The Wayback Machine - https://web.archive.org/web/20131202110652/http://www.iprimiditalia.it:80/proposito_primi_singola.php?&idcat=126
Anna Moroni
Claudio Sadler
Gaetano Trovato
Mauro Uliassi
Simone Rugiati
IL FESTIVAL 2.0 PARTNER COME RAGGIUNGERCI OSPITALITA' AREA STAMPA CONTATTI
    Facebook     Twitter

La storia della polenta

Pane dei poveri, ma palestra di fantasia per le nostre nonne.
Gialla, morbida e fumante e’ rimasta a lungo unico sostegno alimentare per contadini e montanari soprattutto nell’Italia settentrionale; oggi rappresenta una ricercata specialità gastronomica.
La sua storia corre parallela a quella dell’uomo e all’evoluzione delle sue forme di alimentazione.  Infatti le polente, intese in senso generico, sono senza data, e le modalità di base della loro preparazione rimangano sostanzialmente le stesse : la cottura in acqua di cereali ridotti in polvere.
Innanzi tutto il temine “polenta” non ha nessuna etimologia.
Conosciuta già dai Greci e dai Romani,  conserva nel suo nome la sua origine latina, puls. La polenta allora era fatta con il farro, una specie di riso dal chicco duro, ma non aveva la consistenza della polenta di mais. Si condiva con latte, formaggio, carne di agnello, maiale e salsa acida ed  era conosciuta in tutta l’area mediterranea. Famose sono le polentine tramandataci nelle ricette di Plinio e Apicio, vecchie più di due millenni.
Ricette di polenta di castagne, di miglio e polente di spelta ci sono state lasciate da Maestro Martino da Como, cuoco del Patriarca di Aquileia (XV secolo). Nel De honesta voluptate et valetutdine dello scrittore Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, alla fine del XV secolo,  ritroviamo la polenta di farro.
I legionari romani portavano con sé un sacchetto di farina di farro che cucinavano sotto forma di polenta.
 Oggi quando parliamo di polenta intendiamo un impasto di farina di mais. Ed anche per questo nuovo cibo dobbiamo ringraziare Cristoforo Colombo che, al ritorno dal primo viaggio nel Nuovo Continente, portò con se alcuni semi di una pianta chiamata mahiz (grani d’oro, dal nome indigeno deriva anche il nome botanico della pianta, Zea mays). Alcuni reperti paleobotanici hanno permesso di stabilire che il mais veniva coltivato da almeno 3000 anni in varietà simili a quelle contemporanee ed era sicuramente conosciuto da Maya e Aztechi.Le prime coltivazioni si diffusero in Europa trent’anni dopo la scoperta dell’America, in Andalusia introdotte dagli Arabi che lo impiegavano come foraggio; verso il 1520 la coltivazione si diffonde in Portogallo, di seguito in Francia e nell’Italia del Nord. Tra il 1530 ed il 1540 arriva a Venezia. Inizialmente veniva coltivato a scopo di studio in orti e giardini di appassionati botanici, ma la prima regione italiana a coltivarlo in campi veri e propri fu il Veneto, dove venne introdotto prima del 1550, secondo quanto afferma  Ramusio, storiografo e geografo al servizio della  Serenissima.Dal Veneto, il mais si diffuse in Friuli, dove la sua presenza e’ documentata dal 1580, quindi nel bergamasco. A Milano, una grida del 1649 dispone l’apertura del mercato alla vendita del mais per contrastare la penuria di altri grani.Da qui ha proseguito verso l’attuale Ungheria del Sud e la penisola Balcanica.I veneziani lo trasportarono nel vicino oriente durante i loro viaggi, mentre gli spagnoli contribuirono alla diffusione del bacino del Mediterraneo ed in Asia ; i portoghesi lo introdussero in Africa.Il mais venne chiamato grano turco per indicare la sua origine straniera, infatti con il termine turco nel XVI secolo si identificava tutto ciò che aveva origini coloniali. In Piemonte si diffuse a metà del ‘700 e da subito andò ad occupare un posto di rilievo nella cucina locale.

Dopo aver incuriosito i raffinati palati del signori dell’epoca, la polenta fu presto bandita e divenne il cibo della dieta delle classi meno abbienti. All’inizio dell’Ottocento, periodo di guerre e carestie, fu il piatto più consumato dai contadini, spesso del tutto scondito, perché costava meno del pane e riempiva la pancia. Ma era un cibo povero carente in principi nutritivi, soprattutto di vitamine e fu la causa del diffondersi della pellagra, che divenne in breve una piaga sociale. Tale patologia comparve per la prima volta in una monografia italiana del 1771 che ne descriveva la diffusione proprio fra i mezzadri che vivevano di polenta. La malattia non era conosciuta dagli indigeni d’America perchè usavano trattare il cereale con sostanze alcaline.

 


Le Ricette del Festival Le Vostre
Ricette
A proposito di Primi... Premio i Primi d'Italia
La Molisana Sacla Conad AC Pentole Agnelli Pietro Coricelli Brunelli  
Epta Srl Socio Unico Confcommercio Provincia di Perugia - Via Settevalli, 320 - Perugia - Tel 075.5005577 / Fax 075 5009990
Codice Fiscale e P.Iva 01565000542 - Iscrizione REA PG n. 147164 / Capitale Sociale � 50.000,00