22 Mar 2024

Stati Uniti e immigrazione: il Texas vuol fare da sé

La nuova legge del Texas sull’immigrazione punta allo scontro con il potere federale e con l’amministrazione Biden

La crisi migratoria al confine con il Messico, che già infiamma i toni della campagna elettorale in vista delle presidenziali di novembre, è al centro di un braccio di ferro tra il governo federale degli Stati Uniti e lo Stato del Texas. Una Corte d’Appello federale degli Stati Uniti ha bloccato l’entrata in vigore di una controversa legge sull’immigrazione che autorizza le autorità locali a deportare i migranti che attraversano illegalmente il confine. La normativa – approvata dal governatore del Texas, il Repubblicano Greg Abbott nel dicembre scorso, e da allora oggetto di provvedimenti giudiziari di segno opposto – introduce il reato di immigrazione clandestina con pene dai 6 mesi ai 20 anni di carcere, in caso di re-ingresso. La Casa Bianca ha esplicitamente criticato la legge texana definendola “dannosa e incostituzionale”, accusando il governo locale di arrogarsi prerogative costituzionalmente riservate alle autorità federali, come la protezione delle frontiere e la gestione della politica estera. Si teme inoltre che la misura inneschi un clima di paura nello Stato dove è presente una folta comunità ispanico-americana, poiché se entrasse in vigore chiunque fosse potenzialmente sospettato di essere un migrante privo di documenti potrebbe essere sottoposto a controlli da parte della polizia locale. A questo proposito i critici l’hanno soprannominata “la legge mostrami i tuoi documenti”. La disputa si inserisce nel più ampio confronto sulla questione migratoria tra Democratici e Repubblicani, con questi ultimi che accusano Biden di non riuscire a governare il fenomeno, mentre al Congresso bloccano da settimane una legge bipartisan sull’immigrazione, su ordine di Donald Trump.

Cosa prevede la SB4?

La nuova legge sull’immigrazione del Texas, nota come Senate Bill 4 (SB4) autorizza gli agenti di polizia statale e locale ad arrestare persone sospettate di trovarsi illegalmente nel paese e consente ai giudici dei tribunali inferiori di ordinare la deportazione dei migranti al confine con il Messico, indipendentemente dal paese di provenienza. L’amministrazione Biden ha presentato ricorso, sostenendo che i singoli stati non possano approvare leggi che pretendono di regolare la politica migratoria o la sua applicazione che sono di pertinenza esclusiva del governo federale. La nuova legge consente di fatto alle forze dell’ordine statali del Texas di svolgere quello che fino ad ora è stato un compito esclusivo della polizia di frontiera, che dipende dalle autorità federali, e permette ai migranti di essere perseguiti per il reato di immigrazione clandestina fino a due anni dopo il loro ingresso in Texas. Martedì, la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva temporaneamente aperto la strada all’attuazione della legge, poi nuovamente sospesa da una corte d’appello federale di New Orleans che ha ripristinato l’ingiunzione emessa settimane prima da un giudice di Austin. La corte esaminerà l’appello contro l’ingiunzione il prossimo 3 aprile ma la controversia su chi abbia la giurisdizione continuerà ad essere discussa nei tribunali, con implicazioni che aumentano drammaticamente la posta in gioco delle elezioni presidenziali di quest’anno.

Muro contro muro con il Messico?

Che la situazione alla frontiera tra Stati uniti e Messico sia difficile non viene messo in discussione da nessuno: da quando Joe Biden è entrato in carica, le guardie che controllano il confine hanno trattenuto circa 6 milioni di migranti che cercavano di attraversare il confine. Questo, tuttavia, non ha impedito al partito Repubblicano di ‘congelare’ la legge scritta da un gruppo bipartisan di senatori che avrebbe contribuito a fronteggiare l’emergenza, stanziando più fondi e potenziando i controlli al confine. Intanto, organizzazioni di immigrati, difensori dei diritti civili e i democratici del Texas criticano la legge texana perché renderebbe più difficile ai migranti perseguitati nei loro paesi d’origine di presentare richiesta di asilo e non proteggerebbe i richiedenti asilo dai procedimenti giudiziari nei tribunali statali. Ma soprattutto, la nuova normativa si scontra con il governo messicano del presidente Andres Manuel Lopez Obrador, che ha respinto la possibilità che i migranti eventualmente espulsi dagli Stati Uniti possano essere riportati in Messico. In un’intervista al Washington Post, il ministro degli Esteri messicano Alicia Bárcena ha affermato che il governo metterà “maggiore vigilanza e controlli” ai valichi di frontiera per impedire tali allontanamenti se la legge entrerà in vigore. Ciò solleva il timore di uno stallo tra agenti locali o statali del Messico e del Texas riguardo ai tentativi di deportazioni.  

Rischio caos alla frontiera?

Negli Stati Uniti il tema dell’immigrazione è di competenza federale, ma la legge texana tocca un nervo scoperto: da tempo il Partito Repubblicano accusa l’amministrazione del presidente Democratico Biden di non fare abbastanza per controllare i flussi migratori e limitare gli arrivi di migranti al confine tra Texas e Messico. Al momento la SB4 è l’unica legge statale che autorizza le autorità locali ad arrestare persone sospettate di entrare illegalmente nel paese. Ma potrebbe costituire un precedente: i legislatori dell’Iowa hanno recentemente approvato un disegno di legge in attesa di firma da parte del governatore repubblicano Kim Reynolds, che renderebbe un crimine entrare nello stato dopo esserne stati deportati o dopo essersi visti negare il visto di ingresso. E diversi altri Stati controllati dai repubblicani, come Kansas, Oklahoma, Louisiana e Missouri, hanno progetti di legge pendenti relativi all’immigrazione, mentre altri simili nel West Virginia e nel Mississippi sono stati bocciati dai parlamenti locali. E a un disegno di legge sull’immigrazione approvato dalla legislatura controllata dai repubblicani dell’Arizona è stato posto il veto dalla governatrice democratica Katie Hobbs. Come ha fatto notare la giudice liberal della Corte suprema Ketanji Brown Jackson, se entrasse in vigore, la SB4 rischierebbe di creare il caos, aprendo la porta alla possibilità che “ciascuno stato approvi una propria versione delle leggi sull’immigrazione”, costringendo il governo federale a destreggiarsi in un mosaico di leggi e regolamenti locali. 

Il commento 

Di Mario Del Pero, ISPI e Sciences Po 

“Nello scontro tra il governo statale del Texas e quello federale sulla gestione del confine meridionale convergono vari elementi e dinamiche. Pesa un ciclo elettorale nel quale i repubblicani sfruttano e cavalcano un tema potenzialmente vincente come la crisi dei migranti e l’emergenza alla frontiera col Messico. Incide la storica, conflittuale dialettica tra poteri statali e potere federale ora estesa anche ad ambiti – quelli della sicurezza e dell’immigrazione – la cui competenza spetta da costituzione al secondo. Gioca un ruolo fondamentale un potere giudiziario al quale una politica debole e paralizzata dalla polarizzazione finisce per delegare la responsabilità ultima di scelte che essa è incapace di compiere. A monte si manifesta anche su questo la difficoltà di una democrazia lacerata dallo scontro politico ed elettorale, e dove lo stesso equilibrio federale è esposto a tensioni oggi estreme”. 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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