Farci operatori della Trasformazione

Commenti

  1. Responsabilità di impresa. Una locuzione che contiene appena delle parole che confliggono. Essere responsabili oggi giorno vuol dire in senso lato “sposare” una causa, mettendo tutto sé stessi nel realizzarla, ed essere pronti a subirne le conseguenze a volte anche negative. Impresa in un’ accezione restrittiva indica già uno sforzo intorno ad un “progetto” e quando questo progetto coinvolge tanti lavoratori coordinati da un imprenditore, la responsabilità si fa ancora più urgente. E’ vero l’ indirizzo dato nella conduzione imprenditoriale per quello che attiene alla destinazione degli utili nel sociale a volte è così ambiguo, volutamente rappresentativo ed ipocrita e quindi, sono d’ accordo con te, ha bisogno di un nuovo modo di intendere la relazione sia con i lavoratori che con la natura, un nuovo equilibrio economico-sociale appunto. Questo bisogno è stato risvegliato proprio da un evento eccezionale come quello pandemico, nel quale se nella fase della pausa iniziale abbiamo avvertito forte dentro noi il sentimento di “comunione” con il Creato ( io metto in parallelo questa fase a quella che nel pranayama nella tradizione orientale viene indicata come khumbaka dove sospendiamo l’ atto respiratorio per permettere al sangue di irrorare ed ossigenare il cervello) in seguito, siamo ritornati col pensiero e nei fatti a “separarci” coltivando ancora il proprio orticello.
    Intanto, personalmente, l’ insegnamento forte che ho avuto è stato quello della necessità di un graduale e radicale cambiamento dell’ atteggiamento da tenere verso la Natura (lettera grande !!) E spero tanto anche per chi ancora non avesse già sviluppato questo sentimento di unità questa sia stata un’ occasione decisiva !!
    Successivamente credo che fermarsi spesso su questi interrogativi, rimanere sulla domanda : cosa significa per me ? costituisca una possibilità di discernimento profondo, un aprirci alla nostra coscienza spirituale e psico-fisica ch e vive nello Spirito. Qui, nella nostra coscienza concreta, matura e trova collocazione ogni aspetto dell’ uomo. invece di frammentarlo in ragione, sentimenti, spirito arrivare ad una varia armonizzazione di questi aspetti, evitando da una parte spiritualità senza incarnazione e dall’ altra una vita concreta senza armoniosi e ben integrati riferimenti. Grazie Lea per gli ottimi spunti.

  2. Lea Cassar: “Io credo che questo fenomeno di “responsabilità sociale d’impresa” sia solo un primo passo verso una trasformazione molto più profonda e radicale, non solo della nostra economia, ma io direi, del nostro modo di essere umani su questo pianeta”.
    https://gpcentofanti.altervista.org/domande-sul-tema-dello-sviluppo-gentile-di-p-benanti/

  3. Ti ringrazio per il tuo articolo pieno di informazioni poco conosciute.

    In questi anni giungono, da più parti, inviti a cambiare radicalmente il nostro modello di vita, inviti che mi fanno sempre nascere molti dubbi.
    Cerco di sintetizzarli in questo modo:

    1) Chi, in questi ultimi decenni, ha deciso la direzione che dovevano prendere le nostre vite?
    2) Questa direzione, per la maggioranza delle persone, è stata verso il meglio o verso il peggio?
    3) Chi ha il controllo dei grandi “Mass Media”?
    4) I grandi “Mass Media” sono concordi nel definire un grave problema il cambiamento climatico e un grave problema l’epidemia Covid-19 e annunciamo che per risolvere questi gravi problemi occorre un radicale cambiamento del nostro modello di vita.
    5) Questo cambiamento che direzione avrà?
    6) E si ritorna al punto 1

    Dove sta la via di uscita?

  4. Una possibile risposta alle pregnanti domande di Aldo. E perché no gruppi Darsi pace possono contribuire ad aprire piste nuove.
    https://gpcentofanti.altervista.org/media-liberi-e-media-di-sistema-scoprili-da-solo/

  5. Correzione refuso: Perché i gruppi Darsi pace possono contribuire ad aprire piste nuove

  6. giancarlo salvoldi dice

    La professoressa Lea Cassar avanza con saggia prudenza l’ipotesi che i cambiamenti climatici e il Covid siano correlati e che entrambi nascano da un rapporto malato tra l’essere umano e l’ambiente.
    Fa bene a porsi un interrogativo la cui risposta è aperta, e che noi cerchiamo con mente aperta.
    Per questo desidero sottoporre a tutti noi un fatto concreto, un dato empirico, che ho constatato nella pandemia.
    Si tratta del caso di Rovetta, un paese della martoriata Valseriana, che è diventato luogo di villeggiatura perchè immerso nel verde delle pinete che lo circondano ed è caratterizzato dal clima salubre e dall’aria fresca e buona.
    Dei suoi 4000 abitanti, 40 sono morti nei mesi scorsi classificati come di Covid: un numero enorme.
    Allora ho pensato a Taranto che sembra essere un inferno di tossicità, e mi è venuto spontaneo il confronto.
    Devo dire che i conti non tornano.
    Se in un oasi di salubrità ambientale c’è stato un così alto numero percentuale di morti, a Taranto la loro già alta percentuale avrebbe dovuto moltiplicarsi: ma questo non è stato rilevato.
    Credo che solo da studi comparativi di questo genere potrebbero venire risposte credibili.

    Trovo interessanti gli interventi di Cassar e spero che possa trattare ancora di impresa sociale, profitto, ambiente, e mi interesserebbe molto una riflessione, in questi tempi difficili, sul rapporto tra occupazione e volontariato.

    Concordo appieno con Aldo e con i suoi dubbi sui grandi mass media: non mi fido per niente della loro vocazione ambientale perchè sono concentrati solo sugli aspetti economici e politici della questione.
    Per essi esiste solo “homo oeconomicus”, e le loro analisi di conseguenza sono superficiali, e non sanno, o peggio non vogliono sapere, che la direzione verso cui andare dipende dal profilo antropologico che proponiamo.
    Per il quale occorre tener conto anche del cuore e dello spirito umano, perchè diversamente, come ci ricorda Dostoevskij, se non ha una motivazione forte per cui vivere l’uomo si sopprimerà.

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