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Stop a Bonaccini commissario per l'alluvione: la destra vuole gestire la ricostruzione

Stefano Bonaccini
Stefano Bonaccini (ansa)
Meloni frena la nomina del governatore dell'Emilia Romagna e prende tempo. FdI ambisce all'incarico, per gestire i dieci miliardi per la ricostruzione e poi puntare alla guida della Regione. Anche la Lega di traverso. FI sta col presidente dem
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ROMA - Miliardi da spendere. Influenza politica da far fruttare, anche in vista di eventuali elezioni regionali anticipate in Emilia Romagna nel 2024. E segnale di forza che chiarisca chi intende comandare, una volta di più. Palazzo Chigi non deciderà prima di alcune settimane, dunque la scelta non può ancora dirsi definitiva. Ma l'orientamento è ormai consolidato: non concedere al governatore Stefano Bonaccini l'investitura di commissario alla ricostruzione della regione colpita dall'alluvione. Tanto che la presidenza del Consiglio starebbe già lavorando su una rosa ristretta di nomi d'area, in modo da arrivare all'individuazione del prescelto. Anche a costo di alimentare un durissimo scontro: con il Pd, ma soprattutto con un pezzo di maggioranza - in particolare Forza Italia - che vorrebbe il dem.

Un dettaglio racconta della battaglia che si sta preparando. L'altro ieri Bonaccini si è presentato nella sede del governo accompagnato da una nutrita delegazione regionale di sindacalisti, imprenditori, esperti di ricostruzione. Era atteso da Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano. Quest'ultimo, in particolare, non ha gradito. Quasi come giudicasse la mossa come un tentativo implicito di mettere pressione proprio in vista della partita del commissario. Secondo alcune fonti, il sottosegretario alla Presidenza si sarebbe lamentato direttamente con Bonaccini, accendendo ancora di più il clima. Anche se l'ex candidato alla segreteria del Pd nega qualunque tipo di frizione.

Ciò che più conta, però, è il peso politico della decisione. Bonaccini è chiamato a gestire due miliardi di euro per i primi interventi, visto che è già stato nominato all'emergenza. Ma le risorse più ingenti sono i dieci miliardi che saranno spesi per la ricostruzione. Il sospetto che la destra di governo fa trapelare è che Bonaccini voglia gestire questa seconda fase in vista di un'altra partita: quella delle Europee 2024. Il governatore, sostengono, si starebbe preparando alle dimissioni anticipate dalla guida della Regione per correre per l'Europarlamento.

Nei confronti di Bonaccini c'è sicuramente il niet della Lega che fonti di FdI non smentiscono, anzi veicolano. Quello che Palazzo Chigi non spiega è invece la ragione che spinge pure Fratelli d'Italia ad agitarsi per far fuori Bonaccini dalla corsa. E che ha guidato ieri la mossa dei meloniani nel consiglio regionale dell'Emilia Romagna, che hanno imposto agli alleati di votare contro una mozione del Pd (poi comunque approvata) che chiedeva di nominare Bonaccini.

La ragione è racchiusa anche nelle ambizioni del partito di Meloni di conquistare la presidenza della Regione. In prima linea è Galeazzo Bignami, attuale viceministro alle Infrastrutture con ambizioni di succedere a Bonaccini. È lui a spingere fortissimamente contro l'esponente del Pd, incurante anche di alcuni dubbi di Meloni. La presidente del Consiglio, infatti, ha accarezzato anche l'opzione di investire della responsabilità della ricostruzione il presidente di Regione. Anche forse per tenere l'esecutivo alla larga dal rischio di eventuali ritardi o fallimenti. Ma troppo forte è la spinta del partito della premier per immaginare compromessi: non a caso, Meloni avrebbe già in mente un paio di nomi di tecnici d'area per la ricostruzione. E questo nonostante le spinte avverse di Forza Italia. E del "partito dei governatori". Tra loro, anche il ligure Giovanni Toti: "Credo che nessuno seriamente possa pensare di non fare un presidente di regione o un sindaco come commissario. Vorrebbe dire in qualche modo andare anche in contrasto con la volontà popolare che ha affidato a quelle persone la gestione di quel territorio".

È la sponda su cui punta Bonaccini, che infatti a sera si incunea nello scontro che sta lacerando il centrodestra. "Come commissario in genere viene nominato un presidente di Regione - ricorda - Lo dicono colleghi del centrodestra come Zaia, Occhiuto, Toti. Della polemica politica non me ne frega nulla. Il problema non è Stefano Bonaccini. Bisogna occuparsi della Romagna, non degli equilibri politici delle nomine".

Non sarà comunque oggi il giorno in cui sarà sciolto il nodo. Si riunirà il Consiglio dei ministri, ma non per decidere il nome per la ricostruzione. Sarà invece decretata l'emergenza, ora limitata all'Emilia Romagna, anche nelle Marche e in alcuni comuni della Toscana. Un'estensione che aiuta a giustificare il no a Bonaccini.
 

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