21 Mar 2024

Consiglio Europeo e venti di guerra

Dall’Ucraina al Medio Oriente e dall’allargamento all’agricoltura, all’ordine del giorno del vertice europeo ci sono numerosi temi e un imperativo: aumentare le capacità di difesa comune.

Si vis pacem para bellum: se vuoi la pace, prepara la guerra. La locuzione latina potrebbe riassumere bene il senso della lettera inviata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel ai leader del blocco in vista del vertice in corso, oggi e domani, a Bruxelles. “Ora che ci troviamo di fronte alla più grande minaccia alla sicurezza dalla Seconda guerra mondiale – ha scritto Michel –  è giunto il momento di compiere passi radicali e concreti per essere difensivi, pronti e mettere l’economia dell’Ue sul piede di guerra”. Alimentato da quello che il presidente ha definito un nuovo “senso di urgenza” riguardo alla guerra in Ucraina, il discorso punta a un aumento radicale del sostegno militare e finanziario a Kiev. Al di là delle diverse sensibilità, il problema sono i soldi. Per passare dalle parole ai fatti, i 27 valuteranno anche l’ipotesi di confiscare miliardi di euro di interessi su asset e fondi russi congelati dall’inizio del conflitto, un piano che potrebbe generare fino a 27 miliardi di euro di profitti nei prossimi quattro anni, e che di fatto permetterebbe di far pagare a Mosca le armi destinate all’Ucraina. Ma a preoccupare è che i tribunali internazionali condannino la mossa, sulla base dei trattati e del diritto, e costringano alla restituzione del denaro, distruggendo la reputazione dell’Europa come rifugio sicuro per gli investitori. A tal proposito, il Cremlino ha dichiarato che una tale decisione costituirebbe una “violazione senza precedenti del diritto internazionale”.

Una difesa comune?

Al rompicapo per il sostegno dell’Ucraina è direttamente collegato quello per la sicurezza e la difesa comune. Un campo nel quale, secondo Michel, occorre “un cambio di paradigma” considerato che per decenni l’Europa non ha investito abbastanza. Oggi, a differenza della Russia, passata ad un’economia di guerra e apparentemente pronta a lanciare una nuova offensiva nel sud-est dell’Ucraina entro la fine dell’anno, l’Europa produce meno munizioni d’artiglieria, è divisa sui concetti strategici e di fronte al pericolo di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca alterna reazioni di panico a fasi di negazione. Eppure è chiaro a tutti che, se un domani gli Stati Uniti non dovessero più sostenere l’Ucraina, l’Europa sarebbe chiamata a sostituirli. Già adesso, su ordine del tycoon, che ha già in tasca la nomination per le presidenziali di novembre, i repubblicani al Congresso stanno bloccando l’approvazione di un pacchetto di aiuti a Kiev da 60 miliardi di dollari. Eppure, nonostante la promessa e la scarsità di munizioni al fronte, l’Ue non ha mantenuto l’impegno di fornire all’Ucraina un milione di munizioni entro la fine di marzo. A salvare la situazione è intervenuta l’iniziativa della Repubblica Ceca, riuscita a mobilitare aiuti che hanno consentito di acquistare circa 300mila proiettili di artiglieria già consegnati a Kiev e altri da fornire entro le prossime settimane.

Nuovo debito a 27?

Sul tavolo dei 27, riuniti nella capitale belga, c’è il piano per la difesa presentato dalla Commissione europea due settimane fa per sopperire alle mancanze di un mercato troppo frammentato, che impedisce di affrontare a livello comune le crescenti minacce geopolitiche. “Per accrescere la prontezza industriale europea alla difesa – si legge nel documento – gli Stati membri devono investire di piùmeglioinsieme e in Europa”. In sostanza l’esecutivo comunitario propone di cofinanziare l’acquisto congiunto di armi da parte degli stati membri; modernizzare le fabbriche del settore e predisporre nuovi strumenti per rafforzare le aziende rispetto ai concorrenti americani. In parte si tratta di applicare al settore della difesa la lezione appresa durante la pandemia con gli acquisti congiunti di vaccini anti-Covid e gas: Bruxelles punta a far sì che entro il 2030 l’approvvigionamento militare dell’Ue sia realizzato almeno per il 40% attraverso appalti comuni. Il problema è principalmente economico: l’ipotesi di finanziare un aumento degli investimenti nella spesa militare attraverso la creazione di ‘bond per la difesa’, avanzata tra gli altri dal presidente francese Emmanuel Macron, trova il consenso dei vicini dell’Ucraina come l’Estonia. Mentre gli stati frugali, tra cui Paesi Bassi e Finlandia, ma anche la Germania, sono contrari all’idea di nuovo debito comune.

Gaza, allargamento e trattori?

Durante il vertice di due giorni i 27 leader decideranno anche se approvare la raccomandazione della Commissione di aprire i colloqui di adesione con la Bosnia-Erzegovina e se adottare il quadro di riferimento che dovrebbe guidare i colloqui di adesione con l’Ucraina e la Moldova. Inoltre, proveranno a superare le divisioni interne per approdare ad una dichiarazione comune sulla guerra in Medio Oriente: la discussione, più che sulle pause umanitarie e su un cessate il fuoco, verte sull’eventuale offensiva israeliana su Rafah. Infine, come nei precedenti vertici, c’è più la certezza che la probabilità che sul tavolo dei 27 faccia irruzione la questione dell’agricoltura: dopo mesi di proteste degli agricoltori e le rivolte dei trattori che hanno invaso le città di mezza Europa, la Commissione è precipitosamente corsa ai ripari, facendo marcia indietro su alcuni provvedimenti chiave. Ora con le elezioni europee alle porte, i leader dei 27 promettono di alleggerire ulteriormente il carico burocratico sulle piccole imprese agricole. E in un vertice dai molti nodi, anche le tensioni sull’agroalimentare – dalla revisione della Pac alle limitazioni dei prodotti extra-Ue – comune rischiano di diventare terreno di confronto acceso tra i 27.

Il commento

di Antonio Villafranca, direttore della Ricerca ISPI

“A prescindere da come si chiuderà il Consiglio, è indicativo come si è aperto: diviso. Si fa fatica già a partire dalle ‘parole’: come chiamare le nuove risorse per la sicurezza (debito comune?) e come definire gli attacchi di Israele su Gaza? Se anche sulle parole ci si accorderà, sulla ‘sostanza’ le differenze rimarranno. La sostanza sono le risorse: per essere credibile l’Ue deve trovarle. Con il Covid ci era era riuscita. Limitarsi oggi a usare oggi le parole ‘Consiglio di guerra’ non è di grande aiuto”.

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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