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Ma le ossa sono tutte a Bari?

Nel 1992, a Venezia, nella chiesa di san Nicolò al Lido, il medesimo prof. Martino è stato invitato a fare la ricognizione di ossa attribuite a san Nicola Nicolò per i veneziani (da L. G. Paludet, Ricognizione delle reliquie di san Nicolò, Vicenza 1994, p 36-38).

1-Leggendo le “fonti storiche” della traslazione (le cronache baresi di Niceforo e di Giovanni arcidiacono), il Martino prende in considerazione il comportamento del marinaio Matteo il quale “con tutti i calzari discese focosamente nella sacra tomba e si mise a cercare le ossa... mettendo dentro addirittura i piedi con temeraria audacia”. E osserva: questo gesto, ancorché necessario, causò un autentico disastro: “la parte superiore dello scheletro resto del tutto disastrata e scomposta in tanti frammenti con scomparsa di ogni figura delle ossa... lo scheletro subì, all’unione degli arti inferiori al bacino un taglio trasverso lineare, come se fosse stato reciso di netto da una scure; verso l’alto rimase il bacino trattenente in se le teste dei due femori, verso il basso si staccarono e si separarono le due robuste diafisi dei femori. In quella occasione saltò pure il capitello della tibia sinistra, che restò nel sacello mirense, insieme al bacino stesso. Il blocco del rachide inferiore, più largo e più robusto di quello superiore, fu estratto sicuramente dopo strappi ripetuti. Infatti, la parte bassa lombo sacrale fu sconquassata talmente da far staccare e trascinare con sé sia una porzione superiore dell’ileo di sinistra (pezzi presenti nella Ricognizione di Bari) sia alcune vertebre toraciche inferiori, (anch’esse presenti).

La relazione seguita elencando le parti ossee “più grandi e più robuste che i marinai baresi portarono via in fretta”, lasciando nel sarcofago “le parti più delicate e più fragili”, cioè quelle superiori gia spezzettate in tanti frantumi e non più raccoglibili in tempo breve. L’unico pezzo voluminoso che restò prescocchè intero nel loculo fu il bacino, che tratteneva in se anche le due teste femorali. Del bacino non e stata trovata traccia alcuna a Bari.

 

Il docente ha ricercato, poi, la spiegazione del colore bianchiccio (bianco grigio) dei resti lidensi, attribuendone la causa al probabile fatto di essere stati conservati a lungo all’asciutto, all’aria libera in qualche contenitore, o anche a una possibile e ipotetica “esposizione al sole che li insecchì, li fragilizzò ulteriormente rendendoli friabili anche ai semplici toccamenti manuali, agli strisciamenti vicendevoli anche leggeri”.

(Nel testo abbiamo però considerato la testimonianza dell’Ughelli, il quale asserisce che per 230 anni furono conservati nella calce: “albedinem contraxerant ob calcem... Porro cum ex durissima calcis gleba imperiti milites sacra ossa extrahere conarentur, impetu, et inscitia facile est ea fregisse” (Cosi il Corner, in ”Eccl. Ven.”, IX, p.71, n. l).

2- Il Martino, considerato lo “scheletro maggiore” (Nicola Avunculus) e quello “minore” (Nicola di Pinara?) e le loro “ossa brunastre”, esclude che abbiano riferimento alcuno con Nicola di Myra (p.28 ss.). Prende in considerazione solo le “ossa frantumate e i frammenti irregolari di colore bianchiccio rinvenuti nella prima cassetta” (Nicola Magno). Rileva che “non vi era più alcuna possibilità di ricomposizione e di ricostruzione dei segmenti scheletrici corrispettivi (p.29, e tavole nn.5-17-18-19), in quanto le ossa furono frantumate per lungo, di traverso e su linee oblique... forse in 500 pezzi circa”.

Tutte le ossa hanno in comune solo “il colorito bianco grigiastro” (p.30), dovuto probabilmente alla conservazione “fuori di ogni liquido o - come si è detto - per l’esposizione al sole per tempi più o meno lunghi”. Infatti anche le ossa dello scheletro barese, dopo quattro anni “sono apparse di minore resistenza, più fragili e costituite da sostanze calcaree dall’aspetto asciutto di creta secca e facilmente frangibili” (p.31).

3 - Conferme e conclusioni del Martino. “Non si può negare che, nella cassetta attribuita a S. Nicola Magno vi siano resti effettivamente a lui appartenuti: ”detriti ossei biancastri”. L’attribuzione dei ricognitori antecedenti secondo noi e autentica. Lo prova anche la presenza del “Vasetto con la manna” e la “pietra nera” con il nome del Santo. Altra prova è costituita dalla particolare configurazione dei frammenti “a doccia”, per quelli derivanti dalle diafisi di ossa lunghe; “a placca”, per quelli derivanti dalle ossa piatte, o dalle lamine corticali; “a masserelle crostose o spugnose”, per quelli derivati dalle spongiose interne”.

Al fine di ottenere ulteriori conferme, il Martino ha analizzato due parti ossee di singolare rilievo: la “testa omerale di sinistra”, rinvenuta sezionata come da lama tagliente con asportazione (a scopo di reliquia?) di uno spicchio osseo; e il “capitello tibiale di sinistra”, che forse e stato trasformato in un “oggetto artistico” (p.42). Entrambi i pezzi rivelatori di corrispondenza e di autenticità (Tav. 24-25). Questo stesso lavoro accurato conferma che, chi si è dedicato a tanta fatica, “era sicuro che queste parti appartenessero ad una grande personalità”, anche se il gesto si può attribuire ad esaltazione devozionale.

“Dunque, i bianchi resti conservati a Venezia Lido sono in effetti complementari ai resti conservati a Bari” (p.46). “Anche se di umile aspetto, non sono e non debbono essere considerati meno importanti dei resti di Bari”.

La testimonianza del prof. Martino, sia pure soffusa di prudenti affermazioni e di ragionevoli ipotesi, conferma il corretto orientamento della devozione veneziana, con tesi dimostrative di singolare rilievo. Varie considerazioni hanno impedito che si procedesse all’esame delle “ossa” con il test del Radiocarbonio 14, che avrebbe comportato uguale trattamento anche per le reliquie di Bari.

 

Nella cassetta di S. Xicola Magno sono stati riposti:

 

-         Cranio (gr. 340)

-         Braccio (gr. 170)

-         Avambraccio (gr. 200)

-         Mano (gr. 40)

-         Metatarso e Falangi (gr. 100)

-         Coscia (gr. 235)

-         Coste (gr. 5)

-         Bacino (gr. 5)

-         Vertebre (gr. 70)

-         Gamba (gr. 250)

-         Denti vari (gr. 20)

-         Tarso (gr. 170)

-         Frammenti bianchi (gr. 940) Frammenti piccoli (gr. 340)

-         Mandibola bambino (gr. 20)

     -   Pietra nera (gr. 180)

-         Vasetto con manna (gr. 900):

diametro superiore cm. 10.50; 

diametro apertura cm. 4;

diametro inferiore cm. 9.50;

base cm. 6.50

-         Monete Rep. Italiana correnti:

-         1-0 da lit.l00 9 da lit.50 5 da lit.500 8 da lit.200.

-         Monete antiche rimesse:

-         37 (gr. 12) con I.eone e Croce

-         194 (gr. 45) con la sola Croce

-         19 (gr. 7) con Leone e Doge

-         17 (gr.5) con Padova

-         Spilla (gr. 2)

-         Pergamena bianca del 1634

-         Pergamena attuale ricognizione 1992

 

Note: Piccole parti di “ossa bianche” sono state prelevate da mons. Albino Tenderini, Delegato patriarcale.

 

Cosa c'è a Venezia e cosa a Bari?

Le ossa in nero sono a Bari
Le ossa in bianco (frantumate) sono a Venezia -Lido