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L’Alta Val Tanaro: inquadramento linguistico 1. Delimitazione dell’area I dialetti dell’ɑlta Valle Tanaro che considereremo in questo contributo sono sostanzialmente quelli di Ormea e di żaressio. ɑ quest’ultimo è possibile assimilare il dialetto parlato, con diverse subvarietà, nel Comune di Priola. ɑll’interno del complesso sistema dialettale dell’area monregalese è infatti possibile identificare un’area, corrispondente all’ɑlta Val Tanaro, in cui i tratti liguri, pur presenti in varia percentuale anche nei finitimi dialetti alto-monregalesi e monregalesi alpini, assumono una preponderanza tale da dare anche ai profani la sensazione di trovarsi di fronte a varietà che – pur amministrativamente appartenenti alla provincia di Cuneo ossia al Piemonte – risultano in realtà pienamente inserite nel sistema dialettale ligure. Tale area corrisponde al tratto di Valle Tanaro che inizia a monte della Cava di Bagnasco1 e comprende il Comune di Priola, il Comune di Garessio con l’esclusione di alcune frazioni montane situate sulla riva sinistra del fiume e ormai sostanzialmente disabitate, i due Comuni transalpini (cioè anche geograficamente liguri) di Caprauna e Alto e infine il Comune di Ormea, con la significativa eccezione della frazione di Viozene, il cui dialetto rientra a tutti gli effetti nel gruppo roiasco. A monte della confluenza fra Negrone e Tanarello, infatti, le varietà parlate appartengono in gran parte all’area brigasca che, nel panorama ligure, presenta caratteri a sé stanti (Forner 1988: 462-463). Il presente studio, in attesa di ulteriori auspicabili approfondimenti, intende limitarsi a un inquadramento cursorio dei dialetti di Garessio e di Ormea, sia perché si tratta dei territori su cui si concentra il focus della giornata odierna, sia perché sono le varietà più note in cui è possibile anche rintracciare il supporto di una minima attività di produzione letteraria e di studio linguistico: per Garessio, ad esempio, si veda Duberti (2009). Procederemo dunque all’analisi dei principali tratti linguistici emersi nel corso di una recente indagine, peraltro ampiamente asseverati da precedenti studi (a partire dal classico Schädel 1905) e da testi letterari spesso recentissimi (Aschero 2011 e Michelis 2012). Indicheremo con Gx (come Garrexium) gli esempi tratti dalla varietà garessina e con Ut (come Ulmeta) gli esiti registrati nella parlata di Ormea. Area che già nei documenti medievali veniva identificata con il toponimo “Preincisa”, ossia prea (pietra) incisa, a testimoniare uno sfruttamento estrattivo di data antichissima (comunicazione personale del Dott. Sebastiano Carrara) 1 1 2. Analisi linguistica 2.1. Tratti fonetici a) La palatalizzazione avanzata Il dialetto di Garessio e quello di Ormea si inseriscono in un’area meridionale della provincia di Cuneo, ridotta ma comunque più vasta di quanto normalmente si pensi, nella quale i nessi consonantici etimologici PL-, BL- e FL- anziché attestarsi a un grado di palatalizzazione intermedia del tipo italiano settentrionale e toscano [pj], [bj] e [fj] progrediscono fino agli esiti [ʧ], [ʤ] e [ʃ] (Forner 1988: 454; Loporcaro 2009: 92). Così a1) PLUIT > ciöve [ʧøve] Gx, Ut ; PLUS > ciü [ʧy] Gx, Ut a2) *BLANK(UM) > giancu [ʤaŋk] Gx, giòncu ['dʒ ŋku] Ut, *NEBLA(M) > negia [ˈneʤa] Gx, negge ['nedʒ:e] Ut a3) FLORE(M) > sciuřa ['ʃuɹa] Gx, sciùa ['ʃua] Ut La palatalizzazione avanzata riguarda peraltro anche i suoni [pj], [bj] non originati dall’incontro fra labiale e laterale: a2) HABEAT > age ['adʒe] Gx, ògge [' dʒ:e] Ut Il meccanismo della palatalizzazione, dunque, opera tendenzialmente per tutte le tre serie (P, B, F) + L come in molte delle varietà liguri, e sostanzialmente senza eccezioni. Questa distribuzione geografica sembra avvalorare l’ipotesi, avanzata in Petracco Sicardi (1992: 20), secondo la quale «il centro dell’innovazione» palatalizzante sarebbe da ricercare nella parte centro-occidentale della Liguria e probabilmente sarebbe da identificare in Albenga. b) Il conguaglio degli esiti di CL e LJ Come è stato più volte rilevato (tra gli altri anche da Toso 2001a: 18-19) i dialetti della Val Bormida ligure e in generale tutte le parlate del cosiddetto Oltregiogo mantengono distinti gli esiti dei nessi latini CL (GL) e LJ mentre i dialetti piemontesi uniformano gli esiti in [j] e quelli di tipo genovese li uniformano in [ʤ]. Da questo punto di vista, Garessio e Ormea presentano spesso esiti significativamente divergenti che richiedono una spiegazione. Vediamo alcuni esempi FAMILIA(M) famìa [faˈmija] Gx, Ut *OCLO(S) ögi ['ødʒi] Gx, öji ['øji] Ut *ORICLA(S) urëgge [u'ɹədʒ:e] żx, uřaje [uˈɹaje] Ut *FOLIA(M) föja [ˈføja] Gx, Ut *FENUC(U)LU(M) fnugiu ['fnudʒu] Gx, ['fnuju] Ut *VECLU(M) veju ['veju] Gx, Ut *COAG(U)LUM quaju ['kwaju] Gx, quòju ['kw ju] Ut 2 Come si vede, il dialetto di Garessio mostra da questo punto di vista caratteristiche tendenzialmente “valbormidesi” (sia pure con alcune eccezioni) mentre l’ormeasco effettua il conguaglio dei due esiti come i dialetti dell’area piemontese, ma anche come alcune varietà di ligure occidentale (Petracco Sicardi 1992: 20). c) Caduta delle vocali atone finali e casi di mantenimento Come nei dialetti valbormidesi di Bardineto e Calizzano e in generale nella maggior parte delle parlate liguri, le vocali finali vengano mantenute senza eccezioni nei dialetti che qui stiamo studiando, ossia quello di Ormea e di Garessio (con Priola)2, mentre a nord e a est della linea Valdinferno-Pievetta-Caragna le vocali finali cadono nelle stesse condizioni del piemontese, con l’eccezione della [i] come desinenza dei plurali. CATTU(M) gatu ['gatu] Gx, gòtu ['g t:u] Ut *FRIGDU(M) fërgiu ['fərdʒu] żx, fřagiu ['fɹadʒu] Ut *NOME(N) nome ['nome] NOCTE(M) nöce ['nøʧe] Il dialetto di Garessio, come quello di Ormea, presenta quindi da questo punto di vista un carattere decisamente “ligure”. ɑnche la formazione del plurale, con la radicata conservazione della desinenza in [i] e la sostanziale assenza di metafonia, si inscrive a pieno titolo tra i procedimenti morfo-fonetici dei dialetti liguri occidentali. In garessino peraltro sembra possibile individuare una traccia di metafonia nell’opposizione BOVE(M) bo [bo] vs b i [bøi] BOVE(S) mentre è certamente attiva una tendenza alla palatalizzazione dei sostantivi con tema in sibilante, come in EXSTRACTU(M) strassu ['ʃtrasu] vs EXSTRACTO(S) GROSSU(M) grossu ['grosu] vs GROSSO(S) strasci ['ʃtraʃi] Gx grosci ['groʃi] Gx Sostantivi ed aggettivi terminanti in nasale formano il plurale attraverso la cancellazione della nasale finale e la sua sostituzione con la terminazione [i]. PULMONE(M) pulmon [pul'moŋ] żx, pulmun [pul'muŋ] Ut PULMONE(S) pulmui [pul'mui] żx, Ut 2 Le frazioni montane di Garessio in contatto con le valli Corsaglia, Casotto e Mongia (in pratica, Cappello e Deversi) presentavano varietà dialettali prive di vocali finali e per questo, oltre che per una serie di altre ragioni morfosintattiche e lessicali, classificabili piuttosto come alto-monregalesi. Ciò doveva valere, in particolare, per il dialetto dei Deversi. La varietà parlata a Valdinferno, invece, sebbene profondamente diversa dal garessino vero e proprio condivideva però, con esso, la conservazione delle vocali finali. Si tratta in ogni caso di varietà tutte da studiare, attività peraltro difficile da effettuare in quanto sostanzialmente estinte. Anche il brigasco di Viozene, ancora attivamente parlato da numerosi individui, si differenzia dall’ormeasco per la costante caduta delle vocali finali, con l’eccezione della –i dei plurali. 3 BONU(M) bon [boŋ] żx, bun [buŋ] Ut BONO(S) bui [bui] żx, Ut Esistono però casi di esiti invariati, in cui singolare e plurale sono identici. Si tratta di casi piuttosto interessanti, poiché non sempre coincidono con quelli (di gran lunga più numerosi) dei vicini dialetti alto-monregalesi o monregalesi alpini. Così in garessino troviamo MALU(M) / MALA in mèi [iŋ 'mɛi] di mèi [di 'mɛi] żx CASTELLU(M) / CASTELLA in caste’ [iŋ kaʃ'te] / di caste’ [di kaʃ'te] Gx CANE(M), CANE(S) can [kaŋ] can [kaŋ] Gx *BASINU(M), *BASINO(S) in bažén [iŋ ba'ʒeŋ] di bažén [di ba'ʒeŋ] PROFESSORE(M) / PROFESSORE(S) u prufessù [u prufe'su] / i prufessù [i prufe'su] Gx Solo quest’ultima categoria di sostantivi invariabili in garessino ha una corrispondente forma invariabile in ormeasco, dove si riscontrano PROFESSORE(M) / PROFESSORE(S) přufessùa [pɹufe'sua] / přufessùa [pɹufe'sua] Ut *DIURNALE(M) / DIURNALE(S) u giulnòa [u dʒul'nɔa] / i giulnòa [i dʒul'nɔa] Ut Il dialetto di Ormea presenta, peraltro, anche tracce di un genere neutro del tutto assente nelle circostanti varietà di area piemontese: OVU(M) in övu[in 'øvu] OVA öve ['øve] d) Esiti di –SJ-, -PS-, -X- ecc. primari e secondari CAMISIA(M) camiža [kaˈmiʒa] Gx, Ut BASIARE(M) bažò EXSUCTUM sciüciu ['ʃyʧu] Gx, Ut *BRASEA(M) bròža [ˈbɹɔʒa] Gx, Ut SIC scì [ʃi] Gx, Ut [baˈʒɔ] Gx, bažòa [baˈʒɔa] Ut 4 SYNDICU(M) scèndicu [ˈʃɛŋdiku] Gx, Ut COXA(M) cöscia [ˈkøʃa] Gx, Ut RATIONE(M) ražón [raˈʒoŋ] Gx, ražun [raˈʒuŋ] Ut PACE(M) pòže ['pɔʒe] Gx, Ut VOCE(M) vuže ['vuʒe] Gx, Ut Come si vede dagli esempi elencati, entrambi i dialetti per -SJ-, primario e secondario (ossia originato da incontro fra -S- e vocale anteriore), per -PS-, per -X- e per tutti i nessi etimologicamente assimilabili presentano esiti che sono esattamente sovrapponibili a quelli caratteristici dei dialetti liguri (Rohlfs 1966: 316, 407) attestati anche nella val Bormida ligure (Parry 2005: 110) nonché in kje (Miola 2013), in alto monregalese (Duberti/Regis in stampa) e in alcune varietà montane di monregalese rustico (Frabosa Soprana, Montaldo Mondovì). e) Esiti di –CE-, -JE-/-GE-, ecc. QUINQUE > *CINQUE séncu ['seŋku] żx, zincu [tsiŋku] Ut CENA(M) seina ['seina] żx, zena [ˈtsena] Ut FRANCIA(M) Żransa ['fraŋsa] żx, Żřònza [ˈfɹ ŋtsa] Ut *EXTRACTIU(M) strassu ['ʃtrasu] Gx, stròzu ['ʃtɹ tsu] Ut CEBA(M) Seva ['seva] Gx, Zevo [ˈtsevo] Ut *CAPTIA(M) cassa ['kasa] Gx, còza [ˈk tsa] Ut *IUSSU(M) zü [zy] żx, ü [dzy] GELARE zrò [zrɔ] żx, řòa ['dzɹɔa] Ut JANUARIU(M) znò [znɔ] żx, nòa ['dznɔa] Ut SANCTU(M) IOHANNE(M) San Zuani [saŋ 'zwani] żx, Sèn an [sɛŋ dzaŋ] Come si vede, Garessio e Ormea divergono radicalmente nel trattamento degli esiti di –CE-, -JE-/-GE etimologici. Ormea concorda infatti con i dialetti dell’Alta Val Bormida ligure nello sviluppo di GE-, GI-, J+Vocale (Toso 2001a: 19), nonché nella conservazione dell’affricata sorda [ts] come esito dello sviluppo di CE-, CI- primario o secondario. Si tratta di un tratto condiviso da gran parte dei dialetti alto-monregalesi e monregalesi alpini (Nužèč dëř Chié 2011: 25) e attestato peraltro anche nel monregalese del Settecento: in particolare, nella Canzon su ra vgnùa do Duca d’ Scablè ara sittà dr Mondvì (Gasca Queirazza 1989) si incontrano forme come zu, zovo, zur - corrispondenti alle odierne giù, giovo, giur (Duberti 2001: 50) - che comunque non risultano mai essere state presenti nella varietà di Torino, almeno stando ai testi riportati da Clivio (1974). La condizione ormeasca può pertanto essere considerata (anche per evidenti ragioni storiche) come un segno di conservazione che significativamente risulta assente nel dialetto di Garessio, più aperto alle contaminazioni e alle innovazioni di varia origine. È difficile infatti in questo caso stabilire se si tratti di un tratto innovativo di 5 origine piemontese o di irradiazione ligure, dove per ligure dovrà intendersi non certo la Valle Bormida ma l’area anche geograficamente mediterranea situata a sud del Colle di San ɒernardo. f) La terminazione [-eŋ] Una caratteristica di molti dialetti dell’area cuneese sud-orientale, che altrove (Duberti/Regis in stampa) abbiamo identificato come “alto-monregalesi” è la terminazione [-eŋ] o [-eiŋ] dei sostantivi che nel piemontese di koiné terminano in [-iŋ]: così, ad esempio, al monregalese [laˈpiŋ] corrisponde il violese [laˈpeŋ]. Si tratta dunque di una caratteristica “orientale” come appare anche dalla distribuzione geografica, almeno in sincronia: saldamente presente nei dialetti della Val Bormida piemontese e di parte della Valle Belbo, il fenomeno compare in garessino ma è del tutto assente in ormeasco, come si può vedere dagli esempi che di seguito riportiamo. PEREGRINU(M) pelegrén [pele'greŋ] żx, pelegřin [pele'gɹiŋ] Ut *BASINU(M), bažén [ba'ʒeŋ] Gx, bažin [ba'ʒiŋ] Ut La questione si rivela, qui, un po’ più complessa di quanto possa apparire ad un primo sguardo. Il dialetto di Garessio si mostra infatti sistematicamente coerente nella tendenza a centralizzare le vocali accentate in contesto prenasale: così alla terminazione [-uŋ] dell’ormeasco (e delle varietà piemontesi in genere) corrisponde [-oŋ] mentre la corrispondenza fra [-yŋ] delle varietà monregalesi e –[øŋ] del garessino è condivisa anche dall’ormeasco, come dimostra il pronome indefinito <neun> [nøŋ] che comunque appare più inscritto nell’orizzonte piemontese del corrispettivo garessino [nə'ʃøŋ] il cui lessotipo è fondamentalmente ligure. 2.2. Tratti morfologici a) Desinenze verbali Tabella 1 Garessio io canto tu canti lui canta, lei canta noi cantiamo voi cantate essi cantano, esse cantano io so tu sai lui sa noi sappiamo voi sapete essi sanno io sono mi e 'kaŋtu ti ti 'kaŋti le u 'kaŋta, le a 'kaŋta ɲɔtʃi e (i) 'kaŋtma 'ɲɔtre e (i) 'kaŋtma (Ż) vjɔtʃi i (e) 'kaŋti 'vjɔtre i (e) 'kaŋti (F) lu i 'kaŋti lu e 'kaŋti (Ż) mi e sø ti ti sɔi le u sa, le a sa ɲɔtʃi e 'sɛma vjɔtʃi i sɛi lu i saŋ (lu e saŋ Ż) mi e soŋ 6 Ormea mi e 'k ŋtu ti t 'k ŋti le u 'k ŋta, le a 'k ŋta ɲɔtʃi e kaŋ'toma 'ɲɔto e kaŋ'toma (F) vjɔtʃi i 'k ŋti 'vjɔto i 'k ŋti (Ż) li'ɔtʃi i 'k ŋto li'ɔto i 'k ŋto (Ż) mi e sø ti ti sɔi le u sa, le a sa ɲɔtʃi e 'som:a vjɔtʃi i sa'vai li'ɔtʃi i saŋ mi e suŋ tu sei lui è noi siamo voi siete essi sono potere io posso tu puoi lui può noi possiamo voi potete essi possono io voglio tu vuoi lui vuole noi vogliamo voi volete essi vogliono ti t e le u l e, le a l e ɲɔtʃi e 'sɛma vjɔtʃi i sɛi lu i soŋ pu'ɹɛi mi e 'pøʃu ti ti pøi le u pø, le a pø ɲɔtʃi e 'pøma vjɔtʃi i 'pøɹi lu i 'pøni mi e 'vøju ti ti vøi le u 'vø, le a 'vø ɲɔtʃi e 'vøma vjɔtʃi i 'vøɹi lu i 'vøni ti ti e: le l e, le ɹ e ɲɔtʃi e 'som:a vjɔtʃi i sai li'ɔtʃi i suŋ pɛa mi e 'posu ti ti pøi le u po, le a po ɲɔtʃi e 'pom:a vjɔtʃi i pai li'ɔtʃi i 'pono mi e 'vøju ti ti vøi le u 'vøa, le a 'vøa ɲɔtʃi e vu'ɹom:a vjɔtʃi i vu'ɹai li'ɔtʃi i 'vøɹo Prima persona Tanto il garessino quanto l’ormeasco si distaccano dal gruppo dei dialetti di area latamente monregalese, per la conservazione del morfema desinenziale [u] nella prima persona dell’indicativo presente [e ˈʧ ŋdzu] (ormeasco), [e ˈʧaŋzu] (garessino e priolese) si contrappongono nettamente alla forma [ˈʧaŋdz] [ˈʧaŋz] che è invece presente in tutte le varietà alto-monregalesi. La desinenza [u] si trova nel monregalese alpino (il kje) come in torinese: in entrambi i casi si tratta di varietà che conoscono la caduta generalizzata delle vocali [u] ed [e] in finale di parola, perciò la presenza di una [u] finale come desinenza verbale di prima singolare appare contro-intuitiva e inattesa. Invece, la presenza o l’assenza della desinenza [u] per la prima persona singolare dei verbi nelle varietà di Ormea e Garessio appare banalmente correlata alla tendenza più generale di conservazione o di cancellazione della vocali finali di parola: esse la conservano poiché conservano tutte le [u] ed [e] etimologiche in finale di parola, così come accade al di là dello spartiacque ai dialetti dell’alta Val Bormida ligure, segnatamente Bardineto e Calizzano: si confrontino gli esempi riportati da Arnaud (2001: 37-38) in cui appare chiara la presenza di una profonda differenza fra le varietà d’alta valle (nella fattispecie Calizzano) con esiti come [e na ˈpøs:u ʧy], [a m riˈkɔrdu ʧy] e quelle dell’area di Millesimo [en n uŋ ˈpøs ʧy], [en me riˈkɔrd ʧy]. La stessa “frattura” che si incontra in Val Tanaro, dove a valle di Priola (allineata a Vetria di Calizzano) compare solo la forma con desinenza zero, che caratterizza anche i dialetti della finitima Val Mongia, della Val Casotto, della Valle Cevetta, della Val Belbo e della Bormida piemontese. Il parallelismo con il trattamento delle vocali finali nella declinazione nominale è totale, sia per quanto riguarda la caduta generalizzata di [u] sia per quanto riguarda, invece, la tendenza alla conservazione di [i]. Seconda persona Sia il garessino sia l’ormeasco mostrano infatti una tenace conservazione della [i] finale che, se – come abbiamo evidenziato – ha un’ampia diffusione in sede di flessione nominale, è però universalmente attestata in ambito di flessione verbale. Il garessino sovraestende questa terminazione non solo alla seconda plurale, ma anche alla terza plurale sicché a [ti ˈturni] “torni” si contrappone una forma [i ˈturni] che può tradurre sia l’italiano “tornate” sia l’italiano “tornano”. Terza persona Le terze persone dei verbi regolari mostrano, tanto in garessino quanto in ormeasco, desinenze marcatamente liguri, con la conservazione delle vocali desinenziali [-a] (1ª coniugazione) e [-e] (2ª, 3ª e 4ª). Andrebbe 7 indagata la tendenza, che alcuni parlanti di ormeasco sembrano mostrare, alla sovraestensione della vocale [a] alle coniugazioni diverse dalla 1ª, come accade in numerose varietà di monregalese rustico e (non sistematicamente) in alcune di alto monregalese. Il fenomeno, peraltro, è assente in monregalese alpino e le registrazioni effettuate per questo specifico intervento non ne recano alcuna traccia. Quarta persona Ormeasco e garessino presentano soluzioni autonome per la prima plurale: [ˈɔmma]/[ ˈomma] a Ormea, [-ma] a Garessio dove prevale la soluzione rizotonica comune con alcune varietà di monregalese rustico. L’orientamento dell’alta Val Tanaro appare divergente rispetto al territorio più propriamente alto-monregalese, meno aperto a “correnti” di provenienza orientale e non per questo automaticamente orientato in senso ligure, anzi per certi versi attardato nella conservazione di condizioni anticamente “piemontesi” se non addirittura torinesi (Regis 2012: 13, 17) poi soppiantate da più o meno recenti adesioni al modello della koinè elaborata nel Settecento. In ormeasco la desinenza [ˈɔmma]/[ ˈomma] vale solo per la prima e la seconda coniugazione: la terza ha [ˈimma]): anche questa una dinamica fortemente “piemontese” come testimonia l’analisi di żrassi/Sobrero/Telmon (1997: 146-149) relativa alla carta “noi piangiamo” dell’ɑPP (Atlante Parlato del Piemonte). Quinta persona Come nella maggior parte dei dialetti di area monregalese, con l’eccezione del kje, la seconda plurale tende a uniformarsi alla seconda singolare. Fanno eccezione, ovviamente, i verbi irregolari monosillabici. Sesta persona La terza plurale, che in garessino è (stranamente) uniformata alla seconda singolare e plurale, in ormeasco conserva la [o] che era in passato caratteristica di altre varietà piemontesi. Se alcuni parlanti tendono a sostituirla, nelle singole esecuzioni verbali, con la [u] del piemontese contemporaneo, a livello di competenza resta salda la coscienza della distinzione fra prima singolare (desinenza [u]) e terza plurale (desinenza [u]). I parlanti della frazione Chionea conservano una desinenza più arcaica, con l’appendice nasale [oŋ] comune ad altre varietà diacronicamente marcate. b) Pronomi clitici soggetto In garessino e ormeasco i clitici verbali soggetto si conformano esattamente allo schema offerto da Giamello (2007: 52) che qui sintetizziamo in tabella aggiungendo, fra parentesi, le forme alternative che si presentano in singole varietà dialettali. Tabella 2 Femminil maschile e e ti u a e (i) i i (e) prima singolare seconda singolare terza singolare prima plurale seconda plurale terza plurale 8 Lo schema generale, come nei dialetti alto-monregalesi, è quello che Renzi/Vanelli (1983: 131) chiamano LI I (cioè ligure dell’entroterra) con 1ª e 4ª persona uguali, 5ª e 6ª persona uguali, 2ª e 3ª persona differenti tra loro e da tutte le altre. Il sistema dei clitici verbali soggetto si dimostra dunque parallelo a quello evidenziato per l’intera Val Bormida da Parry (1992: 59). Il confronto con i dialetti dell’area di Mondovì permette di misurare immediatamente la distanza dal kje, che ha invece forme del tutto diverse, anche nella varietà orientale di contatto ossia quella di Fontane di Frabosa Soprana (Regis 2006: 61). I dati più significativi di quest’ultimo sistema sono il clitico di 3sgf che compare sistematicamente nella forma [i] e i clitici di 1pl e 2pl che con la loro forma in [u] proiettano la varietà monregalese alpina su un piano di sostanziale distanza rispetto alle circostanti parlate, sia verso nord sia verso sud. L’ormeasco presenta un fenomeno molto interessante: la coniugazione del verbo “avere” presenta, per la terza singolare, forme diverse in relazione al genere del soggetto. Si confrontino [me 'fiu (u) l a 'ina 'bɛla fa'mia] “mio figlio ha una bella famiglia” [me 'fia (a) ɹ ɔ 'ina 'bɛla fa'mia] “mia figlia ha una bella famiglia” Il trigger della variazione morfo-fonetica nella voce verbale sembra essere più complesso: essa si verifica infatti anche in presenza di una sequenza (a) + [ɹ] in cui l’approssimante svolge il ruolo sintattico di complemento oggetto. Confrontando [e'pya iŋ tl aŋ 'd tʃu] “eppure non te l’hanno dato” [e'pya iŋ tɹ ɔŋ 'd tʃa] “eppure non te l’hanno data” si vede come il fenomeno abbia luogo anche con la terza persona plurale del verbo dando l’impressione di una vera e propria coniugazione oggettiva (si veda Cerruti 2009). Naturalmente si tratta solo di osservazioni superficiali che andrebbero corroborate con indagini più puntuali e dettagliate, anche per indagare l’eventuale sopravvivenza residua di pronomi specificamente dedicati alla coniugazione interrogativa. Allo stato attuale essi sembrano del tutto ignoti alla coscienza dei parlanti, ma Colombo (1986: x) ne testimonia l’esistenza in una fase precedente della lingua, almeno per quanto riguarda Ormea. c) Pronomi clitici complemento Per quanto riguarda i clitici complemento, la situazione appare meno complessa di quanto si verifichi nelle varietà valbormidesi (Parry 2005: 178-179): tendenzialmente i dialetti dell’area considerata cliticizzano come in ligure, ossia sempre in posizione preverbale sia quando si tratti di voci verbali semplici diverse dall’imperativo [e t u doŋ] “te lo do” Gx [e t u duŋ] “te lo do” Ut sia quando si abbia a che fare con voci verbali composte [et l ø 'dau] te l’ho dato Gx [et l ø 'd tʃu] te l’ho dato Ut 9 d) La negazione Tabella 3 Non mi senti quando parlo? Non ci sente quando gli parliamo. Fa finta di non ascoltarci. Non li sente i suoi genitori… Non gli danno i soldi, per questo non li ascolta Lui non ne sa niente Io non ti capisco Non mi hai raccontato niente! Non l'ha raccontato a nessuno Non l'ha raccontata a nessuno Garessio Ormea ti n me 'sɛŋti nɛŋ 'kwaŋdu et 'p rlu? ti nə mə 'sɛŋti 'kwɔŋke 'p ʁlu? u n ne 'sɛŋte nɛŋ 'kwaŋdu ei 'p rlma u fa 'fiŋta d nɛŋ sɛŋ'tine u n i 'sɛŋte nɛŋ i søi i ɲ i daŋ nɛŋ i 'sodi l e pər lu'li ke u n i ʃt nɛŋ a sɛŋ'ti le u nə ŋ sa 'njɛŋte mi eŋ te ka'piʃu nɛŋ ti m ɔi kuŋ'tau 'njɛŋte u n l a nɛŋ kuŋ'tau a nʃøŋ u n l a nɛŋ kuŋ'tɔ a nʃøŋ u nə n 'sɛŋte 'kwɔŋke i paʁ'lom:a u fa 'fiŋta d nu sɛŋ'tine u n ii ʃt a sɛŋ'tia i søi i n ii daŋ i 'sodi l e pəʁ lo k u n i ʃt a sɛŋ'tia le: u nə ŋ s 'nɛŋte mi eŋ t ka'piʃu ti n m ɔi kuŋ'tja 'nɛŋte u n l a kuŋ'tja a nøŋ u n ɹ ɔ kuŋ'tja a nøŋ Per quanto riguarda la negazione, Ormea si attesta su uno stadio ligure di negazione preverbale [nu], [n], mentre Garessio mostra una situazione più complessa: i testi novecenteschi più datati (Aa.Vv. 1959) non recano nemmeno un esempio di negazione postverbale – mentre vi sono sporadiche testimonianze della negazione preverbale [n] – laddove i testi di Aschero (2011) la generalizzano come unica sostanziale strategia negativa. La situazione più abituale nel parlato sembra però essere quella della negazione discontinua, con una negazione preverbale [n] e una postverbale esattamente sovrapponibile a quella del piemontese [nɛŋ]. È probabile che nel caso specifico ci si trovi di fronte a un prestito morfosintattico, tra l’altro non da dialetti finitimi ma da un più lontano esempio “illustre” che non sarà certo costituito da Torino quanto, semmai, da Ceva o da Mondovì. La situazione andrebbe comunque verificata con indagini statistiche di portata più ampia, coinvolgendo tutte le subvarietà garessine caratterizzate, com’è noto, da una certa parcellizzazione diatopica. In conclusione La presentazione dei due dialetti che abbiamo qui sommariamente offerto lascerà certamente insoddisfatti sia i parlanti più attenti alle proprie specificità linguistiche sia gli studiosi, locali e no. Abbiamo infatti concentrato la nostra attenzione su alcune caratteristiche, evitando deliberatamente di trattarne altre. Una fra tutte, la delicata questione della formazione dei condizionali: come già ricordato altrove (Duberti 2009: 214) a Garessio la formazione in [-ɛ] appare in concorrenza con la forma valbormidese in [-iʃe], mentre l’ormeasco oscilla fra la forma in [-ɛ] e la più diffusa formazione in [-ɛva] diffusa anche in altre varietà di area alto-monregalese. ɑnche in ormeasco tuttavia sembrano riemergere tracce di un condizionale in [-aisa] la cui diffusione e persistenza andrebbe indagata più a fondo. Si veda a tal proposito la tabella 4. 10 Tabella 4 Ti dovrebbero dare un premio i duv'ɹiʃi 'dɔte iŋ 'premju it dur:ɛvo 'dɔa əŋ 'pɹemju / i dur:ɛvo 'dɔte əŋ 'pɹemju Se uno facesse così dovrebbe essere punito se øŋ u 'fɛise ku'ʒi u duv'riʃe 'ese kaʃ'tjau se yŋ u 'faise pa'ɹau ŋd'rɛva k u 'fuse kaʃ'tja Tutti quelli che fanno così dovrebbero essere puniti tytʃi 'kui k i faŋ ku'ʒi i duv'riʃi 'ese kaʃ'tjɔi tytʃi 'kwai k i faŋ pa'ɹau i du'r:ɛvo 'es:o kaʃ'tjɔi Anche le ragazze dovrebbero essere punite, non solo i ragazzi a'ʃi ma'tote i duv'riʃi 'ese kaʃ'tjɔi aŋke ɹ 'tuze i du'r:ɛvo 'es:o kaʃ'tjɔi Sarei contento se tu mi dessi retta e 'saɹiʃe kuŋ'tɛŋtu se ti m 'dɛisi da'mɛŋtu e 'sɹɛ(va) Se io fossi tuo fratello ti darei uno se mi e 'fuse to fra'je et da'ɹiʃe iŋ 'ʒdʒafu se e 'fuse to 'fɹɛa et da'ɹɛ əŋ pa'tuŋ schiaffo Mi staresti a sentire se tu fossi un ti me ʃta'ɹiʃi a sɛŋ'ti s ti 'fusi ŋ 'fjø kum ti mə ʃta'ɹaisi a sɛŋ'tia s ti 'fusi ŋ ragazzo come si deve us 'deve 'fjøa m us 'deve Mangerei volentieri un po' di tuma di quella buona e maŋdʒe'ɹiʃe vuɹeŋ'te iŋ 'po əd 'tuma d e maŋ'dʒɹɛva vɹuŋ'tea iŋ 'poku əd 'kula 'bon:a 'tuma d 'kwal:a 'buna Inoltre, meriterebbero un’indagine approfondita le questioni di carattere più strettamente lessicale, poiché molte delle specificità che contraddistinguono l’ormeasco fino a dargli i caratteri percezionali di una varietà endocentrica ai limiti dell’alloglossia sono in realtà tratti di valenza esclusivamente lessicale. Un altro interessantissimo campo, scientificamente tutto da dissodare, è quello della resa grafica: come si è detto sopra, sia il garessino sia l’ormeasco hanno una tradizione di scrittura in qualche caso più che secolare. I tentativi di sistematizzarne la grafia sono stati molti: basti ricordare Colombo (1986) e Pelazza (1992) per l’ormeasco o il recentissimo ɒasteris (2003: 233) per il garessino. ɑnche in quest’ambito le due varietà principali dell’ɑlta Val Tanaro sembrano mostrare una netta tendenza “endocentrica” sottraendosi deliberatamente sia alle suggestioni di area piemontese sia a quelle provenienti dalla vicina Liguria. Una sorta di costruzione identitaria effettuata per sottrazione, effettuata su varietà che invece si sono configurate, storicamente, come un inestricabile incrocio di correnti linguistiche sulla cui provenienza rimane certamente ancora molto da studiare. 11 Bibliografia AA.VV. 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