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L'assalto ai centralini per la paura coronavirus: 300mila chiamate in un giorno al numero di emergenza della Lombardia

Tra 112 e il centralino attivato dalla Regione linee intasate da ogni genere di richiesta, la più frequente quella di fare un tampone. "Ma così si manda in tilt il sistema e si toglie tempo alle richieste di aiuto reali"
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Oltre 300mila chiamate in un giorno, più di mezzo milione in 48 ore, una media di 12.500 ogni ora. E' come se tutti gli abitanti di una città grande quasi quanto Catania si fossero attaccati al telefono nello stesso giorno, chiamando lo stesso numero: 800.894.545. E' quello attivato dalla Regione Lombardia per fronteggiare l'emergenza da coronavirus e i timori di chi vive in Lombardia e per provare a decongestionare le linee caldissime del 112 e garantire informazioni corrette e istruzioni a chi, in questo momento, ha sintomi influenzali e problemi respiratori che possono mettere in allarme. Decine di migliaia di chiamate da di chi ha paura di avere i sintomi della malattia, ma soprattutto di richieste di poter fare il tampone che hanno più volte mandato in tilt il sistema, nonostante i 60 operatori al lavoro e le 90 linee dedicate, come spiega l'Areu, l'Azienda regionale emergenza e urgenza.

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"Bisogna cercare di limitare anche le richieste di informazioni che si trovano facilmente sul decalogo del ministero o qui si satura tutto e chi ha bisogno di assistenza vera, anche se non è in condizioni allarmanti, rischia di non riuscire a parlare con nessuno", spiega il presidente dell'Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi. Ma non è l'unico appello che fa. La sua preoccupazione in questo momento è per la prima linea del sistema sanitario impegnato sul coronavirus. I medici di base, una delle categorie più esposte al contagio. "Evitate di presentarvi nei loro studi senza prima telefonare", chiede Rossi. Ieri, spiega, l'Ats ha inviato una comunicazione che chiude gli studi dei medici di famiglia ad accesso libero, secondo le nuove linee guida della Regione. Dal dottore, quindi, si va su appuntamento, chiamando prima. "Bisogna fare un triage telefonico preventivo. Sarà lui a indicare un orario di vista precisa. E se sono evidenti i fattori di rischio da contagio, in studio non si va. Ma bisogna poter contattare i numeri indicati. Ne va dell'incolumità di tutti". Ma i medici di famiglia, che visitano decine di pazienti al giorno, non hanno al momento alcun tipo di protezione a disposizione, perché "i dispositivi di protezione promessi da Ats non sono ancora arrivati", denuncia Rossi. Negli studi dei medici di famiglia sono attesi camici monouso e idrorepellenti, occhiali a maschera, la famosa mascherina FFP3 e i copricapo.



La psicosi coronavirus arriva anche nella sala della Centrale unica di risposta del numero di Emergenza, il 112, come un magma di domande, richieste, lamentele, paure, sintomi inequivocabili e diagnosi preconfezionate, incubi di contagio, pianti per figli, nipoti, anziani genitori. Chiamano tutti senza sosta, sui monitor vengono geolocalizzati i telefoni fissi e le chiamate tramite l'App "Where are U" dell'Areu mentre ne restano in attesa in media altre sei per operatore. Da quando è partita l'emergenza sanitaria, i turni di otto ore sono stati allungati fino a dieci e dodici, ferie e riposi di tutta la squadra sono stati sospesi, molti hanno chiesto loro stessi di tornare al lavoro. "Nessuno voleva restare a casa, volevano rientrare a dare una mano", racconta Contini. "Nei giorni normali rispondiamo a tutti in meno di cinque secondi - spiega Marco Contini, 34 anni, coordinatore della squadra di 28 operatori - . In questi giorni di emergenza sanitaria l'attesa media è salita a trenta secondi". Se la media delle telefonate di soccorso in Lombardia è di 12 mila al giorno, venerdì scorso già erano 18 mila, sabato sono arrivate a 31 mila, domenica hanno sfiorato le 40 mila. 39.450, per la precisione. Domenica scorsa, nella sola provincia di Milano, erano 14 mila. "Una situazione mai vista, forse solo con le esondazioni del Seveso, ma in quei casi dura poche ore - dice ancora Contini - . I cittadini devono capire è che il 112 è solo per le emergenze, non solo quelle sanitarie, ma anche di ordine pubblico, per gli incidenti, gli incendi, le aggressioni, i malori". E invece da giorni, e chissà fino a quando, gli operatori ascoltano di tutto: domande, sfoghi di paura, ricostruzioni di contatti con amici di amici che hanno incontrato un amico di ritorno dalla Cina. Ma poi, in assenza di sintomi reali, non si può che dirottare l'utente all'altro numero istituito dalla Regione. Un circolo vizioso, al momento, senza fine.