18 aprile 2021 - 14:01

Morto Luigi Covatta, intellettuale socialista e riformista

Aveva 78 anni. Fautore dell’apertura a sinistra del Psi, fu protagonista negli anni ‘80 del progetto per creare l’«alleanza tra meriti e bisogni»

di Paolo Franchi

Morto Luigi Covatta, intellettuale socialista e riformista
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Se ne è andato all’improvviso, non ancora settantottenne e sulla breccia fino a poche ore dalla morte, Luigi Covatta, particolarissimo esemplare di una specie politica e intellettuale ormai quasi scomparsa in Italia. Studente fuorisede a Milano (era nato a Forio d’Ischia, che ha continuato a frequentare per tutta la vita), nei primi anni Sessanta il giovane Gigi militò nell’Intesa, l’organizzazione degli universitari cattolici, di cui diventò presto un leader nazionale. Erano tempi in cui a non pochi, e Covatta era tra questi, sembrava all’ordine del giorno la possibilità di aprire, ovviamente da sinistra, la crisi dell’interclassismo democristiano: il Sessantotto degli studenti prima, il Sessantanove degli operai dopo, parvero rendere ancora più attuale questa prospettiva.

A sinistra, con il Psi

Correva l’anno 1972 quando l’ex presidente delle Acli, Livio Labor, decise in questa chiave di tentare l’avventura elettorale, e Covatta fu in primissima persona della partita, così come Gennaro Acquaviva. Ma il raggruppamento cui dettero vita – il Movimento politico dei lavoratori – uscì malissimo dalle urne. E Labor, Acquaviva, Covatta e vari altri dei suoi promotori scelsero di entrare in un Psi che, all’epoca, dava per archiviato il centro-sinistra cosiddetto organico, chiedeva per il governo «equilibri più avanzati», e cioè visibili passi avanti sulla strada dell’allargamento ai comunisti della maggioranza, e nella sua componente lombardiana, guardava sempre più apertamente all’alternativa di sinistra. Gigi fu, manco a dirlo, lombardiano. Non filocomunista e neppure anticomunista dunque, ma, come amava ripetere Riccardo Lombardi, semplicemente a-comunista. E quindi risolutamente autonomista nei confronti di quel Pci con il quale pure reputava necessario stendere rapidamente, come stava facendo in Francia Mitterrand, un programma comune.

«Meriti e bisogni»

Nel luglio del 1976, nella storica riunione del comitato centrale socialista che defenestrò Francesco De Martino, Covatta fu dalla parte di Bettino Craxi, come tutti i quarantenni della sua corrente, capeggiati da Claudio Signorile. E negli anni successivi con Craxi fu leale, senza mai diventare craxiano, come testimonia indirettamente una carriera politica tutto sommato inferiore alle sue capacità e ai suoi meriti politici e intellettuali: tre volte sottosegretario alla Pubblica Istruzione, due ai Beni culturali. Fu invece assai presente, e assai attivo, nell’elaborazione di quei progetti e di quei programmi a medio e lungo termine di cui è relativamente affollata la storia della sinistra italiana di quegli anni, a cominciare dal Progetto socialista elaborato per il congresso di Torino del 1978. E fu tra i protagonisti, a Rimini, della conferenza programmatica di Rimini, quella dell’ «alleanza riformatrice tra i meriti e i bisogni» di Claudio Martelli che, quasi quarant’anni dopo, è ancora considerata come il tentativo più compiuto di dare un senso, e un’anima, al riformismo italiano.

Il ritorno all’editoria

La grande slavina del 1992 inghiottì il suo partito, lui seguì, ma a distanza di sicurezza, le successive, poco esaltanti vicende della diaspora socialista. Non abbandonò invece, neppure per un attimo, l’impegno politico e culturale. Riscoprì l’antica passione per il giornalismo, collaborando con il Mattino. Scrisse libri, il più importante dei quali è forse il documentatissimo «Menscevichi», una storia del riformismo e dei riformisti italiani pubblicata da Marsilio. Con Gennaro Acquaviva e Giuliano Amato diede vita alla Fondazione Socialismo, cui dobbiamo, tra l’altro, vari importanti convegni di studio, e altrettanti libri, sul socialismo italiano e sui governi a guida socialista: almeno uno, quello dedicato al crollo del Psi, sarebbe una miniera per chi volesse davvero indagare sine ira ac studio sulla morte del più antico partito politico italiano. E negli ultimi anni, su iniziativa della Fondazione, riprese da direttore le pubblicazioni di Mondoperaio, lo storico mensile socialista fondato negli anni del frontismo, da Pietro Nenni.

L’ultima discussione

Pochi giorni fa ho partecipato a una discussione, naturalmente online, sull’ultimo numero, molto bello e stimolante, dedicato al centenario del congresso di Livorno. Abbiamo amichevolmente battibeccato, come ci è capitato di fare ogni volta che ci siamo incontrati. E sono molto contento che anche in quest’ultima occasione le cose siano andate così, perché così mi piace ricordarlo, e anche perché sono sempre meno le persone con cui valga la pena di farlo per il semplice piacere di discutere di storie che, in forme diverse, ci appartengono. Ancora più contento, se è possibile essere contenti quando si è appena appreso della morte di un amico, sono del fatto che proprio ieri pomeriggio Ugo Intini gli abbia telefonato per dirgli che la collezione di Mondoperaio sta finalmente entrando a far parte, in versione digitale, della Biblioteca del Senato. Deve essere stata davvero, per lui, una bella notizia. Ciao Gigi, che la terra ti sia lieve.

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