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La Grande Festa dell’Inter rende ancor più amaro il finale di Milan e Juve

A Milano è una grigia domenica di fine aprile, ma non importa: il grigio trascolora in nerazzurro. Per quanto annunciata da mesi, la festa non è meno entusiasmante, anzi

di Dario Ceccarelli

Inter Festa scudetto, la squadra si affaccia dal balcone della Terrazza Duomo 21 in piazza Duomo a Milano, Italia - sport calcio Domenica, 28 Aprile, 2024. (Foto di Claudio Furlan/Lapresse)

5' di lettura

Eccola qua la Grande Festa popolare dello scudetto.  A Milano è una grigia domenica di fine aprile, ma non importa.  Il grigio trascolora in nerazzurro. Per quanto annunciata da mesi, la festa non è meno entusiasmante, anzi. Nella sera dei miracoli il gusto ci guadagna  Con cori da stadio e sfottò molteplici sui cugini milanisti (nel mirino Teo Hernandez e Ibrahimovic) e il giusto tributo per un campionato così straordinario.  

Un sapore ancora più speciale. Come quando da bambini si aspetta il giorno di Natale: si sa che arriverà  ma la grande attesa, così a lungo alimentata, rende tutto ancor più magico. E la seconda stella, tanto agognata dai tifosi, diventa una  simbolica stella cometa. Come i due pullman nerazzurri, con giocatori, dirigenti e qualche imbucato, che da San Siro, attraversando Milano, a sera  sono finalmente arrivati  in Duomo, in una piazza stracolma di tifosi e bandiere nerazzurre. 

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Una  lentissima Festa mobile cominciata subito dopo la  scontata vittoria sul Torino (2-0)  in un partita giocata appositamente all’ora di pranzo per dare tempo e spazio alla celebrazione. Quel che è successo in campo e le due reti di Calhanoglu (tra i top player dello scudetto), arrivate nella ripresa dopo l’espulsione di Tameze, non contano nulla. Conta sola questa gioia pura, di felicità primordiale, che forse è la componente più bella del calcio. Una magia buona che aiuta , se non scade nella volgarità, a scacciare altri fanatismi collettivi

Inzaghi, in uno anno dai fischi al trionfo

Il sentimento popolare è bello, contagioso. Però va preso a piccole dosi.  Come la troppa retorica di chi oggi sale sul  carro (pullman) del vincitore. Adesso  Simone Inzaghi è osannato come un venerabile maestro della panchina, ma solo un anno fa, prima della finale di Champions col City, l’allenatore nerazzurro veniva sbeffeggiato come un tecnico che faceva trenta ma non trentuno. Un incompiuto. Uno che sbagliava i cambi durante le partite. Uno che tutto sommato non era da Inter e che faceva rimpiangere i bei tempi di Conte  e  di Mourinho.  

Ecco, un anno dopo, il quadro è completamente rovesciato. Bisogna ringraziare chi, come  l’amministratore delegato Beppe Marotta (“siamo  solo a meta del nostro ciclo, il bello deve ancora arrivare”), conosce bene le difficili alchimie  tecniche ed economiche del calcio. 

Il calcio non si improvvisa, e questo scudetto dell’Inter lo conferma. Ci vuole una programmazione seria ed efficace, pensata per il futuro e non per cavalcare l’onda e  i mal di pancia dei tifosi che una volta si esaurivano nei bar  e ora invece acquistano sempre più peso e rilevanza in un rabbioso protagonismo digitale che dura lo spazio di un mattino.

Ora che adesso tutti celebrano l’'Inter, queste considerazioni vanno riproposte alle Grandi Deluse, cioè al Milan e alla Juventus, che sabato a Torino, pareggiando zero a zero, hanno dato vita alla sfida dei malinconici perdenti. Quelli  che al posto di frenare la travolgente marcia dell’Inter sono finiti a contendersi un mesto secondo  e terzo posto. Buoni piazzamenti che, pur garantendo l’accesso alla Champions, agli occhi dei tifosi valgono però come una gazzosa  invece del prosecco. Lo straordinario successo dell’Inter, paradossalmente,  ha alimentato ancora di più la rabbia dei tifosi. Soprattutto di quelli rossoneri che ormai vedono ogni derby come un calvario senza speranza. 

Milan, i tifosi contro Lopetegui

E adesso? Che cosa succede? Guai ai vinti? Ironie a parte c’è poco da stare Allegri. Anche nel Milan dove a furor di popolo verrà congedato Pioli. Scelta legittima ma qual è l’alternativa che, secondo le ipotesi di mercato, propone la società? Il maggior candidato sarebbe questo Julien Lopetegui, allenatore basco di 57 anni, quasi sconosciuto ai più fino a ieri. Vero che Lopetegui ha vinto un' Europa League col Siviglia battendo proprio l’inter , però insomma altro di rilevante, a parte due successi con la Spagna Under 19 e 21, non ha fatto. E così anche gli altri candidati che, a cascata, piacerebbero ai dirigenti rossoneri. 

Ma a voi sembra normale che quando una casa brucia, come sta bruciando il Milan, si chiami, per spegnere le fiamme, un pompiere di scarsa esperienza? E per ricostruirla a chi l’affidiamo? Questa dirigenza, sulla quale pende ancora una indagine giudiziaria per sapere chi effettivamente sia il vero proprietario, deve assumersi le sue responsabilità. Dopo aver mandato via un dirigente esperto come Paolo Maldini, ceduto Tonali e acquistato 10 giocatori stranieri che non sapevano una parola di italiano, ora  questa dirigenza non può scaricare tutta la delusione di una stagione solo su Pioli. E Ibrahimovic che cosa ci sta a fare? Adesso Giorgio Furlani, amministratore delegato rossonero, ha esternato il suo fastidio per le troppe voci uscite sul cambio di allenatore. La verità però è che Pioli è stato lasciato quasi sempre solo. Mai veramente difeso o sostenuto. Ogni partita era la sua ultima spiaggia. Una società deve essere compatta, altrimenti va a finire come col Napoli o la Salernitana. Gli allenatori devono avere una credibilità. Che prima di tutto viene  sostenuta dall’interno. Ecco perchè non si può mettere sulla panchina un allenatore straniero che poco conosce del nostro calcio. O è un fenomeno  come  Arrigo Sacchi,  oppure alla terza sconfitta i tifosi lo fischieranno senza pietà. 

Allegri, un treno a fine corsa

Anche alla Juventus poche idee ma confuse. Sabato col Milan avrebbe meritato forse di vincere, però lo spettacolo, come sempre, è stato modesto. Anche Allegri, e non solo nella percezione dei tifosi, è un treno a fine corsa. Il tecnico livornese può ancora portarsi a casa una Coppa Italia, ma davvero questo cambierebbe qualcosa? Il problema è forse complesso. La verità  è che la Juventus non è più quella di Gianni e Umberto Agnelli. Resta la storia, una storia importante,  ma il club di John Elkann è un’altra cosa. Il bilancio, come per quasi tutti le società, è drammaticamente in rosso e l’uscita anticipata di Allegri costerebbe oltre 20 milioni. Quindi o si riparte con un allenatore giovane con tutti i rischi del caso. Oppure si tiene la minestra riscaldata di Allegri facendo di necessità virtù. Comunque sia, non è un bel vedere.  

La corsa Champions: frenata di gruppo.  Mentre l’Inter festeggia,  dietro è un testa a testa per chi va più piano. A cominciare dal Bologna che, pareggiando in casa con l’Udinese (1-1, perde la chance di agganciare la Juve al secondo posto. Un Bologna quasi irriconoscibile, in dieci nella ripresa per l’espulsione di Beukema, frenato sia psicologicamente sia fisicamente. Sotto di un gol (Payero), i rossoblu hanno pareggiato  con una punizione di Saelemaekers, ma nel finale con un palo di Davis l’Udinese  ha sfiorato la vittoria. Buono quindi il debutto, sulla panchina dei friulani, di Fabio Cannavaro.

Bel pareggio tra Napoli e Roma

Anche Napoli e Roma, al Maradona, hanno equamente diviso la posta (2-2) in una bella sfida in cui i partenopei (forse per la minaccia di un nuovo ritiro) avrebbero potuto tranquillamente vincere se non patissero gli imbarazzanti problemi difensivi che conosciamo.  Dopo aver rimontato con Olivera e Osimhen  l’uno a zero iniziale  di  Dybala, il Napoli si è però perso proprio a pochi metri dal traguardo subendo il 2-2 di Abraham dopo l’ennesima pasticcio di una retroguardia che da 15 giornate consecutive incassa almeno un gol. 

Per una squadra che ha ancora lo scudetto sulla maglie è un bel record che giriamo al presidente De Laurentiis.  Fonti di mercato dicono  sia interessato, oltre che a Conte, anche a Stefano Pioli. Ignoriamo che cosa ne pensi Pioli, ma  per passare dalle fiamme del Diavolo a quelle del Vesuvio  ci vuole una perseveranza quasi diabolica…

Chi invece continua il suo ciclo virtuoso è l’Atalanta che, sempre più lanciata,  supera il Lecce con un rigore di Pasalic e un bel sinistro di Loockman. Tutto va bene, in casa del Gasp. 

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