8 aprile 2020 - 10:00

Coronavirus, morto Donato Sabia: fu due volte finalista alle Olimpiadi

Il mezzofondista aveva 56 anni, fu quinto a Los Angeles 1984 e settimo a Seul 1988. Il padre dell’atleta è morto pochi giorni fa, anche lui era stato contagiato

di Marco Bonarrigo

Coronavirus, morto Donato Sabia: fu due volte finalista alle Olimpiadi
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Il Coronavirus se l’è portato via martedì a soli 56 anni: Donato Sabia, potentino, classe 1963, due figlie, è stato uno dei più grandi interpreti della storia dell’atletica leggera italiana sulla nobilissima specialità degli 800 metri. Due volte finalista olimpico (quinto nel 1984 e settimo nel 1988), oro agli Europei indoor di Goteborg, Sabia realizzò - sempre nel 1984 - quella che resta una delle migliori prestazioni sul doppio giro di pista, un 1’43”88 che lo colloca ancora oggi a pochi centesimi dallo storico record di Marcello Fiasconaro.

Amico e compagno di allenamenti di Pietro Mennea con cui condivise il posto in alcune staffette 4x400 e - al centro olimpico di Formia - la guida tecnica di Carlo Vittori diventando uno dei pochi mezzofondisti allenati dal celebre coach ascolano prima di passare a Sandro Donati. Sabia, carattere schivo, si distinse per la sua intransigenza nel dire no a metodi di allenamento e “cura” che all’epoca cominciavano a prendere piede proprio in Italia.

«Nel 1987 ero in ripresa - aveva dichiarato in una recentissima intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno - e arrivai secondo alla Coppa Europa di Praga sotto la guida di Sandro Donati. Poi l’ennesimo infortunio. Mi proposero di ricorrere al doping per continuare la carriera. Dissi “no” e denunciai il fatto dopo la conferenza stampa di presentazione della squadra per i mondiali di Roma quando un giornalista chiese al Ct della nazionale che fine avesse fatto Sabia:
”Si è infortunato, gli abbiamo proposto di aiutarlo, ma non si è fatto aiutare. Ha paura del confronto con il pubblico italiano”. Non finì lì. L’Espresso raccolse la mia denuncia. In realtà avevo detto “no” al doping, un “aiuto” a quei tempi quasi “istituzionalizzato”. E da allora mi chiusero tutte le porte».

Sabia aveva continuato a lavorare nel suo mondo, prima come coach della nazionale olimpica maltese, poi come responsabile dell’Ufficio Sport del Comune di Potenza e presidente della Federatletica della Basilicata, incarico che aveva lasciato lo scorso anno. Sabia è spirato al San Carlo di Potenza dove era ricoverato da una decina di giorni. Nella stessa struttura, lo scorso 31 marzo, Sabia aveva perso il padre.

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