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Il premier incaricato, Giuseppe Conte, al Quirinale (lapresse)

Governo, il giorno della rinuncia di Conte. Ecco come è fallita la trattativa su Savona

Le ultime ore di mediazione in extremis terminano con un fallimento. Il premier incaricato ha rinunciato all'incarico dopo il faccia a faccia di un'ora con il capo dello Stato. In mattinata la mossa di Paolo Savona, ministro dell'Economia in pectore, che aveva provato a rispondere alle accuse di antieuropeismo. Ma le obiezioni sul suo nome sono rimaste. E l'attacco di M5S e Lega alla presidenza della Repubblica è già partito

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ROMA - È finito il tentativo di Giuseppe Conte. "Il professore ha rimesso il mandato", ha detto il segretario generale del Colle, Ugo Zampetti subito dopo le 20. Dunque, il premier incaricato rinuncia all'incarico.  Conte alla fine ha ringraziato Di Maio e Salvini per avere indicato il suo nome. Ha assicurato di essersi impegnato fino all'ultimo. Pochissime parole, in un clima tesissimo. Sono finite così ore drammatiche per la crisi politica. Nessun governo a 83 giorni dal voto: il periodo più lungo nella storia della Repubblica.

Il presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, era arrivato alle 19 al Colle. È rimasto un'ora faccia a faccia con Sergio Mattarella. Ma è stato tutto inutile. Già nel pomeriggio la trattativa per la formazione del governo era apparsa disperata. E il nodo principale è stato sempre quello del ministero dell'Economia: con il nome di Paolo Savona che non ha superato l'esame del Colle. Poco dopo le 18, i due leader della Lega e del M5s, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, erano saliti al Quirinale, probabilmente per un'ultima mediazione. Segno che la soluzione era ancora lontanissima. Anzi, che si andava verso la fumata nera. Con fonti Cinquestelle che dicevano: "Mattarella ha posto il veto su Savona".  Mentre Salvini, in un comizio - mentre era ancora in corso il faccia a faccia di Conte con il capo dello Stato - attaccava: "I nostri ministri avrebbero voluto lavorare. Per l'Italia decidono solo gli italiani. Se siamo in democrazia si torna a votare". E su Savona: "Se un ministro dà fastidio a certi poteri, vuol dire che è il ministro giusto. Chi non vuole il governo lo spieghi agli italiani".

Governo, Salvini: "Chi non vuole il governo lo spieghi agli italiani"

Insomma, l'attacco al Quirinale è già partito. Quando Conte non ha ancora rinunciato all'incarico, i toni sono già quelli della campagna elettorale. Mentre dal Quirinale si fa presente che in Costituzione non esiste l'istituto del veto e che semmai, in questo caso, ci si trova davanti a un irrigidimento delle forze politiche sulla squadra di governo.

Paolo Savona, l'uomo indicato dalla Lega e dai Cinquestelle come ministro dell'Economia, in mattinata aveva provato a sbloccare l'impasse sul suo nome. In un comunicato aveva detto: "Le mie posizioni sono note. Voglio un'Europa diversa, più forte ma più equa". Un tentativo di smontare le accuse di antieuropeismo, legate alle sue prese di posizione critiche sull'euro e sul ruolo della Germania, fonte di preoccupazione al Quirinale. Savona parla di "polemiche scomposte" maturate nelle ultime ore. E fa riferimento al contratto di governo tra Lega e M5S. Con la richiesta all'Unione Europea di una "piena attuazione degli obiettivi stabiliti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, confermati nel 2007 con il Trattato di Lisbona, individuando gli strumenti da attivare per ciascun obiettivo". Insomma, ancoraggio ai trattati europei. Poi auspica l'attribuzione "al Parlamento europeo di poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale". Propone di "creare una scuola europea di ogni ordine e grado per pervenire a una cultura comune che consenta l'affermarsi di consenso alla nascita di un'unione politica". Sempre facendo riferimento al contratto, parla di un impegno a ridurre debito pubblico e deficit "non già per mezzo di interventi basati su tasse e austerità", bensì "attraverso il tramite della crescita del Pil".
Nelle ultime ore erano circolate molte ipotesi di mediazione. Una (come anticipato da Repubblica in edicola) riguardava lo spacchettamento del ministero dell'Economia: da una parte le Finanze, dall'altra il Bilancio. Anche se la Lega aveva fatto resistenza. Si era parlato anche di un ruolo di viceministro dell'Economia affidato alla pentastellata Laura Castelli, con ampie deleghe: un modo per depotenziare i poteri di Savona. Un'ipotesi, questa, poi smentita da fonti M5s. Nel corso della giornata erano arrivate alcune dichiarazioni di fiducia sull'esito della trattativa. Danilo Toninelli: "Mattarella ha tenuto un percorso assolutamente lineare non essendo il presidente della Repubblica un organo di governo, ma un organo di garanzia e di unità nazionale". E lo stesso Davide Casaleggio aveva espresso ottimismo: "Piena fiducia per una soluzione ottimale". Ma erano, evidentemente, solo frasi di circostanza.

Su Savona, almeno fino a ieri sera, la Lega si diceva indisponibile ad arretramenti: "Se salta tutto, ci sarà una frattura tra il popolo italiano e i palazzi", aveva detto Salvini. E così è stato. Lo scontro è stato portato alle estreme conseguenze.

Sul futuro ministro dell'Economia è intervenuto anche quello uscente. "Il dibattito vero - ha spiegato Pier Carlo Padoan alla trasmissione Mezz'ora in più su Raitre - non ha a che fare con la figura di Savona, ma con la politica economica strategica fondamentale quale combinato disposto del contratto di programma, chiaramente insostenibile sulla politica di bilancio, e il fatto che esponenti della maggioranza non escludono un piano B. E cioè che di fronte alle pressioni dell'Europa si debba uscire dall'Europa. Questo è il nodo che va sciolto".

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In difesa del Colle erano intervenuti i vescovi italiani. Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della conferenza episcopale italiana (Cei), aveva lanciato un monito. "Ho fatto fatica in questi 83 giorni - ha detto a '1/2 ora in più sui Raitre - a distinguere il dialetto pre-elettorale, che ci sta tutto, dalla grammatica semplice ma impegnativa della Costituzione. Troppe volte ho visto confondere l'una con l'altra, ho visto attribuirsi prerogative che la Carta non prevede". "Non è solo il problema del professor Savona - ha specificato Galantino - ma è il clima che mi preoccupa". Sugli attacchi al Quirinale è intervenuto anche Avvenire, il quotidiano della Cei. Il direttore, Marco Tarquinio, nell'editoriale di prima pagina si augurava: "Salvini e Di Maio ritrovino il senso del limite. Nessun leader degno di questo nome e di una decente democrazia, può permettersi di tentare di imporre, con una sorta di tonante e assurdo assedio al Quirinale, le sue pretese riguardo a decisioni e nomine". Lo scontro sul Colle d'altra parte è appena cominciato.

 
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