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LA POLEMICA

L'Unesco non invita Wikileaks
al convegno sui media dopo i cablo

A Parigi si tiene un appuntamento su come è cambiato il mondo dei media dopo l'avvento del sito di informazioni riservate che ha diffuso i dispacci americani lo scorso anno e lo scandalo di News of The World. Assange e i suoi protestano. Gli organizzatori rivendicano il diritto di "invitare chi gli pare" di ARTURO DI CORINTO
 

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WIKILEAKS è stata bandita dalla Conferenza su Wikileaks. Proprio così. L'Unesco, che ha organizzato per oggi e domani nella sua sede di Parigi il convegno "The Media World after WikiLeaks and News of the World", non ha accettato la richiesta dei rappresentanti di Wikileaks di partecipare all'incontro. L'iniziativa, cui sono stati invitati 37 relatori - fra cui i rappresentanti delle testate che hanno collaborato col sito di informazioni riservate per diffondere i cablogrammi USA oggetto dello scandalo dell'anno scorso -, ha infatti l'obiettivo di riunire esponenti del mondo dei media, giornalisti professionisti e occasionali, avvocati e esperti, per parlare di giornalismo tradizionale e giornalismo partecipativo nell'era digitale. In particolare di etica del giornalismo, libertà d'espressione e Internet.

Wikileaks ha protestato per questa esclusione ed ha diramato un duro comunicato in rete in cui attacca gli organizzatori che, per motivare il proprio diniego, si sono appellati a una peculiare interpretazione della libertà d'espressione dicendo di "avere la libertà di invitare chi gli pare", testualmente: "freedom of expression... our right to give voice to speakers of our choice". Un approccio contestato duramente dalla portavoce di WL, Kristinn Hrafnsson: "L'Unesco ha il dovere di assicurare giustizia e equilibrio nelle discussioni dell'organizzazione. E' chiaro che non è questo il caso, considerata la selezione degli speakers. Una scelta disonorevole per l'Unesco e potenzialmente dannosa per WikiLeaks". Intanto sulla rete è partita l'iniziativa #OccupyUnesco.

L'incontro parigino tuttavia non è solo incentrato su Wikileaks. Come dice il titolo si parlerà anche delle intercettazioni illegali di News of the world e dell'etica del giornalismo al tempo di Internet, dei confliggenti interessi fra il diritto dovere all'informazione e la sicurezza degli individui e degli stati, si parlerà di privacy e dei rapporti fra governi e mezzi d'informazione.

Una delle sessioni più importanti sarà però quello sulla Internet Freedom, cui interverranno anche Frank La Rue, l'inviato speciale dell'Onu per le questioni della libertà d'espressione e informazione, Jérémie Zimmermann, cofondatore di La Quadrature du Net che ha coordinato le proteste contro l'accordo anticontraffazione Acta, considerato pericoloso per la libertà di Internet, mentre Riyaad Minty, direttore del settore Social media di Al Jazeera parteciperà al panel sulle "nuove forme di collaborazione fra i giornalisti civici e quelli professionisti", dopo Wikileaks, appunto.

Tra i panelist più attesi ci sono di sicuro il presidente della Unione nazionale dei giornalisti russi (negli ultimi dieci anni ne sono stati uccisi circa 40), Paula Schriefer, della Freedom House, il tunisino Kamel Labidi,  e Mark Stephens, avocato per i diritti umani, già avvocato di Assange.

LO SCAMBIO DI EMAIL TRA ASSANGE E L'UNESCO

I famosi diari afghani e iracheni, il cablegate, hanno obbligato tutti a riflettere sulla liceità delle azioni che i governi fanno in nome dei propri cittadini. Wikileaks ha rivoluzionato in questo il modo di intendere il giornalismo, di diventare il watchdog della democrazia, andando oltre la tradizione del fact-checking e inaugurando un nuovo modo di analizzare le informazioni: il raw-data journalism. Ha dimostrato che dei cittadini motivati possono aprire una nuova fase della democrazia. La controprova è che dopo Wikileaks diversi governi e agenzie e gruppi di cittadini hanno lavorato sullo stesso paradigma, con tecnologie simili, per rendere la società più aperta e trasparente. Ma questo non piace a tutti, soprattutto a coloro che hanno fatto della security through obscurity la propria missione. Per questo Wikileaks è considerata da molti la mano sinistra del diavolo. Ed è forse per questo che è stata esclusa dalla conferenza che ha ispirato.

Assange da parte sua ha chiesto l'apertura di un'inchiesta "L'Unesco ha l'obbligo di condorre un'inchiesta sull'accaduto per capire come un'organizzazione dedicata a promuovere la libertà d'espressione, d'informazione e comunicazione sia divenuta un rozzo strumento di censura. L'Unesco deve dimostrare che i giochi di potere stile guerra fredda giocati da Stati Uniti e altri paesi non sono più accettabili".

Probabilmente ha ragione, anche se queste dichiarazioni sono perfettamente in linea con il personaggio cui finora è stata legata la fortuna (e le critiche) del progetto Wikileaks. Ma al di là del merito evidenziano un fatto: Assange ha dichiarato guerra al mondo e agli Stati Uniti diffondendo i famigerati cablogrammi e non poteva aspettarsi una reazione diversa. Infatti è da allora che continuano gli attacchi informatici contro i server di WL e il blocco (illegale, anche secondo il Tesoro americano), dei finanziamenti verso l'organizzazione da parte di Visa, Mastercard, Paypal, Western Union e altre società bancarie. Motivo per cui WL è attualmente impegnata in una grande operazione di sottoscrizione per mantenere attivi i propri servizi e ha anche lanciato una nuova iniziativa "gli amici di wikileaks", un network a cipolla fatto di singole corti di 12 sostenitori che si conoscono vicendevolmente e attivano le proprie reti di relazione ogni volta che c'è da difendere l'esperimento Wikileaks.

Intanto Anonymous ha rilasciato un comunicato in cui afferma di essere pronto a "spegnere Internet" il 31 marzo, inondando di attacchi Ddos (Distributed denial of services) i 13 root DNS di Internet, cioè le macchine più importanti della rete, quelle che traducono in nomi comprensibili gli indirizzi numerici di ogni pc collegato alla rete e senza i quali sarebbe impossibile navigare. Una minaccia difficile da realizzare, va detto, ma che potrebbe costare agli Anonymous molta della simpatia finora conquistata.