mesi dopo il clamoroso crollo della Schola Armaturarum, il piano governativo per il «salvataggio» di Pompei sembra aver fatto un ulteriore passo avanti. Nella riunione di ieri - la prima dopo la riconversione in legge del decreto dello scorso 23 marzo - il Consiglio superiore per i beni culturali, oltre ad aver approvato alcuni interventi urgenti per il recupero di alcuni Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, avrebbe anche definito l'impegno economico per Pompei. Si tratterebbe di 105 milioni, una cifra più o meno corrispondente, dunque, ai 104,8 milioni di spesa che il segretario generale del Mibac Carlo Cecchi aveva previsto per portare avanti gli interventi previsti dal piano fino a dicembre 2015, e alla quota di fondi europei Poin non ancora utilizzati e che il ministro Fitto ha recentemente reso disponibili. « un investimento consistente - conferma il sottosegretario ai Beni Culturali Riccardo Villari, che fornirà oggi maggiori dettagli in una conferenza stampa a Palazzo Reale - e si tratta di un passo avanti importante. Il piano per il recupero ed il rilancio di Pompei è pronto e finalmente questa è una risposta adeguata all'importanza del sito archeologico». Il piano approvato ieri riguarderebbe il programma di interventi di messa in sicurezza, restauro e manutenzione stilato dalla Soprintendenza Speciale di Napoli-Pompei per 39 interventi negli Scavi di Pompei, due in quelli di Ercolano, due in quelli di Oplonti, uno a Boscoreale, uno a Poggiomarino, cinque nell'area flegrea, due a Napoli e uno a Noia, per un totale di spesa di 85 milioni di euro da realizzare entro il 2013. La Uil Beni e attività culturali punta però il dito sulle risorse residue dei fondi Poin che sarebbero destinate ai rilievi e alle verifiche idrogeologiche di Pompei. Come illustrato dallo staff del ministero proprio a Pompei lo scorso aprile, in occasione della anticipazione del progetto, questa fase di monitoraggio dovrebbe essere svolta con una metodologia messa a punto da Cecchi e già sperimentata con successo sui monumenti medievali e per il restauro della Domus Aurea di Roma: grazie all'uso di una tecnologia laser scanner, sarà possibile ottenere i rilievi tridimensionali di ognuna delle Domus degli Scavi nel giro di 2-4 giorni. «Chiediamo al ministro Galan - dice la segreteria nazionale della Uil - che l'attività di rilievo e indagine sia affidata non direttamente bensì attraverso una procedura di evidenza pubblica». Nella riunione del Consiglio Superiore è stata affrontata anche la questione della Ales - la società oggi interamente di proprietà del ministero che ha riassorbito 649 ex Lsu e alla cui presidenza è stato recentemente nominato l'ex Segretario Generale ed ex Soprintendente di Napoli e Pompei Giuseppe Proietti - e dell'utilizzo dei fondi del Lotto. La Uil denuncia però «una guerra per interessi all'interno del Mibac» che «rischia di trasformare una operazione di risparmio» in un'opera di «killeraggio».

05/06/2011 Nola (Na), villaggio preistorico ancora inaccessibile (Il Giornale di Napoli)

C'è un compleanno, o meglio un anniversario, che l'Associazione Meridies non avrebbe mai voluto festeggiare, un anniversario che ricorda il momento più triste della storia dell'impegno ultradecennale dell'associazione notane nei confronti del patrimonio culturale e monumentale di Nota e dintorni. Martedì, infatti, ricorrono due anni esatti dalla chiusura (ormai definitiva) del Villaggio Preistorico di Nola. Due anni fa, infatti, l'Associazione Meridies, con grande tristezza e prevedendo una chiusura non breve, dopo anni di battaglie e di sacrifici enormi (anche economici) senza l'aiuto di nessuno, dopo aver dato, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, a migliaia di visitatori entusiasti provenienti da tutto il mondo, la possibilità di ammirare i resti della "Pompei della preistoria", annunciò la chiusura a tempo indeterminato del sito di Croce del Papa a Nola perché, la portata della falda acquifera sottostante l'area, era diventata troppo grande e le capanne dell'età del bronzo antico erano state sommerse in modo totale. Sono trascorsi due anni da allora ma, nonostante gli appelli dell'associazione, la creazione del comitato civico "Salviamo il Villaggio Preistorico di Nola", l'impegno delle istituzioni come il Comune di Nola, la Regione Campania e la soprintendenza, l'attenzione dei mass-media a livello nazionale e internazionale sul caso, le cose sono, se è possibile, ancor di più peggiorate. Gli studi attivati non hanno portato ancora ad alcun risultato concreto; anzi, a finire sott'acqua, da qualche tempo, è anche il vicino ed importantissimo Anfiteatro Laterizio, uno dei più antichi del mondo. «Non vorremmo essere pessimisti - ha ribadito Angelo Amato de Serpis, già presidente di Meridies -, ma il Villaggio Preistorico di Nola è da troppo tempo sommerso e crediamo sia ormai, per buona parte, irrimediabilmente compromesso. Ciò non vuol dire che non bisogna fare, comunque, tutto il possibile per risolvere il problema della falda, anzi, proprio perché ci sono da portare alla luce sicuramente in zona altre capanne e altri reperti che potrebbero arricchire, sotto il profilo archeologico, ulteriormente l'area, bisogna tentare ogni strada utile per risolvere il problema. Il fenomeno riscontrato è sicuramente rilevante e, pur apprezzando l'impegno delle istituzioni territoriali, proprio per questo motivo, abbiamo dall'inizio chiesto un intervento speciale e diretto da parte del Ministero per i Beni Culturali, magari con la collaborazione di quello della Protezione Civile, considerata la tipologia del problema, ma, fino ad oggi, non abbiamo avuto alcuna risposta in merito. Ancora una volta invitiamo gli enti territoriali a fare presto e auspichiamo, finalmente, un intervento speciale e specifico del ministero competente. Ancora oggi, a due anni di distanza dalla chiusura del sito, chiamano quotidianamente persone da ogni dove, che vorrebbero visitare il villaggio, e alle quali siamo costretti, con rammarico, a riferire dello stato pietoso in cui versano le capanne e dell'impossibilità della visita».

05/06/2011 Capri (Na), seimila anfore romane recuperate in mare (Il Mattino)

Anfore romane. Proprio di fronte all'isola di Capri, nella zona di mare posta a circa un miglio e mezzo dalle «bocche piccole» e a una profondità compresa tra centocinquanta e duecento metri. Sono migliaia. Un grande e prezioso cimitero archeologico sommerso. Anzi, due. Le hanno trovate i subacquei del Gruppo di archeologia subacquea della Ras (Restoring Ancient Stabiae) guidati da Ugo Di Capua, nei corso della campagna di indagine dei fondali sviluppatasi tra il 2010 e quest'anno. Le esplorazioni, che sono state condotte da Ras con il sostegno di Aurora Trust Foundation e la supervisione del Gruppo di archeologia subacquea della Soprintendenza archeologica speciale di Napoli e Pompei, coordinato dall'archeologo Paolo Caputo, hanno interessato una fascia costiera di circa cinquanta chilometri quadrati. In quest'area, dunque, sono stati rinvenuti i due grossi accumuli di contenitori. Testimonianze di una tragedia antica di duemila e passa anni. Là, in quel tratto di mare compreso tra Capo di Sorrento e Capri, in due momenti diversi, tra il I e il II secolo avanti Cristo, due imbarcazioni affondarono con il loro carico di uomini e merci. Trasportavano vino, quasi certamente facevano la spola tra Sorrento e Capri. Gli esperti non ritengono possibile che si trattasse di navi da trasporto a lunga percorrenza o dirette al porto di Pozzuoli perché il naviglio che seguiva tale tipo di rotta, in genere, circumnavigava l'isola all'esterno. Le anfore rinvenute sono classificate dagli archeologi come del tipo «lamboglia», ovvero hanno corpo ovoidale di circa un metro e venti di altezza, hanno le anse applicate sotto l'orlo, e nell'antichità erano impiegate per il trasporto di liquidi, in particolare vino. Insomma, quel tipo di contenitore è tipico dell'area mediterranea e per l'uso principale che se ne faceva viene denominata, appunto, «vinaria». «In quel tratto di mare - sottolinea Di Capua - le correnti sottomarine sono molto forti: chi nell'antichità si imbatteva in un fortunale, difficilmente trovava scampo». Fu dunque una tempesta marina a far affondare i due legni. Del primo, le uniche tracce rimaste sono appunto le anfore, disperse su una superficie di circa 70 metri quadrati. In quel caso gli archeologi ritengono che la tempesta, il vento e le onde abbiano letteralmente capovolto e colato a picco il natante. L'ipotesi di lavoro è sostenuta dal fatto che le anfore sono sparse sul letto di sabbia. Una eventualità che si verifica allorché la barca si capovolge e la parte legnosa della chiglia, che si degrada per opera degli organismi animali e vegetali, viene dispersa dalle correnti sottomarine. Non così nel caso dell'altro accumulo: alto due metri e venti, largo sei metri e lungo circa diciassette metri. Le anfore ritrovate, circa seimila, difatti, non risultano disperse ma accatastate perfettamente. «Questo - continua Di Capua - fa ipotizzare che l'affondamento sia avvenuto senza ribaltamento: il relitto si insabbia sotto il peso delle anfore e la parte sommersa rimane protetta dalla sabbia per migliaia di anni». Vale a dire che quando si deciderà di approfondire le indagini si potrebbe ritrovare ancora integra una consistente parte dello scafo, e individuarne la provenienza dalle caratteristiche di costruzione. Qualcuna delle anfore risulta ancora sigillata per cui se in futuro si provvederà a recuperarle è possibile che alloro interno si conservino ancora residui di quanto contenuto. Con l'analisi del Dna si potrebbe, poi, risalire al tipo di vino che era trasportato, alle sue caratteristiche e alla località di provenienza. Tuttavia non sono solo le anfore gli elementi importanti del rinvenimento. Il relitto è ancora più importante perché si sono trovati moltissimi pani di metallo, forse piombo. Lunghi circa due metri per trenta centimetri di spessore, e con il peso che arriva a circa tre quintali, presentano dei bolli (sono i marchi di costruzione) sulle superfici. «Riteniamo - riprende Di Capua - si tratti di piombo, non sappiamo se usato per stabilizzare i natanti oppure da utilizzare in commercio per specifiche destinazioni. Accertare l'esatta tipologia del metallo e il suo impiego sarà uno degli obiettivi della prossima campagna subacquea».

Quei vini pompeiani che approdavano in Gallia
La produzione vesuviana era apprezzata e famosa in tutto l'impero romano La terra del vino, la Campania Felix di duemila anni fa. E, ancor più l'area vesuviana. Il territorio, difatti, per la sua conformazione e per la fertilità derivatagli dal vulcano contribuiva alla crescita ottimale di grappoli d'uva dai chicchi dolci come il miele. E dai porti campani partivano le navi da trasporto con migliaia di anfore impilate le une sulle altre dirette verso i più remoti avamposti dell'impero romano. Si muovevano lungo le rotte commerciali mediterranee, facendo scalo nei porti siciliani, se diretti in Africa, a Cartagine; in quelli della Sardegna, se diretti in Spagna; a Marsiglia, se la bevanda doveva arrivare nella Gallia Narbonense (anfore con bolli pompeiani sono state trovate a Tolosa, Bordeaux, Narbonne) o in Germania. Ma quali erano i vitigni che si riproducevano nelle centinaia di fattorie che, fuori dalle mura di Pompei, si stendevano sin quasi alla bocca del Vesuvio? Tra i più coltivati c'era la «Murgentina», originaria della zona di Morgantina, in Sicilia, che a Pompei ebbe uno sviluppo talmente importante da essere rinominata «Pompeiana». Altra varietà era l'«Holconia» che dalla Campania si diffuse anche in Etruria. E il vino pompeiano era talmente famoso che Plinio il Vecchio, nel ricordarne l'importanza, puntualizzava che il massimo della bontà la bevanda la raggiungeva nell'arco di dieci anni. Unica controindicazione, non bisognava abusarne, pena alcune ore di terribile mal di testa. A Sorrento, sul suo territorio, si produceva il «Surrentinum». A volte il vino prendeva il nome del produttore come nel caso dell'«Arrianum», perché l'uva proveniva dai vigneti di Arrio Secondo. Oppure «Asinianum», nel caso che a produrlo e venderlo fosse Asinio Proculo, che vendeva anche l'«Asiniano racemato», una sorta di vino doc dell'epoca. Un altro tipo di vino molto diffuso era la «Lympa vesuviana», un vino rosso che come tutti gli altri non veniva consumato puro ma annacquato per circa due terzi e bevuto nelle ore pomeridiane. Non mancavano vini aromatizzati con fiori, come rose (Rosatum) o viole (Violatum), resina di pino o con miele. Quest'ultimo vino, chiamato «Melsum» era anche usato come medicinale. E questo senza dimenticare il Falerno prodotto nella Campania settentrionale, tra le odierne Mondragone e Sessa Aurunca, a proposito del quale Petronio Arbitro, descrivendo la cena puteolana di Trimalcione, nel «Satyricon» racconta che gli haustores (gli antichi sommelier) servirono un Falerno vecchio di cento anni.

02/05/2011 Napoli, crollano mensole al Museo Nazionale: in frantumi due coppe di ossidiana di epoca tolemaica: danni incalcolabili (Il Mattino)

Ridotte in mille pezzi, distrutte, cancellate: due preziose coppe di ossidiana di epoca tolemaica, sono crollate all’interno della vetrina che le custodiva nella sala dei mosaici del Museo archeologico nazionale.
In termini economici il danno è clamoroso (il professor Pappalardo ipotizza un valore di sei milioni di euro a coppa) ma è addirittura inestimabile la perdita per il mondo della cultura: i due pezzi provengono dall’Egitto e sono stati realizzati all’epoca di Alessandro Magno, erano stati acquistati da una agiatissima famiglia romana che viveva nella villa San Marco di Castellammare, dove sono state ritrovate nel 1954: l’ossidiana, materiale vetroso che si crea quando la lava incandescente incontra l’acqua del mare e solidifica con rapidità, è difficile da lavorare; solo grandi artisti egiziani riuscivano a creare capolavori che venivano venduti a prezzi molto elevati.
Le due coppe erano in mostra sopra una mensola di vetro all’interno di una vetrina. All’improvviso la mensola ha ceduto facendo cadere i reperti su un sottostante tavolino in mosaico. L’impatto è stato forte, le coppe sono andate in mille pezzi: alcuni minuscoli frammenti sono addirittura polverizzati, significa che quegli oggetti non potranno mai tornare al loro antico splendore, anche se il lavoro dei restauratori è partito immediatamente.
L’episodio risale a domenica scorsa ma è stato tenuto riservato nel tentativo di evitare le polemiche. Erano passate da poco le dieci del mattino e all’interno del museo, come accade spesso di domenica, c’erano molti visitatori. Anche la sala dei mosaici era affollata nel momento in cui, di schianto, la mensola ha ceduto e ha mandato in frantumi i reperti davanti agli occhi, attoniti, dei turisti. Nel museo in quel momento non era prevista la presenza di un responsabile, così dopo aver avvisato i vertici della struttura, i dipendenti si sono limitati a coprire la vetrina con un telo per evitare che gli altri visitatori potessero vedere lo scempio.
Le cause del grave episodio non sono state ancora accertate, probabilmente si tratta di una serie di eventi a catena che hanno generato il crollo. Il primo dei problemi riguarda i «sussulti» che riceve l’intero palazzo del Museo Nazionale: si tratta delle vibrazioni prodotte dal frequente passaggio dei bus turistici, dei camion, della metropolitana che cammina proprio sotto alla struttura. Ma le vibrazioni dei mezzi di trasporto, da sole, non avrebbero potuto produrre quel disastro (del resto nessun’altra delle decine di vetrine del museo ha subito problemi analoghi). Altre concause, quindi, potrebbero essere anche la maniera in cui è stata realizzata (o manutenuta) la vetrina e la solidità dei sostegni della mensola: una indagine interna, ad esempio, sta appurando se i perni che reggevano il vetro erano privi della copertura di gomma che funziona da antiscivolo ed evita l’usura di ferro e vetro. C’è anche l’ipotesi che si tratti banalmente del cedimento di una struttura già utilizzata in passato per altri scopi; alcuni sostengono che in quel momento nella sala ci fosse un gruppo di giovanissimi che potrebbe aver urtato il vetro, ma è impossibile avere certezze sui momenti del crollo perché la zona dove si trovavano le coppe non è coperta dal sistema di telesorveglianza interno.
Una sola certezza proviene dall’interno del museo: su quel che è accaduto non esistono colpe del personale che si trovava al lavoro al momento del crollo.
In attesa di chiarezza sulla dinamica dell’evento, e di certezze sui tempi e i modi del restauro, resta semplicemente una grande amarezza. Quando le coppe furono scoperte, nel 1954, il soprintendente Amedeo Maiuri fu avvisato e, «in meno di un’ora arrivò a Castellammare per prenderle in consegna», è scritto nel diario di quegli scavi. Promise che le avrebbe protette, custodite, valorizzate. Sono passati cinquantasette anni da qual giorno: qualcuno ha dimenticato la promessa di Maiuri, bisogna scoprire chi è stato.

25/05/2011 Atripalda (Av), l'antica Abellinum sequestrata (Il Mattino)

Sigilli all’Antica Abellinum, la macchina organizzativa del Comune per mobilitare l’opinione pubblica, e riottenere il sito archeologico, muove i primi passi. All’appuntamento di ieri sera, voluto dal sindaco Aldo Laurenzano e dall’assessore Nancy Palladino, erano presenti i primi cittadini di Avellino, Giuseppe Galasso, e di Mercogliano, Massimiliano Carullo, l’onorevole regionale Antonia Ruggiero, la dottoressa Fariello per la Soprintendenza, intellettuali come Franco Festa, Ugo Santinelli e Pierino De Gruttola del comitato «Salviamo la Dogana», il parroco Don Enzo De Stefano e tanta gente. Il primo cittadino ha rilanciato la necessità di un’azione congiunta per evitare la morte del patrimonio archeologico locale. «Intendiamo organizzare una manifestazione civile per denunciare la morte della cultura in città e per portare la problematica a livello nazionale». A parlare è l’assessore alla Cultura e agli Scavi di Abellinum, Nancy Palladino (la data sarà fissata in una successiva riunione operativa) contro la decisione del Tar di Salerno che ha riassegnato il terreno degli scavi dell’antica Abellinum alla famiglia Dello Iacono. Palladino ha ripercorso il lungo braccio di ferro con i proprietari del terreno, la famiglia Dello Iacono oggi tornata in possesso di quel terreno a seguito della decisione del Tar di Salerno. «Le radici della città capoluogo affondano nell’Antica Abellinum. - ha spiegato il sindaco di Avellino, Giuseppe Galasso - Non capisco la logica del provvedimento. Dobbiamo fare appello a tutte le istituzioni culturali e giuridiche. Questa vicenda avrà una ricaduta negativa anche su Avellino per l’impegno nel recupero della storia e delle radici. Faremo di tutto per tutelare un bene di Atripalda. Non vogliamo i soldi indietro». «È una ferita all’Irpinia. - ha commentato il sindaco Carullo di Mercogliano - Le sentenze si rispettano. Noi saremo vicini alla città di Atripalda. Abellinum è parte integrante dell’area urbana di Avellino». «Con i proprietari c’è stata una battaglia continua. Contro la sentenza del Tar ci sentiamo impotenti. - ha affermato la dottoressa Fariello - Come Soprintendenza non ci daremo per vinti. La cosa che fa sbalordire e che il commissario ad acta non ha voluto consegnare neanche una proroga per una casa romana la cui importanza è straordinaria. Erano in atto i lavori di copertura che abbiamo dovuto interrompere». L’onorevole Antonia Ruggiero, presidente della Commissione Cultura ha assicurato che investirà della vicenda il sottosegretario ai Beni culturali, Francesco Giro: «Mi sento una cittadina di Atripalda, sono nata qui. Bisogna essere tutti uniti. La regione Campania è presente: facendo audizioni regionali per prender qualche spunto e poi arrivare ai tavoli istituzionali più alti». Nel corso dell’incontro è stata avviata anche la raccolta di adesioni al «Manifesto per la Civita, la cultura è di tutti». «Come Pro Loco abbiamo disdetto tutte le visite. - ha dichiarato con amarezza il presidente della Pro Loco cittadina, Fernando Cucciniello - Attiviamo tutti i canali affinché ci venga restituita la Civita». Sulla questione interviene anche l’associazione politico-culturale «Cives» che esprime il proprio disappunto per le sorti subite dal Sito Archeologico. «Siamo convinti che una partecipazione collettiva possa contribuire a restituire il ruolo di centralità che quell’area ha rivestito in questi anni e diventi, così, il volano per lo sviluppo di Atripalda». Oggi la riunione dei capigruppo per decidere la data della manifestazione di protesta.

20/05/2011 Acerra (Na), istituito il Parco archeologico di Suessula (Il Mattino)

Parco di Suessula, dopo quattro anni la Regione dà il via libera. L'ufficialità del riconoscimento del profilo regionale del parco urbano denominato «Antica città di Suessula» viene dalla pubblicazione del 16 maggio sul Burc della delibera istitutiva. L'area protetta - al confine con Maddaloni e Marcianise e a poche centinaia di metri dal termovalorizzatore - si estende per 438 ettari e comprende l'antica città osco-etrusca di Suessula, numerose testimonianze (come la Casina Spinelli) e di architettura rurale (mulini, vasche perla canapa). Inoltre, l'area del Parco è attraversata da antiche sorgenti e corsi d'acqua: il Riullo e il Mefito. Un primo finanziamento di 5 milioni di euro da destinare all'acquisto della Casina Spinelli è previsto nell'ambito delle compensazioni ambientali recentemente confermate dal governo perla realizzazione dell'inceneritore. «È la cosa più importante per un territorio martoriato e mi auguro che in tempi brevi, massimo un armo, possiamo essere pronti a gestire questa opportunità di sviluppo e di tutela dell'ambiente», spiega il sindaco Tommaso Esposito. Gli atti deliberativi propedeutici alla istituzione del Parco di Suessula erano stati definiti dalla scorsa consiliatura e dall' amministrazione guidata da Espedito Marietta nonchè in forza di un finanziamento di 150mila euro ottenuto dall'ex senatore Tommaso Sodano nel 2007. Quattro lunghi anni durante i quali sono ricominciati i lavori di scavo dell'antica città sepolta sotto la campagne di «Calabricito» per poi interrompersi dopo pochi mesi per mancanza di fondi. E solo pochi giorni fa, dopo le numerose sollecitazioni da parte dell'attuale primo cittadino Esposito ecco che la giunta regionale presieduta da Stefano Caldoro dà il via libera all'istituzione del parco. Le campagne di scavo in contrada Calabricito al confine con Maddaloni e Marcianise, nel Casertano, ripresero dopo un secolo nel 1999. Finora sono stati portati alla luce parte del foro romano, alcuni edifici pubblici che per il docente universitario Luca Cerchiai «non hanno nulla da invidiare a quelli di Pompei».

05/05/2011 Campi Flegrei. Le Grotte dell'acqua distrutte dall'incuria (Terra)

I resti di una grande cisterna termale di età romana, parte delle inestimabili ricchezze dei Campi flegrei, abbandonati e vandalizzati. I volontari si mobilitano, ma non basta. Istituzioni assenti Sulla sponda nord del lago Fusaro (il più grande tra i quattro bacini dei Campi flegrei) le "grotte dell'acqua" rappresentano i resti di una cisterna termale di età romana, le cui acque calde erano incanalate verso le residenze patrizie sul prospiciente promontorio: tali sorgenti, studiate dai proff. Marotta e Sica nel 1933 e classificate quattro anni dopo dalla direzione nazionale della sanità pubblica come acque salso-cloruro-sodiche (la stessa tipologia, per intenderci, di quelle di Ischia) sotto tutt'oggi attive con una temperatura costante di 38 . Nonostante tale sito sia parte integrante delle inestimabili ricchezze archeologiche del Napoletano, nonostante rientri nel patrimonio pubblico del comune di Bacoli, sotto la gestione del Centro Ittico Campano (società per il 99,3 % a capitale pubblico) e dalla sovrintendenza ai Beni culturali di Napoli, da decenni l'intera zona versa nell'abbandono, con un struttura monumentale già in parte crollata e punteggi oramai ossidati e traballanti anch'essi, con erbacce selvatiche, escrementi, rifiuti di ogni tipo essendo l'area priva di recinzioni e quindi esposta ad atti di vandalismo. Ad interessarsi di tale vergognosa situazione, è stato il "Coordinamento delle Periferie" (un'organizzazione dei movimenti civici della zona) che il 20 dicembre di due anni fa effettuò una "pulizia simbolica" del posto per farne, «un amplificatore dei disagi che i cittadini vivono» e per denunciare l'assenza sul territorio e la mancanza di volontà da parte delle istituzioni di "riconvertire" l'utilizzo di questa zona non sfruttando le risorse offerte dalla natura e dal territorio ma saccheggiandolo ulteriormente». Negli ultimi due anni non sono mancati altre istanze ed iniziative anche da parte dei residenti o della stampa, come l'intervento nel novembre 2009 di AnnoZero che ha potuto riprendere dal vivo l'abbandono dei luoghi. Di recente, il sindaco Ermanno Schiano s'era dimostrato disposto ad intervenire con un tavolo tra soggetti istituzionali e possibili finanziatori, prendendo spunto da un progetto del luglio 2010 elaborato dall'assessorato ai Beni culturali che da circa nove mesi, tuttavia, è senza un titolare: «A quest'oggi è mancato un riscontro nei fatti», ci informano i residenti che, tramite la sopracitata associazione, hanno appena inviato una lettera a Stefano Gizzi (soprintendente ai beni archeologici), Giuseppe De Mita (assessore ai Beni culturali della Campania) ed al ministro Giancarlo Galan, con la quale chiedono con forza «di provvedere all'indizione degli appositi incontri e di mettere in campo tutti i mezzi a disposizione per il recupero strutturale di questo inestimabile patrimonio». Che senso ha, si chiedono i cittadini, parlare dei beni archeologici come volano di sviluppo locale, quando questi sono dimenticati? Che senso ha parlare di lavoro per i giovani costretti ancora ad emigrare, quando poi non si sfruttano opportunità di gestione (anche cooperativistica) per questi siti abbandonati? L’unico senso, risponde la gente sconfortata, è il solito velleitario e strumentale spot para-elettorale.

04/05/2011 Pompei (NA), resta l'abbandono agli scavi. Mai arrivati i tecnici promessi da Galan (Metropolis Web)

"Mai arrivate a Pompei le sei squadre di tecnici che dal 13 aprile avrebbero dovuto avviare un capillare monitoraggio nell'area archeologica campana". Lo denuncia la Uil Beni culturali, che chiede conto al ministro Galan "della gravissima situazione nella quale si trovano gli scavi", da tre giorni "chiusi al pubblico ogni mattina per una vertenza tra i lavoratori e la soprintendente Elena Cinquantaquattro". A Pompei, sostiene il sindacato, "si rischia la chiusura a oltranza" e "il ministero è assente". La Direzione Regionale della Campania e lo stesso ministero, accusa la Uil, "stanno assistendo inermi con un gravissimo atteggiamento di irresponsabilità alla disfatta , con migliaia e migliaia di turisti che sono ormai dirottati da Pompei direttamente sulla costiera Amalfitana".
Da qui la richiesta a Galan di intervenire "per bloccare una situazione che diventa giorno per giorno sempre più esplosiva tanto che si paventa il rischio di chiusure degli scavi ad oltranza". Due, in particolare, le richieste del sindacato per Pompei: "Una riunione da tenersi presso la Direzione Regionale della Campania entro 24 ore considerata l'inaffidabilità e l'incapacità della Soprintendente" e "la calendarizzazione degli impegni a partire dall'organizzazione del lavoro che serve al rilancio di Pompei dove i lavoratori vogliono fare la propria parte per la valorizzazione degli scavi". In mancanza di risposte, conclude la Uil, "la protesta rischia di diventare ingovernabile con effetti micidiali per Pompei e per l'economia del comprensorio e della Campania".

24/04/2011 Campania, aree archeologiche da tutelare (Giornale di Napoli)

Non è il primo né - dispiace dirlo - sarà l'ultimo, l'episodio di incuria assoluta, di vero e proprio scippo alla storia, che ha portato qualche giorno fa gli uomini della Guardia di Finanza alla "scoperta", sotto una discarica ad Arco Felice Vecchio, di un mausoleo di epoca romana, con resti perché già razziati di decorazioni e stucchi. È da anni infatti che il singolare patrimonio artistico - monumentale dei Campi Flegrei, compreso quello "sommerso" nel mare tra Lucrino e Baia, è soggetto purtroppo a continui saccheggi da parte di tombaroli, pseudoantiquari e pescatori abusivi, col "vizietto" appunto di trafficare in reperti archeologici. Materiale questo che, si sa, finisce irreversibilmente nelle mani di persone senza scrupoli, come quelle: ben 24, finite nei guai con la giustizia, perché pescate dai carabinieri del Reparto tutela patrimonio culturale di Napoli, con le classiche mani nel... sacco di preziose testimonianze storiche. Per tutti, in questa operazione denominata "Antica Cales", l'accusa è stata di "associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di reperti archeologici, e di ricettazione", nell'ambito secondo gli inquirenti di un giro internazionale che, dalla Campania, operava in collegamento con mercanti in Svizzera, Germania, Giappone, Stati Uniti ed Australia. Cosa dire poi di un'altra "banda", sgominata sempre di recente dagli stessi carabinieri, avendo fatto sparire 22 interessanti reperti del I e II secolo d.C., in terracotta e marmo, commissionati è stato rilevato ad officine dell'antica Puteoli, dalla famiglia imperiale per ornare il lussuoso "palazzo dei Cesari", nella vicina Baia. Alcune di queste artistiche figure sono state trovate in un'abitazione di Bacoli, mentre un capitello, uno dei pezzi più pregiati della "collezione" trafugata, veniva rinvenuto in casa di professionisti a Pozzuoli, usato come tavolino. Va però sottolineata l'altra faccia della medaglia, quella cioè della scarsa o in molti casi nulla attenzione istituzionale, alla dovuta salvaguardia di tale e tanto patrimonio storico - archeologico. Ed eccone gli effetti: la mummificata, degradata "necropoli romana" di via Celle e dintorni; i mausolei e la "Fascina" di Quarto, adibiti sino a poco tempo fa dai contadini del posto, a freschi cenai e a depositi per attrezzi agricoli; la totale "scomparsa" sotto erbacce e rifiuti delle "Tabernae" di via Luciano e così via. Provocatoria ma lapidaria, la riflessione di un ex ispettore onorario della Soprintendenza, che a proposito del mausoleo romano di Arco Felice Vecchio, dice testualmente: «Meglio occultato dai rifiuti e quindi ancora integro, piuttosto che avviato allo sfascio strutturale per l'incuria di chi di dovere». Riemerge dunque in tutta la sua grave criticità, il problema della mancata tutela di queste peculiari aree archeologiche, con le Soprintendenze che lamentano l'indisponibilità di fondi necessari a campagne non frammentarie, di scavi, alla riqualificazione - valorizzazione dei "tesori" museali, alla maggiore e più incisiva salvaguardia di un patrimonio storico praticamente incommensurabile. Siamo insomma al classico giro vizioso su responsabilità dovute che, a dirla con Pirandello, sono di... uno, nessuno e centomila.

21/04/2011 Pompei (NA), ritorno nel far-west archeologico (Repubblica)

Viaggio negli scavi archeologici più famosi del mondo. Tra i crolli, i cani randagi e il mercato nero delle guide turistiche
Gli sembrano «maledettamente meridionali», come i grattacieli di spazzatura urbana, anche il calcestruzzo di Pompei, vecchio o nuovo ma sempre infiltrato d´umidità, e i ponteggi e i puntelli che «ricordano più le emergenze di Beirut che la manutenzione quotidiana dei cantieri sempre vivi di Efeso o di Delo» , e poi il cemento armato comunque ossidato, le tettoie di zinco, gli impacchettamenti informi e i crolli, «quelli di orsono sei mesi e quelli evidentemente in attesa, quelli incombenti», i crolli come cifra antropologica del sud del pianeta: «Meridione è il mondo dove le cose non si consumano, crollano; non cambiano, crollano; non si evolvono, crollano».
Dunque persino Deniz, il mio amico turco di Smirne, che è un magnifico pasticcio di storia conservata e di modernità sgangherata, dice con un sorriso complice: «Pompei è maledettamente meridionale, la vera capitale del Meridione». Legge, per esempio, nel primo e unico avviso bilingue ai visitatori: «Non permettete agli "stray dogs" contatto alcuno». E quando una grossa randagia nera gli viene accanto, mi chiede: «Come faccio a dimostrare che è la cagna che si è avvicinata a me e non io alla cagna?». Qui i trenta cani randagi che avevano invaso l´archeologia sono stati adottati dalla Sovrintendenza. E dunque li vedi grassi e stanziali, promossi a cittadini onorari delle macerie, stesi al sole come vecchi servitori dello Stato in pensione, una sorta di entrismo rovesciato, «come se in piazza san Marco il comune smettesse di multare chi porta da mangiare ai piccioni e addirittura li nutrisse per farne arredo urbano "domato"».
Muri puntellati, pochi cartelli, ciceroni improvvisati, anacronistici graffiti sull´opus reticolatum, cani randagi ormai stanziali. Viaggio tra i resti di Pompei, in compagnia di un allibito studioso turco. Ecco come sono ridotti gli scavi romani più famosi al mondo
Le bancarelle con guerrieri di gesso e madonne di plastica danno vita a una specie di suk
Nell´anfiteatro restaurato col tufo al posto del marmo restano i segni di show e baccanali
Deniz Inan Gezmis ha lavorato a Beirut, a Damasco e poi ad Efeso in una squadra di grandi "scavatori", allievo di Ernest Will si è laureato alla Sorbonne ed è stato per anni il mio vicino di pianerottolo. Sempre in giro per il mondo, era in Italia e l´ho convinto a trascorrere un giorno a Pompei che lui considera capitale anche della storia antica e persino della psicanalisi: «L´archeologia qui è sempre stata solo un pretesto». E ricorda gli "antiquari" del Settecento, quelli che scrivevano in latino testi magnifici sulle finestre, sulle monete, sul sesso nell´antichità: «Pompei è importante per questo, non per le pietre che non sapete conservare». Gli antiquari napoletani del secolo dei Lumi erano odiati da Leopardi che li considerava nemici della poesia: «L´antiquaria non è storia, è il culto della morte. Leopardi non ce l´aveva con la storia ma con l´archeologia, con noi mummificatori».
Non so che cosa studia in questo periodo Deniz, sospetto che ormai l´antropologia lo appassioni di più dell´archeologia, vedo che fotografa «per il mio archivio privato» il "Sara ti amo", inciso sul rosso pompeiano della casa fullonica, la "A" di anarchia nella celletta del lupanare, "Ettore e Lilly" nella Domus di Proculus… Raccoglie e classifica sconcezze: «anche senza i crolli, basterebbero tutti questi sgorbi da metropolitana per far dimettere un sovrintendente o un ministro, ma per me Pompei è molto interessante proprio perché è il Far West dell´archeologia, la vita qui rientra da tutte le parti, anche se è vita degradata».
Ha appena visitato le ville palladiane, Venezia, Vicenza e le residenze del Piemonte, ma solo qui trova l´Italia pittoresca di cui ha letto tanto, di cui sa tanto, l´Italia che «fu tappa obbligata dell´educazione sentimentale europea, l´anima della classe dirigente di un tempo». Dunque è convinto che nelle campagne attorno a Pompei incontrerà le donne con la brocca in testa e i maschi con l´aria guappa ed è per questo che decidiamo di percorrere la statale e saltare l´autostrada. Vedo che si appassiona alla vista malinconica di quelle teorie di ville spettrali e di quelle larve di edifici aristocratici che si alternano ai soliti bruttissimi palazzi, miseria e nobiltà tra Portici e San Giorgio a Cremano, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata…, fino alla nuova Pompei che è certamente la più aggraziata: «è vero, hai l´illusione ottica di aver visto più cemento nella vecchia che nella nuova Pompei», e forse perché, nata nel 1928, non ha ancora avuto il tempo di invecchiare: «Quando comincia l´archeologia, finisce la storia».
E neppure indulgo troppo nel viaggio attraverso gli incontri con i suoi colleghi archeologi e con tutta la "pompeanità" degli ex sovrintendenti, dei sindacalisti, dei giornalisti specializzati, degli intellettuali nativisti, dei preti che hanno appunto costruito la nuova Pompei mariana, centrata sulla cattedrale e sul culto del beato Bartolo Longo contrapposto al culto di Priapo della vecchia Pompei pagana e ierofallica, dissipata e sibarita. Le bancarelle sono strepitosi teatri di conflitto e confronto tra la mentula e il rosario, l´etera e Maria, sacertà pagana e sacralità cristiana: ti rincorrono per strada, ti vendono di tutto, è il suk di madonne di plastica e di guerrieri di gesso. Faccio una piccola inchiesta volante sulla piazza del santuario e domando al venditore di statue quali miracoli ha fatto la Madonna di Pompei: «di preciso non lo so, ma ne ha fatti tanti» . Mi espongo un po´ al ridicolo e lo chiedo a una cassiera, a un pensionata, a una signora elegante che all´edicola compra Repubblica: nessuno lo sa, ma tutti ci credono. Credere in cose che non si conoscono con certezza è anche la sindrome dell´archeologo, lo stato epistemologico di chi vive accerchiato dai misteri del passato.
Eppure Pompei espone e attira anche studiosi, ci sono molte belle intelligenze come Antonio Varone, Matteo Orfini, Piero Guzzo, Umberto Pappalardo… Ci sono più intellettuali pompeiani che rovine pompeiane. Ed è una "second life" il racconto ingarbugliato dei commissariamenti, delle emergenze e delle inchieste giudiziarie, dalla bella intuizione di Veltroni che affidò Pompei a un "archeo-manager", una specie di primo cittadino della città antica, fino alle clientele, agli sprechi e alle violenze sul paesaggio del commissario Fiori «al quale si deve - mi dice l´appassionato sindacalista Biagio De Felice - il dissesto del territorio che forse ha determinato anche il crollo della casa dei gladiatori». Di sicuro Pompei è il posto dove tutti "scavano": il posto della vecchia talpa, direbbe Marx. E anche il posto di Freud. È dal racconto di Wilhelm Jensen su un bassorilievo pompeiano (la Gradiva) che Freud ricava la sua teoria sul delirio. Pompei è come la coscienza, ricca di vestigia sepolte.
Alle fine preferiamo bivaccare nelle rovine per un´intera giornata, tra le scolaresche che si inseguono a gavettoni d´acqua, le manate sui muri per tastare le pitture, l´incontinenza dei giovanotti che "si svuotano" contro le absidi. In tre giorni non ho incontrato mai la severità delle guardie, mi dicono che quotidianamente dovrebbero essercene trenta, ma non vedo una divisa autorevole da custode, qualcuno che rappresenti l´imperio del decoro e della decenza: «Efeso è piena di guardie in borghese che intervengono anche quando qualcuno, per riposarsi, fa solo il gesto di poggiare la pianta del piede sul muro alle sue spalle. E ci sono telecamere e squadre di tecnici sempre al lavoro. Ma trovo questo trambusto divertente. In Grecia, nella Turchia egea si lavora…».
Regalo a Deniz un vecchissimo numero di Topolino dove c´è la storia di Paperone che finanzia Pompeiropoli, un parco-giochi archeologico dove i paperi turisti indossano costumi romani, Nonna Papera riceve vestita alla maniera della matrona Eumachia, e Qui Quo Qua e Gastone, Paperino e Paperina…, tutti partecipano alla vita della città antica, cambiano i dollari in sesterzi, mangiano porco salato con il puzzolente garum e ogni pomeriggio c´è una finta esplosione del Vesuvio che erutta farina. Ebbene, «l´abbiamo fatto davvero» racconta Paolo Gramaglia, il proprietario del ristorante Il Presidente: «Sino alla scorso anno organizzavamo sugli scavi cene in costume e a tema. Con l´aiuto del professore Del Guadio, un insegnante in pensione, abbiamo riprodotto il menu degli antichi romani, in particolare i cibi afrodisiaci». Gli dico di un racconto di Théophile Gautier (Arria Marcella. Souvenir di Pompei) dove l´archeologo, a cui «le antiche vestigia procurano spesso buchi nello stomaco», ha paura di trovare nelle migliori osterie di Pompei «solo bistecche fossili e uova freschissime deposte prima della morte di Plinio». Il povero archeologo di Gautier cambierebbe mestiere se sapesse che lo scorso anno tra gli scavi si tenevano concerti, Riccardo Muti e i Synaulia con canti e danze dell´antica Roma, e poi esplosioni del Vesuvio simulate su megaschermi, musiche di Ennio Morricone. E l´incantevole anfiteatro, restaurato con il più economico tufo al posto dell´originale marmo, porta ancora i segni della baraccopoli per gli artisti dell´imbalsamazione…
All´ingresso del parco archeologico anche le guide smerciano se stesse con un fare losco da mercato nero, 70 euro senza ricevuta. Antonio, per esempio, si presenta così: «io ho un metodo molto accademico» forse perché ogni tanto intercala parole che non capisce, dice «apotropaico», e poi, rapsodicamente si lascia andare nel gorgo sussiegoso del latinorum. Una signora che gli fa concorrenza propone l´approccio «gossip divulgativo» forse perché insiste sulla simbologia fallica, sulla presunta lascivia delle donne pompeiane, sull´esplosione lavica del Vesuvio come punizione del peccato. Noi scegliamo Antonio che ci dice: «le pietre non sono documenti». L´archeologia per lui è fondata sulla chiacchiera, «quelle finestre sono arbitrarie» sentenzia, e poi: «chi l´ha detto che quel panettiere era davvero felix?». Le guide sono i più tipici personaggi di Pompei, interessati custodi della memoria che sopravvivono a tutti i sovrintendenti e ministri, sono come le mosche, la vita sulla morte.
È molto più facile governare una viva città caotica del Mediterraneo come Napoli o come Smirne che governare Pompei. Oggi, a disastro avvenuto, tutti i politici dicono che la politica deve fare un passo indietro, ma forse dovrebbe farne sette in avanti, consegnandosi alle grandi eccellenze. Diego Della Valle ha opportunamente proposto che ogni imprenditore campano adotti e finanzi una Domus con criteri privati. La sovrintendente Teresa Cinquantaquattro invoca un mecenate (e chi non lo vorrebbe, signora mia). La vecchia idea di Veltroni di nominare un sindaco-podestà della Pompei antica è ancora la migliore. Tutte le persone di buon senso penserebbero subito a Renzo Piano o, con più competenza, a Salvatore Settis. L´archeologa Anna Lucia D´Agata mi dice: «Il modello che in Italia funziona è quello del Max Planck di Firenze, ovviamente trasportato dalla ricerca scientifica all´archeologia: un duumvirato di eccellenze». Sarebbe magnifico: Salvatore Settis e Sergio Marchionne. Attenzione però: se lo diciamo al governo Berlusconi, Pompei finisce nelle mani del fauno ballerino Vittorio Sgarbi o di qualche semivip come Umberto Broccoli, quello che espose le auto dentro l´Ara Pacis. Preferiamo Mattia, la guida delle guide, il più bravo logografo: «Venghino signori venghino a fare l´amore a Pompei. Hic habitat felicitas».

21/04/2011 Pozzuoli (NA), il mausoleo sepolto dai rifiuti (Repubblica)

Pozzuoli, sotto tonnellate di copertoni scoperto un mausoleo funerario romano
Il sito si trova all´interno di un autolavaggio che funzionava nonostante i sigilli
In un´area di 1700 metri quadrati, in prossimità di Arco Felice Vecchio, porta monumentale di accesso all´antica città greca di Cuma. Un pezzo dell´immenso tesoro storico e artistico dei Campi Flegrei, sfregiato dall´incuria e dalla criminalità, saccheggiato in lungo e in largo dai tombaroli, è la scoperta della Guardia di Finanza a Pozzuoli. Si trova nel recinto dell´"Autolavaggio del sole", struttura abusiva e in funzione nonostante siano da tempo stati apposti i sigilli. L´area è stata sequestrata e il proprietario, un salernitano e l´occupante, gestore dell´autolavaggio e di due ristoranti nelle vicinanze, chiusi uno dopo l´altro dalle Fiamme gialle, sono stati denunciati per violazione delle norme ambientali e di tutela del patrimonio archeologico nazionale.
Il mausoleo - realizzato in una zona utilizzata dai romani per la realizzazione di opere funerarie - sarebbe costituito anche da altri vani, attualmente non accessibili, che potrebbero custodire reperti di valore storico. Via Arco Felice Vecchio è parte del percorso veloce realizzato dai romani per giungere nella vicina baia di Miseno, dove era di stanza la più importante flotta navale dell´impero romano. Il centro archeologico di Cuma ospita i resti della prima colonia greca d´occidente. I militari si sono accorti della presenza, sotto il materiale, di un tombino di collegamento con il sottosuolo e hanno rimosso rifiuti e calcinacci per liberarlo. Con una pala meccanica sono state asportate tonnellate di pietre e sabbia, e individuato anche un altro accesso all´antico sepolcro romano. Una volta liberata l´area, i finanzieri hanno scoperto l´ingresso, un´apertura a terra, larga circa un metro, che secondo gli investigatori era stata camuffata provocando il crollo di una parte di un rudere sovrastante, denominato "Torre Poerio", risalente al XVII secolo. Il casolare, per la parte ancora in piedi, è tuttora imbottito di tonnellate di pneumatici abbandonati.
Attraverso una scala, già sistemata da ignoti sulla parete del cunicolo sotterraneo delimitato da travi in marmo, le Fiamme gialle e i tecnici dell´ufficio Beni archeologici di Cuma della Soprintendenza speciale di Napoli e Pompei, si sono calati nel sottosuolo accedendo ad un ambiente in origine ornato di fregi e intonaci affrescati. Ovunque le tracce del saccheggio perpetrato nel tempo. Accanto all´area in cui è avvenuto l´importante ritrovamento archeologico, c´è un altro ampio sterrato che costeggia la strada dove c´è l´ospedale Santa Maria delle Grazie e arriva a Licola. Quello sterrato, prima di diventare una immensa discarica abusiva sgomberata definitivamente da appena due mesi, è stato utilizzato per quasi 20 anni come parcheggio di circa 150 container allestiti per dare una casa ai cittadini puteolani rimasti senza tetto a causa del bradisismo.
Dopo il ritrovamento del mausoleo, si è levato l´allarme del presidente di Legambiente Michele Buonomo sullo stato di abbandono in cui versa il patrimonio della zona. «Ancora una volta registriamo un atto illegale e incivile di enormi proporzioni. I rifiuti di qualsiasi tipo sono i veri protagonisti del paesaggio, del territorio e della quotidianità della nostra regione», ha sottolineato il presidente di Legambiente.

21/04/2011 Pozzuoli (NA), discarica nel mausoleo romano (Mattino)

A Pozzuoli un mausoleo di epoca romana con resti di decorazioni e stucchi risalente al II secolo dopo Cristo è stato profanato dai tombaroli e trasformato in una discarica a cielo aperto. La clamorosa scoperta è stata fatta ieri mattina da finanzieri, grazie a una segnalazione anonima.
Un mausoleo di epoca romana con resti di decorazioni e stucchi risalente al II secolo dopo Cristo profanato dai tombaroli e trasformato in una discarica a cielo aperto lungo l'antica via Domitiana: duemila anni di storia cancellati e sepolti sotto tonnellate di pneumatici e quintali di rifiuti speciali. La clamorosa scoperta l'hanno fatta ieri mattina i finanzieri del comando provinciale di Napoli e della compagnia di Pozzuoli. Epilogo di una indagine lunga e complessa, partita da una segnalazione anonima. «Sotto Torre Poerio c'è una tomba di epoca romana, trasformata in discarica». Una delazione inviata al comandante della guardia di finanza di Pozzuoli, il capitano Michele Ciarla, che con scrupolo e testardaggine ha subito avviato i controlli. Pedinamenti in borghese, osservazioni dall'alto con le immagini del sistema Gps di Google Maps, sorvoli della zona con un elicottero. Sotto controllo è finita un'area di mille-settecento metri quadrati in via Arco Felice Vecchio, a poche centinaia di metri dalla porta fatta costruire dall'imperatore Domiziano nel I secolo dopo Cristo sulla via omonima in direzione dell'antica Baia. Ad attirare l'attenzione dei finanzieri sono stati, soprattutto, i quintali di pneumatici. Quasi milleduecento. Disseminati nei pressi del rudere della Torre Poerio: costruzione difensiva fatta edificare nel Seicento a difesa del "vicereame spagnolo. Gomme di autovetture, ma anche scarti di materiale edile. Tutto accatastato al lato di un vecchio rudere. La presenza di questi rifiuti speciali in un'area requisita ad un privato dalla Protezione civile dopo la seconda ondata del bradisismo, a metà degli anni '80, e bonificata da poco dall'ufficio tecnico comunale di Pozzuoli, ha fatto scattare i sospetti. E ieri mattina all'alba c'è stato il blitz delle fiamme gialle, con la clamorosa scoperta. «Abbiamo verificato che la Torre Poerio era ormai diventata un deposito abusivo, colmo fino al tetto, di migliaia di pneumatici in disuso - spiega il capitano Ciarla - Ma a destare sospetti sono stati soprattutto quei cumuli di pietre e materiale di risulta sotto i quali abbiamo scoperto un cunicolo sotterraneo che dava accesso al mausoleo di epoca romana». Nel corso delle operazioni, le Fiamme gialle si sono accorte che una porzione del casolare semidiroccato su un lato di Torre Poerio era stata deliberatamente fatta crollare allo scopo di occultare altri rifiuti, nascosti nella zona sottostante il livello di calpestio. Gli pneumatici posizionati in fila e il materiale di risulta posto quasi a voler occultare qualcosa sottostante hanno destato sospetti. I militari hanno allertato immediatamente i tecnici dell'ufficio beni archeologici di Cuma della Soprintendenza speciale di Napoli e Pompei e, con una pala meccanica, hanno rimosso il materiale di risulta provocato dal crollo. È venuto alla luce, così, l'ingresso di un cunicolo sotterraneo, delimitato da travi in marmo. Attraverso una scala, già sistemata sulla parete laterale del cunicolo da ignoti, le fiamme gialle e gli archeologi si sono calati nel sottosuolo. E c'è stata la scoperta ufficiale, visto che i tombaroli avevano già rinvenuto e trafugato il monumento funebre nelle scorse settimane. Dinanzi ai militari è apparsa la camera del mausoleo funebre, con evidenti segni di asportazione di parte degli intonaci affrescati. Secondo quanto riferito dai tecnici, poi, il mausoleo - realizzato in una zona utilizzata dai romani per la realizzazione di opere funerarie - sarebbe costituito anche da altri vani, attualmente non accessibili, che presumibilmente potrebbero custodire reperti di valore storico. Una scoperta che ha fatto scattare l'immediato sequestro penale dell'intera area e la denuncia a piede libero della proprietaria del fondo, la 64enne incensurata di Pozzuoli M.C. e dell'occupante abusivo, un 48enne pluripregiudicato di Pozzuoli con piccoli precedenti alle spalle. Una scoperta che ridisegna la mappa dei monumenti nella zona flegrea. Sotto un cumulo di rifiuti.
L'inchiesta
Nel mirino i controlli dell'ufficio tecnico sulla bonifica dell'area
Per ora ci sono due persone indagate con l'accusa di violazione delle norme a tutela dell'ambiente, ma non è escluso che l'indagine si allarghi a macchia d'olio. Investendo, innanzitutto, i responsabili dell'Ufficio Tecnico comunale di Pozzuoli. Guardia di finanza e procura vogliono vederci chiaro. Ricostruendo le tappe di una vicenda che comincia alla fine degli anni '80, quando la Protezione civile requisì un'area da destinare al campo container. Campo rimasto lì per anni. Fino a quando I'Utc ha avviato, attraverso una ditta privata, i lavori di bonifica per restituire il fondo alla proprietaria. «Stiamo indagando - si limita a dire il capitano Ciarla - per capire come è stata portata avanti la bonifica». La sezione reati ambientali della procura ha già aperto un fascicolo. Com'è stato possibile che in una zona sottoposta a rigidissimi vincoli paesaggistici e storico-archeologici sia stato deturpato un monumento del Seicento e ridotta a discarica abusiva una tomba di epoca romana? Chi doveva controllare? Il commissario prefettizio al Comune di Pozzuoli, Roberto Aragno, ha chiesto una relazione ai suoi tecnici, mentre dal Comune replicano che «tutto è stato compiuto nel pieno rispetto della legge con i lavori di bonifica completati mesi fa, dopodiché il fondo agricolo è tornato nella disponibilità del proprietario privato». Si indaga, mentre Verdi e Pd di Pozzuoli preannunciano una interrogazione parlamentare e chiedono l'intervento del ministro Galan.

20/04/2011 Pozzuoli (NA), mausoleo romano da discarica abusiva (Giornale di Napoli)

La Guardia di Finanza scava tra rifiuti con una pala meccanica e scopre cunicolo: viene fuori un altro pezzo di «Puteoli» dopo l'anfiteatro e il Tempio di Serapide
Nella Pozzuoli sulfurea, tra gli sbuffi della solfatara e le esalazioni di una discarica abusiva, spunta un mausoleo di epoca romana. Non poche pietre come succede di consueto in questa parte del Golfo ad alta densità archeologica, ma una struttura con resti di decorazioni e stucchi risalente al II secolo d.C. Il mausoleo era completamente coperto da rifiuti e materiale di risulta in una discarica illegale. Il ritrovamento, ad opera della Guardia di Finanza di Napoli, è avvenuto durante il sequestro di un’area di 1.700 metri quadrati, in via Arco Felice Vecchio, dove erano stati illegalmente depositati 58 tonnellate di rifiuti speciali. L’area è stata sequestrata ed il proprietario e l’occupante sono stati denunciati per violazione delle norme ambientali e di tutela del patrimonio archeologico nazionale.
UNA TORRE DI SPAZZATURA - Gran parte dei rifiuti era stata occultata all’interno di alcuni ruderi presenti nell’area uno dei quali di interesse storico-culturale: si tratta di «Torre Poerio» e risalente al XVII secolo.
STUCCHI E MARMI SOTTO I RIFIUTI - La scoperta, nella migliore tradizione della storia dell'archeologia, è avvenuta per caso. Le Fiamme Gialle si muovevano in un casolare mezzo diroccato. Una parte, infatti, era stata deliberatamente fatta crollare per aumentare lo spazio in cui occultare i rifiuti. Con una pala meccanica, i militari hanno rimosso il materiale di risulta provocato dal crollo e hanno scoperto l’ingresso di un cunicolo sotterraneo, delimitato da travi in marmo.
È stato l'intervento della soprintendenza ai beni archeologici di Cuma a svelare che si trattava di un mausoleo con resti di decorazioni e stucchi.
UN ALTRO PEZZO DELL'ANTICA PUTEOLI - Pozzuoli, Puteoli per i latini (l'etimologia ricorda la notevole presenza di acque termali), era uno dei porti principali dell'impero romano. Nata come scalo commerciale di Cuma, si trasformò in città nel 528 a.C.. diventando sannita (nel 421 a.C.) e successivamente romana. Nel 194 a.C. divenne colonia e da quel momento la sua importanza crebbe anche grazie alla rete stradale che la collegò a Roma e ai principali centri. Tra i resti archeologici più importanti: l'Anfiteatro Flavio, il Tempio di Serapide, lo Stadio di Antonino Pio, l'Anfiteatro Minore e il Tempio di Augusto. Dopo il naufragio a Malta, a Puteoli, approdò anche il «prigioniero» San Paolo. A decretare la sua fine fu la fondazione del porto di Ostia, deciso da Claudio e terminato da Nerone.

20/04/2011 Pozzuoli (NA), un mausoleo romano nella discarica illegale (Repubblica)

Straordinaria scoperta della Guardia di finanza. A Pozzuoli il sito del II sec. d.C., con resti di decorazioni e stucchi, era completamente sotterrato da una discarica di rifiuti speciali
La Guardia di Finanza di Napoli ha scoperto a Pozzuoli un mausoleo di epoca romana del II sec. d.C., con resti di decorazioni e stucchi, completamente sotterrato da una discarica di rifiuti speciali. Il ritrovamento è avvenuto durante il sequestro di un'area di 1700 mq in via Arco Felice Vecchio, dove erano stati illegalmente depositate 58 tonnellate di rifiuti speciali.
Un mausoleo di epoca romana, del II secolo d.C., con resti di decorazioni e stucchi, completamente sotterrato da una discarica di rifiuti speciali. La scoperto è stata fatta dalla Guardia di Finanza di Napoli a Pozzuoli, in provincia di Napoli. Il ritrovamento è avvenuto durante il sequestro di un'area di 1.700 metri quadrati, in via Arco Felice Vecchio, dove erano stati illegalmente depositati 58 tonnellate di rifiuti speciali. Gran parte dei rifiuti era stata occultata all'interno di alcuni ruderi presenti nell'area uno dei quali di interesse storico-culturale, denominato "Torre Poerio" e risalente al XVII secolo.
Nel corso delle operazioni, le Fiamme Gialle si sono accorte che una porzione di un casolare era stata deliberatamente fatta crollare allo scopo di occultare altri rifiuti. I militari, con una pala meccanica, hanno rimosso il materiale di risulta provocato dal crollo e hanno scoperto l'ingresso di un cunicolo sotterraneo, delimitato da travi in marmo.
Con l'assistenza della soprintendenza ai beni archeologici di Cuma è stato ritrovato un mausoleo con resti di decorazioni e stucchi dove, erano stati scaricati anche altri rifiuti speciali. L'area è stata sequestrata ed il proprietario e l'occupante sono stati denunciati per violazione delle norme ambientali e di tutela del patrimonio archeologico nazionale.

20/04/2011 Ercolano (NA), sinergia pubblico-privato a Pompei non funzionerebbe (Mattino)

Intervista a Luigi Malnati, direttore generale del settore Antichità del ministero
«Modello utile in siti circoscritti»
«È chiaro che riuscire a mettere insieme uno sponsor come Packard, totalmente disinteressato dal punto di vista del ritorno economico, la Scuola britannica d'Archeologia di Roma, ovvero un istituto straniero di grossa importanza sul piano scientifico, e le forze migliori presenti nell'ambito della Soprintendenza mi sembra un risultato notevole», sottolinea Luigi Malnati, 58 anni, direttore generale delle Antichità, così come si chiama adesso il settore dell'Archeologia del ministero per i Beni culturali. «Oltretutto siamo di fronte a un progetto credibile e con tempi ragionevoli. E questo mi pare sia buona cosa. Specialmente se paragonato ad altre situazioni, che però naturalmente sono confrontabili sino a un certo punto perché la vastità di Pompei, ad esempio, e i problemi che vi si sono accumulati non sono quelli di Ercolano». Quindi il «modello Ercolano» per Pompei non va bene? «Non è esportabile automaticamente. Per Pompei vanno studiati strumenti appropriati perché la situazione, se non altro a livello quantitativo, è talmente ampia che non può essere che studiata a sé». E in campo nazionale? Potrebbe essere Ercolano un punto di riferimento? «Questo bisognerebbe vederlo sul campo perché la realtà di Ercolano, così come quella dell'area vesuviana, è del tutto unica. Ci si ritrova al cospetto di condizioni di conservazione molto particolari perché non si tratta di semplici ruderi ma di situazioni congelate dall'eruzione vulcanica. Insomma, a Pompei e Ercolano ci sono essenzialmente problemi di conservazione. Ecco se devo pensare a un sito con problemi simili penso ai resti monumentali di Roma o a un'area molto circoscritta della Magna Graecia». Quali sono i punti di forza del modello Ercolano? «Credo di poter dire che sono nella grande sinergia tra gli enti coinvolti. E tuttavia non vanno dimenticati gli Enti locali come il Comune, innanzitutto, e la Regione che ha fatto la sua parte rendendo disponibili i fondi europei. Insomma, il punto di forza è la collaborazione finalizzata a portare avanti un progetto studiato da archeologi e da architetti».

14/04/2011 Napoli, catacombe da recuperare per il Giubileo (Mattino)

Tornano a splendere gli affreschi delle catacombe di San Gennaro
Il cardinale Sepe: «Bellezza e cultura fanno grande la città»
Cerula e San Gennaro, la prima donna sacerdotessa e il martire della fede: un insolito binomio. Che ieri sera ha visto oltre seicento giovani con il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe accorrere alle catacombe dedicate al Santo Patrono. «Perché - dice Sepe - San Gennaro è 1a speranza di Napoli, e la bellezza e la cultura possono ritornare a fare grande la nostra città». L'occasione è stata la presentazione di alcuni restauri e il posizionamento nel pianale del tempio di Capodimonte della testa di San Gennaro dell'artista Lello Esposito: una testa bronzea alta quattro metri per quindici quintali di peso, la più grande in assoluto dedicata al Patrono. «Gli occhi aperti di San Gennaro - dice l'arcivescovo ai giovani - da oggi veglieranno sulla città e daranno senso al nostro vivere. Ispiratevi a lui: state sempre ad occhi aperti, Gennaro, amico, fratello, compagno vi guidi a superare le difficoltà, a non avere paura e a vivere nella legalità». L'appello dell'arcivescovo è alla salvaguardia dell'immenso patrimonio della città. «Insieme possiamo rinnovare la città e farle ritrovare il suo volto antico di capitale della cultura». Grazie al progetto, promosso dalle Catacombe di Napoli e dalla Diocesi partenopea, è stato infatti possibile il recupero di quattro capolavori, con il prezioso contributo dei privati. A cominciare dallo splendido affresco di Cerula, scoperto nel 1977, ma restaurato e presentato ieri sera nell'ambito della campagna «Adotta il restauro di un'opera della Sanità», dal significativo slogan «Se resti a guardare, presto non ci sarà più nulla da vedere». Il progetto ha già permesso di recuperare, grazie all'instancabile don Antonio Loffredo, direttore delle Catacombe, oltre alla sacerdotessa Cerula («adottata» dai Giovani imprenditori, dell'Unione industriali e dai giovani dell'Acen e del Ugdg di Napoli) anche di un altro affresco che raffigura San Paolo. L'immagine del santo, in realtà, si trova nell'arcosolio di Cerula ed è riemersa inaspettatamente sotto uno spesso strato di calcare e pietre. Grazie al restauro è possibile ammirare questa antichissima raffigurazione del santo in posizione benedicente con tunica bianca e manto ocra. Partito anche il restauro di un'altra donna, Bitalia, un arcosolio con particolare a lunetta che ritrae a mezzo busto la defunta in versione orante e con i codici evangelici tra le mani. L'affresco risultava molto alterato da un intervento precedente. L'attuale restauro è stato sostenuto dall'associazione Art Raising. Infine il procuratore generale della Repubblica Vincenzo Galgano ha deciso di sostenere il restauro di San Gennaro del IX secolo, «rinunciando ai suoi doni come procuratore», spiega. Il patrono è rappresentato come vescovo con tunica gialla, casula rossa, pallio bianco ed evangelario nella mano sinistra insieme ad un monaco benedettino. L'affresco era stato completamente danneggiato dal fumo nero delle lanterne. Durante un restauro precedente intorno agli anni '70, poi, era stato staccato dalla parete rocciosa e messo su un sopporto mobile, ma dimenticato in un cubicolo. Sulla tomba del santo il cardinale fa una lunga sosta in raccoglimento. Poi prosegue per incontrare gli oltre seicento giovani e nella basilica di San Gennaro extra moenia c'è un momento di preghiera con i giovani, in preparazione alla Giornata mondiale di preghiera che si terrà ad agosto a Madrid. I ragazzi riflettono, grazie ad un video, sulle croci a cui sono inchiodati oggi: c'è la guerra, la povertà, la persecuzione politica e religiosa, l'esclusione dall'handicap, la disoccupazione.

13/04/2011 Pompei (NA), Galan, ma perchè non c'è neanche un bar negli scavi? (Il Mattino)

«Ero stato agli Scavi qualche decennio fa, ma non ricordavo questa meraviglia. È un imperativo categorico tutelare al massimo e valorizzare al meglio questo bene che tutto il mondo ci invidia e nessuno potrà mai imitare. La situazione non è drammatica, ma dobbiamo liberarci da questa sindrome da ultimi giorni di Pompei. Però, ai turisti bisogna offrire di più: non è possibile che lungo tutto questo percorso che abbiamo fatto oggi non c'è la possibilità di mangiare o bere qualcosa». A Pompei alla sua prima uscita pubblica da responsabile dei Beni Culturali, Giancarlo Galan ha fatto il ministro-turista. E così, dopo aver presentato alla stampa il piano per la rinascita, ha girato a lungo tra le strade assolate della città antica ieri affollata da gruppi cosmopoliti di turisti. Un segnale della sua attenzione, ma forse anche un modo per verificare, accompagnato dai tecnici del Mibac Carandini, Cecchi e Malnati, dalla Soprintendente e dal direttore degli Scavi Varone, dall'assessore regionale al turismo De Mita, la fattibilità del piano immaginato per Pompei. «Qui si prova gioia, orgoglio e rabbia - aveva detto poco prima in conferenza stampa - com'è possibile che un sito del genere faccia soltanto poco più di 2 milioni di visitatori? Dovrebbero essere almeno 11 milioni e il costo del biglietto è troppo basso, potrebbe arrivare a 25 euro». Nella casa del Menandro il ministro ascolta attento e stupito le spiegazioni degli archeologi Carandini e Varone. Poi commenta: «Incredibile che quando nel resto del mondo chi oggi vorrebbe darci lezioni di civiltà era ancora all'anno zero, a Pompei la vita fosse così avanzata. Io sono sicuro che c'è gente disposta a pagare almeno il doppio del prezzo attuale del biglietto per vedere questo luogo». «La vera sciagura - dice poi il ministro incrociando il suo sguardo con quello rapito di un gruppo di turisti giapponesi - è sapere che nemmeno uno di questi visitatori che oggi affollano gli Scavi, stasera si fermerà a dormire qui in città. Dopo questa visita sono più che mai convinto che tutelare al massimo e valorizzare al meglio Pompei debba essere un obbligo per lo Stato». Il ministro-turista assaggia le fave coltivate negli orti di Pompei. Osserva e fa domande, scherza con gli operai intenti ai lavori di scavo per il ripristino del canale Conte di Samo. Ha un moto di stizza soltanto quando vede i gabbiotti in cemento costruiti per chissà quale servizio svettare dietro l'incerta silhouette delle antiche Domus: «Che cos'è quell'orrore? - dice rivolto alla sua squadra - bisogna trovare un modo per farli sparire al più presto». Per il resto, le ore spese ad andare in giro tra le rovine, forse ancor più della conferenza stampa, sembrano aver riportato un po' d'ottimismo. «Mi conforta - dice Carandini - lo sguardo sgranato del ministro su queste meraviglie». «Finora il ministero aveva fatto la parte del convitato di pietra, questa presenza è importante» commenta l'assessore De Mita. Il prossimo appuntamento è tra un mese, quando il ministro ha promesso di tornare a Pompei per una prima verifica.

13/04/2011 Ercolano (NA), ecco la cura di Mister Packard (Il Mattino)

Forse a volte le crisi servono, dice il presidente del Consiglio superiore dei beni culturali Andrea Carandini, tornato in sella dopo il gesto plateale delle dimissioni: paglietta sulla testa a difendersi dal sole che anche in aprile a Pompei sa picchiare come in pochi luoghi, si dice finalmente ottimista. E dà il senso di questa giornata e soprattutto dei giorni che verranno. Se Pompei non morirà per la seconda volta, se alla fine sarà salva e riuscirà a trovare il posto che la passione di centinaia di studiosi e la curiosità di milioni di persone nel mondo le assegnano di diritto da sempre, dipenderà da quanto degli impegni solennemente assunti dal ministro davanti alle macerie della Scuola dei gladiatori sarà tradotto in pratica da oggi in poi. È ottimista, Carandini, perché finalmente non si litiga più, perchè si è metabolizzata l'idea che rinunciare a Pompei significa accettare la Caporetto della nostra cultura, della nostra identità, persino della capacità di fare impresa. Intorno a Pompei, da Pompei si comincia a ricostruire il sistema dei beni culturali italiani. Con pochi strumenti, per il momento, con pochi fondi, e con ancora poche certezze su quelli disponibili per il futuro. Ma con due o tre idee semplici, praticabili. E soprattutto condivise, tanto dal mondo scientifico che da quello politico-gestionale: il che è un ulteriore vantaggio. La manutenzione programmata, innanzitutto: è evidente che un museo all'aperto tanto grande e tanto usurato - dalla pioggia, dal sole e dal calpestio di milioni di persone l'anno - è condannato all'emergenza perenne se non lo si cura con attenzione, con costanza, con precisione. Tutto, non solo una parte: e tutto contemporaneamente, non di pezzo in pezzo. Dunque mentre si scava, si restaura; e dopo il restauro, si conserva. Con un'erogazione costante, e soprattutto certa, di denaro: diversamente, tutto quello che si spenderà - poco o tanto che sia - sarà sprecato. Una bussola per troppo tempo smarrita, ai tempi delle poltrone girevoli e degli effetti speciali. E poi l'altra idea, la porta aperta - ma non spalancata - ad accogliere i privati. Il ministro Galan fa l'esempio dei banchi delle chiese, quelle sponsorizzazioni formato famiglia che costavano poco e promettevano una scorciatoia per il paradiso. Magari sarà meglio evitare di giungere alle targhette con il nome del trapassato applicate sulle anfore accatastate nei magazzini del foro. Ed è chiaro che, all'opposto, massicci investimenti di privati finirebbero prima o poi per portare su via dell'Abbondanza cartelloni pubblicitari che è bene rimangano a Times Square. Serve un sistema giusto di incentivi fiscali (la scorciatoia per il paradiso) e regole certe perché il mondo della cultura possa sempre e comunque avere l'ultima parola sulle scelte di chi apre il portafogli. D'altra parte al ministro Galan, che ha promesso di tornare presto in questa terra che anche da governatore del Veneto ha mostrato di apprezzare, basterà non andare tanto lontano: gli basterà arrivare ad Ercolano, perla certo molto più piccola di Pompei ma altrettanto preziosa, dove il progetto di sponsorizzazione siglato ben dieci anni fa tra la Soprintendenza e la Fondazione Packard continua, attraverso una decina di sigle di altissimo profilo che garantiscono agli interventi scientificità e rigore filologico, a dare frutti straordinari. Gli basterà arrivare martedì prossimo, il giorno dell'inaugurazione del Decumano massimo. Vedrà botteghe recuperate, insegne rispolverate, architravi in legno risanate. Vedrà la vita ritornata a Ercolano duemila anni dopo, le strade ripopolate, questa volte di turisti regolarmente (e volentieri) paganti. Per Packard, il mecenate, abbracci e complimenti. Ma, sorpresa, nessun cartellone formato Times Square.

13/04/2011 Pompei (NA), il ministro Galan in visita agli scavi (Repubblica)

"Si può scavare qualcos'altro?». La prima domanda che il ministro Giancarlo Galan ha fatto in soprintendenza a Pompei. La preoccupazione principale del ministro, aumentare i visitatori. «Sono due milioni, ma potrebbero essere otto, però dobbiamo trovare gli attrattori». Al lavoro, con la soprintendente di Napoli e Pompei Teresa Elena Cinquantaquattro, sono i vertici del Mibac, Roberto Cecchi e il direttore generale delle antichità Luigi Malnati. Alla fine sono proprio loro a parlare del piano più nei dettagli, dopo una mattinata di comunicazioni frammentarie. Al tavolo, anche il governatore Caldoro, che ha ipotizzato una "Stur", Società di trasformazione urbana che funzioni da attrattore peri privati. Il piano di rilancio avrà un costo iniziale di 105 milioni di euro e si concluderà a dicembre 2015. Cinque i fronti: verifica dello stato di conservazione, fruizione, comunicazione, sicurezza e rafforzamento. La soprintendente Cinquantaquattro ha illustrato le attività di monitoraggio di quattro università italiane e straniere, con l'uso del laser scanner 3D finora puntato solo su alcune domus e da allargare agli interi Scavi. «Non è un problema di soldi — ha detto Galan — il quadro delle risorse comunitarie per il Sud Italia 2007-2013 prevede risorse paria 34,099 miliardi di euro. Di queste solo il 16 per cento è stato programmato e solo il 9 per cento speso. Insomma restano da utilizzare più di 31 miliardi e la Campania è in coda con il 6,68 percento di risorse programmate e il 2,37 spese peri Por Fse, e solo 119,43 percento programmate e il 6,57 per cento spese per il Por Fesr". In totale, 100 milioni l'Ue vuol darli a Pompei previa stesura di un piano di salvataggio, e per questo il ministero sarà al lavoro da domani nei suoi uffici periferici. Altri 100 milioni "recuperati", sono quelli del piano per gli attrattori culturali per quattro regioni del Sud. Tra un mese partiranno le assunzioni di 30 archeologi e 40 tecnici specializzati, quelli del decreto del 23 marzo. «Si attingerà alle graduatorie di concorsi già espletati», ha detto Galan. Per non penalizzare i campani per cui non erano previsti posti, «entro un mese si farà un bando ad hoc». Niente più fondazione, nessun ricordo del commissariamento Fiori, sulle inchieste giudiziarie (ferma quella di Torre Annunziata, le rovine della ScholaArmaturarum ancora bloccate al suolo dai sigilli). Ma l'intervento dei privati è atteso. «Se sarà eletto Lettieri — dice Galan — so già che ha trovato sponsor per tre domus». «Sono ottimista — ha detto il presidente del Consiglio superiore per i beni culturali, Andrea Carandini rientrato dopo le dimissioni — La manutenzione programmata è nuova. Il problema di Pompei in pochi anni sarà risolto».

12/04/2011 Pompei (NA), alla luce l'area industriale della città antica (Il Mattino)

Alla luce il «Pagus Felix Augustus» cercato per quasi cent'anni
Un monumento funerario, magazzini, ville, abitazioni, fattorie, una strada in terra battuta e una fornace unica al mondo: eccolo, il Pagus Augustus Felix Suburbanus. Sta là, a poche centinaia di metri dalle mura di Pompei antica, al confine tra Pompei, Boscoreale e Torre Annunziata, nell'area detta del rione Penniniello, tra le corsie dell'autostrada Napoli-Salerno, via Penniniello e traversa Andolfi. Sta là, il Pagus Augustus Felix Suburbanus, in quello che oggi è territorio di Torre Annunziata: area industriale oggi, esattamente come lo era all'epoca. E si trova, il Pagus, proprio laddove per anni gli esperti di archeologia - e i pompeianisti Antonio Sogliano e Matteo Della Corte, in maniera particolare, fin dai primi decenni del secolo scorso - avevano detto che fosse quel villaggio suburbano dell'area di Pompei, famoso perché dedicato a Silla felix (il cui nome completo era Lucio Cornelio Sulla Felix). Una sorta di «Pompei fuori le mura» che faceva da cerniera tra la città e l'entroterra vesuviano e che in epoca imperiale, fu dedicato anche a Augusto, divenendo perciò il Pagus Augustus Felix Suburbanus, così come oggi lo si conosce. Ed è tutto da riportare alla luce. Le prime tracce furono trovate dagli archeologi della Soprintendenza di Pompei due anni fa, quand'era ancora soprintendente Pietro Giovanni Guzzo. La scoperta dei resti avvenne in seguito ai saggi preliminari disposti per un'area (si tratta dell'ex zona industriale occupata dalla ex Aquila e dall'ex Imec) sulla quale si sarebbe dovuto edificare un grande supermercato. L'ultimo ritrovamento riguarda una grande fornace per ceramiche. Un forno che, a sentire le voci che arrivano dalla Soprintendenza, dovrebbe costituire una scoperta eccezionale per grandezza e conservazione. Anche perché nessuna camera del genere è stata mai rinvenuta: a Pompei ci sono solo pochi frammenti provenienti da una struttura individuata come fornace. Insomma un ritrovamento unico al mondo di cui per adesso si vede (e da lontano anche dall'autostrada) solo la parte superiore, costruita con anfore di terracotta impilate le une sulle altre a formare la volta. Una tecnica, quella dell'utilizzo delle anfore nella costruzione delle volte, che era usata sia per la messa a punto di coperture degli edifici, nel qual caso i contenitori servivano per rendere forti e nello stesso tempo per alleggerire il peso delle volte sui muri sia, appunto, in caso di fornaci dove era necessario contenere e la dispersione del calore e mantenere la diffusione uniforme, pena la rottura delle ceramiche. La fornace per ceramica e laterizi, in epoca romana, era fatta da due camere sovrapposte. Quella inferiore, nella quale si concentrava il calore necessario per la cottura, aveva un corridoio di accesso, nel quale veniva immesso il combustibile. Il calore passava dalla camera inferiore a quella superiore, o di cottura, per mezzo di fori. La camera di cottura conteneva, impilato, il materiale da cuocere. Ovviamente, non si può escludere che una volta proseguito lo scavo non si ritrovino le ultime ceramiche e i laterizi messi a cuocere prima dell'eruzione del 79. Dunque, la scoperta potrebbe, una volta che lo scavo dell'area venisse continuato - si aspetta la decisione della soprintendenza - condurre al rinvenimento della zona produttiva fuori le mura della città. Un'area avocazione industriale che in duemila anni ha conservato questa prerogativa, considerato il gran numero di insediamenti che sino a qualche anno favi insistevano. E, tuttavia, la fornace non è l'unico importante rinvenimento. L'intera area è coperta da resti di murature; alcune rivestite con pregevole intonaco affrescato in terzo e quarto stile; altre strutture, invece, presentano le caratteristiche di «horrea», magazzini-deposito per merci e derrate alimentari, visto anche il gran numero di recipienti e anfore trovate integre. La località del rinvenimento, difatti, dista poche centinaia di metri dall'attuale linea di costa e 2000 anni fa doveva invece posizionarsi a pochi metri dal mare. Altra interessantissima scoperta è poi quel monumento funerario che potrebbe risalire al I secolo avanti Cristo. Su una delle pareti della sepoltura, forse appartenuta a un magistrato, ma ancora non completamente scavata, è stata difatti rinvenuta una lastra di marmo, con la scritta frammentata e all'esame degli esperti di epigrafia, su cui si legge «...lius 1. Nicephorus...pa-gi felicis suburbani... Corneliae... Hilari». Poco distante dalla tomba, poi, a circa sette metri di profondità, inglobata nel lapillo del 79 d.C., è stato rinvenuto un tracciato stradale, in terra battuta, con solchi lasciati da carri. L'ipotesi di lavoro è che quell'asse viario, in antico, toccasse ville e fattorie poste nell'immediata periferia ovest dell'antica Pompei, e tra queste la fattoria di epoca romana prossima All'Antiquarium, la villa di Fanno Sinistore e l'altra del Tesoro di argenterie trovata a Boscoreale nel 1895.

11/04/2011 Pompei (NA), un piano per il salvataggio (Corriere della Sera)

Pompei non si è trasformata in stratificazione come Roma. È stata coperta da lapilli nel 79 d.C., che l'hanno imballata intatta per il futuro. Purtroppo scavatori troppo avidi hanno tolto i lapilli e così il corpo della città ha cominciato a corrompersi dal Settecento e figuriamoci oggi come è ridotto. Grande parte della città, non protetta da coperture, ha perso gli ornamenti e si sfarina, e le parti inadeguatamente coperte vengono danneggiate da infiltrazioni. Un tempo giravano per la città una novantina di operai che suturavano fessure e pulivano gronde, ma il manipolo è da tempo svanito e gli archeologi si sono ridotti a uno. Chi è senza colpa? Tutti coloro che hanno operato a Pompei hanno lavorato bene e hanno compiuto errori: denari non spesi, incongrui capannoni, spese immotivate. Ora è venuto il momento di ricominciare con il giusto piede. La meraviglia di Pompei non sta nella planimetria. Conosciamo intere città antiche nelle due dimensioni, come Timgad in Algeria. Sta piuttosto negli elevati, nella conservazione dei dettagli e nei rari piani superiori. Ma questi possono essere documentati soltanto in rilievi a tre dimensioni, che ancora mancano e però essenziali alla tutela, alla conoscenza e alla comunicazione. Pompei è in gran parte inedita! Non si tratta solo di mosaici, pitture e stucchi, ma di quell'insieme di strutture e apparati decorativi fissi che ne formano l'inscindibile essenza. Per proteggere e apprezzare Pompei occorre dominarla con precisione, problema un tempo quasi impossibile, ma oggi risolvibile grazie ai rilievi a nuvole di punti. Pompei si salva, più che con riparazioni a danno avvenuto, con opere modeste e diffuse di manutenzione periodica. La manutenzione è diventata un metodo programmato che è stato elaborato dall'architetto Roberto Cecchi, oggi segretario generale del ministero. Prima lo ha sperimentato negli edifici medievali e moderni e poi, da commissario straordinario, lo ha esteso alle rovine di Roma. II Consiglio superiore dei Beni culturali ha proposto infine di allargarlo a tutte le rovine antiche del Paese, quindi anche a Pompei. Un recente decreto consente finalmente di assumere trenta archeologi e quaranta operai, e poi vi è da contare sul finanziamento ottenuto per lo stesso decreto e vi è forse da sperare anche in un finanziamento europeo. Alla buona tutela deve accompagnarsi la gestione della sicurezza, dei servizi e dell'accoglienza. I visitatori — abitanti attuali di Pompei — apportano venti milioni di euro l'anno, essenziali alla conservazione del sito. Evidenti sono dunque le necessità manageriali, ma un modello funzionante e condiviso non è stato ancora trovato, per cui la discussione rimane aperta Più facile è impostare la conoscenza sistematica del tessuto urbano e la sua comunicazione al pubblico: i rilievi tridimensionali consentono di entrare in ogni edificio privato e pubblico tramite schermo, il che serve a definire precisamente e periodicamente i diversi gradi di vulnerabilità di costruzioni e decorazioni e a conoscere il monumento stesso; per non dire poi della loro assoluta indispensabilità in caso di sisma. I rilievi consentono anche di ricostruire graficamente i piani superiori, in modo da restituire gli edifici nella loro integrità, compresi mobilia e corredi. Infine l'analisi stratigrafica degli elevati consente di narrare la storia degli isolati negli ultimi secoli della città, per non rimanere ancorati al solo momento dell'eruzione. A questo proposito il Consiglio superiore ha auspicato una cooperazione fra il ministero dei Beni culturali e le università italiane che abbiano competenze di archeologia sul campo, le quali potrebbero adottare uno o più isolati, a partire da quelli solo in parte scavati e a ridosso degli interri, dove la minaccia di crolli è maggiore. A tali adozioni scientifiche si potrebbero accompagnare adozioni per la conservazione finanziata da privati. La soprintendenza dovrebbe garantire un metodo unitario, onde rendere i risultati comparabili e cumulabili. Si tratta di affrontare una novantina di isolati in tempi ragionevoli. Pompei rimarrà sempre un oggetto irraggiungibile: mai potrà aprire al pubblico tutte le case, ma qui potrebbe soccorrere un museo virtuale di Pompei su Internet, che permetterebbe anche a chi vive a Tucson, in Arizona, di curiosare in ogni stanza dell'abitato, prima di visitarlo. Serve in conclusione a Pompei un grande progetto culturale, tecnologicamente sofisticato, che si orienti verso uno scopo di conservazione e di apertura conoscitiva al mondo.

Primo impegno ufficiale del nuovo ministro per i Beni e le attività culturali, Giancarlo Galan, legato a Pompei. Galan visiterà domani, 12 aprile, l'area degli scavi, accompagnato dal presidente del Consiglio superiore per i Beni culturali e paesaggistici, Andrea Carandini, dal segretario generale del ministero, Roberto Cecchi, dal direttore generale per le antichità, Luigi Malnati, e dalla soprintendente Maria Teresa Cinquantaquattro. Una visita non formale, poiché proprio per il crollo di un manufatto a Pompei l'ex ministro Sandro Bondi dovette affrontare un voto parlamentare di sfiducia, che però si risolse a suo favore. Pubblichiamo qui in anteprima la sintesi di un saggio di Andrea Carandini che apparirà nel volume Electa, in uscita tra dieci giorni, Pompei Archeologia. Progetto di conservazione e fruizione del patrimonio archeologico, curato e voluto dal ministero dei Beni culturali e in particolare dal segretariato generale, dalla direzione generale per i Beni archeologici e dalla soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Napoli e Pompei. Nel libro si documenta il «metodo» messo a punto dagli uffici scientifici e applicato a tre casi esemplari: la casa di Trebio Valente, la casa del Moralista, la casa della Fontana Piccola, oggetto anche di un rilievo tridimensionale. In sostanza nel volume si spiega «come» conservare il tesoro di Pompei, permettendo anche un adeguato rapporto col flusso di visitatori. Intanto l'Unione Europea ha annunciato uno stanziamento straordinario di ioo milioni di euro per Pompei, ma solo dopo la presentazione di un piano dettagliato. L'Ue ha messo a disposizione i propri esperti per il piano di fattibilità.

08/04/2011 Napoli, uno scheletro di 1500 anni fa nei cantieri del metrò (Repubblica)

Grande curiosità ha suscitato a Napoli il ritrovamento - durante i lavori di scavo per la realizzazione della linea "1" della metropolitana - di uno scheletro, probabilmente risalente al VI o VII secolo dopo Cristo. Passanti e turisti si sono assiepati oltre le transenne per scattare foto e osservare i lavori di recupero. Gli esperti della Soprintendenza archeologica però gettano acqua sul fuoco. «Non si tratta di un rinvenimento di particolare pregio», affermano. Di ben altra portata i ritrovamenti di alcuni anni fa in piazza Municipio: due barche di dieci metri ciascuna, che facevano da spola tra le navi da carico ferme in rada e i moli del porto di Neapolis. E una terza, la più grande, da 13 metri e mezzo per oltre tre metri, chiglia larga e prua piatta.
La scoperta di ieri è avvenuta nel cantiere aperto tra via Nolana e corso Umberto, dove si stanno realizzando le camere di ventilazione del metrò. Lo scheletro era a circa tre metri di profondità dal livello stradale. Sono perfettamente conservati gli arti inferiori, il bacino e il cranio. Il ritrovamento fa seguito ad altre scoperte avvenute di recente. «La tomba risale al VI, VII secolo - conferma l´archeologa Daniela Giampaola che ha diretto gli scavi -, spessissimo troviamo queste sepolture nelle strade che occupano la parte della città antica. Il rinvenimento di questo genere di sepolture è abituale, in tutta la città le abbiamo trovate: a piazza Bovio, a piazza Nicola Amore. Nella mostra dedicata allo scavo archeologico di piazza Bovio, ci sono numerosi reperti di questo genere. La tomba non è di particolare valore, perché non è alla cappuccina, cioé con le tegole messe a doppio spiovente», conclude l´esperta.

07/04/2011 Serino (AV), Anfore, brocche e piatti del IV secolo a. C. erano state riposte nel portabagagli dell'auto (Il Mattino)

Anfore, brocche e piatti del IV secolo a. C. erano state riposte nel portabagagli dell'auto, occultate in una scatola e protette con cuscini. I reparti archeologici, dall'inestimabile valore, viaggiavano insieme a un cittadino italo-svizzero di 43 anni, già pensionato, che risulta residente nella confederazione elvetica. L'uomo, che era diretto a casa dell'anziano genitore residente a Serino è stato fermato dall'alt dei militari dell'Arma diretti dal maresciallo Michele Liccardi. Quello che si prospettava come un normale controllo ad un posto di blocco si è rivelato subito un fermo dai risvolti clamorosi. All'apertura del cofano, infatti, la curiosità dei carabinieri è stata immediatamente attratta dallo stratagemma attuato per proteggere le cinque anfore in terracotta che, anche all'occhio profano dei militari, sono apparse di sicuro pregio artistico. Il sospetto che potesse trattarsi di materiale archeologico è cresciuto quando il quarantatreenne non ha saputo fornire spiegazioni. E' stato così che, condotto in caserma, è scattato il sequestro di tutta la merce: 5 anfore in terracotta, con pitture in smalto nero raffiguranti figure geometriche e soggetti umani, di altezze comprese tra 16 e 32 cm, un contenitore in terracotta a figure geometriche e umane, una brocca in terracotta a vernice nera, un manufatto in terracotta a forma di uovo, con rappresentazioni umane ed animali, un piatto in terracotta, con immagini di pesci e molluschi, del diametro pari a 37 cm e tre paia di orecchini, di diversa forma e dimensione, in oro grezzo e argento. Dalla perquisizione nell'auto dell'italo-svizzero sono spuntati successivamente dei fogli manoscritti sui quali erano impressi elenchi di nomi, oggetti e prezzi che ora sono al vaglio degli inquirenti. Dall'analisi di questi dati potrebbero venire fuori indicazioni utili per risalire alla provenienza e alla destinazione dei reperti. Prima di procedere alla denuncia, tuttavia, i militari dell'Arma si sono accertati dell'originalità della merce sequestrata chiedendo l'immediato intervento in caserma di alcuni tecnici della Soprintendenza ai beni culturali delle province di Avellino e Salerno. Gli esperti, dopo qualche ora, non hanno tardato ad emettere il loro verdetto catalogando il materiale sequestrato tra i «beni archeologici di rilevante valore storico-artistico-archeologico e verosimilmente risalente al IV secolo avanti Cristo». Poi, a casa del padre hanno rinvenuto un anello in bronzo e 57 monete in bronzo e argento, di diverse forme e dimensioni risalenti all'epoca romana. Tra anfore, brocche e monete, però, è poi spuntata fuori anche una pistola di fabbricazione spagnola, calibro 7,65 e completa di caricatore e 26 proiettili, detenuta dall'anziano padre che l'avrebbe acquistata all'estero ma mai denunciata in Italia. E' stato così che, dopo aver proceduto ai nuovi sequestri, i carabinieri di Serino hanno denunciato padre e figlio per il reato di ricettazione con riferimento al materiale archeologico. Per il genitore la posizione si è aggravata fino all'arresto con l'accusa di detenzione abusiva di armi. Malgrado ciò, alla luce delle sue precarie condizioni fisiche e dell'età avanzata, al pensionato è stato concesso il beneficio degli arresti domiciliari.

03/04/2011 Nocera Superiore (NA), beni archeologici sbarrati (Il Mattino)

«Protestano» i turisti di tutto il mondo perché a Nocera Superiore è davvero una impresa titanica visitare il battistero paleocristiano di Santa Maria Maggiore e i siti archeologici presenti sul territorio. Nei messaggi lasciati sul «librone» delle presenze, infatti, insieme alla meraviglia e all'apprezzamento per il monumento alla cristianità eretto nel sesto secolo dopo Cristo nel cuore di Nuceria Alfaterna, si legge il disappunto dei turisti. «Perché non valorizzate e pubblicizzate queste bellezze?» scrive un turista milanese a cui fa eco Pietro da Latina: «É un crimine tenere chiuse le porte di questa meraviglia!» e via di questo passo, su di un terreno che ai cittadini di Nocera Superiore sembra non fare più stupore. La difficoltà di visitare i più significativi monumenti dell'Agro situati in territorio di Nocera Superiore, infatti, è un fatto arcinoto. Per ammirare l'interno del battistero, infatti, è necessario affidarsi alla disponibilità, gratuita, di una persona che per discendenza familiare custodisce le chiavi del monumento. Fare una visita alla necropoli di Pizzone o al teatro ellenistico è una scommessa con le erbacce e il cattivo tempo: due elementi con cui è necessario fare i conti prima di decidere di entrare nelle due aree archeologiche, ignorate non solo per la manutenzione, ma anche nella promozione. In nessuna sede istituzionale, infatti, la città di Nocera Superiore è in grado di offrire un biglietto da visita all'altezza dei monumenti e dei siti archeologici che si trovano sul suo territorio. Uno per tutti l'ultimo scavo realizzato nell'area dell'ex mercato boario, dal quale è stata portata alla luce una villa o probabilmente un piccolo impianto termale, che non è su nessun depliant illustrativo o guida della città. «Problemi di sicurezza e controllo all'interno dell'area» si era detto qualche tempo fa da palazzo di città. Resta il dato deludente della mancata opportunità.

25/03/2011 Pompei (NA), scavi a rischio (Il Mattino)

Da sindacati e operatori soddisfazione per lo sblocco delle assunzioni. «Ma dopo i crolli nessun intervento»
Via dell'Abbondanza è tagliata in due dalle macerie della scuola dei gladiatori; le domus di «Pansa» e della «Fontana Piccola a Mosaico» sono state interdette al pubblico durante l'inverno perché inagibili in quanto interessate da lesioni delle strutture; tredici case dal primo gennaio sono state chiuse per la mancanza di fondi e di personale: Amorini Dorati, Menandro, Sallustio, Marco Lucrezio Frontone, Obellio Firmo, Ara Massima, Quattro Stili, Casca Longa, Giulio Polibio, Casti Amanti, Fontana Piccola, Foro Boario e Termopolio. Alla vigilia dell'alta stagione turistica il quadro degli scavi di Pompei è a dir poco preoccupante. Tra crolli, aree transennate e proibite, ai turisti resta ben poco da vedere. E all'indomani del varo del provvedimento governativo che dedica a Pompei una norma straordinaria, sbloccando un buon numero di assunzioni di operai e tecnici, l'auspicio che arriva tanto dalla Soprintendenza quanto dalla città nuova è che il nuovo corso possa cominciare il prima possibile. La preoccupazione che il rimedio arrivi troppo tardi è palpabile: peraltro, denunciano i sindacati, nel piano triennale degli interventi di restauro e messa in sicurezza del sito non sono previsti interventi incisivi. Con un occhio a Roma e l'altro ben aperto sugli uffici della soprintendente Cinquantaquattro gli stessi sindacati, compatti come non mai, dichiarano lo stato di agitazione del personale e lanciano un ultimatum alla soprintendente: «O ci riceve o chiudiamo gli scavi per sciopero». L'aut aut di Cgil, Cils, Uil, Unsa e Flp è giunta al termine dell'assemblea di ieri, che ha tenuto i turisti fuori dagli scavi per due ore. I sindacati esprimono preoccupazione e allarme rispetto al blocco della macchina amministrativa e, su mandato dei lavoratori, denunciano «l'inefficienza organizzativa della soprintendente, in quanto, nonostante sia stata chiesta ripetutamente la convocazione urgente di un tavolo di trattative sull'organizzazione del lavoro, ancora non abbiamo ricevuto risposte». «Manca totalmente una organizzazione del lavoro - spiegano Carolina lapicca e Antonio Pepe, rispettivamente segretario provinciale e locale della Cisl - che tenga conto dei numerosi pensionamenti e stabilisca, in modo chiaro e determinato, le funzioni, le competenze e le attività assegnate a ciascun lavoratore, a partire dagli archeologi, dai tecnici, dagli amministrativi per arrivare al personale operaio e di vigilanza». Grave - incalza Carolina lapicca - è anche il problema relativo alla messa in sicurezza degli scavi di Pompei. «Dopo i crolli nulla si è fatto se non la chiusura precauzionale di alcune domus e, nonostante la situazione di pericolo, nella programmazione triennale dei lavori poco o nulla è stato previsto per Pompei. Se si continua su questa strada - continua la Iapicca - l'area archeologica più conosciuta al mondo rischia di diventare un ricordo il modello di gestione e di organizzazione concordato tra amministrazione e sindacati». Cgil, Cisl, Uil, Unsa e Flp, nel documento siglato in assemblea chiedono la continuità di attuazione degli accordi sindacali sottoscritti in precedenza; l'autonomia di Pompei come valore generale; la valorizzazione delle risorse umane; il pagamento delle indennità accessorie; la ripresa immediata delle contrattazioni; le relazioni sindacali come valore fondamentale. «Altrimenti - ribadiscono le sigle sindacali - gli scavi di Pompei, Ercolano, Stabia, Oplonti e il museo di Boscoreale chiuderanno per sciopero». Per Libero Rossi, coordinatore nazionale della Cgil, «Pompei è la sconfitta dei beni culturali». «Il problema Pompei - sottolinea Rossi - deve essere risolto in maniera serie e adeguata, non con risposte insufficienti del Governo. I problemi gravi sono di natura strutturale, economia e sono scaturiti dai dirigenti che non brillano per efficienza e preparazione. Chi decide di chiudere Pompei perché piove, non conosce cos'è Pompei e cosa rappresenta per l'economia italiana. Gli scavi hanno bisogno di una squadra di manutentori senior, con esperienza, e non novelli architetti e archeologi. Pompei è una città vasta che ha bisogno di dirigenti agguerriti e con esperienza acquisita sul campo, che rimangano al comando per lungo tempo. Quando Veltroni si è inventato il city-manager è stato un disastro, anche se prima non andava certo meglio. Come è stata un disastro l'era commissariale». La rabbia Confederali e autonomi in assemblea «Per il rilancio serve l'autonomia finanziaria».

25/03/2011 Pompei (NA), un quadro desolante degli scavi (Il Mattino)

Via dell’Abbondanza è tagliata in due dalle macerie della scuola dei gladiatori; le domus di «Pansa» e della «Fontana Piccola a Mosaico» sono state interdette al pubblico durante l’inverno perché inagibili in quanto interessate da lesioni delle strutture; tredici case dal primo gennaio sono state chiuse per la mancanza di fondi e di personale: Amorini Dorati, Menandro, Sallustio, Marco Lucrezio Frontone, Obellio Firmo, Ara Massima, Quattro Stili, Casca Longa, Giulio Polibio, Casti Amanti, Fontana Piccola, Foro Boario e Termopolio. Alla vigilia dell’alta stagione turistica il quadro degli scavi di Pompei è a dir poco preoccupante. Tra crolli, aree transennate e proibite, ai turisti resta ben poco da vedere. E all’indomani del varo del provvedimento governativo che dedica a Pompei una norma straordinaria, sbloccando un buon numero di assunzioni di operai e tecnici, l’auspicio che arriva tanto dalla Soprintendenza quanto dalla città nuova è che il nuovo corso possa cominciare il prima possibile. La preoccupazione che il rimedio arrivi troppo tardi è palpabile: peraltro, denunciano i sindacati, nel piano triennale degli interventi di restauro e messa in sicurezza del sito non sono previsti interventi incisivi. Con un occhio a Roma e l’altro ben aperto sugli uffici della soprintendente Cinquantaquattro gli stessi sindacati, compatti come non mai, dichiarano lo stato di agitazione del personale e lanciano un ultimatum alla soprintendente: «O ci riceve o chiudiamo gli scavi per sciopero». L’aut aut di Cgil, Cils, Uil, Unsa e Flp è giunta al termine dell’assemblea di ieri, che ha tenuto i turisti fuori dagli scavi per due ore. I sindacati esprimono preoccupazione e allarme rispetto al blocco della macchina amministrativa e, su mandato dei lavoratori, denunciano «l’inefficienza organizzativa della soprintendente, in quanto, nonostante sia stata chiesta ripetutamente la convocazione urgente di un tavolo di trattative sull’organizzazione del lavoro, ancora non abbiamo ricevuto risposte». «Manca totalmente una organizzazione del lavoro - spiegano Carolina Iapicca e Antonio Pepe, rispettivamente segretario provinciale e locale della Cisl - che tenga conto dei numerosi pensionamenti e stabilisca, in modo chiaro e determinato, le funzioni, le competenze e le attività assegnate a ciascun lavoratore, a partire dagli archeologi, dai tecnici, dagli amministrativi per arrivare al personale operaio e di vigilanza». Grave - incalza Carolina Iapicca - è anche il problema relativo alla messa in sicurezza degli scavi di Pompei. «Dopo i crolli nulla si è fatto se non la chiusura precauzionale di alcune domus e, nonostante la situazione di pericolo, nella programmazione triennale dei lavori poco o nulla è stato previsto per Pompei. Se si continua su questa strada - continua la Iapicca - l’area archeologica più conosciuta al mondo rischia di diventare un ricordo il modello di gestione e di organizzazione concordato tra amministrazione e sindacati». Cgil, Cisl, Uil, Unsa e Flp, nel documento siglato in assemblea chiedono la continuità di attuazione degli accordi sindacali sottoscritti in precedenza; l’autonomia di Pompei come valore generale; la valorizzazione delle risorse umane; il pagamento delle indennità accessorie; la ripresa immediata delle contrattazioni; le relazioni sindacali come valore fondamentale. «Altrimenti - ribadiscono le sigle sindacali - gli scavi di Pompei, Ercolano, Stabia, Oplonti e il museo di Boscoreale chiuderanno per sciopero». Per Libero Rossi, coordinatore nazionale della Cgil, «Pompei è la sconfitta dei beni culturali». «Il problema Pompei - sottolinea Rossi - deve essere risolto in maniera serie e adeguata, non con risposte insufficienti del Governo. I problemi gravi sono di natura strutturale, economia e sono scaturiti dai dirigenti che non brillano per efficienza e preparazione. Chi decide di chiudere Pompei perché piove, non conosce cos’è Pompei e cosa rappresenta per l’economia italiana. Gli scavi hanno bisogno di una squadra di manutentori senior, con esperienza, e non novelli architetti e archeologi. Pompei è una città vasta che ha bisogno di dirigenti agguerriti e con esperienza acquisita sul campo, che rimangano al comando per lungo tempo. Quando Veltroni si è inventato il city-manager è stato un disastro, anche se prima non andava certo meglio. Come è stata un disastro l’era commissariale».

24/03/2011 Pompei (NA), un piano per gli scavi (Repubblica)

Il provvedimento del governo prevede l´ingresso di 50 operai e 30 giovani funzionari
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera ad una "norma straordinaria per il sito di Pompei". Che prevede "l´assunzione di personale specializzato per risolvere i problemi della Sovrintendenza", cioè fino a 30 giovani funzionari, più 50 operai.
Nuovo decreto, nuovo ministro dei Beni culturali dopo le dimissioni di Bondi, e aria nuova anche per Pompei. Messa da parte l´idea della fondazione, la norma straordinaria discussa ieri in Consiglio dei ministri tocca anche il sito, la cui priorità era stata posta da novembre scorso, dopo i numerosi crolli che avevano interessato domus e perimetro dell´area archeologica. Ottanta milioni di euro sono destinati dal Mibac alla tutela e al recupero del patrimonio storico, architettonico, artistico e archeologico, con un piano straordinario di manutenzione e vengono potenziati i poteri di tutela della soprintendenza, con l´aumento di personale tecnico addetto e l´invio di una task force di archeologi, architetti e operai specializzati. Il provvedimento, secondo quanto ha annunciato il sottosegretario Letta ieri - prevede l´assunzione fino a 30 giovani funzionari più 50 operai. E lo sblocco dei concorsi per i giovani dirigenti nei limiti di 170 unità l´anno. Un vero e proprio piano di assunzioni che verrà attuato attingendo alle graduatorie degli idonei dell´ultimo concorso nazionale per archeologi del ministero. Un´occasione per i tanti archeologi disoccupati napoletani, che però vedono sfumare ancora una volta il diritto al lavoro. In quel concorso, infatti, per l´area C, ossia il settore direttivo, non furono banditi posti in Campania. Solo alcuni relativi all´area B, quella per gli assistenti alla vigilanza. Anche gli Atm, come gli archeologi aspiranti al posto direttivo in soprintendenza, hanno dovuto partecipare al concorso statale in altre regioni. Si sa, per esempio, di una archeologa napoletana risultata idonea a Bologna. Se sarà trasferita, potrà lavorare a Pompei se otterrà il trasferimento grazie al decreto omnibus. Tutti concordi che il decreto è positivo e ha del miracoloso, quando ormai la cultura era in lutto strettissimo per i tagli. Ma il destino ha voluto che una regione ad alto tasso di disoccupazione intellettuale non possa avvalersi di una chance. Anche se il decreto avrà un percorso lungo il quale sono possibili modifiche.
Esulta intanto il Pd con il responsabile cultura della segreteria nazionale Matteo Orfini. «Non è peregrino pensare a un ripristino dell´autonomia della soprintendenza di Pompei - osserva - dal momento che è previsto che aumenteranno i poteri della soprintendenza, che, oltre a giovarsi di nuove assunzioni, dovrà avere un responsabile con la qualifica di direttore generale, come prima. Su Pompei si sono persi sei mesi a discutere di una strampalata fondazione - prosegue Orfini, che è archeologo - mentre noi dicevamo che bisognava azzerare il commissariato e restituire ai tecnici la soprintendenza. Sembra che abbiano scelto di incamminarsi in questa direzione e noi siamo contenti che sia stato accolto il nostro suggerimento. Ma prima della pronuncia definitiva aspettiamo di leggere il decreto che forse sarà reso pubblico domani (oggi, ndr)». Il presidente dell´Unione industriali Paolo Graziano, che aveva offerto la collaborazione della categoria per la salvaguardia del sito, chiede un incontro con il neoministro Galan per firmare un protocollo «al fine di realizzare un mecenatismo attivo, un progetto strutturale di conservazione dinamica attraverso sponsorizzazioni e finanziamento di lavori».

23/03/2011 Pompei (NA), polemiche per fondi dirottati al Castello di Baia (Il Mattino)

Trecentotrenta mila euro tolti dalle casse della città archeologica a beneficio del Castello di Baia. I fondi dirottati sono stati prelevati da un residuo di cassa del commissariamento per l’emergenza scavi, quello gestito da Marcello Fiori fino a un paio di anni fa. La polemica scoppia inevitabile: nel mirino dei sindacati finisce, nuovamente, l’accorpamento tra le soprintendenze di Pompei e Napoli.

«Pur incassando oltre 25 milioni di euro l’anno - dice Antonio Pepe, segretario della Cisl - Pompei non sarà mai in grado di avere i fondi necessari a programmare interventi di restauro regolari, perché gli introiti vengono distribuiti anche per interventi in altri siti che non producono utili».

Per la Cisl è inaudito che «mentre Pompei cade a pezzi e il mondo ci accusa di essere incompetenti, la soprintendenza decida di spendere ”nostri” soldi per interventi su altre realtà. Che hanno bisogno di essere restaurate, ma di certo non a spese degli scavi pompeiani». Il segretario della Cisl rivendica per Pompei «un funzionario dotato di poteri più incisivi per la tutela e la gestione del sito, che possa disporre di strumenti per avviare rapidi interventi straordinari per il restauro di domus ed edifici, di mezzi necessari ad impegnare le maestranze nella manutenzione ordinaria, ed evitando così che i soldi incassati dagli scavi di Pompei vengano distratti in altre realtà».

Dei 79 milioni di euro a disposizione dell’ex commissario per l'emergenza dell’area archeologica di Pompei, Marcello Fiori, c’è stato un avanzo di cassa di 330 mila euro. Tale cifra doveva essere spesa per lavori urgenti per la messa in sicurezza del sito pompeiano. Invece non è stato così. La soprintendente di Napoli e Pompei, Teresa Elena Cinquantaquattro, ha ritenuto che il Castello di Baia avesse bisogno di lavori di restauro più urgenti rispetto all’emergenza Pompei. E la scelta ha riportato la questione autonomia degli scavi sotto i riflettori. In effetti la città sepolta ha fatto da cavia per la sperimentazione di nuovi sistemi di gestione. Passando dal 1997 al 2008 dall’autonomia al commissariamento, attraverso l’accorpamento con la soprintendenza di Napoli. Walter Veltroni, ministro dei Beni Culturali e vice premier nel 1997, la scelse come simbolo di una annunciata rinascita culturale. Pompei conquistò una piena autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria che le avrebbe dovuto consentire di incrementare l’area visitabile della città antica, di migliorare i servizi offerti a visitatori e turisti, di procedere speditamente nelle operazioni di manutenzione e restauro, di incentivare le attività di ricerca e di valorizzazione. Il tutto grazie all’intervento di sponsor privati e alla riorganizzazione messa in atto da un city manager. Di fatto gli Scavi divennero una vera e propria spa con tanto di consiglio di amministrazione. Ma l’autonomia venne rivisitata dopo dieci anni dall’allora ministro Francesco Rutelli, che decise l’accorpamento delle soprintendenze per i beni archeologici di Pompei e di Napoli (comprendente anche i Campi Flegrei e il Castello di Baia) in una soprintendenza speciale, abolendo la figura del city manager che venne sostituito da un consiglio di amministrazione più numeroso e articolato.

17/03/2011 Pozzuoli (NA), una discarica nella villa romana di Monterusciello (Corriere del Mezzogiorno)

C’è anche un elegante tavolo da soggiorno che giace riverso su quella che è diventata una vera è propria discarica «archeologica» a cielo aperto, in via Saba a Monterusciello, frazione di Pozzuoli (Napoli). Scaraventato dall’alto assieme a bottiglie di plastica, ombrelli, vetro, sedie e pattume, fa bella mostra di sé sulle rovine di ville rustiche dove gli studiosi ritengono abbia soggiornato Annibale nel corso di uno dei suoi frequenti movimenti tattici tra zona flegrea e Capua, e più in generale al Sud (215-203 a.C.)

DISCARICA ARCHEOLOGICA – Passeggiando per via Saba, nei pressi dell’ufficio postale di Monterusciello, ci si imbatte in un'area abbandonata dove spuntano tra le erbacce diverse coperture precarie e arrugginite. Corrose dagli agenti atmosferici e sorrette da tubi innocenti in parte piegati, le tettoie indicano che su quel terreno, nel bel mezzo di palazzine tutte uguali, qualcosa di prezioso è venuto alla luce e si è pur cercato di tutelare. Era il periodo dell’emergenza bradisismo e durante gli scavi per la realizzazione delle palazzine popolari nei primi anni ‘80, un’interessante scoperta archeologica riportò alla luce gli antichi resti di una villa rustica romana di notevole estensione. L’area, sottratta all’edilizia popolare e sottoposta alla tutela della Soprintendenza, restituì interessanti cisterne, gli interni di una villa realizzati in opus reticolarum e preziosi mosaici che si cercò di tutelare realizzando opportune coperture. Poi la cattiva gestione, l’abbandono e l’incuria che caratterizza spesso i quartieri periferici, ha fatto di quest’interessante sito archeologico una vera e propria discarica a cielo aperto, dove viene gettato di tutto.

TRA I ROVI – Ma il sito di via Saba non è l’unica testimonianza del passato di Monterusciello, come afferma Salvatore Di Fraia, rappresentante dell’associazione Tholos-Magna Puteoli, da tempo attiva nella valorizzazione del territorio flegreo. «L’intera area era conosciuta è frequentata fin dall’antichità, l’altura consentiva di ammirare un panorama incantevole che andava da Nisida a Sperlonga» spiega il nostro interlocutore. «Diversi colombari, monumenti funerari e ville con mosaici rinvenute in zona, indicano come Monterusciello, da diversi studiosi identificata con la “Selva ami” citata dallo storico Tito Livio, fosse abitata da chi gravitava intorno alle attività fiorenti della fascia costiera». I resti di un sito dove si ritiene che soggiornò Annibale durante uno dei suoi frequenti movimenti tattici in Campania, giacciono abbandonati all’interno dell’area del moderno istituto alberghiero di via Matilde Serao; non visitabile perché ricoperta interamente dai rovi.

16/03/2011 Castellammare di Stabia (NA), l'Hermitage salverà il ninfeo mentre la mostra "Otium Ludens" ammuffisce in casse (Il Mattino)

I beni culturali San Pietroburgo in aiuto dell'antica Stabia. Dopo gli scavi borbonici e dopo il lavoro svolto dai tecnici della Soprintendenza di Pompei, sarà l'Hermitage dell'ex capitale imperiale russa a riportare interamente alla luce il prestigioso Ninfeo della Villa San Marco. Il museo russo che negli ultimi anni, grazie a una partnership con la fondazione Ras (Restoring Ancient Stabiae), ha ospitato i reperti archeologici delle ville dell'antica Stabia, ha deciso di adottare un pezzettino di Villa San Marco effettuando i lavori di scavo.

Il rosso porpora contrasta il bianco degli stucchi di cui sono fatte le arcate, ma del Ninfeo di Villa San Marco si vede ancora molto poco. Dopo gli scavi borbonici e dopo il lavoro svolto dai tecnici della Soprintendenza di Pompei, sarà 1'Hermitage di San Pietroburgo a riportare interamente alla luce il prestigioso Ninfeo. II museo russo che negli ultimi anni, grazie a una partnership con la fondazione Ras (Restoring Ancient Stabiae), ha ospitato i reperti archeologici delle ville dell'antica Stabia, ha deciso di adottare un pezzettino di Villa San Marco effettuando i lavori di scavo. la notizia è stata comunicata al termine di un incontro che si è svolto nei giorni scorsi, tra San Pietroburgo e Mosca, al quale hanno partecipato i massimi esponenti del museo, il vertice della Culture and Educational Development Foundation di San Pietroburgo, e la Ras. Il dipartimento di antichità greco romana dell'Hermitage, diretto da Anna Trophimova che conosce bene il sito di Stabia, ha annunciato che il restauro conservativo del Ninfeo sarà portato a termine in collaborazione con le autorità italiane. La struttura del Ninfeo è localizzata nella parte finale del peristilio grande. Precisamente nella parte centrale della villa, sul lato corto della piscina. Secondo i diari borbonici il Ninfeo sarebbe la parte principale della villa perché nei pressi della struttura si trovavano alcune tavole di marmo «a zampa leonina» su. cui presumibilmente era stato inciso il nome del proprietario di Villa San Marco. La parte centrale era comprensiva di otto archi ornati con prestigiose decorazioni che furono asportate in epoca borbonica, tra queste il mosaico raffigurante il «Rapimento d'Europa» che attualmente si trova al Museo del Castello di Chantilly, in Francia. L'abusivismo però che da anni ostacola il lavoro di scavo sulla zona alta di Castellammare, avrebbe reso difficile anche il recupero del Ninfeo che l'archeologo Libero D'Orsi avrebbe voluto ritrovare personalmente. In particolare una parte del Ninfeo si troverebbe sotto una casa colonica ancora abitata. Ma le questioni giudiziarie sono un caso a parte. «L'abusivismo è una piaga che va sanata al più presto attraverso monitoraggi costanti da parte dell'ufficio tecnico comunale - spiega Antonio Pepe della Cisl beni culturali - ma spero fortemente che in occasione de1150esimo anniversario dell'unità d'Italia l'orgoglio nazionalista prevalga nella scelta della tutela del patrimonio culturale italiano, la nostra più grande risorsa economica del Paese». Con questo progetto l'Hermitage ha ribadito che il suo impegno su Stabia proseguirà nel rispetto degli impegni assunti nel corso del seminario svoltosi, nell'estate 2010, presso il Vesuvian Institute di Castellammare. Il costo del progetto è di 3 milioni e 800mila euro e secondo alcune indiscrezioni al progetto di scavo del Ninfeo potrebbero essere affiancati altri lavori di scavo, restauro e copertura del grande peristilio di Villa San Marco e Villa Arianna quello del secondo complesso e dell'antico ingresso di villa Arianna.

In Italia è stata ammirata soltanto una volta. La mostra «Otium Ludens - Stabiae, cuore dell'Impero Romano» inaugurata fra il dicembre 2007 e il marzo 2008 al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo - dove richiamò ben 500.000 visitatori - e passata poi al Museum of Art di Hong Kong, e infine a Ravenna, nel 2009 conquistò l'attenzione di sessantamila persone. Ma nel Belpaese quella collezione di reperti archeologici provenienti dalle ville stabiane che il quotidiano inglese «The Times» giudicò essere tra le migliori dieci proposte del 2008, è stipata in grosse casse in quello che era l'ex Antiquarium cittadino. Le sale di via Marco Mario furono inaugurate da Libero D'Orsi nel 1959, ma oggi non sono altro che un magazzino disposto in un vicoletto utilizzato dai residenti per il parcheggio di auto. A dare una speranza e magari teche e velluti su cui adagiare i prestigiosi reperti, la Reggia di Quisisana. Restaurata con fondi Cipe dovrebbe accogliere oltre alla collezione «Otium Ludens» anche quella intitolata «In stabiano». E non solo. La Reggia dovrebbe essere interamente dedicata ai beni culturali, le sue sale, infatti, sono state progettate per ospitare i laboratori della scuola di restauro gestita dall'Università di Napoli Suor Orsola Benincasa. Ma per ora il mondo della cultura attende ancora l'inaugurazione ufficiale della Reggia.

09/03/2011 Alife (CE), sterrato il criptoportico (Il Mattino)

Il criptoportico di Alife, uno dei maggiori esempi di struttura architettonica di questo tipo dell’età augustea, qualche anno fa dopo secoli è stato finalmente «sterrato» in quanto nel corso dei secoli in esso erano stati accumulati detriti e materiali di risulta di ogni sorta.
Durante l’ultima guerra fu utilizzato dalla comunità alifana come rifugio per sfuggire alle retate dei tedeschi e ripararsi dal bombardamento del 13 ottobre 1943 durante il quale perirono ben 35 persone. I criptoportici, costruiti durante tale periodo, erano adibiti ad uso pubblico e privato come strutture sottostanti ad edifici superiori, edifici forensi, mercati, portici, grandi serbatoi per raccolta di acqua, ecc. Il monumento che l’antica «civitas allipharum» ha lasciato ai posteri, è una testimonianza della grandezza del passato che ha vissuto questa terra come protagonista nella crescita della nostra civiltà. Costituito da tre bracci occupa una superficie di circa 689 mq con una altezza dal piano di calpestio di circa 6 m. Nel corso della “sterratura” sono stati raccolti diversi vasi, alcuni ben conservati e di altri solo frammenti, utilizzati per il commercio interregionale tra Alife ed altri centri. Sono stati recuperati anche esemplari di anfore impiegate per il trasporto del vino, in modo particolare l’amineo, menzionato in una iscrizione sull’intonaco di un pilastro del criptoportico, e forse del famoso pallagrello, produzione tipica delle colline alifane. Va sottolineata anche la presenza di attrezzi agricoli e da falegnameria di fattura non molta diversa di quella di oggi. I reperti raccolti nel corso degli scavi sono un indicatore interessante, si legge nell’opuscolo pubblicato in occasione dell’apertura al pubblico del monumento, della vita economica e sociale della città romana anche nei suoi aspetti domestici e quotidiani. Il vasellame e le ossa animali permettono di risalire alla dieta alimentare degli antichi alifani, basata soprattutto sullo sfruttamento intensivo dell’allevamento suino e anche intensamente di quello ovino, bovino e di animali da cortile. Risulta che si consumava anche pesce d’acqua dolce e di mare, tra cui le pregiate ostriche provenienti da Baia, e si cacciavano fagiani e piccioni selvatici. I lavori, con le conseguenti indagini archeologiche, sono stati voluti dall’amministrazione comunale di Alife, pro tempore, nel quadro del Piano integrato territoriale Monti Trebulani-Matese ed affidate alla cattedra di Archeologia Medievale dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli in collaborazione e per conto della soprintendenza per i Beni archeologici di Caserta e Benevento. Le indagini storico-scientifiche si sono svolte in condizioni ambientali particolarmente difficili in ragione della presenza all’interno del monumento di infiltrazioni di acque bianche e di condotti fognari. Dopo quest’opera di recupero, sorge una domanda: il grande criptoportico alifano che funzione aveva durante il periodo romano? A ciò hanno cercato di rispondere studiosi di chiara fama, ma l’enigma resta irrisolto.

07/03/2011 Pozzuoli (Na), inaugurata un'area archeologica paleocristiana (Il Mattino)

La scoperta di un complesso romano-paleocristiano a Pozzuoli fa datare con l’inizio del III secolo d.C. la prima cristianizzazione dell’area. Il ritrovamento nella proprietà e negli ambienti sottostanti, Villa Elvira, Tenuta San Vito, tutelata della soprintendenza e nuova location per eventi e meeting, evidenzia le prime sistemazioni sepolcrali dove il cristianesimo non era ancora cultura prevalente. Ieri monsignor Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli, ha benedetto il complesso di scavi che in Italia meridionale rappresenta la seconda scoperta, in termini d’importanza archeologica, dopo i ritrovamenti di Cimitile. Lo stesso vescovo ha individuato in questa scoperta la più antica testimonianza del Cristianesimo a Pozzuoli, nonché le tracce di una comunità che vide proprio in questo luogo il martirio di Sant’Artema. Tra i reperti recuperati una moneta in bronzo che trova confronto con il sesterzio coniato da Marco Aurelio a nome della moglie Faustina Minore, tra il 161-176 d.C. nonché una decorazione parietale all’interno di un mausoleo che presenta l’immagine di un ambiente rupestre al centro del quale vi è la figura del buon pastore.

06/03/2011 Pompei (NA), itinerari a tema per i 150 anni dell'unità d'Italia (Il Mattino)

Itinerari a tema per festeggiare l’unità d’Italia: Comune e Soprintendenza racconteranno la storia mostrando ai turisti immagini e documenti inediti. Le due Pompei, la nuova e quella antica, hanno preparato un calendario ricco di eventi per celebrare il compleanno del tricolore. La soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro, grazie a un accordo siglato con i sindacati, allestirà una mostra evento nei siti archeologici di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti. Dal 16 al 31 marzo i turisti potranno visitare «gli scavi vesuviani attraverso la formazione dell’Unità d’Italia». L’evento promosso dalla soprintendenza di Napoli e Pompei metterà in mostra, attraverso pannelli espositivi allestiti tra le antiche vestigia, i momenti più significativi vissuti nel parco archeologico vesuviano (la cui scoperta avvenne alla fine del ’700 e fu attivamente sostenuta, almeno fino a un certo punto, dal regno borbonico) negli anni a ridosso del fatidico 1861: la visita di Giuseppe Garibaldi a Pompei, la nomina di Alessandro Dumas a direttore degli scavi, la visita della regina Margherita a Pompei, lo scavo che venne realizzato in tale circostanza e il cui risultato venne chiamato appunto casa della Regina Margherita, infine la visita dei sovrani d’Italia e la casa delle «Nozze d’argento», che prende il nome dall’anniversario di matrimonio celebrato a Pompei dalla coppia reale. Il sindaco Claudio D’Alessio, per quanti sceglieranno di festeggiare l’Italia a Pompei, aprirà invece l’archivio storico la notte tra il 16 e il 17 marzo. Un suggestivo tour notturno attraverso i momenti salienti che hanno scritto la storia dello «stivale». Nella notte bianca, tra il 16 e il 17 marzo, i negozi della città degli scavi e del Santuario rimarranno aperti e, su richiesta dell’amministrazione comunale, gli edifici esporranno il tricolore. Cambierà poi una parte della toponomastica cittadina: via Acquasalsa, la strada che collega il centro con lo svincolo autostradale della Napoli-Salerno, diventerà via «Unità d’Italia». «Il 17 marzo anche a Pompei ricorderemo a noi tutti che siamo gli italiani di una grande nazione - sottolinea D’Alessio - festeggiando il 150esimo anniversario dell’unità di tante terre, con tante culture e tanta gente desiderosa di essere e crescere insieme. Siamo consapevoli del grande privilegio di nazione che ci è stato offerto da chi ha immaginato quello che oggi siamo, da chi ha lavorato, lottato e sofferto per costruire la grande Italia». Per D’Alessio «Pompei è una città in cui dalle incertezze maturano le opportunità di sviluppo economico, di lavoro e sociale. Pompei è una piccola Italia perché nasce proprio dall’unione di pezzi di territori di comuni limitrofi, di storie e culture diverse: questa varietà è la sua ricchezza, una ”predisposizione genetica” all’accoglienza dei cittadini del mondo che scelgono Pompei per almeno un viaggio nella loro vita». Per omaggiare i pompeiani che hanno sacrificato la vita affinché la storia si completasse, il sindaco, ha istituito tra le mura di palazzo De Fusco la «stanza tricolore», dove verranno esposte foto e medaglie fornite dai familiari dei caduti.

La mostra che sarà allestita nei siti della soprintendenza di Napoli e Pompei, per celebrare l’unità d’Italia, ha messo sulla stessa linea di interesse amministrazione e sindacati. Questi ultimi ora sperano che l’accordo siglato possa «fungere da apripista per altre iniziative volte a valorizzare l’area archeologica». Per una volta le risorse sono state reperite e l’impegno dei custodi garantito. «È una mostra significativa utile a diversificare l’offerta culturale - ha evidenziato Antonio Pepe della Cisl - e ad aumentare l’attrattività che la nostra città e la sua identità esercita in Italia e all’estero. Ma eventi simili dovrebbero essere realizzati sempre, non solo in sporadiche occasioni. La soprintendenza di Pompei - continua Pepe - ha la necessità di organizzarsi in chiave per così dire federalista che consenta la piena autonomia di gestione, programmazione e valorizzazione, perché solo allora potrà esserci un uso corretto ed equo delle risorse incassate». In realtà non accenna a spegnersi la polemica sollevata dai sindacati per la chiusura delle tredici domus, disposta dalla soprintendenza per mancanza di fondi e di personale. Cgil, Cisl e Uil continuano a invocare un vertice con la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro, per trovare un accordo su un sequel del progetto «aperture domus» siglato nel 2008 e conclusosi il 31 dicembre del 2010. «I soldi ci sono - dicono i rappresentanti dei custodi - e la volontà dei lavoratori pure. Perché la soprintendenza non vuole trattare? È dal 28 luglio 2010 (cinque mesi prima che scadesse l’accordo siglato con i sindacati per mantenere aperte le case nonostante non ci fossero addetti alla vigilanza sufficienti, ndr) che i lavoratori hanno chiesto un tavolo di confronto per allungare l’apertura fino al 31 dicembre 2011». Ma fino a questo momento nessuna risposta, complici anche le difficoltà provocate dall’avvicendamento di soprintendenti e dall’emergenza crolli. Le domus chiuse da gennaio sono: degli Amorini Dorati, del Menandro, di Sallustio, di Marco Lucrezio Frontone, di Obellio Firmo, dell'Ara Massima, dei Quattro Stili, di Casca Longa, di Giulio Polibio, dei Casti Amanti, della Fontana Piccola a Mosaico, del Foro Boario e il Termopolio.

05/03/2011 Pozzuoli (NA), niente apertura per il Rione Terra (Il Mattino)

Il Rione dei ritardi, delle polemiche, degli eterni contrasti. Salta, per motivi di sicurezza, la visita del re Alberto del Belgio, prevista per questa mattina dopo il successo delle celebrazioni in onore dell’apostolo San Paolo. In fibrillazione i lavoratori del consorzio per la rinascita dell’antica rocca puteolana, minacciati di cassa integrazione. A corto i fondi regionali necessari per completare la massiccia operazione di restauro della cattedrale barocca e del caratteristico borgo progettato per il rilancio del turismo flegreo. Ritarda ancora l’inaugurazione della nuova cittadella. Bloccati anche gli scavi archeologici e le vie di accesso al suggestivo itinerario sotterraneo. Inutili le continue proteste di ambientalisti, intellettuali, disoccupati, costretti a giostrarsi in una condizione di perenne emergenza sociale. Di qui l’ultima delusione, con l’annullamento della visita reale e di altre prestigiose «anteprime» che avrebbero dovuto rilanciare l’immagine del Rione Terra nel mondo, dopo quasi mezzo secolo di abbandono. L’arrivo del re Alberto era stato preparato con cura dai vertici della Soprintendenza, come primo appuntamento (dopo il convegno delle celebrazioni paoliniane) di un calendario predisposto per riaccendere i riflettori della scena internazionale sul monumento-simbolo della storia dei Campi Flegrei. «Ora, invece, c’è il rischio concreto di tornare indietro, in una condizione di desolante paralisi», spiega Costanza Gialanella, direttrice della Soprintendenza per l’area archeologica di Pozzuoli. Dopo aver finanziato il processo di recupero dell’antico quartiere (abbandonato dal marzo ’70 per i colpi del bradisismo) con 150 milioni di fondi europei, la Regione ha improvvisamente bloccato i flussi finanziari per il completamento delle opere, complessivamente altri 80 milioni di euro. Un fulmine a ciel sereno provocato dal superamento del patto di stabilità sottoscritto a fine legislatura dal precedente governo con il ministero. Un’intesa sia pure parziale sembrava a portata di mano dopo l’impegno del vice presidente De Mita, assessore ai Beni Culturali, per sbloccare almeno i finanziamenti relativi al completamento del maestoso duomo-tempio e della strada che dall’area portuale dovrebbe accompagnare i turisti nella parte alta del Rione inaugurando di fatto la stagione delle visite e della rinascita culturale. Tutto inutile. Le promesse degli amministratori regionali non sono state mantenute, nonostante gli appelli del vescovo di Pozzuoli, monsignor Gennaro Pascarella. E così dai primi giorni di marzo le imprese impegnate nel piano di restauro, hanno cominciato a licenziare. Ma in pericolo, oggi, non sono soltanto i 180 dipendenti del consorzio impegnato nella ricostruzione. Alla deriva l’intero sistema economico e occupazionale della città flegrea, colpita da una crisi economica che appare irreversibile. Cinquemila disoccupati, un tessuto industriale in ginocchio, priva persino del suo consiglio comunale, sciolto per infiltrazioni camorristiche, Pozzuoli annaspa nella crisi più desolante del dopoguerra. E la paralisi del Rione Terra lo conferma.

03/03/2011 Pompei (NA), per il rilancio tornano le aperture serali (Il Mattino)

Scavi di Pompei e di Ercolano aperti fino alle 23 ogni ultimo martedì del mese, dal 29 marzo al 27 dicembre. Firmato l'accordo «Martedì in Arte» tra la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro e i sindacati. All'ampliamento di orario si abbina una programmazione mirata di eventi culturali a tema e manifestazioni specifiche. A Pompei saranno riproposte le visite prolungata alle Terme Suburbane, caratterizzate da una splendida decorazione di sei affreschi erotici. La visita durerà circa 30 minuti e sarà riservata a gruppi di 25 persone guidati da un funzionario archeologo di turno. Agli scavi di Ercolano sarà, invece, riproposta, come la passata edizione, la barca romana rinvenuta il 3 agosto del 1982. Un accordo che la Cisl ritiene di buona rilevanza per l'offerta culturale «che potrebbe essere migliorata in corso d'opera - spiega il responsabile Antonio Pepe - coinvolgendo quelle professionalità che potrebbero far conoscere il loro operato con interventi di restauro e di manutenzione, come il processo di consolidamento delle mura antiche, di pulizia di affreschi e ricomposizione di mosaici». II sindacato, però, non ha condiviso la scelta dell'amministrazione di impegnare ad Ercolano personale addetto al restauro e alla manutenzione in attività giudicata «declassante». Il Martedì in Arte intende far dimenticare la ferita che si è aperta nell'area archeologica dopo la serie di crolli avvenuti dal 6 novembre scorso in poi. E vuole essere, anche, una proposta alternativa alla chiusura delle tredici domus per la carenza di fondi e personale.

02/03/2011 Napoli, tesori dal sottosuolo, ecco il ponte più antico della città (Il Mattino)

«I vigili intenti a ispezionare il sottosuolo, nei cunicoli al di sotto della casa dei Gerolamini, si sono imbattuti nel ponte più antico della città di Napoli, realizzato da ignoti architetti in età romana. La struttura, che ha più di 2000 anni e fu scoperta negli anni '60 da Clemente Esposito, pioniere della speleologia urbana di Napoli, torna ora alla luce.
Il sottosuolo tra misteri e tesori ecco il ponte più antico di Napoli
Costruito dai Romani, riscoperto dai vigili del fuoco durante una esercitazione
Nel chiostro dei Gerolamini c'è una insolita animazione: sul pozzo è montata una carrucola, corde e cavi sono penzoloni sul vuoto, al servizio dei vigili del fuoco che stanno ispezionando il sottosuolo. Hanno una videocamera per riprendere i luoghi; è collegata a un monitor che mostra in diretta le immagini di quel che accade nelle viscere della città. D'un tratto dal fondo del pozzo rimbomba una voce: «Andate al monitor, non crederete ai vostri occhi». I vigili del fuoco si radunano di fronte ai video, la telecamera si muove lentamente. Dal buio si materializza un ponte: gli improvvisati operatori indugiano sui particolari. Il gruppo radunato in superficie ha un sussulto: «E’ bellissimo. Cos'è?». Quella costruzione riscoperta nei cunicoli al di sotto della casa dei Gerolamini è il ponte più antico della città di Napoli. Venne realizzato da ignoti architetti in epoca romana, è in piedi da più di duemila anni: ha resistito a guerre, terremoti e sommosse solo perché era nascosto nel cuore della città. Oggi torna alla luce (delle torce elettriche), grazie all'ispezione realizzata dai vigili del fuoco. Si tratta di una struttura della quale gli speleologi conoscevano l'esistenza. Venne scoperto negli anni '60 da Clemente Esposito, il pioniere della speleologia urbana di Napoli. Di recente è stato fotografato anche dagli esperti del team internazionale «La Salle» che, con l'ausilio degli speleo napoletani de «La Macchina del Tempo» hanno realizzato scatti tridimensionali che faranno parte di una mostra sul sottosuolo mondiale. Fino a ieri, però, era un luogo per «iniziati». Adesso, grazie all'ultima missione dei vigili del fuoco di Napoli, diventa un bene noto a tutti. L'ispezione è stata effettuata dal gruppo sommozzatori e dal nucleo Saf (speleo-alpino-fluviale). L'operazione rientra nelle attività di addestramento che i pompieri, soprattutto quelli dei reparti speciali, effettuano periodicamente. In questo caso i circa venti uomini che hanno preso parte al sopralluogo sotto al chiostro dei Gerolamini erano tutti fuori servizio: pur di mantenere costante l'addestramento per non farsi trovare impreparati in caso di necessità, rinunciano ai momenti di libertà e si sottopongono a lunghe ore di preparazione, prima di entrare ufficialmente in servizio permettersi a disposizione della comunità. Attualmente i vigili del fuoco sono alla ricerca di una cavità sotterranea allagata dove mettersi alla prova per operazioni di soccorso particolarmente difficili. Sotto al chiostro dei Gerolamini hanno trovato la cavità allagata: si tratta di un ramo dell'antichissimo acquedotto della «Bolla» nel quale ancora oggi ci sono cisterne piene d'acqua per circa tre metri. Non è più, naturalmente, l'acqua che proviene dalle fonti e incanalata nei sottoservizi: si tratta di allagamenti dovuti all'acqua piovana che penetra attraverso i pozzi o si infiltra nelle cavità tramite altri percorsi al di sotto dell'asfalto e delle caditoie. Purtroppo anche in quella zona, come in tante altre cavità della città, ci sono anche cumuli di immondizia e resti di rifiuti edili che hanno completamente ostruito una parte dei cunicoli e che impediscono una esplorazione completa dell'intero acquedotto. Salvo e incredibilmente pulito, invece, lo storico ponticello. La struttura appare solida e la posa in opera è stata eseguita con maestria tanto che non sono visibili i segni dell'unione fra le varie parti in pietra. I vigili del fuoco sono rimasti estasiati per quella (ri)scoperta, la comunità degli amanti del sottosuolo scalpita: tutti vorrebbero vedere il ponte più antico della città di Napoli. Per adesso bisogna accontentarsi delle foto, e del video che sarà pubblicato anche sul sito del nostro giornale (www.ilmattino.it): sono immagini affascinanti, nonostante il tremolio della telecamera che fa trasparire l'emozione di chi le ha girate: anche i vigili del fuoco, eroi dei nostri giorni, si emozionano di fronte a un pezzo di storia.

24/02/2011 Pompei (NA), Qui servono soldi e competenze. Vogliono investire? Li aspetto (Il Mattino)

«No comment». Non commenta, Teresa Elena Cinquantaquattro, dal novembre scorso responsabile della Soprintendenza Speciale di Napoli e Pompei, le dichiarazioni rilasciate da Diego Della Valle, circa la maggiore facilità di un intervento sul sito archeologico di Pompei piuttosto che sul Colosseo. Si limita a sottolineare, la Soprintendente, la necessità di interventi mirati e accurati di restauro. C'è una «urgenza Pompei» ora che il piano Bondi che prevedeva stanziamenti di fondi e l'arrivo di specialisti, architetti, archeologi, maestranze, è stato stralciato dal decreto Milleproroghe, e che gli scavi sono al centro dell'interesse di mecenati e imprenditori? «E’ chiaro che Pompei ha bisogno di risorse umane, tecniche e finanziarie. Qualunque apporto i positivo purché si svolga nell'ambito di una programmazione e purché tutto rientri in quello che è il programma di salvaguardia del sito». Ha già incontrato gli imprenditori? «No. Non appena saranno formalizzate delle richieste ne discuteremo; se e quando mi arriveranno proposte ne prenderò atto e mi pronuncerò». Il presidente dell'Unione industriali Graziano ha dichiarato di aver avuto contatti con il Mibac, Regione, Anci, e con il ministro Fitto. Che notizie ha di questi contatti? «Le confermo che ancora non ci sono stati contatti, ma spero ci saranno a breve. Se un incontro avverrà auspico che ci sia un confronto, che è preliminare a qualsiasi programma, su tutto quello che è stato detto». L'obiettivo degli imprenditori è far diventare Pompei un grande attrattore archeologico. «Ma Pompei lo è già, è il primo sito archeologico del meridione, uno dei più visitati al mondo. Le ripeto, Pompei ha solo bisogno di risorse umane, tecniche e economiche per questo progetto di manutenzione programmata che stiamo mettendo a punto». Vale a dire? «Che facciamo attività di restauro e nell'ambito delle disponibilità portiamo avanti un programma di manutenzione, di recupero e valorizzazione con un'attività si sviluppa in modo continuo, costante e capillare». Nelle ultime ore sono cominciati i rilievi degli inquirenti nell'area del crollo del novembre. Quando riaprirà via dell'Abbondanza in prossimità della Schola armaturarum? «Questo non dipende da me perché l'area è sotto sequestro. Ci saranno delle operazioni che riguarderanno anche la Schola; confidiamo che in breve tempo si riesca a riaprire anche quest'area».

20/02/2011 Pozzuoli (NA), ancora restauri in corso per il Rione Terra (Il Mattino)

Il restauro non è finito, ma fra i marmi austeri del duomo-tempio di Pozzuoli si respira già il soffio della Storia che ha segnato duemila anni di vicende dei Campi Flegrei. Studiosi e religiosi di tutto il mondo negli spazi della ritrovata cattedrale per celebrare il bimillenario dell’arrivo di San Paolo, diretto a Roma. Un convegno ecumenico di grande spessore ideologico e culturale, per il recupero anticipato dell’antica rocca puteolana, cuore pulsante del Rione Terra, abbandonato quarant’anni fa per gli effetti devastanti del bradisismo, sfregiato dagli abusi e dall’incuria del tempo. Come si sa sta per rinascere la vita nell’antica cittadella romana, grazie a un progetto ambizioso di recupero promosso dalla Regione e dal ministero (con i fondi della Comunità Europea) dieci anni fa. Oltre al restauro del duomo-faro, costruito dai cristiani sul perimetro dell’antico tempio di Augusto, sono in corso imponenti opere di scavo del dedalo archeologico romano nonché progetti di trasformazione del tessuto urbanistico contemporaneo. Al posto del borgo marinaro tradizionale dovrebbero sorgere strutture di accoglienza turistica, uffici dell’amministrazione pubblica, locali per la ricerca e la formazione professionale. A un passo dalla meta, però, quando già si sognava di fissare la storica apertura del Rione Terra nell’ambito delle celebrazioni per l’ultimo viaggio di San Paolo, entro il 2011, il flusso dei finanziamenti si è all’improvviso interrotto e i lavori sono stati sospesi. Se gli ostacoli del patto di stabilità sottoscritto dalla Regione con il ministero non saranno immediatamente superati, il cantiere dovrà essere bloccato. E il Rione Terra tornerà ad essere una città fantasma. Anche sul piano sociale non mancano motivi di preoccupazione e di allarme: fra otto giorni, a partire dal mese di marzo, scatteranno infatti i provvedimenti di sospensione di un primo nucleo di lavoratori. In cassa integrazione, complessivamente, potrebbero finire non meno di 180 tecnici e manovali, quasi tutti dipendenti delle imprese locali. Di qui l’appello del vescovo Gennaro Pascarella, che ha voluto richiamare l’attenzione sui rischi di una paralisi, se l’operazione di recupero sarà bloccata. Dai vertici della Regione non sono mancati gli impegni per il ripristino dei finanziamenti europei (80 milioni di euro, in aggiunta ai 150 già spesi per il restauro dell’intera cittadella). «Pozzuoli non può rinunciare al recupero del suo nucleo storico più significativo, motore delle attività sociali e dello sviluppo economico locale», ha ribadito monsignor Pascarella. Con un fondo parziale di 9 milioni si spera in tempi brevi di poter completare il campanile della cattedrale e inaugurare la strada che dal porto potrebbe consentire l’arrivo dei turisti dal mare, verso la rocca e la cittadella archeologica. Nello splendido auditorium ricavato fra i cristalli e le antiche vestigia del tempio pagano, ieri mattina la conclusione del forum promosso dalla diocesi di Pozzuoli sullo sbarco in terra flegrea dell’apostolo San Paolo. Tre giorni di studi e di confronti sulle vicende storiche della terra flegrea e dell’ultimo viaggio che segnò il passaggio a Pozzuoli dell’apostolo, diretto a Roma. L’occasione ideale per tracciare un quadro riassuntivo delle origini e degli interventi di recupero effettuati sul complesso del duomo e dell’intero Rione Terra attraverso gli interventi degli archeologi Gianfranco De Rossi, Stefano De Caro, Costanza Gialanella, direttrice per la Soprintendenza della zona di Pozzuoli. Gli studiosi e i rappresentanti di tutte le religioni partecipanti al convegno sono stati accompagnati successivamente in visita attraverso l’affascinante itinerario storico che si snoda dall’antica rocca alle testimonianze del prezioso centro storico di Pozzuoli.

20/02/2011 Pompei (NA), fondi UE? Lo apprendiamo dai giornali (Il Mattino)

Pompei. «Fondi Ue per Pompei? Lo apprendiamo dai giornali. L’incontro tra il ministro Raffaele Fitto e il governatore Stefano Caldoro? Conosciamo solo quello che abbiamo letto dai quotidiani». Lo dice polemicamente il sindaco di Pompei Claudio D’Alessio che, dalla Bit di Milano, fa sapere di essere amareggiato «perché il governo continua ad escludere l'amministrazione comunale dai tavoli» sull’emergenza Pompei. «Sulla nostra testa si ragiona e si sragiona - ha detto il sindaco - mi chiedo: quando i nostri governanti si decideranno a coinvolgere, in decisioni di tale importanza, anche i sindaci che amministrano i comuni interessati dalle aree archeologiche di Pompei, Stabia, Ercolano, Oplonti e Boscoreale? È inammissibile - conclude - che dobbiamo apprendere dai giornali del patto siglato tra il governo e la Regione sui fondi europei da destinare agli scavi di Pompei. Apprendo con rammarico che quello che accadeva ieri, accade ancora oggi». «Noi - continua D’Alessio - che abbiamo dimostrato con iniziative concrete quanto abbiamo a cuore le sorti della città archeologica, non siamo stati informati che tra gli 80 miliardi di euro, da spendere in dieci anni, una parte sarà destinata a Pompei. Chiediamo in che misura, e soprattutto con quale criterio, tali fondi saranno ripartiti per risollevare le sorti nel nostro Patrimonio dell’umanità. Mi preme porre l’accento sull’aggettivo ”nostro”, perché gli scavi sono logisticamente a Pompei ma rientrano nel patrimonio dell’Italia e del mondo, ecco perché a decidere delle sue sorti non dovrebbe essere solo una competenza del governo centrale e della Regione».

13/02/2011 Benevento, lavori archeologici in corso (Il Mattino)

Si stanno completando i lavori a cura della Soprintendenza ai Beni archeologici per la salvaguardia degli antichi reperti rinvenuti da anni e il ripristino funzionale degli spazi di piazza Sabariani di Benevento. Le opere realizzate consentiranno, nel giro di qualche settimana, di ridare una immagine di pulizia alla bella piazzetta del centro storico ma anche di favorire la fruizione degli affreschi (alcuni di straordinaria bellezza) rinvenuti durante gli scavi per la realizzazione di una rete di servizi. La copertura provvisoria degli scavi era divenuto ricettacolo di rifiuti. Poi la decisione del Comune di dare il via ai lavori di bonifica e di copertura stabile del sito. Decisione necessaria visto che non esisterebbe, per mancanza di fondi, la possibilità di proseguire la campagna di scavi che porterebbe ala luce altri importanti reperti dell’antichissima chiesa di San Marco. Intanto, la lunga esposizione a ogni possibile intemperie (climatica o di natura umana), sembra abbia rovinato alcuni affreschi. La struttura creata dai tecnici della Soprintendenza consentirà comunque la loro visione.

10/02/2011 Pompei (NA), archeologi e fondi per gli scavi (Il Mattino)

Poteri speciali alla Soprintendenza di Napoli e Pompei, assunzione di archeologi, sponsorizzazioni dei privati più facili. Sono le disposizioni previste in un emendamento al decreto milleproroghe firmato dal relatore Lucio Malan. Si tratta, in verità, del piano che il governo aveva inizialmente inserito nella bozza del decreto prima dell'approvazione in Consiglio dei Ministri, che poi è stato stralciato. Vengono prorogate di un anno le graduatorie per l'assunzione di personale, soprattutto archeologi, nel limite di spesa di 900mila euro l'anno a decorrere dal 2011. La Soprintendenza di Napoli e Pompei dovrà elaborare un piano straordinario per la conservazione, la conservazione e il restauro delle aree. Le risorse vengono attinte dal Fas per la quota destinata alla regione Campania. Per la realizzazione del programma straordinario è anche previsto l'approto di capitale privato attraverso sponsorizzazioni le cui procedure vengono semplificate. Insomma più soldi per il personale e un programma straordinario di interventi conservativi per Pompei con l'ipotesi, stavolta concreta, di coinvolgere anche eventuali "sponsor" nell'operazione. Tutto questo è previsto dall'emendamento al milleproroghe depositato da Malan. Si pensa a «procedure straordinarie di reclutamento per rafforzare l'autonomia e l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle aree archeologiche sulla base di un programma straordinario e urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro». Per realizzare il programma straordinario i fondi saranno reperiti dal fondo per le aree sottosviluppate (Fas) destinati alla Campania e per una quota dai fondi nel bilancio della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei. Altra quota sarà a carico della regione Campania. Gli interventi sono dichiarati «di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti». Potranno dunque essere realizzati «ove occorra, in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica». Se non ci fossero finanziatori privati «il Soprintendente può ricercare ulteriori sponsor senza altre formalità e anche mediante procedura negoziata». Intanto, non è caduto nel vuoto l'appello lanciato qualche settimana fa dall'imprenditore marchigiano Diego Della Valle, che aveva invitato gli imprenditori napoletani a seguire il suo esempio, occupandosi in prima persona dei restauri necessari per gli scavi archeologici di Pompei. «Finanziamo il recupero dei monumenti, - aveva detto l'imprenditore marchigiano, - ho già parlato con alcuni amici. Sarò a Napoli nel fine settimana per poter spiegare da vicino agli interessati il senso e le finalità dell'iniziativa per il Colosseo che credo possano essere di aiuto per affrontare il restauro di Pompei». Tra gli interlocutori c'è stato e ci sarà Maurizio Marinella, Salvatore Naldi, Gianni Punzo, fondatore e anima del Cis e partner di Della Valle e Montezemolo nella Ntv, società ferroviaria per l'alta velocità. La cordata, insomma, è in via di formazione e già questo sabato potrebbe segnare l'avvio di un progetto imprenditoriale legato al recupero di Pompei. Il progetto potrebbe avvicinarsi, se non unirsi, con quello parallelo intrapreso dall'Unione Industriali e che fa riferimento ad Aurelio De Laurentiis. In questi giorni Mario Resca, direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale presso il ministero dei Beni Culturali, ha avuto una serie di incontri a Roma. Ci sarebbe l'interessamento per il sito di una fondazione a livello europeo, anche se sul nome è ancora mistero. È fuori dubbio, invece, che il restauro di Pompei ha solleticato il senso degli affari di diverse multinazionali straniere, intenzionate a fare del sito archeologico una miniera d'oro.

10/02/2011 Pozzuoli (NA), Rione Terra eterno incompiuto (Repubblica)

«È davvero riprovevole che non si riesca a completare, entro la scadenza dell´"anno paolino", che celebra il 1950esimo anniversario dello sbarco a Pozzuoli di Paolo di Tarso, il restauro del campanile dell´antica cattedrale. Abbiamo quasi completato anche la via di accesso al tempio, ma gli altri lavori sono fermi dal 19 maggio dell´anno scorso». Il soprintendente Stefano Gizzi non sa darsi pace e capiamo che le sue preoccupazioni non derivino solo dal mancato completamento del campanile della chiesa ricavata sulle macerie del tempio dei Dioscuri, ma riguardino l´intero Rione Terra. Che da fabbrica eterna rischia di diventare la "grande incompiuta" della città flegrea tradendo le aspettative non solo della Curia ma dell´intero territorio perché l´acropoli era considerata il fiore all´occhiello del nuovo rinascimento flegreo annunciato, anche questo, da Bassolino.
L´aria che tira a Pozzuoli non promette nulla di buono. La cappa di nebbia che avvolge il porto e i giardini di piazza della Repubblica nasce, invece, da una situazione complessiva di stallo dell´economia locale legata a fil doppio al blocco del waterfront disegnato da Peter Eisenman e, delle opere stradali di collegamento con la tangenziale e il porto. Tutto è fermo, come al Rione Terra dove non si possono visitare neanche i percorsi bellissimi della "piccola Roma" inaugurati e chiusi. E da alcuni giorni i consorzi titolari dei cantieri - il Copin, l´Astaldi-Giustino costruzioni e l´Ati Costruire-I.C.G. spa - hanno mandato a casa circa cento lavoratori. «È una crisi molto pesante - conferma il segretario regionale di Fillea-Cgil, Giovanni Sannino - che può essere superata solo se la Regione riprenderà il flusso dei finanziamenti». Anche su questa vicenda, com´è noto, la scure è calata in seguito allo sforamento del patto di stabilità ma è difficile accettare che dalla speranza di un rilancio - dopo la grande paura del bradisismo e l´esodo biblico che ne seguì determinando il parziale sfollamento di Pozzuoli - si passi ora ad un flagello di altra natura che può incidere pesantemente sui livelli occupazionali. Le opere stradali rimaste in sospeso - la via Sartania, lo svincolo di via Campana, la stazione di Montesanto, il completamento del porto e del Molo Caligoliano, per citarne alcune - sono finalizzate a liberare la città flegrea dall´abbraccio mortale del traffico e per assicurare al Rione Terra, al porto e agli insediamenti previsti dal grande masterplan da realizzare all´interno della ex Sofer, il respiro necessario per un nuovo discorso fondato sul turismo religioso ma anche sui collegamenti con le isole - recuperando la centralità del porto puteolano - e sull´entrata in funzione della grande Accademia della vela tenacemente voluta da Pippo Dalla Vecchia dopo grande delusione della perdita dell´America´s Cup.
Se la macchina non riparte, quindi, saranno guai. «È vero, il comparto Sofer - ribadisce il segretario campano della Fillea - è fondamentale per il futuro dell´area e l´immobilismo di questo periodo è fonte di grandi preoccupazioni». Il commissario straordinario, prefetto Aragno, e la Regione hanno più volte annunciato che i fondi per il completamento delle opere saranno sbloccati, ma il clima pre-elettorale - a Pozzuoli si vota in primavera - punta più alla rissa che ai problemi reali. «Bisogna fare presto, insomma, e allora abbiamo deciso di convocare per martedì 15 una conferenza stampa regionale per sollecitare la ripresa dell´edilizia. E Pozzuoli sarà un punto di forza della nostra denuncia».
Lo sperano anche in Soprintendenza e in Curia. Il vescovo Pascarella è molto amareggiato per il mancato completamento del campanile che avrebbe voluto mostrare agli studiosi paolini che da tutto il mondo verranno a Pozzuoli, dal 17 al 19, per visitare i luoghi del santo che qui soggiornò per sette giorni, nel 61 d.c., prima di recarsi a Roma. «Proprio ieri - dice il soprintendente Stefano Gizzi - ho letto il passo degli Atti degli Apostoli con la cronaca del viaggio di Paolo e il bellissimo commento del cardinale Martini nel quale si fa cenno al campanile che richiamava i fedeli. Dopo il restauro della Cattedrale e il completamento della strada di accesso al Tempio avremmo voluto chiudere in bellezza, ma qui al Rione Terra non si finisce mai e le attese saranno lunghissime». Con il rischio, secondo il soprintendente, di compiere uno sforzo che non produrrà l´effetto sperato. Il progetto, infatti, non prevede il ritorno di una parte della popolazione che abitava all´interno del Rione Terra e Gizzi paventa il rischio di un borgo bellissimo che resterà «morto» per buona parte dell´anno, soprattutto d´inverno. Come accade a Brasilia, dice, che vive solo con i ministeri. «Avevamo accolto con favore - conclude - anche l´installazione, sul modello di Rio de Janeiro, di una statua di San Paolo al centro del porto, ma non se n´è fatto niente». E San Paolo, dopo duemila anni, sta per «passare» di nuovo, ma questa volta non si guarderà indietro. Né si tratterrà.

10/02/2011 Nola (NA), cancellati i fondi regionali per l'area nolana (Il Mattino)

La Regione taglia i 21 milioni di euro previsti per recuperare e ripristinare il patrimonio artistico dei comuni della provincia. Tra i progetti che non saranno mai finanziati c’è anche il parco archeologico di Marigliano che mirava a rendere fruibile la necropoli sannitica e due capanne preistoriche, oltre che l’antica via Popilia venuta alla luce durante i lavori di scavo dell’area degli insediamenti produttivi. L’intento del tavolo di concertazione dei comuni era di proporre il Nolano come area di integrazione dei grandi itinerari turistici in materia di servizi avanzati nel settore dei beni culturali. Nulla di fatto invece. Si mobilitano le associazioni e gli archeologi. «È importante non abbassare la guardia – afferma l’archeologo Nicola Castaldo - la cittadinanza deve conoscere il ricco patrimonio storico e artistico del nolano ed è per questo che come addetti ai lavori organizzeremo dei convegni a tema cercando di scuotere l’opinione pubblica». Si cerca di portare a conoscenza della comunità le risorse di un territorio dove le sbagliate politiche di sviluppo non hanno mai puntato sul rilancio delle radici demoetnoantropologiche dell’antica Campania Felix. Indignazione viene espressa su Facebook dal comitato promotore del parco archeologico di Marilianum. «Qui i beni culturali cadono a pezzi. Marigliano è l’esempio lampante dell’indifferenza e del degrado che investe questo settore». La speranza si era aperta nel 2009 quando la Regione aveva annunciato che avrebbe puntato su un programma di integrazione e promozione dell'offerta turistica e culturale del territorio attraverso: la creazione di un calendario unico di eventi. la creazione di un circuito unico, composto di vari itinerari, per la fruizione integrata del patrimonio culturale, paesaggistico e religioso. L’ intenzione era di operare in un’ottica di sistema programmando gli interventi strutturali in una logica intercomunale in modo da considerare il territorio come unicum. Si intendeva agire in particolare per valorizzare la collina di Cicala con intervento di restauro, messa in sicurezza e ripristino dei sentieri che da Castelcicala si dirigono a Casamarciano, Visciano, San Paolo; le Basiliche di Cimitile con infrastrutture di servizio turistico;:il parco dell'età del Bronzo a Croce del Papa e la Vigna, e il Museo Archeologico di Nola. Altri interventi erano previsti per i beni culturali di Avella, Mugnano, Marzano, Lauro, Cicciano, Sirignano, Roccarainola, per un totale di 6,3 milioni di euro e infine per Acerra, Casina Spinelli e per il Parco Archeologico di Suessola e Marigliano.

04/02/2011 Pompei (NA), aspettiamo Della Valle (Il Mattino)

Mentre i «Paperoni» made in Napoli sono pronti a riunirsi, domani, per stilare un piano «industriale» per Pompei, il sindaco Claudio D'Alessio annuncia che aprirà la città a Diego Della Valle, e ai «suoi amici imprenditori napoletani», ma che chiuderà le porte «alle multinazionali estere che vorrebbero fare della città sepolta una macchina fabbricasoldi». «Pompei ha bisogno di risorse - ha detto il primo cittadino - per diventare a sua volta una risorsa per l'economia dell'intero comparto campano. Chi vuole arricchirsi alle spalle del nostro patrimonio archeologico non troverà spazio. Ci saremo noi a vigilare, nell'interesse del nostro patrimonio mondiale». «Pompei si fa bella e ritorna a splendere di luce propria». Questo è il sogno pompeiano, napoletano, campano, italiano e del mondo. «Soffro ad assistere all'agonia del nostro patrimonio culturale - dice il sindaco - soffro per i nostri inascoltati appelli a collaborare. Gioisco quando apprendo che ci sono imprenditori che amano il nostro patrimonio culturale ed hanno a cuore le loro sorti. Pompei è al loro fianco». Diego Della Valle chiama, gli imprenditori napoletani rispondono. «Finanziamo il recupero dei monumenti - aveva detto l'imprenditore marchigiano - ho già parlato con alcuni amici. Sarò a Napoli sabato per poter spiegare da vicino agli interessati il senso e le finalità dell'iniziativa per il Colosseo che credo possano essere di aiuto per affrontare il restauro di Pompei». Tra i potenziali mecenati c'è Gianni Punzo, fondatore e anima del Cis, e partner di Della Valle e Montezemolo nella Ntv, società ferroviaria per l'alta velocità. La cordata, insomma, è in via di formazione e già domani potrebbe avviare un progetto imprenditoriale legato al recupero di Pompei. Il progetto ha i presupposti per viaggiare parallelamente, fino ad unirsi, a quello intrapreso dall'Unione Industriali e che fa riferimento ad Aurelio De Laurentiis. Naturalmente non sarà un percorso facile. Mentre la Soprintendenza di Pompei preferisce aspettare senza lasciarsi andare a commenti, reazioni tiepide arrivano da altre strutture culturali che fanno capo al ministero. Gregorio Angelini, direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Campania, pone il problema della gestione: «Un sostegno è auspicabile - dice - ma certamente non è possibile mettere cartelloni pubblicitari sugli scavi. Inoltre, il problema di Pompei non è tanto la mancanza di fondi per i restauri, quanto il monitoraggio del sito, la gestione quotidiana, che dovrebbe essere affidata a personale tecnico qualificato. Insomma, ben vengano gli aiuti, si facciano i restauri, ma poi chi si occuperà di gestire il sito?». E Lorenza Mochi Onori, soprintendente per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico di Napoli, pur elogiando come «molto generoso» l'impegno di Della Valle, ricorda che «è lo Stato che si deve fare carico del complesso del tessuto culturale italiano». Non solo, sostiene, «perché lo dice la Costituzione», ma anche perché «si tratta delle nostre radici. E’ difficile pensare che un imprenditore abbia interesse a farsi carico di una singola chiesa, anche se in altre parti del mondo succede spesso che i privati si autotassino per sostenere i beni culturali. In Italia manca ancora una reale presa di coscienza delle proprie radici». Tuttavia la Mochi Onori non è pessimista: «Negli ultimi tempi - afferma - ho visto crescere questo sentimento, anche a Napoli».

04/02/2011 Pompei (NA), Carandini dice no al piano per Pompei "parallela" (Il Mattino)

Intervista. L'archeologo Carandini «Città parallela? Meglio puntare su ricostruzioni multimediali»
«Quel piano è irragionevole». Andrea Carandini, archeologo di fama internazionale, docente di Archeologia classica e presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, boccia senza appelli il progetto che vorrebbe la nascita di una sorta di «Pompei parallela» accanto alla città antica. Una Pompei dove, come annunciato dal produttore Aurelio De Laurentiis, «accanto al sito archeologico» prenderebbe corpo «una Pompei set cinematografico, firmato da Dante Ferretti» attraverso cui mostrare come era Pompei, metterci degli attori, costruire un hangar e, con l'aiuto degli effetti speciali, creare uno spettacolo per inscenare l'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo». Perché è contrario? «Penso che tutti i fondi che si riusciranno a trovare devono essere impiegati per realizzare rilievi tridimensionali di Pompei, delle sue case, dei suoi monumenti, degli edifici pubblici. Se viene un terremoto noi non potremo per nessuna ragione recuperare la città perché abbiamo documentazioni solo in pianta e non in elevato. I fondi devono essere impiegati per la città, per il suo restauro e non per realizzare una Disneyland accanto all'originale». Dunque boccia l'ipotesi di una Pompei «parallela»? «Pompei è una cosa talmente ben conservata che non ha alcun bisogno di un clone ai lati». Ma se ci sono stati tutti quei crolli... «Appunto: non abbiamo difficoltà a leggere lo scavo, invece abbiamo problemi nella sua conservazione. Insomma, Hollywood è nata dove non ce ne stava un'altra. Una Pompei così riprodotta avrebbe senso appunto a Hollywood. Qua no. Noi abbiamo l'originale». E se la città fosse ricostruita in uno spazio prossimo, per consentire al turista una lettura più semplice degli scavi? «La ritengo una follia. Oltretutto dove la si mette? Pompei è completamente circondata da edifici. Dove costruisce? Sul Vesuvio?Hanno proposto un identico percorso per Roma, ma è già caduto». Ma non sarebbe interessante una pre-visita virtuale? «Se facciamo i rilievi abbiamo la Pompei del tutto recuperata che si potrà far vedere nell'Antiquarium. Sono d'accordo sul fatto che ci vuole una Pompei ricostruita ma deve essere riproposta attraverso l'informatica e la multimedialità, non in concreto. Invece, se noi avessimo i dati potremmo fare una replica di Pompei anche integrandola nelle parti mancanti. E tutti potrebbero entrare nelle case della città, ognuna riproposta attraverso la multimedialità». Pensa a un sito su Pompei? «Esatto, un portale di Pompei per visitare Pompei. Ma un portale, un museo, e non c'è bisogno che sia immenso. Un contenitore dove la gente può entrare a turno. Quel progetto così com'è non va. È divertente ma non va. Io dico lasciate stare il clone e salviamo la Pompei reale».

04/02/2011 Paestum (SA), il sito archeologico non decolla (Left)

Lo splendido sito archeologico della Piana del Sele è stato restaurato. Ma servono fondi per la manutenzione e nuovi spazi per le mostre
Ci sono voluti ben 15 anni di duro lavoro per far tornare l'area archeologica di Paestum quasi al suo antico splendore. Tra gli artefici di questo successo, la direttrice del Museo nazionale e degli scavi, Marina Cipriani. «Abbiamo restaurato i templi e molte altre strutture della città antica, riallestito il museo e attuato interventi sia alla cinta muraria che alle insulse dell'abitato», spiega a left la Cipriani. Anche se poi la direttrice denuncia: «Ora la tristezza è che non abbiamo i fondi per mantenere questo lavoro e fare una manutenzione ordinaria e costante a degli standard elevati di qualità». L'area archeologica di Paestum si trova nella Piana del Sele, a circa 30 chilometri da Salerno. Antica città della Magna Grecia, fu fondata verso la fine del VII secolo a.C. da coloni ellenici provenienti da Sibari che la chiamarono Poseidonia. Gli attuali 400mila visitatori l'anno, nel 2010 cresciuti di ben 5.000 unità, sono attirati a Paestum dai tre grandi templi di Hera, Nettuno e Cerere, di ordine dorico e ionico, costruiti tra il VI e il V secolo a.C., che costituiscono alcune delle migliori testimonianze esistenti al mondo di questi stili. Peccato che il ricavato dei biglietti di ingresso «che spetterebbe alla Soprintendenza è invece introitato dal ministero delle Finanze, a noi resta zero», continua la Cipriani. Le similitudini tra l'antica città di Paestum e quella di Velia, sono numerose. Prime fra tutte, la trasformazione in colonia romana di diritto latino, proprio con il nome di Paestum, avvenuta nel 273 a.C., dopo che la città aveva parteggiato per il perdente Pirro, nella guerra contro Roma avvenuta agli inizi del III secolo a.C. Ma anche il declino avvenuto per l'impaludamento e l'arrivo della malaria in Europa e il conseguente abbandono dell'abitato nel Medioevo. Poi la sua riscoperta, avvenuta soltanto nel XVIII secolo, quasi contemporaneamente alle città romane di Pompei ed Ercolano. Goethe, nel suo Viaggio in Italia dei 1787, parla di Paestum e racconta che «finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica». Oggi, la prima cosa che salta agli occhi è la strada di accesso che taglia in due l'antica città. Venne costruita dai Borboni proprio nel Settecento. Il problema è che per realizzarla distrussero, senza farsi troppi problemi, parte della città. Tanto che l'anfiteatro, costruito dai romani a cavallo tra l'Età repubblicana e quella imperiale, è tagliato in due da questa strada statale, con pezzi di roccia che spuntano dalla recinzione invadendo il marciapiede. Così da un lato ci sono gli scavi, dall'altra terreni e abitazioni private all'interno della cinta muraria, tuttora in perfetto stato, lunga quasi cinque chilometri e con diverse torri. Mura che in parte sono state adottate da Legambiente, che attraverso campi di lavoro le tiene in ordine con i suoi volontari. «È un buon progetto - osserva la direttrice - che andrebbe incrementato. Anche il resto della cinta è sottoposta a manutenzione da parte della società Ales, partecipata dal nostro ministero, che impiega lavoratori socialmente utili». Tuttavia il fatto che sia stata riportata alla luce meno della metà dell'antica città, soltanto la fascia centrale che corrispondeva alla parte pubblica, espone l'area in proprietà privata alle razzie delle archeomafie. «Quello degli scavi clandestini è un grande problema - conferma la direttrice - e solo quest'anno siamo dovuti correre per ben due volte, riuscendo per fortuna a recuperare le lastre dipinte di molte tombe mentre i corredi, nella maggior parte dei casi, erano già stati depredati. Il primo episodio è avvenuto tra giugno e luglio, il secondo a novembre. Reperti che vanno ad arricchire collezioni private o spazi espositivi stranieri, ai quali gli italiani guardano con tanta ammirazione ma che in realtà sono musei di rapina». Negli anni si à parlato a più riprese di espropriare i terreni privati su cui sorge il resto della città antica. Il primo piano globale risale addirittura al 1980 e stimava in circa 3 miliardi delle vecchie lire l'acquisizione di tutti i suoli in questione. «A più riprese sono stati tentati espropri - ricorda la Cipriani - che però ci hanno visto perdenti. Due anni fa siamo però riusciti ad acquisire un isolato abitativo della città a ovest del Tempio di Cerere, perché ora abbiamo deciso di andare avanti per piccoli lotti. E con l'aria che tira, nonostante proseguiamo con piccoli progetti di esproprio graduale e progressivo, temo che le cose in questo momento siano purtroppo ferme». Stessa cosa per l'ex fabbrica parte del crac Cirio che si trova nei pressi degli scavi. Acquisita con fondi europei, ora fa parte dei demanio dei Beni culturali. «Volevo creare degli spazi per l'ulteriore valorizzazione di Paestum: primo fra tutti, un'area per grandi mostre che non possiamo ospitare nel nostro museo perché già pieno, un auditorium per proiezioni e seminari mentre altri spazi potevano essere gestiti anche in partnership pubblico-privato, dando la possibilità all'imprenditoria locale interessata a lavorare in questo settore di aprire piccoli negozi o librerie, in corretto rapporto con la rilevanza del luogo, così da ordinare e valorizzare quelli attuali nati all'esterno degli scavi», conclude la direttrice. Ma purtroppo è tutto fermo. Come sempre per mancanza di fondi. 

03/02/2011 Pompei (NA), prime risposte all'appello di Della Valle (Il Mattino)

Prime adesioni all'appello di Della Valle; sabato il vertice, ci sarà anche Punzo
Il dossier Pompei viaggia su diversi tavoli ed è cadenzato da un calendario con tempi ristretti La prima data cerchiata in rosso è quella di sabato 5 febbraio: Tra due giorni il patron di Tod's, Diego Della Valle, sarà in Campania. L'industriale con il suo interessamento per il Colosseo ha tracciato, così come scritto da «Il Mattino», la road map per il recupero di Beni culturali in Italia. «Finanziamo il recupero dei monumenti - ha spiegato l'imprenditore - Ho già parlato con alcuni amici. Sarò a Napoli nel fine settimana per poter spiegare da vicino agli interessati il senso e le finalità dell'iniziativa per il Colosseo che credo possano essere di aiuto per affrontare il restauro di Pompei». Tra gli interlocutori c'è stato e ci sarà Gianni Ponzo, fondatore e anima del Cis e partner di Della Valle e Montezemolo nella NW, società ferroviaria per l'alta velocità. «Con Diego Della Valle ci siamo sentiti di recente telefonicamente - ha spiegato Punzo - abbiamo affrontato diversi argomenti tra i quali anche Pompei». Sabato tra gli amici evocati da Della Valle ci sarà anche Punzo. «Per rispetto degli interessati - frena mister Tod's - preferisco non fare nomi- Dopo saranno loro a parlare». Sabato, di fatto, segnerà l'avvio di un progetto imprenditoriale legato al recupero di Pompei. Strada per il momento parallela a quella intrapresa dall'Unione industriali e che fa riferimento ad Aurelio De Laurentis, percorsi che potrebbero avvicinarsi e convergere anche in breve tempo. Ma gli scavi sono soprattutto argomento istituzionale. «Ho molto apprezzato le parole di Diego Della Valle nell'intervista rilasciata al Mattino - ha commentato il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi - Sono certo che gli imprenditori partenopei sapranno ispirarsi all'illuminato esempio di mecenatismo dimostrato con il sostegno al restauro dell'Anfiteatro Flavio e risponderanno, conia sensibilità e l'intelligenza che son loro proprie, a questo appello per Pompei. Il Ministero è pronto a favorire chiunque intenda contribuire alla tutela e alla valorizzazione di questo straordinario sito archeologico, anche promuovendo un'azione condivisa con gli Enti Locali per realizzare le migliori condizioni possibili di accoglienza e di fruibilità». In questi giorni Mario Resca, direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale presso il ministero dei Beni Culturali, ha avuto una serie di incontri a Roma. In particolare c'è una fondazione a livello europeo - della quale per ora non è stato dato l'identikit - che ha contattato il ministero per avere un quadro completo dell'attuale situazione degli Scavi. Alla soprintendenza speciale, infatti, è stato affidato il compito di stilare ima mappa del; le emergenze relative agli scavi e un crono-programma dettagliato degli interventi necessari. Un capitolo del dossier che interessa particolarmente alcune multinazionali straniere che, spiegano dal ministero, hanno ugualmente chiesto notizie su Pompei attraverso canali istituzionali. Interlocutori internazionali coane mondiale è l'eco del caso Pompei. Il Wall Street Journal ha dedicato un lungo reportage agli Scavi lanciando una suggestione: per un sito come Pompei lo sponsor deve essere di livello assoluto, come la Ferrari o la Coca Cola. «Si tratta di speculazioni - spiegano però da Coca Cola Italia - Non abbiamo in programma progetti di sponsorizzazioni di edifici o monumenti a Pompei, nè siamo stati contattati per farlo».

02/02/2011 Pompei (NA), appello di Della Valle ai napoletani (Il Mattino)

«Io spero che siano soprattutto i napoletani e tutti quelli che amano Napoli e le ricchezze culturali dell'Italia a mobilitarsi per Pompei». In un'intervista al Mattino, Diego Della Valle,l'imprenditore del made in Italy che ha appena firmato con il ministero dei Beni culturali l'accordo da 25 milioni di euro per salvare lo storico anfiteatro romano, si dice disponibile a spiegare il senso e le finalità dell'operazione Colosseo per ripetere l'esperienza anche a Pompei. «Se riesco a rimandare un viaggio all'estero, nel fine settimana sarò a Napoli per parlare con alcuni amici. Potrò dare consigli, ma devono essere loro, che vivono qui, a sentire il dovere di essere in prima linea».
Dal Colosseo agli scavi di Pompei. La road map dell'Italia da restaurare è già tracciata. E lui, Diego Della Valle, l'imprenditore del made in Italy che ha appena filmato con il ministero dei Beni culturali l'accordo da 25 milioni di euro per salvare lo storico anfiteatro romano, è in prima linea anche per la seconda tappa. Pompei, appunto. Sta pensando di ripetere a Napoli il progetto-Colosseo? «Piano. Ho solo detto, e lo confermo, che avrei contattato non soltanto amici imprenditori di Napoli ma anche la società civile della città per sollecitare agli uni e all'altra l' opportunità di occuparsi del restauro dell'area archeologica di Pompei». E lo ha fatto? «Certo. Ho già parlato con alcuni amici, se riesco ad annullare un viaggio all'estero dovrei essere a Napoli nel fine settimana per poter spiegare da vicino agli interessati il senso e le finalità dell'iniziativa per il Colosseo che credo possano essere di aiuto per affrontare il restauro di Pompei». Qualche nome? «Per rispetto degli interessati preferirei non farne. Dopo, saranno loro a parlare». Ma ci sarà lei alla guida di quest'operazione? «Quando si vuole entrare in casa d'altri, è buona educazione prima bussare. Se serve, sono pronto a dare una mano. Io credo però che al di là della mia disponibilità saranno le persone di Napoli a farlo con molto entusiasmo». E cioè? «Io spero che siano soprattutto i napoletani e tutti quelli che amano Napoli e le ricchezze culturali dell'Italia a mobilitarsi per Pompei. Non c'è un minuto da perdere, un patrimonio secolare che tutto il mondo invidia all'Italia si sta consumando e chi vive più da vicino questa situazione, come appunto i napoletani, ha il dovere secondo medi intervenire. Prima di grandi gruppi internazionali ho trovato giusto parlare con gli amici napoletani, sapendo quanto i napoletani amino le loro cose». Pensa ad un unico, grande gruppo, come nel caso della Tod's per il Colosseo, o ad un'associazione di imprese? «È un aspetto della questione che va esaminato. So che a Napoli ci sono persone legate al territorio in maniera molto forte: non sono poche. E hanno una vita imprenditoriale di successo e quindi anche i mezzi per affrontare queste situazioni, Perciò, se non ci si può impegnare singolarmente su progetti molto costosi, lo si può fare creando un gruppo di sostenitori, il risultato è lo stesso. Utilizzare questa passione per salvare Pompei mi sembra importante». Ma proprio ieri il presidente del Napoli, Aurelio de Laurentiis, ha presentato un pacchetto di proposte per il rilancio di Napoli: e in primo piano c'è anche un mega-progetto per Pompei. «Non conosco nel dettaglio l'iniziativa. Ma con Aurelio, con cui peraltro non ho ancora parlato, non c'è alcun problema: è a casa sua, è giusto che si mobiliti. Per quanto mi riguarda, la sua disponibilità sarebbe bene accolta». Ma la sua proposta di intervento, in sintesi, a cosa punta? «Non bisogna fare tanti studi o ragionamenti. il ministero dei Beni culturali sa già cosa fare. I piani di recupero di Pompei sono pronti: occorre finanziarli, garantire la loro piena attuazione. Ecco perché più presto si farà e meglio sarà». Non teme che un'eventuale crisi di governo possa far saltare tutto? «No, non credo che sarebbe un ostacolo: oltre tutto progetti di questa portata, dove chi sponsorizza e finanzia non ha nulla da chiedere in cambio, dovrebbero essere immuni da problemi per così dire politici. Inoltre, la nostra esperienza con il ministero per il progetto Colosseo è stata più che positiva: abbiamo trovato, anche dietro le quinte, persone competenti e qualificate, il rapporto tra noi e loro è stato eccellente». È il riscatto dei privati: tardivo o cosa? «Mah, io credo che l'operazione Colosseo dimostri che quando i privati e il pubblico si incontrano su cose serie e c'è la volontà di fare le cose, le cose succedono. Nel costruire l'operazione Colosseo, abbiamo trovato grandissima collaborazione. E questo dimostra che c'è un'Italia che funziona, fatta di persone perbene». Per il Colosseo darete vita ad una Fondazione: è un modello riproponibile anche a Pompei? «A Roma sul Colosseo il gruppo Tod's è il solo sponsor e le decisioni strategiche hanno una finalità sociale e non commerciale. Abbiamo deciso di dare vita ad un'associazione, gli "Amici del Colosseo" che dovrà occuparsi di tante cose, a cominciare dall'organizzazione delle gite scolastiche al monumento. È un progetto ben articolato che vuole dare a chiunque la possibilità di visitare il monumento. In più ci sono altre cose socialmente interessanti». Insomma, non resta che iniziare. «Bravo, bisogna muoversi subito. Ed è importante creare le condizioni perché il gruppo di finanziatori sia costruito da napoletani o da persone vicine a Napoli. Sarebbe un peccato, per chi hai mezzi in città, non cogliere questa opportunità».

02/02/2011 Cuma (NA), la Tomba della Sibilla nel degrado (Corriere del Mezzogiorno)

A pochi metri dal moderno ingresso degli scavi archeologici di Cuma, dimenticata dalla Soprintendenza e coperta dai rovi, c'è la cosiddetta «tomba della Sibilla». In realtà, si tratta di un ambiente termale risalente al II sec a. C., lasciato al più completo abbandono. I resti del complesso antico, identificati erroneamente nei primi del Settecento come il sepolcro della profetessa greca, sono oramai quasi del tutto invisibili, ricoperti da un'enorme coltre di rovi e sterpaglia. La struttura, da tempo senza protezione, è spesso usata come rifugio di tossicomani e clochard, come raccontano alcuni residenti nella zona.
NESSUNA PROTEZIONE - «Tempo fa c'erano delle reti metalliche ad impedirne l'accesso, ora non c'è più nulla». È il commento amareggiato dei residenti di via Vecchia Licola, la strada che costeggia l'antico monumento romano lasciato senza alcuna protezione. «Dappertutto è degrado - commenta un abitante della zona -. Spesso notiamo qualcuno che s'introduce nella struttura abbandonata, non sappiamo cosa facciano lì dentro, ma crediamo siano tossicodipendenti o clochard in cerca di un rifugio».
IL SITO - «La "tomba della Sibilla" è un sito di notevole interesse storico, come del resto l'intera zona della città bassa dell'antica Cuma» spiega Filomena Costigliola, archeologa dal 2006 impegnata nelle campagne di scavo per conto del Centro Jean Berard di Napoli. «Nello specifico, l'opera è stata edificata tra la fine del III e gli inizi II a.C. con rifacimenti successivi. Da ricerche condotte in passato è stata ritrovata anche una base marmorea con incisa una dedica osca sulla facciata superiore che collocherebbe l'edificio ad un'epoca precedente, quale sede del Gymnasium (palestra) della città osco/sannita».

01/02/2011 Nola (NA), arrivano fondi per il villaggio preistorico ma divampa la polemica (Giornale di Napoli)

La Regione scende in aiuto del villaggio preistorico di Nola, ma divampa la polemica per il mancato inserimento del sito notano nell'elenco dei "grandi attrattori" della Regione Campania. La miccia è stata accesa a poche ore dall'importante vertice dal consigliere comunale di Città Viva, Luigi Conventi. «Non a caso faccio presente - scrive Coventi in una missiva indirizzata al sindaco di Nola, Biancardi - che navigando nel sito della Regione Campania tra i BB.CC. e Siti Archeologici "grandi attrattori" non compaiono né il "Villaggio preistorico di Nola" né il "cippus abellanus" né il grande anfiteatro ed altri ritrovamenti dell'epoca romana, e neanche i pregiatissimi reperti custoditi nel locale Museo Archeologico, valorosamente propagandati e salvaguardati per oltre 10 anni dall'Archeoclub e dall'Associazione Meridies di Angelo Amato de Serpis». Al di là delle polemiche, ieri pomeriggio, si è tenuta la prima riunione della task force voluta dal primo cittadino di Nola, Geremia Biancardi, dopo il crollo di un costone all'interno del sito di via Croce del Papa. Il tavolo tecnico tra Comune, Regione, Ministero e Soprintendenza nei prossimi mesi dovrà trovare una soluzione che impedisca la distruzione dell'importante reperto archeologico. La Regione Campania, rappresentata dagli assessori Giuseppe De Mita ed Ermanno Russo e Pasquale Sommese, rispettivamente con deleghe al turismo, al patrimonio e al Demanio si è impegnata a sostenere l'investimento economico per salvare la Pompei della Preistoria. Prima tappa l'individuazione della causa che negli ultimi mesi ha determinato l'allagamento del villaggio. L'intenzione del comune di Nola è quella di affidare al pool di docenti della Facoltà di Geologia della Federico II di Napoli lo studio dell'area prima di predisporre gli interventi. L'allagamento è causato da un problema alla falda acquifera. A Nola confluiscono gli apporti acquiferi dei monti di Avella e del Vesuvio, a questa difficile circostanza si aggiunge la costituzione altamente permeabile del terreno, costituito prevalentemente da pomici. La portata media dell'acqua è di 52 litri al secondo, aggiungendo i 40 litri filtrati dalle pompe idrovore già presenti sul luogo siamo davanti a più di 90 litri d'acqua al secondo: il sistema fognario è inadeguato per smaltire tutta questa acqua. Due le vie d'uscita: o si adegua il sistema fognario (cosa difficile) osi convolano le acque nell'alveo di Quindici. L'area, dopo il crollo del muro, è stata sequestrata dalla Procura di Nola che sta accertando cause e responsabilità del cedimento. Lo smottamento, dovuto molto probabilmente alla falda acquifera, rischia di seppellire i reperti archeologici cancellando definitivamente un patrimonio di straordinario valore. Cittadini, associazioni, politici di ogni schieramento sono scesi in campo per evitare la scomparsa del villaggio, venuto alla luce per caso nel 2001 durante i lavori di scavo per la costruzione di un supermercato.

31/01/2011 Nola (NA), emergenza villaggio preistorico, Città Viva scrive al Sindaco (Marigliano.net)

Il prof. dott. Luigi Conventi dell'Associazione Città Viva, a proposito dell'incontro,  che si terrà oggi tra il sindaco e gli assessori regionali De Mita, E.Russo ed E. Cosenza,  per l'emergenza del Villaggio Preistorico di Nola scrive al sindaco chiedendo   concretezza e non parole, facendo notare, che in  Regione il  Villaggio Preistorico non è elencato tra Siti Archeologici “grandi attrattori”
"Non a caso faccio presente che, mentre scrivo -  ribadisce il presidente di Città Viva -  navigando nel sito della Regione Campania tra i BB.CC. e Siti Archeologici “grandi attrattori” non compaiono né il “Villaggio preistorico di Nola” né il “cippus abellanus” né il grande anfiteatro ed altri ritrovamenti dell’epoca romana, e neanche i pregiatissimi reperti custoditi nel locale Museo Archeologico, valorosamente propagandati e salvaguardati per oltre 10 anni dall’Archeoclub e dall’Associazione Meridies di Angelo Amato de Serpis.
Qui mi pongo la domanda: ma a che cosa sono serviti i tanti simposi ed incontri culturali finora organizzati anche con l’intervento della Regione Campania?...   Pubblichiamo di seguito la lettera.
Nell’augurare “buon lavoro” a Lei ed agli On.li Regionali che interverranno al “tavolo istituzionale” per la risoluzione della grave emergenza che investe il nostro Villaggio preistorico, La prego di dedicare pochi minuti a questa missiva, che vuole offrire un modesto contributo alla discussione, con invito a leggerla ed a farla allegare al verbale della riunione.
Consapevole del gravoso impegno affidatoLe all’unanimità dal Consiglio Comunale nella seduta del 7 volgente, preliminarmente riporto, qui di seguito e sebbene ben noti, i riferimenti normativi che disciplinano la materia dei BB.CC. in generale e dei siti archeologici in particolare:
- artt. 9) e 117 lettera s) Costituzione della Repubblica Italiana;
- decr. Legisl. 22 gennaio 2004 n.42, come modificato dal D.L. 3 giugno 2008 n. 97;
- art. 14 D.L. 195/2009 convertito in L. 26/2010.
Inoltre, è doveroso specificare che nel dicembre 2009 il Consiglio dell’Unione Europea ha inserito la conservazione del patrimonio culturale tra i temi per i quali è necessario coordinare i programmi di ricerca degli Stati membri.
All’Italia è stato affidato il ruolo di coordinamento.
Il 25 febbraio 2010 il Ministero Istruzione Università e Ricerca ed il Ministero Beni Artistici e Culturali hanno siglato la dichiarazione che avvia le attività di coordinamento della Programmazione congiunta della Ricerca europea nel settore della protezione e valorizzazione dei beni culturali. Nella “dichiarazione congiunta dei due Ministri” si legge: “…un tema come quello dei beni culturali, strategico per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese, diventa una priorità per l’Unione Europea. L’Italia, infatti, oltre ad essere il Paese al mondo che detiene il maggior numero di siti riconosciuti patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, è lo Stato che con oltre 40 milioni di euro l’anno investe di più in Europa nel settore della ricerca applicata alla conservazione dei beni culturali.”
La normativa europea, nazionale e regionale (per quanto è stato da essa recepita) quindi offre la risoluzione del grave problema della “protezione” del nostro sito, classificato un “UNICUM” al mondo da studiosi internazionali, e per la sua “valorizzazione”. Né l’una, né l’altra, per quanto mi sovviene, è risultata finora assicurata e neanche portata al tavolo competente.
Il 31 gennaio 2011, Ella Signor Sindaco, ha il dovere istituzionale di iniziare l’iter burocratico per inserire il sito del “villaggio preistorico di Nola” nell’albo dei beni culturali bisognosi di urgente tutela e valorizzazione, affinché il Consiglio dei Ministri, per il tramite degli Organismi Regionali, e previo parere vincolante della competente Soprintendenza, con proprio Decreto proceda in tal senso, non solo per risolvere il grave problema dell’innalzamento della falda freatica (i professionisti accreditati presso i Ministeri sanno come intervenire) quanto per valorizzare il sito stesso nell’ambito di quel coordinamento voluto dall’Unione Europea.
Non a caso faccio presente che, mentre scrivo, navigando nel sito della Regione Campania tra i BB.CC. e Siti Archeologici “grandi attrattori” non compaiono né il “Villaggio preistorico di Nola” né il “cippus abellanus” né il grande anfiteatro ed altri ritrovamenti dell’epoca romana, e neanche i pregiatissimi reperti custoditi nel locale Museo Archeologico, valorosamente propagandati e salvaguardati per oltre 10 anni dall’Archeoclub e dall’Associazione Meridies di Angelo Amato de Serpis.
Qui mi pongo la domanda: ma a che cosa sono serviti i tanti simposi ed incontri culturali finora organizzati anche con l’intervento della Regione Campania?
Per essere più chiaro, e con la presunzione di interpretare il comune sentire della cittadinanza nolana, che Ella conosce bene, non credo che il tavolo Istituzionale possa racchiudere la complessa problematica nella ricerca tecnica “delle cause” della prevedibile attuale situazione, quanto sentirsi obbligata nell’assunzione delle competenze che responsabilmente le leggi fanno carico ad ognuno, ai diversi livelli istituzionali, per la salvaguardia, la tutela e la valorizzazione (riprendendo e completando nel tempo lo scavo all’epoca appena iniziato) del sito nolano in narrativa.
Chiudo ringraziando gli intervenuti per l’aver voluto ascoltare e conservare il mio messaggio.

28/01/2011 Pompei (NA), Della Valle a caccia di una cordata di imprenditori (Il Mattino)

L'annuncio alla Bocconi di Milano «Nella città sepolta dal Vesuvio un progetto come per il Colosseo»
Operazione Colosseo: si replica per Pompei. Una cordata di imprenditori giungerà al capezzale della città sepolta. Ad annunciarlo è Diego Della Valle che, nei prossimi mesi, chiamerà a rapporto «amici e imprenditori napoletani» per salvare Pompei. «Li convincerò ad investire nell'arte, dando un contributo al restauro di Pompei, come io ho fatto con il Colosseo. Mi impegnerò personalmente - ha detto Della Valle - a margine di un convegno della Bocconi - perché amici e imprenditori napoletani si impegnino. Creeremo l'associazione Amici del Colosseo - continua il patron di Tod'S - una onlus che si occuperà di raccontare alle onlus del mondo l'intervento restaurativo che ci accingiamo a finanziare. All'interno della quale si lavorerà per replicare per gli scavi di Pompei. È un obbligo morale restituire in questo modo una parte delle ricchezze che ci sono state date dalla sorte». Le parole di Diego Della Valle hanno fatto la felicità del sindaco Claudio D'Alessio: «Privati che investono nelle arti per valorizzarle, tutelarle e promuoverle, questo è il mecenate di cui ha bisogno Pompei e l'Italia. Noto con piacere che le proposte dei privati parlano di tutela e valorizzazione degli scavi archeologici senza mai toccare il delicato tema della gestione. Questo lascia intendere che il loro è un puro interesse verso l'arte. Finalmente una notizia che ci fa ben sperare in un futuro di rinascita per il nostro patrimonio culturale». L'annuncio di Diego Della Valle si aggiunge a quello del commissario Ue alla politica regionale Johannes Hahn, che i fondi regionali Ue possono essere utilizzati per il restauro di Pompei, una doppia buona notizia per «salvare Pompei da una seconda morte». Le autorità italiane hanno tempo fino alla prossima primavera per presentare una proposta, che convinca la Commissione europea ad attingere dal budget di un miliardo di euro. II portavoce del commissario Ue, Ton Van Lierop, ha sottolineato che la Commissione ha l'intenzione di «velocizzare il processo». È prematuro avere cifre dettagliate su quanti fondi potranno essere a disposizione per i siti archeologici italiani del Sud, in quanto il programma di fondi regionali per il Sud prevede un totale di un miliardo di euro, ma di questi una parte è già stata utilizzata. Quindi «è troppo presto per parlare di cifre», ha precisato il portavoce ricordando che già nel passato alcuni fondi Ue erano stati impiegati per alcune domus della città sepolta. Le risorse dei privati al servizio del pubblico, è una formula che nel 1997 lanciò l'ex ministro per i Beni e le Attività Culturali, Walter Veltroni.

27/01/2011 Bacoli (NA), il colombario del Fusaro allagato (Il Mattino)

Vita grama per la «gens Grania». Monumento flegreo appartenuto alla nobile famiglia è costantemente allagato e bersagliato dai writers. Una pompa idraulica prova ad aspirare l'acqua dal monumento
Un antico sepolcreto romano risalente al I-II sec d. C. rovinato dalle scritte selvagge. Scarsamente tutelato da una cancellata bassa e malridotta, mostra il prezioso ipogeo, dedicato alla nobile famiglia romana «Gens Grania» costantemente allagato dall’acqua piovana che può raggiungere oltre il mezzo metro d’altezza.
LE SCRITTE DEI WRITERS – La parte superiore del Colombario romano di viale Vanvitelli al Fusaro è riconoscibile dalle scritte lasciate non molti anni fa da alcuni writers selvaggi; antiche mura imbrattate da sigle colorate e scritte “forza Napoli”. «Hanno utilizzato bombolette spray dal contenuto così forte, che nonostante siano intervenuti i tecnici della Soprintendenza, non sono riusciti a toglierle» è il commento amareggiato sull’emergenza del colombario del Fusaro, di Gennaro Illiano, rappresentante del circolo Legambiente dei Campi Flegrei. Ma le brutali iscrizioni sono solo il male minore che caratterizza l’emergenza dell’antico sepolcreto romano.
CANCELLATA DANNEGGIATA – «Circa tre anni fa un grosso camion ebbe un incidente stradale e si schiantò abbattendo parte della cancellata protettiva del colombario», spiega Illiano, «da allora il muro perimetrale che custodisce il sito archeologico è danneggiato; e a distanza di tempo nè il muro, nè la cancellata è stata più riparata permettendo l’accesso a chiunque». Infine il nostro interlocutore denuncia il cattivo stato di conservazione che caratterizza il vano sotterraneo dell’antico sepolcreto romano.
L'IPOGEO ALLAGATO - «Quando il vano ipogeo si riempie eccessivamente a causa dell’infiltrazione di acqua piovana, siamo costretti a portarla via manualmente con i secchi» commenta ancora Illiano. «Le pompe idrovore della locale associazione di protezione civile “Falco” danno una mano ma il loro intervento può avvenire solo due volte all’anno; per il resto l’ipogeo, che tra l’altro contiene un prezioso pavimento a mosaico, rimane costantemente sotto circa mezzo metro d’acqua».
INTERVENTO PRIVATO – «Basterebbe l’installazione di una pompa idrovora da far entrare in funzione quando l’ipogeo si riempie di acqua, per risolvere definitivamente il problema» suggerisce il rappresentante di Legambiente, «una spesa irrisoria per mettere in sicurezza il monumento». Infine la richiesta: «Noi come associazione auspichiamo un intervento risolutivo, anche ad opera di un privato che possa stanziare questa piccola somma necessaria al fine di garantire la tutela e la conservazione del colombario del Fusaro».

27/01/2011 Pompei (NA), un telo sulle macerie della vergogna (Il Mattino)

Stanno ancora là, le macerie della storia. Stanno ancora là, nel tratto finale della via dell'Abbondanza, a Pompei, a quasi tre mesi di distanza dal collasso strutturale che, poco dopo l'alba del novembre, ottanta giorni fa, fece diventare polvere e pietre senza forma uno dei più significativi monumenti pompeiani: la Schola Armaturarum, l'edificio-palestra usato duemila anni fa dai giovani delle città di Venere per formare spirito e corpo. Stanno ancora là, le rovine, come fosse successo ieri o una settimana fa, messe sotto sequestro dai magistrati della Procura di Torre Annunziata che hanno lavorato per individuare i «perché» di quanto era successo e le eventuali responsabilità. Pezzi di telo fatto di «tessuto non tessuto» coprono quanto rimane di quel crollo, tentando di proteggere dalla pioggia battente e dagli sbalzi termici - oltre che dagli occhi dei turisti curiosi - il poco o molto che ancora si conserva. E che si potrà rimettere assieme. Tanto perché di originale dovrebbe essercene restato ben poco, considerato che la struttura ha subito sia la violenza dell'eruzione con cenere, lapilli e nuvole infuocate sia l'altra delle bombe alleate del 1944. Il dissequestro dell'area dovrebbe, stando almeno a quello che affermano le «voci di dentro» degli scavi, essere concesso a breve. Forse due settimane. Al massimo, un mese. La richiesta è partita dagli uffici della Soprintendenza ormai da una quindicina di giorni. La perizia sui resti dell'edificio è stata già espletata dai tecnici interni alla struttura. Poi saranno sgomberate le macerie. La stagione dei grandi flussi, da marzo in avanti, sta per cominciare. E quasi cento metri di via dell'Abbondanza, a partire dalla Casa di Tebio Valente sino a quella del Moralista, chiusa per tutto questo tempo sono un terribile danno all'immagine. Oltretutto, i gruppi andrebbero a intasare il percorso alternativo Foro - Anfiteatro che adesso si sviluppa tra vicoli e stradine. Ovviamente, se non si sgombera l'area del crollo e non si mettono assieme i «cocci» non si capirà nemmeno quanto si potrà riutilizzare per ricostruire la casa. Uno stato dell'arte completo consentirà pure di quantificare le somme che serviranno. Nei giorni successivi al crollo, alcuni esperti stimarono in circa seicentomila euro il costo dell'intervento di recupero. E questo perché la casa era stata ricostruita, negli anni Cinquanta del secolo scorso e per circa l'ottanta per cento utilizzando materiali non antichi. L'Unione Europea, è notizia di ieri l'altro, ha assicurato che un programma di interventi sui siti archeologici - in generale e non solo per Pompei - potrebbe essere sostenuto utilizzando una tranche dei 29 miliardi resi disponibili nell'arco 2007 -2013. Ragion per cui anche la «Schola» potrebbe rientrare nel gruppo. Ma c'è bisogno di un piano. Un progetto che sia utilizzabile sull'intera città. A causa delle infiltrazioni, da pochi giorni, sono state chiuse tre case: Pansa, Mosaici geometrici e Fontana Piccola. Quest'ultima dimora era stata riaperta appena un anno fa, allorché era stato completato il restauro dei paesaggi di marina che stanno lungo la parete, al di sopra e ai lati della fontana mosaico. Restano chiuse ancora, ma con apertura a rotazione e dipendente solo dalla possibilità che ci sia il personale di sorveglianza, ben sedici domus e edifici: Casca Longo, Ara Massima, Obellio Firmo, Marco Lucrezio Frontone, Menandro, Caccia antica, Quattro stili, Citarista, Poeta tragico, Giardino di Ercole, Casa del chirurgo, Larario diAchille, Meleagro, Apollo, Dioscuri e Amorini dorati. 

25/01/2011 Pompei (NA), fondi europei non ancora spesi (Il Corriere del Mezzogiorno)

In soccorso degli scavi di Pompei, dopo i crolli nella Schola Armaturarum e nella Casa del Moralista avvenuti nel mese di novembre dello scorso anno, potrebbero essere utilizzati i fondi Ue per la coesione territoriale.
Il governo italiano potrebbe dunque utilizzare una parte dei 29 miliardi di euro che l'Unione europea ha messo a disposizione per la programmazione 2007-2013 (destinata alla coesione territoriale) per avviare un processo di ristrutturazione a favore degli scavi pompeiani e di altri siti archeologici.
Un'indicazione che arriva dal commissario europeo per la politica regionale, Johannes Hahn, lanciata nel corso di un confronto alla Camera dei deputati col ministro per i rapporti con le regioni Raffaele Fitto, e con il presidente della regione Campania, Stefano Caldoro e della regione Basilicata, Vito De Filippo. Hahn ha ricordato che «l'Italia è tra i maggiori beneficiari dei fondi destinati alla politica di coesione territoriale, si tratta di fondi da spendere in modo efficace». D'accordo con la proposta su Pompei si è detto il ministro Fitto spiegando che si tratta di un'idea che «sono certo che troverà pronta condivisione da parte del nostro governo».
Hahn ha anche parlato del piano Sud messo a punto dall'esecutivo definendolo «ragionevole e fattibile», anche se '«bisogna migliorare l'assorbimento dei fondi da parte delle Regioni».

23/01/2011 Napoli, un libro sul teatro di Neapolis (Repubblica)

Un lavoro di ri-cucitura. Le parti del Teatro romano di Neapolis erano inglobate negli edifici che la città gli ha fatto crescere intorno nei secoli. Anticaglia, sta per "insieme di cose dell´antichità". Pietre del passato, il cui assemblaggio, nel tempo, era diventato illeggibile, per cui anticaglia è come dire qualcosa senza forma, l´unica certezza è che appartiene a un altro tempo. L´opera che ha restituito al pubblico dei visitatori il Teatro antico, che lo vedrà per la prima volta a restauro compiuto domani dalle 9 alle 14 (prenotandosi), è stato un lavoro eseguito come con ago e filo, per riportare alla vista una immagine di insieme dell´architettura antica e nello stesso tempo conservare il tessuto che la include. Un effetto unico in Italia, e non solo. Il risultato è un sito archeologico irripetibile che racconta la storia del «palinsesto» Napoli, della stratificazione anche orizzontale, oltre che verticale, che ha interessato la città.
Il senso di questa scoperta, che ha coinvolto generazioni di archeologi in un lavoro collettivo fatto passandosi il testimone nella piena collaborazione (come non sempre accade) dagli anni Ottanta a oggi, è spiegato e documentato nel libro edito dall´Università Orientale "Il teatro di Neapolis, scavo e recupero urbano", scritto a più mani da Ida Baldassarre, Daniela Giampaola, Francesca Longobardo, Aurora Lupia, Giancarlo Ferulano, Roberto Einaudi, Fabiana Zeli e con le prefazioni del sindaco Iervolino, di Stefano De Caro e del rettore dell´Orientale Lida Viganoni. Il volume sarà presentato sempre domani alle 15.30 nell´ex Asilo Filangieri a San Gregorio Armeno: con gli autori, il sindaco, De Caro, ci sarà l´archeologo Filippo Coarelli, discepolo di Ranuccio Bianchi Bandinelli.
Il Teatro appare ora come un´emersione dal paesaggio circostante e «interno»: il suo scheletro composito dopo venti secoli è risorto dai vicoli, dalle case, dagli scantinati, persino dai camminamenti di chiese e conventi. E nel progetto dell´ingegnere Einaudi - figlio del presidente Luigi e padre del musicista Ludovico - la struttura antica deve restare intrecciata agli edifici che dal Medioevo al Settecento gli sono cresciuti intorno. Cinquemila posti, il diametro della cavea di 86 metri, il "Teatro di Nerone" è un edificio di età flavia classificabile tra i medio-grandi. Non si sa ancora dove fosse il teatro greco, l´Odeion. Quello romano, invece appare in uno dei rilievi dell´arco trionfale di Alfonso d´Aragona a Castel Nuovo e nel dipinto di Marco Pino sull´altar maggiore di Sant´Angelo a Nilo. Via Sapienza, Pisanelli, Anticaglia e Santi Apostoli compongono il terzo decumano più settentrionale della città greco-romana, e le tracce del teatro sono lungo questa direttrice. Se ne vedono gli archi a cavallo tra due palazzi, sovrastanti la strada dell´Anticaglia, dove al civico 28 si sviluppano gli ambulacri. Si rintraccia negli scantinati di via San Paolo 4 dove si vede una semicolonna della facciata del teatro in un cortile. Un altro "brano" si legge nel convento dei Padri Teatini sempre in via San Paolo, e la «media cavea» è ora leggibile tra i palazzi, come una gradinata ritagliata tra le facciate, con le finestre che la contemplano dopo tanti secoli. Quella realizzata oggi è l´evoluzione della proposta di Roberto Pane di un parco archeologico con la demolizione solo di alcuni immobili. Il progetto per il "disvelamento" del Teatro proposto dallo Studio Einaudi in accordo con la variante generale al Piano urbanistico attuativo (Pua) prevede anche la fruizione e la valorizzazione del monumento. Il primo lotto sperimentale ha avuto inizio nel 2003 con fondi comunali. A cui si sono aggiunti il Por Campania 2000-2006 e un cofinanziamento del Comune di Napoli per un secondo lotto. Il Pua per il teatro riguarda l´area compresa tra via San Paolo, via Anticaglia, vico Cinquesanti e il muro di confine del complesso di San Paolo Maggiore.
Il recupero è stato conciliato con il rispetto delle residenze e delle attività commerciali, e di questo si è tenuto conto anche negli espropri. Il palcoscenico antico nell´ipotesi di Einaudi coordinato dalla soprintendenza, ora che è entrato anche nel piano di gestione Unesco del centro storico, tornerà a vivere e a ospitare spettacoli con un piano di gestione su cui avranno competenza Stato e Comune, e ci sarà un´area museale dove esporre i numerosissimi reperti trovati nello scavo.

23/01/2011 Torre Annunziata (NA), alla luce strutture romane, forse di una nuova villa (Il Mattino)

I primi ritrovamenti risalgono all’estate scorsa, ma nella giornata di ieri, nell’area industriale dismessa ex Aquila ed ex Imec, dov’è in progetto un centro commerciale, sarebbero venuti alla luce i resti archeologici di notevole interesse. Dietro le transenne rosse del cantiere di via Traversa Andolfi, una strada sterrata al confine con Pompei e Boscoreale, potrebbe nascondersi una villa romana, la terza di Torre Annunziata dopo quelle di Poppea e di Lucio Crasso Terzo. La notizia non è stata ancora confermata ufficialmente ma ieri pomeriggio c’è stato un vertice tra il sindaco Giosuè Starita e la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro. «Abbiamo eseguito un sopralluogo per valutare lo stato delle cose, tuttavia sia con l’azienda affidataria dei lavori che con la Soprintendenza proseguono i contatti. Dai primi ritrovamenti dell’anno scorso vengono continuamente alla luce altri reperti. Circostanze che ci inducono, di volta in volta, a valutare tempi e modi della prosecuzione dei lavori». A scoprire quello che potrebbe essere un nuovo tesoro dell’archeologia sono state le ruspe della società Oplonti Srl che sta costruendo un parco commerciale con negozi, ristorante e spazi verdi. Già nel luglio scorso erano venute alla luce anfore e altri oggetti in terracotta, poi le mura, quelle che potrebbero appartenere a una villa romana ricoperta dalla lava dell’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. Il cantiere dell’estensione di 51mila metri quadrati era stato temporaneamente sequestrato un anno fa perché la falda acquifera era risultata compromessa dalla presenza di metalli pesanti. Ora la scoperta dei resti della villa potrebbe nuovamente rallentare o bloccare definitivamente i lavori di costruzione del parco commerciale destinato ad offrire lavoro a oltre 150 persone. Si studia la possibilità di far convivere il centro commerciale con il sito archeologico che potrebbe venire alla luce.

22/01/2011 Mondragone (CE), restauri aperti al Museo Civico Archeologico "Biagio Greco" (Il Mattino)

È la singolare iniziativa voluta dall'amministrazione comunale per avvicinare ancora di più la struttura alla città. Da oggi, e per tutti i sabati successivi fino al completamento dell'intervento, chiunque sia interessato, semplici cittadini, associazioni, scolaresche, potrà assistere al lavoro dei tecnici che stanno riportando allo splendore antico un affresco medievale rinvenuto sulla rocca di Montis Draconis, com'è conosciuto il castello medievale sulla sommità del monte Petrino che domina l'abitato di Mondragone. Il dipinto, insieme con altri, proviene dalla chiesa del pianoro sommitale, al centro della parete est della quale è stato rinvenuto un altare in muratura rivestito da affreschi che imitano, con un attento gioco di chiaroscuro, i marmi policromi. Il rinvenimento è avvenuto in occasione delle campagne di scavo finanziate dall'amministrazione comunale. Da una prima analisi e dai confronti localizzati con quelli delle più importanti chiese napoletane, come san Pietro a Maiella, di cui gli affreschi di Mondragone condividono la stessa ripartizione degli spazi e una identica tecnica nel rappresentare i dettagli dell'incarnato o dell'aureole, potrebbero essere datati al 1300. L'affresco in restauro rappresenta una processione in cui compaiono tre personaggi. Il primo in posizione centrale è dipinto di rosso. Il secondo invece è scalzo e nudo e procede, come un offerente, verso un terzo personaggio che appare indossare la tipica veste dei benedettini. L'intervento è finanziato coi proventi della rassegna «Teatro in Comune», svoltasi la scorsa estate nel cortile del palazzo comunale. Il restauro verrà eseguito nella Sala della Venere del museo, per permettere al pubblico di assistere alle operazioni, ed avere nozione di come si realizza un complesso e delicato intervento di questo tipo, senza intralciare le stesse. I lavori hanno avuto il necessario nulla osta della Soprintendenza Archeologica e saranno curati dalla restauratrice Marianna Musella. L'affresco sarà appoggiato, mediante la realizzazione di un supporto di risparmio e applicando dei materiali riconoscibili e reversibili, su dei pannelli ultraleggeri a nido d'ape. Nelle prossime settimane sarà avviato il recupero di un altro dipinto, che rappresenta una colonna tortile ed un modulo decorativo a tappeto, coevo della processione e rinvenuto nella stessa chiesa sulla rocca di Montis Draconis, lavoro sempre aperto al pubblico. Questo secondo restauro è stato reso possibile da una donazione a favore del museo civico del club Lions «Sinuessa Ager Falernus» di Mondragone. Ultimate le operazioni, la fine dell'intervento è previsto per la primavera prossima, i dipinti saranno musealizzati ed esposti nella Sala Medievale, al secondo piano del museo. «Il museo deve essere un cantiere sempre aperto al pubblico», spiega l'assessore alla Cultura, Pasquale Sorvillo. Che annuncia «un anno ricco d'iniziative per il museo civico» e che sottolinea come esso «oggi rappresenta il riscatto ed il rilancio della nostra storia e della nostra terra, dimostrando come impegno e costanza possano consentire di realizzare progetti di vasto respiro scientifico e culturale». 

22/01/2011 Pompei (NA), la Finanza in Soprintendenza (Repubblica)

Anche un ispettore del ministero del Tesoro a Pompei per acquisire documentazione per un´inchiesta interna sulle spese del commissario. Con la Guardia di finanza, che da oltre una settimana sequestra atti negli uffici della soprintendenza dell´area archeologica sul commissariato di Marcello Fiori, è arrivata una funzionaria per la verifica degli atti relativi agli interventi del commissariato straordinario scaduto lo scorso giugno. Al vaglio tutte le spese effettuate nel periodo dei due commissariamenti della Presidenza del Consiglio istituiti per un´emergenza poi riconosciuta non tale dalla Corte dei conti. Tanto la gestione dell´ex prefetto Profili quanto quella che seguì, affidata al braccio destro di Bertolaso, vengono passate al setaccio per i riscontri.
Intanto di pari passo con la verifica amministrativa che segue ogni intervento della Protezione civile, vanno avanti le due inchieste della Procura di Torre Annunziata, quella sui costosi restauri nell´area dei teatri e quella di novembre, sui crolli e i cedimenti che hanno interessato gli edifici su via dell´Abbondanza e i muri di contenimento delle domus vicine. La consistente pioggia di quei mesi, irregimentazione delle acque deviata o altre cause? L´interesse degli investigatori si estende anche a crolli precedenti verificatisi negli ultimi anni, alcuni che non hanno a che vedere con l´area archeologica: sequestrato anche l´incartamento che riguarda la caduta di un solaio nella palazzina che ospitava le officine dei restauri di Pompei, all´esterno dell´area archeologica. Un crollo che risale a dieci anni fa e che quindi ricade nella gestione del city manager Gherpelli, che affiancò per alcuni anni il soprintendente Pier Giovanni Guzzo.

21/01/2011 Caserta, arrestati tombaroli (Il Corriere del Mezzogiorno)

Con squadre dotate di sonde e metal detector razziavano i siti archeologici per un mercato nero di oltre 633 i pezzi
Meravigliosi crateri a calice e a volute, raffinate kylix, gorgoni, satiri, protomi femminili. Sono i capolavori contenuti nell’incredibile bottino - oltre 633 pezzi per un valore stimato di un milione di euro - recuperato in Campania dai carabinieri dei beni culturali che all’alba di ieri hanno fermato una organizzazione di tombaroli accusata di controllare il «saccheggio sistematico» dei siti archeologici nella zona a nord est della regione. Denominata «Ro.vi.na.» l’indagine , coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, ha portato all’esecuzione di 12 ordinanze a Casal di Principe (CE), Casapesenna (CE), Castel Volturno (CE), San Cipriano d’Aversa (CE), Cesa (CE), Mondragone (CE), Maddaloni (CE), Boscoreale (NA), Acerra (NA), pompei (NA), Bacoli (NA), Taranto, Fiorenzuola d’Arda (PC) e Eraclea (VE), con arresti domiciliari per cinque persone e misure cautelari personali (divieto di dimora o obbligo di firma) per altre sette emesse dal Gip di Santa Maria Capua Vetere.

I CAPOLAVORI - L’accusa è di «associazione per delinquere finalizzata a ricerca illecita, impossessamento e ricettazione di reperti archeologici provenienti da scavo clandestino». Tra i capolavori sequestrati anche una oinochoe a figure nere del VII secolo a. C., una oinochoe - ovvero un vaso simile ad una brocca che si usava per versare il vino - a figure rosse del IV secolo a. C. con un demone alato, attribuito al cosiddetto «Pittore di Napoli» e due crateri a campana a figure rosse, riconducibili rispettivamente al «Pittore di Dinos» (420-450 a. C) e al «Pittore di Caivano» (340-330 a. C.). Tutti i particolari della vicenda saranno illustrati in una conferenza stampa che si terrà questa mattina alle 11 negli uffici della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere alla presenza del Procuratore Capo, Corrado Lembo.

LE PERQUISIZIONI - L’indagine, che ha portato anche a 39 perquisizioni nelle abitazioni di altrettanti indagati ritenuti «fiancheggiatori» della organizzazione, era partita nel 2009. Secondo quanto hanno ricostruito gli investigatori, la banda controllava il saccheggio dei siti archeologici del nord-est della Campania, nelle aree di Riardo (CE), Teano (CE), Calvi Risorta (CE), Sant’Agata de' Goti (BN) e Montesarchio (BN). Grazie a pedinamenti e servizi di osservazione fatti anche con l’aiuto di visori notturni e telecamere ad infrarosso, sono stati identificati i promotori dell’organizzazione che si servivano di squadre di tombaroli di Casal di Principe e così avevano riportato alla luce - servendosi anche di spilloni per sondare il terreno e metal detector - i reperti che sarebbero poi stati messi sul mercato clandestino nazionale e internazionale.

IL PONTE CON I CLAN - Non si esclude che il sodalizio possa avere collusioni con la criminalità organizzata, sottolineano gli investigatori, perchè alcuni degli indagati sono stati già coinvolti in altre indagini per associazione camorristica e favoreggiamento della latitanza di esponenti del clan dei casalesi. Ulteriori «inconfutabili conferme del quadro accusatorio», fanno notare ancora gli investigatori, sono venute, nel tempo, da perquisizioni e sequestri che hanno consentito, al momento, il recupero, complessivamente, di 633 reperti, tra cui crateri a calice e a volute, skyphos, kylix, gorgoni, satiri e protomi femminili, e 1000 frammenti, per un valore complessivo di circa un milione di euro. Le perizie degli esperti sui beni sequestrati hanno confermato la grande rilevanza archeologica oltre che venale di molti dei reperti sia per le qualità artistiche sia per l’unicità delle decorazioni e la raffinatezza dei materiali impiegati.

LEGAMBIENTE - «È la conferma della gravità del fenomeno dell’ archeomafia, che vede in azione colletti bianchi e personaggi insospettabili, vere e proprie organizzazioni criminali spesso collegati a clan mafiosi». Così, in una nota, Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania commenta l’esito dell’operazione «Ro.vi.na.». «Un fenomeno - si legge nella nota di Legambiente - reso possibile dall’ esistenza di una ragnatela nazionale ed internazionale di mercanti d’arte ed esperti senza scrupoli che riciclano sul mercato opere trafugate. Una ragnatela che è al servizio di una platea, purtroppo sempre più vasta, di esibizionisti ricchi ed imbecilli per il solo vezzo di esporre nella propria villa, giardino o cassaforte, opere d’arte di valore inestimabile. E che vede la Campania tra le regione leader del traffico: il 12% del totale nazionale dei reati di archeomafia si concentra nella nostra regione».

20/01/2011 Ercolano (NA), nasce la nuova piazza sugli scavi (Il Mattino)

Da distributore di benzina ad area pedonale che diventerà il fulcro di un percorso che si affaccerà direttamente sui resti dell'antica Herculaneum. Verrà ufficialmente inaugurata nelle prossime settimane piazza Colonna, un'area di oltre 700 metri quadri su corso Resina, a pochi metri dall'ingresso storico degli Scavi. Proprio la colonna, realizzata nel 1861 per celebrare l'Unità d'Italia, da cui la piazza prende il nome, sarà il centro di una serie di installazioni che intendono rappresentare un richiamo alla classicità del luogo. Per celebrare i 250 anni dall'inizio degli scavi che hanno riportato alla luce la città antica, infatti, l'amministrazione comunale di Ercolano ha deciso di installare nella nuova piazza le riproduzioni di alcune statue rinvenute nella celebre Villa dei Papiri. Si tratta di copie in ghisa delle Danaidi (figlie di Danao, condannate da Giove a riempire d'acqua una botte dal fondo bucato) custodite al Museo nazionale di Napoli: «Abbiamo voluto restituire a questo spazio urbano il carattere ed il ruolo che merita sia perla fruizione pubblica, sia per la funzione rappresentativa dovuta alla vicinanza di un luogo così importante come gli scavi archeologici- spiega l'assessore ai lavori pubblici, Salvatore Solaro -. Di concerto con la Soprintendenza e con i fondi Più Europa, piazza Colonna diventerà il punto centrale di un percorso pedonale a strapiombo sugli Scavi che includerà un lungo tratto di corso Resina tra il piazzale e via Mare. Si tratta di una formidabile opera di recupero urbanistico destinata a valorizzare la città e le attività commerciali del centro storico». Per circa cinquant'anni, piazza Colonna è stata occupata da un distributore di benzina e da un'area di parcheggio che, al termine dei lavori, lasceranno spazio a panchine e fioriere: «Le opere procedono secondo la tabella di marcia - conferma l'architetto Solaro - per cui contiamo di inaugurare la rinnovata piazza entro la fine di febbraio. A lavori ultimati, piazza Colonna richiamerà le sensazioni di una domus romana con colonne, pergolati e pavimentazione in pietra lavica. L'intera area, inoltre, è stata leggermente rialzata rispetto al piano della strada su un basamento che accoglierà panchine e piante tipiche dell'habitat mediterraneo». L'intera opera, i cui lavori sono iniziati circa un anno fa, costerà poco più di tre milioni di euro ed è stata finanziata per il 95% dalla Regione e per il restante 5% dal Comune.

19/01/2011 Pompei (NA), incendio sfiora antichi testi (Il Mattino)

Scoppia un incendio negli uffici-container della soprintendenza: la procura di Torre Annunziata apre un'inchiesta. Il capo della procura oplontina, Diego Marmo, vuole vederci chiaro sull'ennesimo episodio che ha coinvolto l'area archeologica di Pompei, delegando i carabinieri di Pompei, coordinati dal capitano della Compagnia di Torre Annunziata Luca Toti e dal maresciallo capo Tommaso Canino, di acquisire tutti gli atti relativi all'incendio, compresa la perizia tecnica stilata dai vigili del fuoco di Castellammare di Stabia intervenuti nelle operazioni di spegnimento. Da una prima perizia sembrerebbe si sia trattato di corto circuito. Il numero uno della procura di Torre Annunziata, però, vuole essere certo che non ci sia dolo all'origine dell'incendio. Ha, così, disposto una nuova doppia perizia: sull'incendio e sulle condizioni dell'impianto elettrico. Il procuratore capo vuole, in pratica, sapere se «l'impianto elettrico della soprintendenza di Porta Marina Superiore è a norma, oppure si è di fronte ad un nuovo caso di negligenza». Il procuratore capo Marmo ha, anche, disposto il sequestro del locale per evitare l'inquinamento di eventuali prove. Il principio di incendio si è sviluppato in un locale adibito a deposito materiale cartaceo promozionale degli scavi, (brochure, mappe, manifesti e fascicoli), nel seminterrato del prefabbricato dove, dal 1980, sono allocati gli uffici della soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei. Gli uffici della soprintendenza, infatti, sono ancora collocati nei container risalenti al periodo post-terremoto che colpì l'Irpinia, e la provincia di Napoli, nel 1980. La preziosa biblioteca della soprintendenza di Pompei, che conserva tra i suoi scaffali testi antichissimi dell'antica città archeologica, ha corso il grosso rischio di bruciare. Solo il tempestivo intervento degli addetti alla sala regia hanno evitato che le fiamme, sprigionatesi in un locale attiguo alla biblioteca, lambissero i libri che raccontano la storia della Pompei romana. I responsabili degli. «occhi telematici» hanno, infatti, avvertito un forte odore di bruciato provenire dallo scantinato in cui è stipata la biblioteca. L'immediato intervento dei vigili del fuoco, allentati dal personale in servizio alla sala regia della telesorveglianza, coordinati da Giuseppe Marigliano, ha evitato l'espandersi delle fiamme. Secondo una prima perizia tecnica l'incendio sarebbe stato originato da un corto circuito partito dall'obsoleto impianto elettrico, collocato sulla parte superiore dei locali-deposito. Secondo i tecnici dei vigili del fuoco i danni registrati non sono stati ingenti solo perché è andato in corto l'impianto elettrico posizionato nella parte adiacente il solaio. Diversamente, secondo gli esperti, se a bruciare fossero state le canaline dei fili elettrici più vicine al pavimento le fiamme avrebbero lambito l'intero sotterraneo, compresa la biblioteca, provocando danni di inestimabile valore. Gli studenti di archeologia di tutto il mondo consultano infatti i volumi di grande interesse storico conservati nella biblioteca della soprintendenza. Testi originali di Plinio il Vecchio e di Plinio il Giovane, di Amedeo Maturi, di Matteo Della Corte e di altri archeologi di fama mondiale sono conservati nella biblioteca-container. Testi che raccontano la storia di una città antica di duemila anni. L'ala degli uffici-contanier, compreso l'ufficio della soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro, che si trovano nella zona soprastante il seminterrato dove si è sviluppato l'incendio, è attualmente inagibile per i miasmi del fumo che si è propagato e perché è saltato l'intero impianto elettrico.

19/01/2011 Bacoli (NA), degrado intorno alla Casina Vanvitelliana (Il Mattino)

Bacoli, in rivolta i comitati civici «Basta degrado, siamo stanchi» Il sindaco: sto cercando i fondi.
Intorno alla Casina Vanvitelliana regna il degrado. A denunciarlo è il Coordinamento delle Periferie di Bacoli, che ha invitato il sindaco Ermanno Schiano ad intervenire urgentemente in un luogo dove l'incuria vige al di sopra di ogni cosa. «Siamo stanchi, si agisca». Il parco, sede di svago dei regnanti borbonici, della riserva di caccia ideata da Luigi Vanvitelli nel 1752, completato da suo figlio Carlo nel 1784, divenuto Casino Reale di Caccia, oggi è il teatro dell'incuria. A pagarne le conseguenze è soprattutto il grande parcheggio adiacente al parco reale che dovrebbe accogliere i turisti e i visitatori della Casina. Quest'ultima un anno fa è stata restituita dopo anni di restauro alla cittadinanza. Ma quello che si può osservare intorno non è certo degno di tanto splendore. Si va dall'illuminazione mancante alla presenza di rifiuti. Buio pesto di sera, l'area di sosta del parco vanvitelliano diventa luogo di ritrovo di tossicodipendenti e malintenzionati. La pulizia ordinaria non basta più. I membri del coordinamento chiedono interventi strutturali e immediati. Non solo sporcizia accumulata negli angoli dell'enorme spazio, ma anche muri franati. Infatti il muretto di cinta del lago è venuto meno, da alcuni anni, e nessuno è mai intervenuto, creando un rischio per l'incolumità per i passanti. Sono vari gli esposti presentati in merito sia al comando dei vigili urbani, sia ai carabinieri. Il sindaco Ermanno Schiano rassicura i cittadini. «È evidente lo stato in cui versa quella zona - ha spiegato il primo cittadino - purtroppo è il frutto di una cattiva gestione decennale. Ho già dato direttive per un progetto di recupero e di valorizzazione del posto, indispensabile proprio per la sua vicinanza alla Casina». Nell'agenda amministrativa sono evidenziati gli interventi di recinzione del lago, oggi liberamente, e pericolosamente, accessibile, e quelli di pulizia straordinaria per rimuovere cumuli di spazzatura e rifiuti di ogni genere. In arrivo anche verde attrezzato e arredo urbano come panchine e giostre per i bambini. Risolti questi problemi resta un nodo da sciogliere: la sorveglianza per prevenire il vandalismo che ha distrutto completamente l'area. «Stiamo lavorando - ha concluso Schiano - per reperire i fondi necessari per l'installazione di telecamere, che ci aiutino a identificare i veri assassini quotidiani del territorio, che preferiscono impiegare il proprio tempo per distruggerlo anziché valorizzarlo».

18/01/2011 Pontecagnano (SA), tomba etrusca recuperata in autostrada (Il Mattino)

Una tomba d’epoca etrusca in uno dei cantieri dell’autostrada. Un piccolo tesoro trovato durante i lavori di scavo che dovrà ora essere rimossa e sistemata in un sito più idoneo, per essere esaminata e classificata dagli esperti. L’intervento di rimozione che sarà effettuato dopodomani, giovedì, in presenza di tecnici della Soprintendenza che sono stati subito informati del ritrovamento e che coordineranno l’operazione. I tempi previsti sono di sei ore circa.

15/01/2011 Pompei (NA), piove? si chiudono gli scavi (Il Mattino)

Piove? Gli scavi di Pompei chiudono. È l'ultimo provvedimento adottato dalla neo soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro. Intanto, nella mappatura delle aree a rischio crolli, sono state segnate le domus di «Pansa» e della «Fontana Piccola a Mosaico», ritenute inagibili in quanto interessate da fenomeni lesionativi delle strutture e, quindi, da ieri sono state interdette al pubblico. Tracciata la mappa del degrado della città sepolta, dunque, la dottoressa Cinquantaquattro, ha disposto che «in caso di nubifragio, forti venti o piogge persistenti, a titolo precauzionale, volto a garantire la pubblica incolumità, vengano tenute interdette all'accesso del pubblico case ed aree dove sono stati individuali elementi di pericolo. In caso di avverse condizioni climatiche, e per tutta la durata delle stesse, devono essere provvisoriamente chiuse, da parte del servizio di custodia, le case aperte al pubblico». Questo significa che quando pioverà, e senza preavviso, perché aldilà delle previsioni climatiche non si può stabilire con certezza l'arrivo dei temporali, i turisti, pur giunti a Pompei da ogni angolo del mondo, rimarranno fuori i cancelli degli scavi. L'ufficio tecnico della soprintendenza, secondo quanto disposto dalla Cinquantaquattro, con la massima urgenza dovrà provvedere a stilare un piano di interdizione di aree da chiudere precauzionalmente nei casi manifestati di avverse condizioni climatiche. Un provvedimento assurdo, secondo quanto afferma Antonio Pepe, segretario della Cisl/bac, che rasenta la «fanta-archeologia». «Pompei continua la svalorizzazione del sito - dice Pepe - chiuse le domus di Pansa e della Fontana Piccola, per motivi precauzionali, perché interessate da fenomeni lesionativi delle strutture? Una volta, quando si riscontravano delle situazioni di pericolo, si interveniva immediatamente per rendere agibili luoghi, domus, murature o edifici. Adesso si declinano le responsabilità chiudendo le case nelle more della messa in sicurezza. Ci auguriamo di sbagliare, ma siamo. convinti che quando si riscontra uno stato di pericolo bisogna intervenire con urgenza perché, al di là del pericolo per l'incolumità del turista o del personale, è necessario evitare che avvengano altri crolli e si perdano dei beni inestimabili. L'amministrazione farebbe meglio a mettere in campo squadre di operai per la manutenzione ordinaria e particolarmente per il consolidamento di murature».
Il personale dell'amministrazione, secondo i rapporti emanati dalla stessa soprintendenza, viene impegnato raramente in interventi manutentivi. Dei 32 operai, in organico agli scavi di Pompei, solo 3 sono realmente impegnati nelle mansioni di addetti alla manutenzione ordinaria. Considerando che solo nei siti dell'ex soprintendenza di Pompei si possono recuperare 89 operai da adibire alla manutenzione ordinaria delle strutture antiche, e se a questi si aggiungessero anche quelli in servizio negli altri siti dell'ex soprintendenza di Napoli e Pompei, forse si potrebbe risolvere il problema della manutenzione ordinaria a costo zero, senza dover ricorrere ad interventi straordinari. La Cisl denuncia, anche, il silenzio della nuova soprintendenza nei confronti dei sindacati. «Intanto - conclude Pepe - mentre rimaniamo in attesa che la soprintendente, la dottoressa Teresa Cinquantaquattro, si decida a convocare le organizzazioni sindacali per poter definire l'organizzazione del lavoro e un nuovo programma di tutela delle aree archeologiche, a Pompei continua la svalorizzazione del sito archeologico, peraltro già iniziata dal primo gennaio 2011 con la decisione unilaterale dell'amministrazione di chiudere alternativamente 13 Domus».

13/01/2011 Ottaviano (NA), il degrado della villa romana del Pensatore (Il Mattino)

Quelli del comitato civico «Agostino Cifariello», che stanno cercando di valorizzarla, l'hanno definitala «Villa del pensatore»: si trova, infatti, a 500 metri sul livello del mare ed è la più alta finora rinvenuta all'interno del complesso Vesuvio-monte Somma. Per questo - ragionano i volontari del comitato - doveva essere un luogo di riflessione ed eremitaggio. Certo è che la sua altezza non ha impedito ai tombaroli di tentare un vero e proprio saccheggio: se ne è accorta anche Caterina Cicirelli, funzionaria della Soprintendenza archeologica di Pompei, che ha effettuato un sopralluogo. Sollecitata dal vicepresidente del comitato, Gennaro Barbato, l'archeologa ha visitato la villa di Ottaviano, che si trova in località Cantariello e rappresenta uno dei tanti siti storici rinvenuti nella cittadina vesuviana. Risale all'età romana, con ogni probabilità è una villa rustica ed è stata scoperta circa 15 anni fa. Allora la Soprintendenza provvide alla catalogazione dei reperti e affidò al proprietario del fondo terriero la custodia della villa. Poi, null'altro: come molti altri tesori antichi del territorio vesuviano, la villa del Pensatore è rimasta pressoché nell'abbandono, in balia del tempo che passa e dei vandali. Ma anche dei tombaroli: è opera di ladri specializzati, infatti, il cunicolo che conduce fino agli scavi archeologici della villa, scoperto ieri. n tunnel è stato costruito con delle assi di ferro e consente di raggiungere il sito con una certa facilità. Possibile, dunque, che siano stati perpetrali più raid, anche se per adesso è impossibile stabilire con precisione cosa sia stato trafugato. Sarà ora una relazione della Soprintendenza e una denuncia del proprietario del fondo a dare il via alle indagini. Intanto, sarà affrontato il problema della valorizzazione della villa romana e della sua fruizione al pubblico. Nel corso del sopralluogo, Cicirelli ha constatato la disponibilità del proprietario del terreno a darlo in gestione al comitato «Agostino Cifariello», che da tempo cerca di dare il giusto risalto al patrimonio culturale e artistico di Ottaviano. Spiega il vicepresidente Gennaro Barbato: «Considerato il numero elevato di ville rustiche venute alla luce, tutte risalenti al II e al I secolo avanti Cristo, possiamo dire a ragion veduta che Ottaviano era una città importante, quasi al livello di Pompei. e Noia. Noi ci candidiamo a gestire questi siti, aprirli al pubblico per consentirne la conoscenza». In passato, il comitato ha già organizzato tour alla scoperta dei siti storici nascosti di Ottaviano. Cominciati a febbraio del 2010, nel corso dei mesi sono diventati un appuntamento fisso per centinaia di turisti e non grazie anche alla promozione del blog www.ottavianesi.it, che pubblica news, foto e immagini dei siti archeologici. «Abbiamo ricevuto e-mail con richieste di informazioni da tutto il mondo», spiega l'ideatore del blog, Marco Antonio Giorgio.

13/01/2011 Nola (NA), cercasi sponsor per il villaggio preistorico (Il Mattino)

Sponsor cercasi per il recupero del villaggio preistorico: è l’appello che l’associazione culturale Meridies ha lanciato agli imprenditori Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle e Gianni Punzo, impegnati nell’area con il progetto delle Ferrovie Ntv, dopo il cedimento nei giorni scorsi di una parete degli scavi, a causa delle forti piogge e dell’innalzamento della falda acquifera. In una lettera inviata ai tre imprenditori, Angelo Amato De Serpis, ex presidente dell’associazione nolana, da tempo è impegnata per sensibilizzare le istituzioni a prestare maggiore attenzione al sito archeologico, si è appellato alla loro sensibilità culturale, «già dimostrata in particolare da Diego Della Valle», che ha dato la sua disponibilità a contribuire al restauro del Colosseo. «La perdita delle capanne di Nola - spiega De Serpis - non è solo un grave danno archeologico e scientifico, ma è anche e soprattutto una mancanza di rispetto nei confronti delle persone che le hanno costruite, abitate e vissute quattromila anni fa».

10/01/2011 Nola (NA), rimpallo di accuse per il villaggio (Il Giornale di Napoli)

La Regione Campania ha acquisito, su richiesta del MiBac (ministero dei Beni e attività culturali), nel febbraio del 2007 l\'area interessata dai siti archeologici dell\'età del Bronzo Antico rinvenuti in località Croce del Papa del Comune di Nola. L\'area in questione è stata successivamente consegnata alla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, su specifica richiesta della stessa, ai fini della sua migliore conservazione e tutela. Allo stato, dunque, la Regione Campania non può intervenire con progettazione propria sul sito in relazione al fenomeno di dissesto idrogeologico che sta interessando l\'area. Ciò non esclude, però, un interessamento da parte del Demanio Regionale, la cui competenza è in capo all\'assessore regionale, onorevole Ermanno Russo. «Più che di assenza della Regione Campania, come qualcuno strumentalmente va sostenendo — commenta Giuseppe De Mita, vice presidente della giunta regionale della Campania e assessore con delega ai beni culturali — sarebbe corretto parlare di non competenza della Regione Campania. La tutela e la conservazione del villaggio dell\'età del Bronzo di Nola, infatti, rientrano nelle competenze proprie del MiBac. Il problema comunque esiste e resta e non può certo essere risolto attraverso la strada della polemica. Il percorso più corretto e al quale va dato seguito immediato è quello che passa per la convocazione di una Conferenza dei Servizi alla quale partecipino tutti gli enti e i soggetti coinvolti e che individui modalità di intervento, progettazioni possibili e risorse necessarie». Infine, in riferimento ad una delibera della precedente giunta regionale — atto che spesso viene richiamato da qualche consigliere regionale - con la quale si individuavano risorse per il Villaggio dell\'Età del Bronzo di Nola, va chiarito che il provvedimento in questione non aveva la necessaria copertura finanziaria. La delibera faceva, infatti, riferimento a fondi Fas non resi disponibili dal Cipe e a fondi Por che avrebbero dovuto essere messi a bando. Inoltre, la progettazione prevista in quella delibera di giunta regionale non faceva riferimento ad interventi di risanamento idrogeologico dell\'area in questione, bensì ad attività di valorizzazione e di promozione del sito.

08/01/2011 Nola (NA), chiesto l'intervento dell'Unesco per il villaggio preistorico (Repubblica)

Nola chiede la tutela dell´Unesco per il Villaggio preistorico. Si è tenuto ieri il consiglio comunale straordinario convocato dal sindaco di Nola Geremia Biancardi e alla fine la soluzione è stata quella auspicata: bipartisan. La richiesta, insieme a quella dell´intervento dell´organismo internazionale che si prende cura del patrimonio culturale internazionale, è stata di un tavolo istituzionale con ministero, Regione e Comune, insieme per trovare una soluzione alla situazione di distruzione che attanaglia il Villaggio preistorico. Ma la Regione, pur invocata da più parti, resta citata in un foglio di carta. Pur proprietaria del sito, non batte ciglio e non interviene di fronte a quanto sta accadendo. In seconda battuta il consiglio ha scritto del deliberato finale di prendere anche in considerazione il fatto che, dopo la riduzione dell´acqua di falda e il consolidamento di quello che resta, si possa prevedere anche un allargamento dello scavo con il dissotterramento delle altre capanne e magari altri importanti reperti, come quelli conservati nel Museo archeologico di Nola.
Piccole schermaglie politiche ce ne sono state, nella mattinata di ieri, dopo una settimana circa di polemiche, ma sostanzialmente tutti si sono detti concordi sulla necessità di darsi da fare per non perdere definitivamente l´insediamento dell´Età del Bronzo antico. Basterà la presa di posizione di un Comune? Chiesto, ieri mattina, anche l´intervento della Protezione civile. «Non certo - dice Angelo Amato de Serpis dell´associazione Meridies che ha gestito in questi anni il sito - un commissariamento come è stato per Pompei, ma un intervento per la falda nell´intero territorio del Nolano colpito da un fenomeno di cui nessuno sembra preoccuparsi».
Silenzio totale da parte del palazzo di Santa Lucia. Il comitato pro-villaggio ha chiesto un incontro a Napolitano per consegnare le 3.500 cartoline che su una facciata hanno la foto dell´idolo femminile ritrovato nello scavo e dall´altra parte l´appello firmato dai sostenitori. «Avrei preferito che ci fosse una richiesta urgente di incontro con il ministro Bondi - puntualizza Amato de Serpis - doveva essere la prima cosa». «E pensare - commenta Antonio Marciano, coordinatore del Pd Campania - che avevano messo al primo posto la valorizzazione del patrimonio storico e artistico, invece dal sequestro in poi, quattro giorni di silenzio dalla Regione e nessuna idea di riscatto per questa comunità, era l´occasione per sbloccare risorse che c´erano e fare di più e meglio di noi negli anni passati».

08/01/2011 Pompei (NA), i sindacati rispondono sulla chiusura delle tredici domus (Il Mattino)

Cisl, Uil e Unsa rompono il silenzio sulla chiusura, dal primo gennaio, delle tredici domus dell\'area archeologica consegnando volantini in tre lingue ai turisti, (inglese, francese e italiano), fuori agli ingressi degli scavi, per spiegare il perché «dell\'uccisione della cultura». Puntano il dito contro la soprintendenza e dicono: «I soldi ci sono e la volontà dei lavoratori pure. Perché la soprintendenza non vuole trattare?». E\' dal 28 luglio 2010, (ben cinque mesi prima che scadesse l\'accordo siglato con i sindacati per mantenere aperte le case nonostante non ci fossero addetti alla vigilanza sufficienti), che i lavoratori hanno chiesto un tavolo di confronto per allungare l\'apertura delle domus fino al 31 dicembre 2011. «La nuova soprintendente, Teresa Elena Cinquantaquattro, non ci ha ancora convocati neanche per presentarsi», dicono i rappresentanti sindacali. «La chiusura delle domus - spiega Antonio Pepe della Cisl - è un duro colpo al turismo. Così la soprintendenza uccide la valorizzazione degli scavi di Pompei. L\'amministrazione, unilateralmente, ha deciso la chiusura delle tredici domus. Una decisione a sorpresa, senza alcun preavviso, anche per le organizzazioni sindacali che, tra l\'altro, avevano chiesto, più volte, un incontro per concludere le trattative. Il 28 luglio di un anno fa tutte le sigle sindacali avevano dato il loro consenso ad accantonare i fondi necessari ad assicurare che le 13 domus rimanessero aperte fino al 31 dicembre 2011, a patto che venissero evitate sperequazioni nella retribuzione dei compensi». Al fine di incrementare l\'offerta culturale del sito archeologico, il personale si era detto disponibile a lavorare, su base volontaria, anche nel giorno di riposo al costo pro-capite di 45 Euro al netto. I soldi ci sono, secondo i sindacati, «considerato che gli incassi hanno avuto un incremento del 10% dovuto prevalentemente all\'apertura al pubblico delle domus in questione». La soprintendenza, intanto, ha redatto un calendario di apertura a giorni alterni delle domus chiuse dal primo gennaio. «Al di là degli annunci bluff dell\'apertura programmata a giorni alterni - spiega Pepe - le domus restano clamorosamente sbarrate perché manca il personale. A che serve una calendarizzazione degli ingressi se il personale in servizio non è sufficiente». Secondo il calendario diffuso dalla soprintendenza le turnazioni sarebbero così ripartite: il lunedì e il mercoledì aprirebbero le case degli Amorini Dorati, della Caccia, della Fontana Piccola; il martedì e giovedì le case di Marco Lucrezio Frontone, del Poeta Tragico e dell\'Ara Massima; il venerdì le case di Obellio Firmo, di Meleagro, di Casca Longus; sabato e domenica le Casa di Polibio e dei Casti Amanti (visita guidata, solo turno antimeridiano), dei Dioscuri, dei Quattro Stili, del Larario di Achille. «La soprintendenza non dice che il personale - incalza il dirigente sindacale - non è sufficiente neanche per aprire a giorni alterni, sbaglia anche a stilare l\'elenco delle case. Le domus della Caccia, del Poeta Tragico, del Larario di Achille, di Meleagro e dei Dioscuri non rientrano tra le domus chiuse. Ne fanno, invece, parte le case di Sallusto, del Menandro, il Foro Boario e il Termopolio Questa la cronaca di una sconfitta di un amministrazione poco attenta, l\'ennesima gaffe da registrare, forse per aver avuto tre soprintendenti, precari e ad interim, che si sono avvicendati nel giro degli ultimi quindici mesi».

07/01/2011 Nola (NA), manifesto a lutto per il villaggio preistorico (Repubblica)

Un funerale e un manifesto listato a lutto per la "Pompei della Preistoria". «Dopo 4000 anni - recita il foglio che tappezza la città di Nola, firmato dal Pd e dalla "cittadinanza tutta" - si spegne di nuovo tragicamente il Villaggio preistorico». In rivolta a Nola l´opposizione in Comune, che tuona contro Soprintendenza di Napoli e Pompei e quindi ministero Beni culturali, e contro la Regione, che dal 2009 è proprietaria del sito archeologico. I comitati hanno organizzato un funerale simbolico del sito. Un putiferio che si è scatenato dopo il sequestro della Procura di Nola per il crollo di parte del terrapieno che si è aggiunto agli allagamenti della falda sotterranea.
Da una parte l´associazione Meridies, che ha gestito fino alla chiusura per allagamento le visite al sito, sollecita il sindaco di Nola a tentare di salvare il Villaggio preistorico chiedendo lo stato di calamità naturale e l´intervento della Protezione civile. Dall´altra un comitato civico, "Gli amici del Marciapiede", autori di un primo appello all´allora presidente della Repubblica Ciampi, ora chiedono con una durissima lettera che il funzionario della Soprintendenza, l´archeologo Giuseppe Vecchio, «lasci l´incarico». Un altro appello con 3500 firme da consegnare a Napolitano viene promosso dal comitato "Salviamo il Villaggio preistorico".
«Ma continua a non esserci alcuna presa d´atto ufficiale - denuncia il coordinatore del Pd di Nola, Attilio Di Lauro - né dell´assessore regionale competente, De Mita, né di quello al Demanio, Russo: cosa tanto più grave perché è di Marigliano e abita a tre chilometri dal Villaggio. La Regione deve spiegarci perché non sblocca i finanziamenti di 21.4 milioni per il nolano. La cosa ridicola è che il centrodestra ora dice che è poca cosa per il Villaggio la somma prevista di 100 mila più 60 mila, ma a deciderlo furono proprio i sindaci, e quello di Nola era di centrodestra come loro».
Oggi è previsto il consiglio comunale straordinario indetto a Nola. «Speriamo in una decisione bipartisan - prosegue Di Lauro - una votazione congiunta di un deliberato per aprire un tavolo di concertazione con tutte le autorità interessate». La vicenda è seguita con attenzione da Antonio Marciano, coordinatore della segreteria Pd Campania e consigliere regionale: «Il mio auspicio è che la giunta regionale sia presente al consiglio comunale e che in quella sede possa assumere impegni precisi e concreti sbloccando le risorse e aggiungendo tutte quelle necessarie. Accanto a questo, impegnare immediatamente i mezzi e le risorse umane per la protezione e per togliere l´acqua. Il tempo per i traccheggiamenti e gli imbarazzi è scaduto».
Intanto però il Villaggio è diventato una palude. Secondo il geologo Giuseppe Chiera del comitato pro-Villaggio «è necessario stabilire accuratamente la direzione di flusso della falda, in quanto, analizzando le carte idrogeologiche per il Piano di Tutela delle Acque redatte dall´Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania si evince un andamento della falda diverso da quello riportato negli studi presentati dalla società incaricata dalla Soprintendenza». Il tecnico suggerisce un censimento dei pozzi e di intercettare la falda a monte del sito archeologico con opere di drenaggio da realizzare negli alvei limitrofi.

06/01/2011 Nola (NA), spiraglio per il villaggio preistorico? (Il Mattino)

Piove sul villaggio della Preistoria. Gocce d\'acqua sul bagnato di una falda che ha letteralmente sommerso le capanne e che ha contribuito allo smottamento dello scavo. Ma piovono anche le polemiche, soprattutto politiche, ingaggiate dopo il crollo avvenuto nel sito. Il Pd di Nola, con un manifesto listato a lutto ha annunciato una conferenza stampa che si terrà alle 12 proprio davanti ai cancelli del villaggio sui quali sono stati apposti i cartelli del sequestro del sito da parte dei carabinieri della compagnia di Nola, diretti dal capitano Andrea Massari. Per i democratici sarà il funerale ad uno dei pezzi più preziosi del patrimonio culturale cittadino dopo che «la giunta Caldoro non ha fatto proseguire l\'iter attraverso il quale sarebbero arrivati i fondi stanziati dall\'ex governatore Bassolino». Un nuovo affondo, dopo quello del consigliere regionale del Pd Antonio Marciano, che solo 48 ore fa ha rimarcato lo stesso concetto. Lo scontro si sposterà domani in consiglio comunale ma intanto la replica alle accuse arriva proprio dalla maggioranza in consiglio comunale. «Altro che funerale - dice il capogruppo del Pdl Michele Cutolo - gli amici della sinistra intendono celebrare il primo anniversario della scomparsa del sito, visto che il 16 aprile 2009, la Giunta regionale della Campania approvò il piano strategico di valorizzazione dei beni culturali dell\'area nolana, con il finanziamento di ben 21 milioni dei quali appena 100mila euro, furono stanziati per la salvaguardia del villaggio preistorico di Nola, ma mai erogati». Un botta e risposta che va avanti da giorni mentre si tenta di fare qualcosa di concreto per salvare quello che ancora c\'è da salvare del prestigioso ritrovamento che risale a 4000 mila anni fa.

06/01/2011 Pozzuoli (NA), strutture romane affiorano in Via Pergolesi (Il Mattino)

Da nove anni la strada che mette in collegamento la zona alta di Pozzuoli con quella costiera degli imbarchi e con il lungomare, è parzialmente interdetta al traffico per colpa delle frane e il maltempo di questi giorni avrebbe fatto affiorare nuovi reperti archeologici. Resti di strutture murarie datate attorno al I secolo dopo Cristo in un cantiere da sempre monitorato dalla sovrintendenza di Pozzuoli e ora si rischia l’ulteriore slittamento dei lavori di riapertura della strada. L’allarme lo lancia l’associazione «Pozzuoli deve vivere» attraverso il sindacalista Gennaro Prebenda e lo storico Raffaele Giamminelli. «Sembra che nei lavori di rifacimento del muretto di contenimento siano emersi nuovi, piccoli reperti – dicono Gennaro Prebenda e lo storico Giamminelli – Chiediamo al commissario Aragno e alla sovrintendenza di non rallentare ulteriormente i lavori, altrimenti Pozzuoli resterà paralizzata dal caos e dal traffico. È doveroso conservare degnamente i resti archeologici, ma una cittadina di 80mila abitanti e migliaia di turisti non possono essere ostaggi del traffico per reperti archeologici di scarso pregio e interesse storico-culturale». Dalla sovrintendenza nessuna conferma ufficiale, ma via Pergolesi resta nell’occhio del ciclone. Il primo cedimento strutturale nell’asse viario che passa davanti al carcere femminile di Pozzuoli e che funge da cerniera tra l’Anfiteatro Flavio e il Tempio di Serapide, avvenne nel 2001. A fatica si riuscì a far partire i lavori di ripristino del muro crollato. Un’opera ciclopica nei tempi di autorizzazione e avvio dei lavori, ma dalla modesta entità: nemmeno duecento metri da rimettere in sesto per riaprire l’intera carreggiata. A luglio scorso, però, ritorna la maledizione: un violento nubifragio si abbatte su Pozzuoli con l’ennesimo crollo nel medesimo tratto di via Pergolesi e l’istituzione del senso unico di marcia. Sulla vicenda intervenne a metà ottobre anche il commissario straordinario del Comune di Pozzuoli, Roberto Aragno. «Una volta avviati i lavori, questi dovrebbero essere completati in circa otto mesi – disse Aragno – Siamo consapevoli del disagio sofferto dalla cittadinanza, ma seguiamo la vicenda con estrema attenzione». Ora si temono nuovi ritardi, mentre la pioggia battente di ieri ha mandato ancora una volta in tilt la circolazione automobilistica nella zona, ma anche in via Ragnisco e via Campi Flegrei, mentre la galleria del Campiglione si è allagata per buona parte dei suoi quasi due chilometri di lunghezza.

05/01/2011 Nola (NA), sequestrato il villaggio preistorico (Il Mattino)

Dopo il crollo arriva il sequestro: i carabinieri di Nola hanno apposto i sigilli al villaggio della Preistoria. Il provvedimento apre ufficialmente un'inchiesta, coordinata dalla Procura di Nola, per verificare le eventualità responsabilità sulla vicenda. Si cercherà di capire, insomma, se la frana che ha interessato una parte dello scavo poteva essere evitata e da chi. Ma si lavorerà anche per comprendere la causa dello smottamento. Fascicolo aperto, dunque, mentre divampa la polemica politica e il balletto degli addebiti assume il ritmo velocissimo delle dichiarazioni e dei comunicati stampa che si susseguono senza sosta. L'ultimo alle 18 di ieri ha annunciato la convocazione di un consiglio comunale straordinario monotematico. L'ordine del giorno che sarà affrontato venerdì mattina alle 12 dall'assemblea cittadina sarà, ovviamente, la salvaguardia del sito che ospitai calchi delle capanne dell'età del Bronzo. «L'importanza dell'argomento impone una valutazione politica accurata e meticolosa che non dia adito a strumentalizzazioni - spiegali presidente del consiglio comunale di Nola Francesco Pizzella - per questo ci confronteremo per elaborare una proposta concreta. Tutto ciò nella consapevolezza delle limitazioni che il Comune ha nei confronti della questione, visto che il sito è di proprietà regionale ed -è vincolato dalla Soprintendenza». L'idea è quella di convocare un tavolo intorno al quale far sedere tutti i soggetti che a vario titolo hanno competenza sul sito. Ma intanto prosegue la querelle sulle risorse stanziate e mai arrivate. A riproporla è il consigliere regionale del Pd, Antonio Marciano: «La giunta Bassolino aveva stanziato per l'area nolana ben 21 milioni di euro per dare vita a un piano strategico di rilancio e valorizzazione pienamente condiviso dalle amministrazioni comunali interessate. Il progetto prevedeva anche lo stanziamento di 100mila euro per il villaggio. Il governatore della Campania Stefano Caldoro ci faccia adesso sapere che fine hanno fatto quelle risorse immediatamente disponibili». Sulla stessa lunghezza d'onda anche il capogruppo dei democratici in consiglio regionale Giuseppe Russo e il coordinatore del partito nolano Attilio Di Lauro che chiedono all'assessore regionale De Mita di riferire in consiglio regionale sulle misure concrete da adottare per salvare la Pompei della Preistoria e per evitare che le capanne possano essere nuovamente sotterrate. Infine l'affondo di Massimiliano Manfredi, presidente provinciale del Pd di Napoli: «Non vorrei che il centrodestra che, è bene ricordarlo, governa Regione, Provincia e da tempo immemorabile la città di Nola si ricordi di questo territorio, come ha preannunciato il Presidente della Provincia Cesaro, solo per portarci nuove discariche. Sarebbe molto triste e il Pd a tutti i livelli non lascerà che tutto ciò accada nel silenzio generale». La polemica è servita, insomma, ma le risposte non si fanno attendere. «La politica scellerata è stata quella del Pd. I 21 milioni di euro tanto sbandierati fino ad oggi - reagisce piccato il primo cittadino di Nola Geremia Biancardi - sono stati un semplice spot elettorale. Gli unici soldi che si sono visti sono stati quelli utilizzati per pagare i cartelli che hanno promosso l'iniziativa. Vorrei solo ricordare al Pd che è stato Bassolino a far diventare il nolano la pattumiera della Campania e che oggi tutto questo non accadrà perché ci saremo noi a difendere il nostro territorio».

04/01/2011 Nola (NA), crolla il villaggio preistorico (Il Mattino)

Frana nel villaggio preistorico di Nola, che conta 4000 anni. Non è una calamità naturale ma l'incuria ad aver danneggiato la Pompei dell'età del Bronzo. Una parte dello scavo è crollata a causa delle intemperie e solo le tettoie sovrastanti i reperti hanno impedito che i detriti distruggessero tutto. Frana sul villaggio preistorico, capanne devastate. Nola come Pompei: disastro annunciato nell'area archeologica sepolta dal Vesuvio 4mila anni fa

Una frana nel villaggio della Preistoria di Nola. L'altra Pompei subisce un altro duro attacco: una parte dello scavo è crollata per effetto delle intemperie. Per fortuna le tettoie che sovrastano i reperti hanno impedito che i detriti si abbattessero su quelle preziose testimonianze di un passato che conta quattromila armi. I danni sono stati limitati ma il pericolo non è di certo scampato. Il fenomeno potrebbe ripetersi ancora e, viste le condizioni in cui versa il sito, per le capanne dell'età del Bronzo antico questa volta potrebbe non esserci più scampò. Eppure quanto è accaduto all'interno di quel buco recintato non può chiamarsi certo una calamità. L'incidente non era di certo inaspettato visti gli allarmi che proprio nelle ultime settimane si sono succeduti. Il villaggio di Croce di Papa è stato praticamente ingoiato dall'acqua di una falda acquifera sotterranea che negli ultimi due anni è cresciuta di quasi due metri. La Nola della Preistoria da città sepolta è diventata città sommersa. Dopo la distruzione a causa dell'eruzione del Vesuvio, detta delle Pomici di Avellino, il villaggio deve difendersi ancora, ma questa volta dall'incuria e dalle ragioni di cassa. Ieri mattina si è temuto il peggio. Tanto che sono immediatamente accorsi i tecnici della Soprintendenza archeologica per verificare i danni provocati dal crollo. Sono state scattate foto ed effettuati dei rilievi che non hanno evidenziato particolari problemi. Il disastro è stato sfiorato però, visto che le pensiline sistemate sopra le strutture si sono incrinate sotto il peso della frana. Gli esperti torneranno nelle prossime ore per effettuare uno' studio più dettagliato sulle cause, ma intanto a voce ancora più alta si grida allo scandalo. Ed i primi a pronunciare il laconico «lo avevamo detto» sono stati volontari di Meridies, l'associazione culturale da sempre in prima linea perla difesa del villaggio: «Un'altra pagina nera - dichiara Michele Napolitano, presidente di Meridies - viene scritta nella storia della tutela dei beni culturali del nostro territorio». Anche il sindaco di Nola, Geremia Biancardi non nasconde l'amarezza: «A questo punto è inutile chiedere risorse per salvare il villaggio se prima non si conoscono le cause che lo stanno distruggendo. Occorre uno studio geologico serio che faccia luce sul fenomeno, altrimenti si perde solo tempo prezioso. Il Comune, nei limiti delle proprie possibilità, cercherà di fare la propria parte investendo della questione la facoltà di geologia». Per il consigliere regionale del Pd Antonio Marciano invece il disastro poteva essere evitato «se i fondi stanziati dalla precedente amministrazione regionale non fossero finiti nella tagliola del governo Caldoro».

L'archeologo Giuseppe Vecchio: in pericolo anche le abitazioni c'è acqua, dissesto in tutta la zona

«Adesso le capanne dobbiamo sotterrarle davvero»: quella che sembrava una provocazione è diventata oggi una necessità. E Giuseppe Vecchio, archeologo e responsabile della Soprintendenza di Napoli e Pompei, lo dice senza mezzi termini: «Il dissesto idrogeologico è un rischio che corre l'intera zona». Allora non c'è più nulla da fare? Il Villaggio dovrà tornare sotto terra? «Sì, se vogliamo preservarne l'integrità. L'obiettivo non è quello di toglierlo di mezzo ma di proteggere i reperti che hanno resistito al passaggio dei secoli». Ma così non ci sarà più memoria dello straordinario ritrovamento definito, per la valenza storica e scientifica, la Pompei della Preistoria... «Assolutamente, l'idea è di tutt'altra natura. Abbiamo disegnato un progetto che prevede l'interramento delle capanne e la realizzazione di un parco virtuale, dove le antiche strutture saranno integralmente riprodotte con un materiale più resistente come, ad esempio la resina». Già, ma le abitazioni originali, o meglio i calchi? «Saranno messe al riparo sotto speciali coperture mentre il resto dello scavo sarà riempito con sabbia e terra». Per far questo ci sarà bisogno di soldi. Crede che questa volta arriveranno? «Confidiamo nella sensibilità della politica Di quanti soldi ci sarà bisogno? «Occorrono almeno trecentomila euro». Ma si tratta di un progetto definitivo? Le capanne non saranno più riportate alla luce? «No, se in futuro riusciremo ad ottenere i fondi necessari ad affrontare un discorso complessivo, di recupero e valorizzazione dell'intero villaggio, di tutto quello che ancora non è stato portato alla luce e non soltanto delle capanne affiorate». Per far questo però occorrerà prima rimuovere le cause che provocano l'allagamento del sito. «E’ ovvio, ma sarà un'operazione costosissima che richiederà svariati milioni di euro oltre che il concorso istituzionale». A che cosa pensa? «Alla deviazione delle acque ed all'abbassamento della falda. In più dovrebbero essere create delle paratie e realizzati dei pozzi. Solo così potrà essere risolto un problema che non riguarda certo solo il villaggio della Preistoria». Cosa vuol dire? «Che quanto si verifica nel sito potrebbe essere il campanello di allarme di una situazione ben più pericolosa che non solo mette a rischio la storia ma l'incolumità pubblica. Nola, insomma, potrebbe tornare ad essere la palude che era all'epoca dei Borboni». Perché? «Dai primi studi effettuati sembrerebbe colpa dei pozzi di Luciano che non vengono più utilizzati e delle campagne che non vengono più coltivate». Solo questo? «No, potrebbe anche esserci qualche costruzione recente che ha deviato il corso dell'acqua. Bisogna indagare perché non è normale che una falda nel giro di due anni si alzi di quasi due metri, al ritmo di 80 litri al secondo».

02/01/2011 Pompei (NA), chiuse tredici domus per mancanza di fondi mentre nuove carte vengono sequestrate per i crolli (Il Mattino)

Archiviato un anno difficile, tra crolli e inchieste giudiziarie, il 2011 per gli scavi di Pompei comincia ancora con una brutta notizia. Da oggi tredici domus chiudono per carenza di personale e per mancanza di fondi: insomma, un altro schiaffo al sistema turistico, un altro danno all'immagine non solo degli Scavi ma dell'intera Campania e dell'Italia. L'accordo sindacale, siglato con i vertici della soprintendenza nel settembre 2008, è, infatti, scaduto lo scorso 31 dicembre e nelle casse dell'ente di porta Marina Superiore non ci sono soldi per rifinanziare il progetto. Due elementi che, venuti a mancare, hanno portato alla chiusura: degli Amorini Dorati, del Menandro, di Sallustio, di Marco Lucrezio Frontone, di Obellio Firmo, dell'Ara Massima, dei Quattro Stili, di Casca Longa, di Giulio Polibio, dei Casti Amanti, della Fontana Piccola a Mosaico, del Foro Boario e il Termopolio. Il 22 agosto del 2008 1'ex soprintendente Pietro Giovanni Guzzo annunciò, per il primo settembre dello stesso anno, l'apertura di diciannove nuove case della città antica. Dopo una lunga trattativa, sindacati e amministrazione, riuscirono a trovare un punto di incontro e ad individuare più di trenta unità di addetti alla vigilanza da impiegare in una doppia azione: il rilancio degli scavi e il riassetto organizzativi della soprintendenza di Napoli e Pompei. L'accordo, che ha previsto l'utilizzo di personale interno alla soprintendenza a costo zero, in questi due anni, oltre a far registrare un maggiore guadagno sugli introiti per un'offerta maggiore, ha fatto risparmiare alla soprintendenza qualcosa come ottocento-sessantamila euro, soldi reimpiegati per i lavori di restauro dell'area archeologica. La scadenza dell'accordo e il decennale blocco del turnover hanno, dunque, portato alla chiusura di tredici tra le più belle e suggestive domus dell'antica città. La delusione dei turisti, che da questa mattina apprenderanno dagli addetti alle biglietterie che molte delle case per le quali sono volati fino a Pompei sono chiuse, è prevedibile. È successo in altre occasioni e si ripeterà ancora una volta, come quando per anni i turisti hanno improvvisamente trovato chiuse le biglietterie o hanno dovuto attendere per ore sotto il sole d'estate o al freddo d'inverno. Anche se segnate sulla cartina dell'antica città la domus degli Amorini Dorati, la casa dei Casti Amanti e della Fontana Piccola a Mosaico, il Termopolio, l'Ara Massima e altre domus, non sono più visitabili, non perché inagibili, perché non ci sono i soldi e il personale sufficiente per mantenerle aperte. «Una vergogna» dicono gli operatori turistici. La neo soprintendente, Teresa Elena Cinquantaquattro, ha un'emergenza in più da affrontare e da arginare. Per il sindaco Claudio D'Alessio «limitare l'accesso dell'area archeologica ad un numero minimo di ambienti, dopo i crolli e le inchieste giudiziarie, danneggia ulteriormente l'immagine della città». «Pompei si è candidata a diventare capitale europea del turismo - ha detto il primo cittadino - e come amministrazione stiamo affrontando sforzi economici notevoli per dotarla di tutti i servizi e i comfort necessari per un'accoglienza pari al suo eco mondiale. La soprintendenza dovrebbe fare lo stesso impiegando risorse umane ed economiche per offrire sempre di più ai turisti». Chiudere tredici tra le domus più suggestive non è, di certo, una buona pubblicità. Operatori turistici e imprenditori, la cui economia ruota intorno al business archeologico si dicono pronti a manifestazioni pubbliche per «convincere il governo a intervenire per reperire i fondi necessari per aprire totalmente la città eterna e non vietarla ai turisti».

Inchiesta scavi: la procura di Torre Annunziata dispone nuovi sequestri. Gli inquirenti scavano tra i documenti vecchi di dieci anni. I carabinieri, coordinati dal capitano Luca Toti, hanno acquisito la documentazione relativa ai crolli che interessarono i laboratori della falegnameria dell'area archeologica di Pompei nei primi mesi del 2001. Un episodio che risale dunque a dieci anni fa e che era stato in parte dimenticato, se non dagli addetti ai lavori. Ora dopo i crolli di novembre quel caso torna alla ribalta. All'epoca dei fatti le indagini, relative alle cause dei cedimenti della struttura, non portarono a nessun risultato. A distanza di anni, il sostituto procuratore Stefania Di Dona, titolare dell'inchiesta aperta all'indomani dei crolli che hanno interessato la «Schola Armaturarum» e il muro di contenimento della domus del Moralista, vuole vederci chiaro anche sulla vicenda avvenuta dieci anni fa e individuare un denominatore comune tra i vari episodi che hanno interessato l'area archeologica. Il ctu nominato dalla procura oplontina, il professor Nicola Augenti docente del dipartimento di ingegneria dell'università Federico II di Napoli, sta lavorando sulla perizia che determinerà le cause dei crolli della scuola dei gladiatori. I legali dei destinatari degli avvisi di garanzia, accusati dalla magistratura di crollo colposo, (l'ex soprintendente Pietro Giovanni Guzzo, il direttore degli scavi e vice soprintendente Antonio Varone, il capo dell'ufficio tecnico Valerio Papaccio, l'architetto restauratore Paola Rispoli, il geometra Aldo Borrello, l'ingegnere Enrico Visciano, l'architetto Maria Grazia Del Greco, (ex funzionaria), la titolare della ditta Caccavo, Anna Maria Caccavo e Giovanni Ausiello, titolare della ditta Reco di Boscoreale), a loro volta stanno acquisendo atti volti a scagionare dalle accuse i propri assistiti. Il capo della procura di Torre Annunziata, Diego Marmo, nonostante le difficoltà a cui è sottoposta quotidianamente la procura oplontina, per il super carico di lavoro e per la mancanza di sostituti procuratori, al caso Pompei ha dato la priorità assoluta, affidando le indagini all'esperienza investigativa del capitano della compagnia dei carabinieri di Torre Annunziata Luca Toti. Il procuratore capo Diego Marmo ha, in più occasioni, affermato che seguirà personalmente l'inchiesta dal momento in cui il titolare del fascicolo sarà trasferito in altri uffici per una sua precedente richiesta.