The Wayback Machine - https://web.archive.org/web/20190401224017/https://www.lastampa.it/2018/06/01/italia/nasce-il-governo-legams-salvini-e-di-maio-vice-che-pesano-pi-del-premier-iWRvm6d4yZDNTGt1UQwpOO/pagina.html

Nasce il governo Lega-M5S: Salvini e Di Maio vice che pesano più del premier

Nuovo incarico a Conte. Savona indica Tria all’Economia per sbloccare lo stallo. Il ruolo di Zaia e degli imprenditori del Nord per convincere il leader della Lega
AFP

Luigi Di Maio e Matteo Salvini


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Pubblicato il 01/06/2018
roma

La mossa di Luigi Di Maio ha riportato improvvisamente le lancette indietro, al governo politico giallo-verde presieduto da Giuseppe Conte. Come se nulla fosse successo, l’anonimo professore si è ripresentato alle telecamere quattro giorni dopo, semplicemente con una cravatta diversa.

Dopo i fulmini di rabbia, la richiesta di impeachment, il grido «al voto al voto», mercoledì il leader M5S Luigi Di Maio a sorpresa ha proposto di spostare Paolo Savona a un altro dicastero per superare l’impedimento posto dal Capo dello Stato. Matteo Salvini si è trovato chiuso in un angolo, pressato anche da ambienti produttivi vicini al suo partito. Rifiutando di rimettersi attorno a un tavolo con i 5 Stelle e portando il Paese al voto per fare il pieno di consensi, il segretario del Carroccio avrebbe dimostrato di avere a cuore le sue ambizioni politiche, senza tener conto delle perplessità che montavano attorno a lui. Non solo: nelle ultime ore molti dirigenti leghisti gli hanno suggerito di non imputarsi sull’economista Savona. Troppo alto il rischio di trascinare gli italiani alle urne in piena estate, con tutto quello che ne sarebbe conseguito in termini di instabilità politica, di agitazioni nei mercati. Gli imprenditori e gli artigiani del nord che sono la base della Lega, oltre al governatore veneto Luca Zaia, gli hanno fatto sapere che non era il caso di mandare tutto all’aria, anche perché chi avrebbe assicurato alla Lega un risultato eccellente se la campagna elettorale fosse stata declinata sulla sfida Euro sì o no?

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Salvini è stato costretto a rimangiarsi i furori anti-euro che fino a un anno fa caratterizzavano le sue uscite pubbliche, perché la moneta unica, con la quale lavorano le imprese italiane, se messa in discussione, anche solo come una minaccia per trattare con l’Europa, avrebbe falcidiato i risparmi, messo in difficoltà chi paga la casa con i mutui e messo in crisi l’export delle aziende di Lombardia e Veneto.

Così, di fronte a questi scenari nefasti, Salvini si è convinto a non rompere. Ma c’è anche un’altra chiave di lettura che ci porta ai 5 Stelle. Luigi Di Maio si era seduto al tavolo avendo in tasca nuovi sondaggi che davano M5S in crescita, non più in caduta come era sembrato fino al giorno prima. Il leader grillino era deciso a non mostrarsi timoroso di tornare alle urne. Tanto meglio se fossero state a luglio, se il governo di Carlo Cottarelli, com’era molto probabile, non avesse ricevuto la fiducia. Difficile arrivare a a ottobre come avrebbe voluto Salvini: il capo della Lega avrebbe dovuto fare campagna elettorale in piena estate, con le fabbriche chiuse e i suoi elettori del Nord in spiaggia e in montagna. Mentre secondo i calcoli dei 5 Stelle, il grosso dei loro elettori, concentrati al Sud, sarebbe stato più propenso a recarsi alle urne.

Il rimpasto lampo

Ma c'era sempre quell’unica carta da spostare, per poter far risorgere il governo grillo-leghista, dove Di Maio e Salvini faranno da vicepremier i controllori di Conte. Chi mandare all’Economia? La scelta doveva essere indolore e accontentare il leader leghista. È stato lo stesso Paolo Savona a sbloccare l’impasse indicando l’economista amico Giovanni Tria. Salvini però, d’accordo con Di Maio, chiede a Savona di rimanere nel governo, come ministro agli Affari europei. Dopotutto, era stato il piano B di Savona a scatenare l’ultimo capitolo della crisi,un piano che prevedeva l’uscita dall’euro nel caso in cui Bruxelles e Berlino avessero puntato i piedi contro la possibilità di concedere all’Italia più flessibilità.

Alla fine il compromesso, benedetto dal Quirinale, è stato questo: Savona alle Politiche europee, Tria all’Economia ed Enzo Moavero Milanesi, un altro europeista ma gradito a Salvini nonostante fosse stato ministro dei governi Monti e Letta, agli Esteri. La Lega però strappa anche un’ulteriore concessione: perché alle Infrastrutture non va più il geologo ambientalista Mauro Coltorti, eletto senatore nelle fila dei 5 Stelle,ma il fedelissimo di Di Maio, Danilo Toninelli, più plasmabile in caso di un prevedibile dibattito con gli alleati sulle grandi opere.

Fratelli d’Italia

Ora però il governo dovrà fare i conti con le difficoltà dei numeri al Senato dove sono concentrati i malumori in casa M5S. Per questo motivo Salvini ha tentato di portare in maggioranza i 18 senatori di Giorgia Meloni. Non ci è riuscito e alla fine ha scaricato tutta la colpa su Di Maio preoccupato di apparire troppo sbilanciato a destra: «Roberto Fico e i suoi mi massacrerebbero». Eppure Fratelli d’Italia non voterà contro la fiducia: si asterrà. Forza Italia invece sembra orientata a un’opposizione più dura, almeno a parole visto che il ministro dell’Economia Tria è considerato vicino a Brunetta. In una telefonata con Salvini, Berlusconi ha espresso apprezzamenti per lui e per Moavero. L’ex Cavaliere tira un sospiro di sollievo, evita il voto e tiene in piedi il centrodestra: «È un patrimonio da tutelare - gli promette il leghista - Nonostante tu sarai all’opposizione e io al governo l’alleanza continua...»

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