13 Mar 2024

Ucraina: all’ultimo colpo

Mosca licenzia il capo maggiore della marina e Biden scavalca il congresso: gli Usa invieranno 300 milioni di dollari in armi.

Il Congresso americano continua a tenere ‘in ostaggio’ gli aiuti a Kiev, ma l’Ucraina non può più aspettare e l’amministrazione Usa corre ai ripari: “Oggi, a nome del presidente Biden, annuncio un pacchetto di emergenza di assistenza alla sicurezza e 300 milioni di dollari in armi e attrezzature per rispondere ad alcune delle urgenti esigenze dell’Ucraina”, ha detto ai giornalisti il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan. Il Pentagono ha precisato che si tratta di “una misura straordinaria” e “di breve termine” anche se non è minimamente sufficiente a coprire le necessità delle forze armate ucraine. Le nuove forniture, prelevate da fondi resi disponibili grazie ai risparmi ottenuti nei contratti per gli armamenti dell’esercito Usa, includono nuovi missili Stinger, munizioni per i sistemi missilistici, proiettili di artiglieria, razzi anticarro e munizioni di piccolo calibro. Un aiuto che però potrebbe bastare per un paio di settimane appena. Ieri – in occasione del 25esimo anniversario dell’adesione della Polonia alla Nato – il presidente Joe Biden ha incontrato l’omologo polacco Andrzej Duda e il premier Donald Tusk alla Casa Bianca. Biden ha ribadito loro la necessità di continuare a supportare l’Ucraina nella guerra contro la Russia. Tusk ha poi avvertito il presidente della Camera dei Rappresentanti, il repubblicano Mike Johnson, che il destino di migliaia di vite dipende dai 60 miliardi di dollari di aiuti bloccati. Intanto a Parigi anche il Parlamento francese ha approvato nuovi aiuti militari all’Ucraina, nonostante l’astensione del Rassemblement National di Marine Le Pen. E sempre ieri il governo danese ha annunciato che donerà 2,3 miliardi di corone (337 milioni di dollari) per l’acquisto di armi, mortai e munizioni destinati a Kiev.  

Munizioni: un confitto nel conflitto? 

Quello per la produzione e fornitura di armi è un conflitto nel conflitto che potrebbe determinare l’esito della guerra e che al momento vede la Russia in vantaggio. Mosca, infatti, sembra sulla buona strada per produrre quasi tre volte più munizioni di artiglieria rispetto agli Stati Uniti e all’Europa messi insieme: un vantaggio chiave in vista dell’offensiva che il Cremlino sta pianificando di sferrare entro la fine dell’anno. “Complessivamente Mosca produce circa 250mila munizioni di artiglieria al mese, circa 3 milioni all’anno, mentre l’attuale capacità di Stati Uniti ed Europa per l’Ucraina è di circa 1,2 milioni all’anno” riferisce in un rapporto di CNN un alto funzionario dell’intelligence europea. L’esercito americano si è posto come obiettivo quello di produrre 100mila colpi di artiglieria al mese entro la fine del 2025 – meno della metà della produzione mensile russa – ma anche questo incremento potrebbe essere ormai fuori portata se i finanziamenti per Kiev resteranno bloccati al Congresso. “La macchina da guerra russa lavora 24 ore su 24, 7 giorni su 7 con fabbriche in cui vigono turni a rotazione di 12 ore”, ammette il funzionario Nato, mentre sarebbero circa 3,5 milioni i russi che lavorano oggi nel settore della difesa, rispetto ai 2,5 di prima della guerra. Inoltre, anche Mosca importa munizioni: l’anno scorso avrebbe ricevuto almeno 300mila proiettili di artiglieria dall’Iran e 6.700 scatole di munizioni dalla Corea del Nord. 

Un momento critico? 

Il deficit di munizioni arriva forse nel momento più critico l’Ucraina dall’inizio del conflitto: Pur nello stallo, in atto da mesi sul campo di battaglia, Mosca è ampiamente considerata come la parte che ha dato prova della maggiore iniziativa negli ultimi mesi. Infatti, la controffensiva lanciata da Kiev l’estate scorsa non ha raggiunto gli obbiettivi prefissi; gli aiuti degli Stati Uniti sono bloccati dai repubblicani al Congresso e la Russia ha recentemente conquistato la città di Avdiivka. Inoltre, come se non bastasse la carenza di munizioni, l’Ucraina è anche alle prese con una crescente carenza di uomini da mandare in prima linea al fronte: quando il Cremlino lanciò la sua invasione su vasta scala nel 2022, molti ucraini si offrirono volontari per difendere il proprio paese. Ma quella riserva è stata esaurita e molti degli uomini in età da combattimento, oggi, non sono disposti a essere schierati al fronte. La mancanza di munizioni, unitamente ai ritmi forzati e alla mancanza di congedi, è uno dei motivi principali del crollo di coscrizioni. Nel primo annuncio pubblico sulle vittime della guerra, il mese scorso il presidente Volodymyr Zelensky ha affermato che finora sono morti 31mila soldati ucraini, ma è probabile che il numero reale superi di gran lunga tale cifra. E la proposta di abbassare l’età di reclutamento a 25 anni ha scatenato una feroce reazione da parte di chi teme che sarebbe un suicidio per la nazione mandare i più giovani in trincea. A demotivare molti, però, sarebbe principalmente il clima di sfiducia e il timore che l’Occidente smetta di sostenere la resistenza. 

Non tutto è perduto? 

Nonostante questi numeri, secondo l’intelligence occidentale, la Russia non dovrebbe ottenere grandi vantaggi sul campo di battaglia a breve termine. E se gli aiuti dall’Occidente cominciassero ad affluire nuovamente, però, non tutto sarebbe perduto. È di oggi la notizia che il presidente russo Vladimir Putin avrebbe licenziato il comandante della marina russa dopo aver subito una serie di umilianti perdite nel Mar Nero. L’ammiraglio Nikolai Evmenov, che era alla guida della marina dal 2019, sarebbe stato sostituito da Alexander Moiseev, comandante della flotta settentrionale. Funzionari statunitensi ritengono che se la controffensiva di Kiev nella parte orientale e meridionale del paese è in gran parte fallita, i suoi attacchi contro la penisola di Crimea e alla flotta del Mar Nero sono stati efficaci al di là delle attese. Le vittorie sono state tanto più sorprendenti perché l’Ucraina non dispone di una marina tradizionale o di una flotta di navi da guerra. Invece, Kiev ha utilizzato droni e missili marittimi per attaccare le navi russe, affondando 15 imbarcazioni negli ultimi sei mesi. I successi navali hanno avuto come effetto immediato la rottura del blocco imposto da Mosca ai porti ucraini, riaprendo di fatto il Mar Nero occidentale e consentendo alle imbarcazioni di Kiev di spedire nuovamente grano e cereali da Odessa. Il mese scorso tali esportazioni avrebbero compreso 8 milioni di tonnellate di prodotti diversi tra cui 5 milioni di tonnellate di prodotti agricoli, il livello più alto mai raggiunto dall’inizio dell’invasione russa.  

Il commento

Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, Osservatorio ISPI Russia, Caucaso e Asia Centrale

“Si parla molto del fallimento della controffensiva ucraina, ma c’è un fronte in cui Kiev ha dimostrato di saper sfruttare creativamente i mezzi a disposizione per colpire il nemico in uno dei suoi punti più delicati: il Mar Nero. Anche se la mancanza di una grande avanzata terrestre ha oscurato questi successi, la loro rilevanza resta innegabile: infatti, la Flotta Russa non può più operare liberamente nel Mar Nero Occidentale, lì dove l’Ucraina ha costituto il corridoio navale per l’esportazione del proprio grano verso i mercati globali. Ciò ha contribuito a dare sollievo alle martoriate finanze di Kiev, ma anche uno schiaffo a Mosca, che con il ritiro dall’Accordo sul Grano pensava di mettere in ginocchio l’Ucraina. Il cambio ai vertici della Marina russa è prova di quanto bruci questa umiliazione”. 

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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