Simona Sinesi, dalle multinazionali alla onlus «Never give up» per i disturbi alimentari: «Voglio supportare gli adolescenti»

diRosarianna Romano

La barese, oggi 46enne, dopo una lunga esperienza nei Global Marketing Team multinazionali come Unilever, Coca-Cola, Barilla e Sony ha avviato un nuovo progetto

Dal marketing nelle multinazionali all’esigenza di incidere sul benessere della società. È questo il percorso della barese Simona Sinesi, 46 anni, «innovatrice sociale» che, dopo una lunga esperienza in colossi come Unilever, Coca-Cola, Barilla e Sony, dieci anni fa ha deciso di cambiare vita e «pensare alle cose che contano davvero»: «Nel 2014 ho fondato Never Give Up, Onlus dedicata ai disturbi alimentari che rappresentano in Italia la prima causa di morte per malattia tra i 12 e i 25 anni. Dopo oltre 16 anni nella grande palestra delle multinazionali, volevo fare leva sulle mie competenze e relazioni per fare qualcosa che incidesse davvero. E Never Give Up, da occupare solo una parte del mio tempo libero, è diventato il mio tutto».

Sinesi, cosa l’ha spinta a cambiare?
«Correva l’anno 2010. Ero a Washington da mia sorella Stefania, psicoterapeuta e ora presidente e direttore scientifico di Never Give Up. Lei lavorava in una équipe multidisciplinare guidata da una luminare, che offriva strumenti ai genitori per costruire fattori protettivi per arginare il rischio di potenziali disturbi alimentari in infanzia o adolescenza attraverso l’osservazione dell’interazione tra mamma e bambino durante l’allattamento al seno e nella fase di svezzamento. Notando l’attenzione riservata alla sensibilizzazione e alla diagnosi precoce sui disturbi alimentari, mi si accese una lampadina».

E poi?
«Tornata in Italia ho provato a capire l’incidenza del fenomeno e ho scoperto che non solo i disturbi alimentari rappresentavano la prima causa di morte per malattia tra i 12 e i 25 anni in Italia, ma che solo il 10 per cento di chi ne soffre chiede aiuto e ci mette mediamente non meno di tre anni per chiederlo. Così ho sentito l’urgenza di fare la mia parte».

Come?
«Ho fondato Never Give Up per cambiare la narrativa sui disturbi alimentari. Volevo abbattere lo stigma e supportare gli adolescenti e le loro famiglie nel chiedere aiuto agli specialisti per evitare che disagi verso cibo, peso e immagine corporea potessero trasformarsi in disturbi alimentari. All’inizio dedicavo a Never Give Up il mio tempo libero e poi ho deciso di dedicarmi full time».

Quali sono le priorità di Never Give Up?
«Da dieci anni ha due pilastri: il primo consiste nell’offrire supporto agli adolescenti e le loro famiglie attraverso servizi gratuiti curati da psicoterapeuti specializzati e il secondo nell’abbattere lo stigma e nel rompere il silenzio su questo tema».

Tutto questo si è sviluppato anche con diverse campagne.
«Abbiamo realizzato una campagna di sensibilizzazione istituzionale per la presidenza del Consiglio diretta dal Premio Oscar Danis Tanovic, un'altra per il Ministero della Salute. Nel 2019, grazie al lavoro di advocacy continuo e costante con il Ministero della Salute, c’è stato il riconoscimento della giornata nazionale dedicata alla lotta disturbi alimentari che ricorre il 15 marzo. Nel 2022 e nel 2023 abbiamo illuminato il Colosseo lanciando una campagna di comunicazione per “rompere il silenzio sui disturbi alimentari”. E, entro quest’anno, apriremo la prima Never Give Up House a Roma».

Sono passati dieci anni. È soddisfatta?
«Stiamo unendo i puntini, per far sì che il pubblico, il privato e le istituzioni possano lavorare insieme a una progettualità a forte impatto sociale. E questo avverrà con l'apertura della prima Never Give Up House, che è supportata utilizzando fondi provenienti dal settore privato che a sua volta sostiene servizi offerti alla comunità».

Oggi insegna anche in alcune università.
«Sì, insegno Social innovation e Marketing ad impatto sociale. Sono Senior Academic Fellow alla Bocconi School of Management. Ispiro i manager a sviluppare start up che possano coniugare il business con l'impatto sociale. Sono anche docente di Social Innovation all'Università di Tor Vergata e di Marketing all’Università Cattolica di Milano e all’Università Lumsa di Roma e di Palermo».

Esattamente un anno fa ha scritto un libro.
«“Social impact in your hands” pubblicato da Hoepli con prefazione del premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, fondatore di Grameen Bank e ideatore del microcredito bancario».

Yunus scrive che non è tanto importante l'esperienza quanto la capacità di immaginare.
«E io sono d’accordo con lui e immagino il superamento della dicotomia esistente fra imprenditore e imprenditore sociale. I tempi che corrono richiedono una nuova leadership, in cui ogni imprenditore sia in grado di coniugare questi due mondi».

Pensa che si sta andando in questa direzione?
«Il mio obiettivo è ispirare i giovani a considerare l'impatto sociale come un percorso di vita e di carriera. Una volta si sognava di diventare direttore marketing, adesso si deve sognare di poter diventare imprenditori o un manager non solo in grado di generare business, ma anche di incidere sul benessere della società».

Cosa vuol dire per lei impatto sociale?
«Quando parlo di benessere della società parlo del fattore S dell’acronimo ESG (Environmental, Social e Governance). Si continua a parlare di sostenibilità facendo riferimento solo alla sostenibilità ambientale, ma questo è ormai un concetto superato. Ci si deve focalizzare sul fattore S, quello appunto dell’impatto sociale».

Tutto questo percorso nasce da Bari.
«Da una laurea in Economia all'Università di Bari nel 1999. E da un Erasmus a Dublino per realizzare una tesi bilingue».

Però ha deciso di vivere tra Roma e Milano.
«Ma le mie radici sono in Puglia. Qui è dove vengo per ricaricarmi, ritrovo i luoghi che sono stati determinanti nella mia vita e riconosco nelle persone i tratti del mio carattere. Le grandi città d'Italia, e io considero Bari tra queste, sono pronte ad accogliere un nuovo modello di business».

Never Give Up incide anche sul capoluogo pugliese.
«Abbiamo sviluppato una campagna di comunicazione che prevede la realizzazione di panchine illustrate da artisti su tutto il territorio nazionale per abbattere lo stigma sui disturbi alimentari: la terza panchina, dopo quella al Colosseo a Roma e al Castello Sforzesco a Milano, sarà inaugurata proprio sul lungomare a Bari il 6 maggio».

Lei è anche nella lista delle Unstoppable Women di Startup Italia. Ed inserita anche nelle storie raccontate dal libro «Donne che stanno cambiando il mondo. 45 storie di impegno per la sostenibilità», edito dal Sole 24 Ore. Si è mai sentita in difficoltà in quanto donna?
«Spesso l’ambiente in cui mi trovo a lavorare è composto da soli uomini. Adesso qualcosa sta cambiando, ma il tetto di cristallo deve essere ancora sfondato».

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23 aprile 2024 ( modifica il 23 aprile 2024 | 18:03)