10 giugno 2020 - 18:02

Stati Generali dell’economia, il centrodestra ha deciso: non ci andrà

Il no dei leader di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sorprende Conte: «È un evento istituzionale». Loro: «No a passerelle, pronti al confronto in qualunque altro momento»

di Marco Galluzzo

Stati Generali dell'economia,  il centrodestra ha deciso: non ci andrà
shadow

Al termine di un vertice in cui è fumata nera sui candidati alle elezioni regionali, il centrodestra prende comunque una decisione netta sui prossimi Stati generali dell’economia voluti dal capo del governo: non intende partecipare. A vertice ancora in corso una nota viene girata alla stampa, ed è quasi una porta sbattuta in faccia: «Il centrodestra è compatto sul no alla partecipazione agli Stati generali organizzati dal governo a Villa Pamphilj». È questa la decisione unanime di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani. I tre partiti hanno ribadito di essere pronti a confrontarsi con il governo «in qualsiasi momento, ma soltanto in occasioni e sedi istituzionali».

Ecco la spiegazione della decisione nella versione del leader della Lega: «Gli italiani non hanno bisogno di altri show e passerelle, c’è bisogno subito della cassa integrazione per milioni di lavoratori, soldi veri per imprenditori e famiglie, scuole aperte e sicure. Il luogo del confronto e della discussione è il Parlamento, non sono le ville o le sfilate. 60 milioni di persone non possono dipendere dall’umore di Rocco Casalino». Una posizione che ricalca quella della Meloni, all’uscita dal vertice. «Noi siamo sempre disponibili al confronto con il governo, lo dimostrano le decine e decine di proposte che abbiamo presentato in Parlamento ma su questi Stati generali c’è un problema di merito e metodo. Il problema di metodo è che gli Stati generali per noi sono il Parlamento della Repubblica: se ci si vuole confrontare con noi si fa nella sedi istituzionali, noi non partecipiamo a passerelle nelle ville. Il problema di metodo è che, proprio in queste ore, la Camera dei deputati discute il decreto Rilancio, ovvero come spendere 55 miliardi di euro che, insieme ai 25 precedenti, ipotecano il futuro per qualche anno. E, se qualcuno vuole parlare con noi, di questo deve parlare: di come si spendono questi 80 miliardi di euro, perché parlare di altro per ora non ci interessa».

La risposta del capo di governo, Giuseppe Conte, che è stato criticato anche dagli alleati, in primo luogo il Pd, per la decisione di convocare delle assise sull’economia, non si fa attendere. «Credo di aver dimostrato di andare in Parlamento in tutte le occasioni possibili e immaginabili. L’accusa di sottrarmi al confronto col Parlamento è un po’ ardita». Ma Conte respinge al mittente anche l’accusa di aver scelto come sede degli Stati generali villa Doria Pamphilj: «Ho letto delle opposizioni, lo sapete bene che quella villa è sede istituzionale di alta rappresentanza della presidenza del Consiglio. Invitarli lì per progettare l’Italia che vogliamo, l’Italia del rilancio è un gesto di attenzione nei loro confronti. Un luogo più istituzionale non si può, ci invitiamo anche capi di Stato e di governo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT